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Accordo sullo Spazio Economico Europeo

CAPITOLO III: IMPOSIZIONE DIRETTA E BREXIT: EFFETTI NEI RAPPORTI CON L’UNIONE

3.3. Imposizione dei flussi di dividendi

3.3.3. Accordo sullo Spazio Economico Europeo

Uno dei possibili scenari successivi al periodo transitorio consiste nell’adesione del Regno Unito allo Spazio Economico Europeo. La Dottoressa Maria Villani - Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Napoli Federico II- sostiene che tale scenario possa essere poco realistico. Essa, infatti, premette che “L’Accordo sullo spazio economico europeo è datato 1992

e si riferisce ad un’intesa tra la CEE a dodici, in fase di trasformazione nell’UE, e l’EFTA171. In buona sostanza, l’Accordo sullo spazio economico europeo presupponeva

per tutti gli Stati aderenti il pieno riconoscimento delle quattro libertà fondamentali, sulle quali è fondata l’Unione Europea e il principio dell’aquis communitaire, vale a dire la supremazia del Diritto dell’Unione sui diritti nazionali nelle materie regolate dall’Accordo”. Essa sostiene, quindi, che “se alla base della Brexit vi è, tra l’altro, l’insofferenza alla giurisdizione della Corte di giustizia, [..] la questione dell’adesione della Gran Bretagna allo spazio economico europeo può diventare non scontata”172.

Al di là dei benefici in ambito di circolazione delle merci, una possibile adesione potrebbe portare non pochi vantaggi anche sotto l’aspetto fiscale nei flussi di

171 “L’accordo SEE è stato firmato nel 1992 tra gli allora dodici paesi dell’UE e i sei paesi dell’EFTA: Austria,

Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia e Svizzera; anche se la Svizzera ha scelto in seguito di respingere l’accordo. È entrato in vigore nel 1994. Nel 1995 tre dei paesi dell’EFTA (Austria, Finlandia e Svezia) sono entrati nell’UE. L’accordo è stato progressivamente adattato tenendo conto dell’adesione di dieci paesi entrati a far parte dell’UE nel 2004, di altri due nel 2007 e, infine, della Croazia nel 2013”.

172 Villani M., “Le conseguenze finanziarie e fiscali della Brexit. Un tema con molte variabili, che coinvolge

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dividendi. L’aliquota da applicare a titolo d’imposta agli utili distribuiti a società residente in uno degli Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo è infatti pari all’ 1.20%173174 (Tavola 3.6).

Esistono due condizioni:

- i dividendi a cui si applica tale aliquota sono quelli distribuiti esclusivamente a partire dal 2017;

- è irrilevante l’anno in cui gli utili sono stati realizzati. L’unico limite posto è quello che gli utili non siano stati prodotti prima dell’anno 2008. Ad essi infatti viene applicata l’aliquota pari all’1.375%175.

173 Secondo l’art 89, comma 2 del DPR 917/86 il dividendo percepito da un soggetto Ires, rientra nella base

imponibile per il 5%, risultando di conseguenza esente il 95% dell’importo ricevuto. L’aliquota pari all’1.20% deriva dall’applicazione del 5% all’aliquota Ires attualmente vigente pari al 24%.

174 L’art 27 comma 3ter del DPR 600/73 stabilisce: “La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l’aliquota

dell’1,20 per cento sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo [..], ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni [..]” detenute.

175 L’aliquota 1.375% deriva dall’applicazione del 5% all’aliquota Ires del 27.5% (vigente dall’anno 2008

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Tavola 3.6 – Accordo sullo Spazio Economico Europeo

Nella sentenza della Corte di Giustizia UE C-540/07 del 19 novembre 2009, lo Stato italiano è stato accusato di aver sottoposto i dividendi distribuiti in favore di una società residente in uno Stato membro ad un trattamento sfavorevole rispetto al trattamento che gli stessi avrebbero subito in caso in cui i dividendi fossero stati distribuiti ad una società residente. In questa situazione l’Italia è venuta meno all’obbligo descritto nell’art 56 del Trattato CE176. Il legislatore italiano ha dovuto di conseguenza modificare l’art 27, comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 da “la ritenuta è

operata a titolo d’imposta e con l’aliquota del 27 per cento sugli utili corrisposti a

176 Art 56 del Trattato CE – CAPITALI E PAGAMENTI “1. Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente

capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. 2. Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni sui pagamenti tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi”.

SOCIETA’ MADRE

Sede: Regno Unito

SOCIETA’ FIGLIA

Sede: Italia Ritenuta alla fonte 1.20% Quota posseduta 100% FLUSSO DI DIVIDENDI

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soggetti non residenti” a “la ritenuta è operata a titolo d’imposta e con l’aliquota dell’1.375177 per cento sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad

un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo”.

In via generale e nella speranza di essere più esaustiva possibile, qui di seguito espongo una tabella riassuntiva in cui metto a confronto la tassazione subita a fronte di una distribuzione di dividendi a contribuenti residenti con la tassazione subita invece da soggetti non residenti (Tavola 3.5).

Tavola 3.5 – Distribuzione dividendi a soggetti residenti e a soggetti non residenti DISTRIBUZIONE DIVIDENDI A SOGGETTI RESIDENTI

Percipiente Aliquota ritenuta

Persona fisica178 non operante in qualità di imprenditore

Partecipazione qualificata179 e partecipazione non qualificata: ritenuta 26%180.

177 Dal 2017, testo aggiornato inserendo l’aliquota pari a 1.20%.

178 Art 2, comma 2 del TUIR - “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per

la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.

179 Si parla di partecipazione qualificata quando vengono soddisfatte determinate condizioni, le quali si

differenziano a seconda si sia di fronte a società partecipate quotate oppure no. Per le prime il possesso di una quota che permetta di avere il 2% dei diritti al voto in sede di assemblea ordinaria, oppure la detenzione di una quota pari al 5% del capitale sociale. Le aliquote per la seconda tipologia di società aumentano rispettivamente al 20% e al 25%.

180Con la Legge n. 205/2017 – Legge di Bilancio 2018 si uniformò il trattamento subito dalle partecipazioni

qualificate e dalle partecipazioni non qualificate. Precedentemente alle prime non veniva applicata alcuna ritenuta.

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Persona fisica operante in qualità di

imprenditore No ritenuta

Società di persone, siano esse commerciali o non commerciali

No ritenuta

Società di capitali No ritenuta

DISTRIBUZIONE DIVIDENDI A SOGGETTI NON RESIDENTI

Percipiente Aliquota ritenuta

Persona fisica

No convenzione: aliquota 26% Si convenzione: aliquota 5% o 15% (Regno Unito – Italia)

Società residente in uno Stato non appartenente all’Unione europea o allo Spazio Economico Europeo

No convenzione: aliquota 26% Si convenzione: aliquota 5% o 15% (Regno Unito – Italia)

Società residente in uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio Economico Europeo

Aliquota 1.20%

Società che rispetta le condizioni di applicabilità della Direttiva madre- figlia

No ritenuta

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