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4 Commenti alla Lettera ai Romani 4.1 Ambrosiaster

4.2 Agostino d’Ippona

Sant’Agostino si avvicina alla Sacra Scrittura prima della sua conversione pubblica, che risale al 387: anno in cui ricevette il battesimo dal Vescovo di Milano, Ambrogio. Dopo il battesimo affronta lo studio – tra l’altro di San Paolo e dell’Antico Testamento - scrivendo opere notevoli in proposito116.

Alcuni studiosi, come Angel Benito Durán, William S. Babcok, Caroline P. Bammel e Paula Fredriksen non sono concordi tra loto sulla datazione dell’opera agostiniana intorno alla Lettera ai

Romani. Essi concordano, però, nel sostenere che Agostino fece una prima lettura del Corpus paulinum poco dopo aver letto l’Hortensius di Cicerone, intorno al 374.

Maria Grazia Mara sostiene che Agostino lesse il testo paolino una prima volta quando frequentava l’ambiente manicheo; una seconda volta in un’ottica neoplatonica, dopo aver raggiunto Milano; ed una terza prima del 386. Proprio questa terza lettura della Lettera ai Romani l’avrebbe condotto alla conversione al cristianesimo e all’esperienza monastica.

Agostino nelle Confessioni (cfr. VIII, 21-25) afferma di aver iniziato a studiare avidamente Paolo fin da 385, e i frutti del suo studio cominciarono ad apparire poco a poco nei suoi scritti; certamente nelle opere scritte nel 391, dopo il ritorno alla città natale di Tagaste, si può vedere chiaramente la presenza del pensiero paolino, che lo porta ad iniziare tra il 394 e il 395 un commentario alla Lettera ai Romani117.

Agostino scrive un commento poco convenzionale rispetto al suo tempo; questo, perché non commenta la lettera paolina né versetto per versetto, né per intero.

Lo stesso Agostino, riferendosi alla sua opera, la descrive in questi termini: «come un nuovo libro che viene ad aggiungersi ai miei precedenti opuscoli»118. Il suo commento alla lettera dell’apostolo è costituito dall’enunciazione di 76 proposizioni (cavate dal testo), secondo l’edizione del Corpus Scriptorum Christianorum; di 84 secondo la Patrologia latina.

Agostino, tra una preposizione e l’altra non crea un filo conduttore; ma, nonostante questo le proposizioni mantengono un collegamento tematico tra loro, come viene dichiarato nel prologo del

116 Cioffi F., Luppi G., Vigorelli A., Zanette E., Il testo filosofico, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Trento 2000,

(vol. I), pp. 950-971.

117 Agostino, Opere di Sant’Agostino, Opere esegetiche questioni sulla Lettera ai Romani, trad. It. Gentili V., Tarulli

V., Città Nuova Editrice, (vol. X/2), pp. 461-462.

commento: «ognuno possa comprendere bene che nella Lettera si tratta di questioni relative alle opere della legge e della grazia»119.

Agostino osserva che le propositiones sono questioni che racchiudono in sé qualcosa che deve essere risolto attraverso la discussione: ma, per quanto la propositio implichi di per sé una discussione, l’expositio non presenta un colloquio come se si trattasse di un dialogo: è costituito invece da una serie di brevi commenti. Infatti, ogni propositio fondamentalmente si presenta nel medesimo schema retorico, seguendo la tipica disposizione tripartita agostiniana; costituita da:

initium, propositio, argumentatio120.

4.2.1 Il tema della natura

Agostino affronta il tema della natura nella propositio 41: «la prudenza della carne è nemica di Dio: non si assoggetta alla legge di Dio e nemmeno lo potrebbe121»; l’autore chiarisce il significato del termine “nemica”, perché nessuno possa pensare che si possa trattare di una “natura” non creata da Dio, ma derivante da un principio avverso; in quest’ottica chi volesse muovere guerra alla natura in quanto “nemica”, muoverebbe guerra a Dio stesso. Nemico di Dio è chiunque non si sottometta alla legge, spinto dal controllo che l'indole “della carne” esercita sull’uomo traviato, che desidera i beni passeggeri e teme i mali temporali.

