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5. Risultati e analisi

5.2. Passaggio dalle scuole speciali alla formazione di base biennale

5.2.6. Accompagnamento da parte dei servizi

Dall’analisi dei bisogni e delle difficoltà dei giovani si è cercato di capire se e come si potrebbe migliorare l’accompagnamento da parte dei servizi. Sono emersi alcuni spunti al riguardo molto diversi tra loro.

Dal punto di vista della docente del COP l’accompagnamento potrebbe essere migliorato rafforzando la collaborazione con il SIFB, da quest’anno, infatti, i docenti del COP segnalano al SIFB gli allievi che intraprendono il percorso della formazione di base biennale, al fine di intervenire in modo precoce con il sostegno scolastico. Questo potrebbe essere un primo passo importante per aiutare i giovani in questa fase di passaggio, soprattutto per quanto riguarda l’accompagnamento a livello scolastico. La docente ha infatti affermato che “bisognerà capire se a livello scolastico questo servizio farà da traghettatore tra noi e la

formazione”. Anche nell’intervista alla coordinatrice del SIFB è emerso che l’attivazione del

servizio da subito potrebbe contribuire a migliorare l’accompagnamento in questo passaggio. La coordinatrice del SIFB sottolinea inoltre che potrebbe essere utile organizzare degli incontri tra allievi che dovranno incominciare la formazione biennale e allievi che la stanno svolgendo, al fine di aiutare i giovani a prendere consapevolezza di ciò che dovranno affrontare e magari aiutarli a placare, almeno in parte, le loro preoccupazioni.

La docente del COP ha inoltre sottolineato che, per rispondere ai bisogni dei giovani che presentano maggiori difficoltà nel quotidiano e che non possono contare sul sostegno della famiglia sarebbe utile creare una struttura residenziale in cui possano essere accompagnati e sostenuti, sia negli aspetti legati alla quotidianità, sia negli aspetti legati alla formazione.

Un miglioramento sottolineato sia dalla consulente AI, sia dalla coordinatrice del SIFB, riguarda l’aiuto alle famiglie nel prendere consapevolezza delle difficoltà dei figli.

Un’altra proposta di miglioramento, emersa dall’intervista alla consulente AI, riguarda la comunicazione e il passaggio di informazioni con l’intera rete che ruota attorno al giovane. Nonostante abbia affermato che c’è una buona collaborazione con la rete, sostiene che “quello che si potrebbe migliorare in generale è la comunicazione con la rete, con tutta la

rete, quindi scuole speciali-assicurazione invalidità, scuola professionale-assicurazione invalidità, con gli assistenti sociali”.

Imparare a lavorare, imparare a vivere

Il datore di lavoro intervistato ha invece sottolineato l’importanza di permettere al giovane di svolgere diversi stage, anche nello stesso ambito, ma in luoghi di lavoro diversi. In questo modo sarà più facile per lui comprendere veramente le caratteristiche della professione e, di conseguenza, anche se la professione può essere adatta alla sua persona, alle sue capacità e ai suoi interessi.

Il primo giovane intervistato ha sottolineato che si potrebbe migliorare l’accompagnamento inserendo una persona come punto di riferimento per i giovani che li segua lungo il percorso di formazione. Una persona che abbia il compito di sostenere il giovane, di fare il punto della situazione, verificare se ci sono delle difficoltà, delle preoccupazioni o semplicemente la necessità di confrontarsi con qualcuno che risulta essere un po’ “esterno” alla situazione. Il giovane dichiara di aver notato che nei momenti di difficoltà ne avrebbe avuto bisogno, ha infatti affermato “quello secondo me ogni tanto c’era un po’ bisogno. L’ho notato anche io

quando ho avuto delle difficoltà, quando non mi sentivo proprio bene e avevo bisogno di parlare con qualcuno. Non ne parlavo e quindi tutto quello che mi pesava lo tenevo per me. Secondo me sarebbe giusto, ogni tanto, sedersi, parlare, dire ‘Come stai? Quali sono le tue preoccupazioni?’”. Il giovane immagina una persona con cui fare degli incontri regolari,

