La combinazione di produzione additiva (AM) con compositi a base polimerica, rinforzati con fibra di carbonio, sblocca le potenzialità nella progettazione di strutture leggere per uso biomedico. Opportunità progettuali emergenti sono l'individuazione geometrica delle strutture utilizzando la libertà progettuale dell’additive manufacturing e il design individuale del paziente, sfruttando componenti caratterizzati da posizionamento di patch in fibra di carbonio. Ad oggi, tuttavia, il pieno sfruttamento di queste opportunità risulta un compito
18
parecchio complesso, che richiede un'elevata conoscenza e ingegneria per la progettazione, l’ottimizzazione e la produzione. [10]
In merito al campo di applicazione biomedico, è possibile menzionare dispositivi quali ortesi, protesi ed esoscheletri (OPE), i quali aiutano le persone con disabilità nella ripresa della loro locomozione. Per quanto riguarda i requisiti strutturali, è importante che i componenti forniscano alta resistenza e resistenza a basso peso.
Produrre strutture biomediche economicamente valide implica un costo ridotto al minimo sia per progettazione che produzione. È proprio per raggiungere tale obiettivo che entra in gioco la fabbricazione additiva (AM), nota anche come stampa tridimensionale (3D). L’utilizzo della scansione 3D e dell’AM, in combinazione con un processo digitalizzato, consente di ridurre al minimo il design e di personalizzare un dispositivo OPE per ciascuno singolo paziente. Ad esempio, per le protesi del piede, la geometria degli arti è catturata attraverso la scansione 3D e, successivamente, i dati vengono convertiti in geometria di superficie; il componente viene progettato con un software CAD e quindi prodotto direttamente con AM. Nonostante AM sia una tecnica di fabbricazione che ha reso accessibili una grande quantità di dispositivi biomedici, le parti polimeriche fabbricate da AM mancano di durabilità e resistenza. Creare componenti più forti, possono essere impiegati polimeri rinforzati con fibre (FRP), come materiali ad alte prestazioni con resistenza e stabilità eccellenti rapporti resistenza-peso.
Combinazione di materiali FRP con le possibilità di AM offre una serie di opportunità per la progettazione e la produzione di strutture leggere personalizzate e ad alte prestazioni. [10]
Tra i polimeri rinforzati da fibre, quelli di ampio utilizzo in campo biomedicale, sono i polimeri rinforzati da fibre di carbonio (CFRP). La produzione additiva e i
19
CFRP sono risultati essere due tecnologie complementari. AM consente la produzione diretta di elementi che possono sostenere carichi complessi, nonché complessità geometrica e personalizzazione. Dall’altra parte, invece, i CFRP eccellono per i loro eccezionali rapporti di rigidità e resistenza rispetto alla massa, estremamente ridotta. Grazie alla loro anisotropia e alla struttura a strati, i compositi rinforzati con fibra di carbonio sono inoltre adatti per adattare le strutture portanti alle esigenze meccaniche individuali. La personalizzazione del carico può essere ottenuta in modo molto efficiente, andando a variare il posizionamento delle patch in fibra, mirato a determinate zone di interesse. [11]
Selective Laser Melting (SLM)
Selective Laser Melting (SLM), il cui acronimo da standard ISO, oggi, è Powder Bed Fusion- Laser Beam Metal (PBF-LB/M), è una tecnologia di additive manufacturing a letto di polvere in cui le parti sono fabbricate, strato su strato, sfruttando l'azione di un raggio ad alta energia mirato a sinterizzare le polveri colpite. [12]
Fig.1.8. Presentazione di un'apparecchiatura SLM (a) e rappresentazione del processo (b) [8]
Come illustrato in Figura 1.4, le polveri vengono completamente fuse e solidificate in un’atmosfera controllata da un fascio laser con un valore medio di potenza di circa 50 W, mentre i picchi massimi arrivano a 3 kW; tale fascio laser, di circa 0,8
20
mm di diametro, viene guidato, lungo le direzioni x e y, attraverso un computer, seguendo il modello CAD fornito. Successivamente, un pistone d’acciaio si abbassa di un tratto pari allo spessore dello strato, lungo la direzione della profondità z, ogniqualvolta che uno strato di polvere viene correttamente sinterizzato. [8]
Questa tecnica di fabbricazione additiva si compone di un processo particolare:
1. creazione del modello 3D (CAD), ottenibile da apposito software o con la scansione 3D o tramite tomografia computerizzata;
2. il modello CAD viene convertito nel formato dei file standard.stl;