L’apostolo chiama “carnis prudentia” quella per la quale si desiderano come supremi i beni che non sopravvivono con l’uomo, e si teme di perdere quei beni che presto o tardi si dovranno abbandonare. Una “prudentia” di questo tipo non può essere sottoposta alla legge di Dio: questo perché, per obbedire alla legge, occorre che tale “prudentia” scompaia e le subentri la “prudentia

spiritus”, che non fa riporre la speranza in beni terreni né fa temere i mali terreni.

Agostino afferma che nella nostra anima possono convivere entrambi i tipi di “prudentia”, sia per seguire i beni inferiori che per scegliere quelli superiori. «È come l’acqua: per natura è sempre la stessa, ma, col freddo gela, col caldo si liquefà. Quando dunque si dice che ‘la prudenza della carne non si assoggetta alla legge di Dio, e nemmeno lo potrebbe’, è come se si dicesse – e ciò è

119 «Esporremo i vari sensi di alcune frasi desunte dalla Lettera dell’apostolo Paolo ai Romani. Al riguardo, come

presupposto base per la comprensione della Lettera, va sottolineato che il suo tema di fondo sono i rapporti fra le opere della legge e la grazia» Agostino, Esposizione di alcune frasi della Lettera ai Romani, in Opere esegetiche, p. 507.

120 Agostino, Opere di Sant’Agostino, Opere esegetiche questioni sulla Lettera ai Romani, trad. It. Gentili V., Tarulli

V., Città Nuova Editrice, vol. X/2, pp. 474-475.

121 Riportiamo la versione C.E.I. della Lettera ai Romani 8, 7 «infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio,

vero – che la neve non può diventare calda. La cosa è infatti impossibile, poiché se alla neve si avvicina il calore si scioglie e diventa acqua calda, che nessuno potrà ancora chiamare neve»122.

Nella Lettera ai Romani è presente un passo riguardante la natura e la creazione: ci riferiamo a

Romani (8, 19-23). Agostino afferma di non voler interpretare questi versetti in modo da dover

pensare che negli elementi naturali, come gli alberi e l’erba, ci sia una sensibilità tale da renderli capaci di soffrire e gemere: si tratterebbe di un errore manicheo.

Agostino identifica le “creature che gemono” con l’intero genere umano.

La natura creata che non sia o spirituale come quella degli angeli, o animale come quella che si manifesta nella vita delle bestie, o corporea; questa natura in tutta la sua interezza è presente solo nell’uomo poiché in lui è presente una parte di spirito, una di anima e una di corpo: dunque, se l’apostolo scrive che «la creatura attende la rivelazione dei figli di Dio»123 allude con ciò all’uomo che ora è fra i patimenti e soccombe alla corruzione, mentre attendendo la manifestazione della propria vita in Cristo di cui scrive Paolo nella Lettera ai Colossesi ( cfr. 3, 3-4)124 e Giovanni nella sua Lettera (cfr. 3, 2)125.

Questa è la rivelazione dei figli di Dio che la creazione attende: l’attendono tutte le creature, che attualmente nell’uomo sono soggette alla caducità, essendo impiegate per finalità temporali126.

122 Agostino, Opere di Sant’Agostino, Opere esegetiche questioni sulla Lettera ai Romani, trad. It. Gentili V., Tarulli

V., Città Nuova Editrice, vol. X/2, p. 531.

123 Cfr. ivi p. 535.

124 San Paolo, Lettera ai Colossesi 3, 3-4 «voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!

Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria».

125 San Giovanni l’evangelista, Lettera di Giovanni 3, 2 «carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo

non è stato ancora rivelato. Sappiamo che però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è».

126 Agostino, Opere di Sant’Agostino, Opere esegetiche questioni sulla Lettera ai Romani, trad. It. Gentili V., Tarulli

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