magari settimanali, in cui discutere delle questioni ritenute importanti, sia per quanto riguarda la scuola, sia per il lavoro. Inizialmente parlava di una persona di famiglia che potrebbe assumere questo ruolo, ma quando gli è stato chiesto se potrebbe immaginare anche una persona esterna alla famiglia, ha risposto di sì ed ha aggiunto “basta che però poi rimanga

una cosa privata e che non vada a terze persone (…) con le persone che non conosco di solito faccio fatica perché non so neanche chi è, cosa fa, cosa ne pensa, ogni tanto è anche un po’ quello il fatto. Però se è una persona di cui mi fido, va bene, magari può aiutarmi di più che i miei genitori”.

Il terzo giovane ha invece dichiarato che attualmente non sente il bisogno di un accompagnamento maggiore, riconosce però che ne avrà bisogno il giorno in cui intraprenderà un percorso verso una maggiore autonomia e il distacco dal suo nucleo famigliare.

Secondo l’assistente sociale di Pro Infirmis sarebbe necessario accompagnare maggiormente il giovane in questa fase di passaggio e garantire una continuità rispetto all’accompagnamento che viene offerto nel corso delle scuole speciali. Secondo lei, la miglior soluzione sarebbe il prolungamento dell’accompagnamento da parte dei docenti delle scuole speciali anche durante la formazione biennale, ma questo non è possibile. Ha quindi affermato che “ci vorrebbe da qualche parte una persona di fiducia che a livello educativo

accompagna e tiene un po' le redini, media un po’ e tiene un colpo d'occhio su quello che va e quello che non va, su tutte queste competenze che sopra abbiamo elencato” (facendo

riferimento alle abilità citate nell’intervista). Questo permetterebbe dunque di fare un lavoro accompagnato in tutti gli ambiti di vita (scolastico, professionale, sociale, ecc.). Inoltre, ha messo l’accento sulla necessità di un accompagnamento professionale nel mondo del lavoro, non solamente per quanto riguarda la ricerca di un’occupazione, ma anche nel lavorare sulle difficoltà, capire quali sono le risorse, quali i punti da migliorare (puntualità, professionalità, igiene, comportamento, aspetti relazionali, ecc.) ed un aiuto nel trovare un posto di lavoro una volta conclusa la formazione.

Imparare a lavorare, imparare a vivere

Secondo l’assistente sociale, al momento, non esiste un servizio o una figura che possa offrire al giovane un accompagnamento di questo tipo, sarebbe quindi necessario creare qualcosa di nuovo, un servizio che accompagni il giovane in questo percorso.

Un altro aspetto su cui ha messo l’accento riguarda la segnalazione a Pro Infirmis. L’assistente sociale crede infatti che potrebbe essere utile un intervento da parte del servizio sociale di Pro Infirmis prima della conclusione delle scuole speciali. Il contatto con questo servizio permetterebbe innanzitutto di aiutare le famiglie nella parte assicurativa, quindi tutto ciò che riguarda l’attivazione di prestazioni e, in generale, la consulenza in questo ambito, ma anche per un accompagnamento più educativo. L’assistente sociale potrebbe inoltre rappresentare un punto di riferimento lungo tutta la formazione e soprattutto una figura che è presente nel periodo precedente e in quello successivo, garantendo così una certa continuità che al momento non risulta esserci. L’intervistata riconosce comunque che la figura dell’assistente sociale non sarebbe sufficiente, infatti ha affermato “noi come consulenza

sociale possiamo fare una presa a carico solamente fino a un certo punto, si possono comunque fare degli incontri, seguire i ragazzi, però per quanto riguarda lavorare nel concreto, trovare delle strategie pratiche, facciamo un po' fatica a metterci sul campo a farlo”.

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