3. un algoritmo opportuno seziona in numerose fette parallele il modello;
4. le polveri vengono setacciate e posizionate all’interno della camera di produzione riempita di gas inerte (solitamente Argon) al fine di raggiungere una concentrazione di ossigeno inferiore al 0,1%;
5. il laser fonde le polveri per creare il primo strato con spessore che può variare da 15 a 150 μm. La focalizzazione del fascio è controllata da un sensore galvanometrico e il movimento del fascio è controllato tramite un sistema ottico;
6. una volta che il processo è iniziato la polvere metallica viene depositata per mezzo di una lama di acciaio inossidabile su una piattaforma preriscaldata tra 35°C e 90°C, in modo da attenuare i gradienti termici che si vengono a formare;
7. la deposizione e fusione delle polveri continua strato dopo strato, grazie all’abbassamento della piattaforma lungo la direzione z per la deposizione di un nuovo strato di polvere;
21
8. come ultimo step, si tira fuori, dalla camera di costruzione, la piattaforma di costruzione con sopra il prodotto e si inserisce in una fornace per effettuare un trattamento, che ha lo scopo di eliminare e diminuire le tensioni residue;
9. viene, infine, rimosso il supporto così il manufatto finale può essere utilizzato o sottoposto a specifici trattamenti superficiali. [13] [14]
Come tutte le tecniche di produzione, anche la SLM porta con sé degli aspetti negativi. Tra questi si può evidenziare la scarsa precisione dimensionale.
Risultano, quindi, necessari dei trattamenti successivi di finitura del prodotto;
aumenta il tempo complessivo necessario per la produzione del manufatto e si riduce la flessibilità. Una volta realizzato il pezzo, inoltre, si evidenziano degli stati di stress residui nel materiale, causati da rapide variazioni di temperatura e da eventuali trasformazioni di fase che avvengono durante il processo. Si tratta di tensioni di trazione o di compressione, localizzate in certe zone o distribuite su tutto il volume dell’oggetto che permangono durante tutta la fase di produzione del pezzo. Tali tensioni sono indesiderate in quanto possono introdurre deformazioni e micro-cricche nel componente finale e, se presenti in eccesso, riducono le prestazioni meccaniche globali. Molte di queste tensioni sono strettamente legate alle radiazioni laser, le quali sono in grado di produrre gradienti termici molto elevati, responsabili, a volte, di fusione localizzata. A tal proposito, è possibile distinguere due differenti meccanismi che causano l’insorgenza di tensioni residue nel materiale:
la formazione di un forte gradiente di temperatura attorno al punto in cui il fascio energetico viene focalizzato. Accade che la superficie investita dal fascio energetico si scalda velocemente, ma la limitata conducibilità termica del materiale fa sì che lo strato sottostante si trovi ad una temperatura molto
22
inferiore; l’espansione termica dello strato surriscaldato è impedita dal vincolo posto dal materiale sottostante, perciò si generano tensioni di compressione sulla superficie e di trazione negli strati inferiori. Una volta raffreddato, il pezzo tende a flettersi dalla parte opposta rispetto al fascio energetico e se le tensioni superano la resistenza allo snervamento del materiale si genera deformazione plastica. Al raffreddamento, lo strato superficiale tende a restringersi, si generano stati di trazione negli strati superiori e di compressione in quelli sottostanti: il pezzo tende a flettersi verso il fascio energetico;
la solidificazione del bagno fuso, per rapido raffreddamento, non appena il fascio energetico si allontana. Conseguentemente si ha formazione di tensioni di trazione nell’ultimo strato aggiunto in superficie e di compressione in quelli inferiori. I parametri che influiscono sul profilo finale delle tensioni residue sono: il numero di piani di cui è composto il campione, le dimensioni della piattaforma d’appoggio e le proprietà meccaniche del materiale, ossia il modulo elastico e il carico unitario di snervamento. Il processo produttivo può essere eseguito con modalità che consentono di ridurre il livello di tensioni residue introdotte, dopo la deposizione di un piano: per esempio si può preriscaldare il substrato per ridurre il gradiente di temperatura che si forma durante la sinterizzazione, oppure, eseguire, dopo la scansione di ogni piano, un trattamento termico successivo utilizzando il fascio energetico ad un valore di potenza ridotto. [8]
23