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AIDS e malattie tropicali endemiche

Nel documento Infezione-malattia da HIV in Africa (pagine 33-45)

Le maggiori cause di morbilità e di mortalità nei paesi africani sono ancora net-tamente differenti rispetto a quelle proprie dei paesi del Nord del mondo. La povertà, l’ignoranza e le sfavorevoli circostanze politico-geografiche si combinano con le ina-deguate risorse della sanità pubblica nel generare un substrato di predisposizione alle malattie, dominato da quelle infettive endemiche o ad intermittenza epidemica (Nor-man, 1985). Il virus della Immunodeficienza Acquisita e gli agenti delle più disparate malattie tropicali possono interagire in una grande varietà di modi (Smith-2 et al.,1988): 1) l’infezione con HIV può favorire l’acquisizione di una malattia endemica tropicale, 2) la malattia tropicale può favorire la trasmissione dell’HIV,

3) l’infezione da HIV può esacerbare un’infezione latente oppure peggiorarne il decorso naturale,

4) l’acquisizione di una malattia tropicale può modificare e peggiorare il decorso dell’infezione da HIV. L’HIV può inoltre modificare il controllo ed il trattamento di alcune malattie tropicali endemiche: i pazienti immunocompromessi possono perdere la protezione immunitaria, permettendo la proliferazione degli altri agenti patogeni ed incrementando l’insorgenza di farmaco-resistenza.

Diversi farmaci usati per il trattamento di alcune malattie tropicali possono, inoltre, essere immunosoppressivi (es. niridazolo per la schistosomiasi) e, di conseguenza possono aggravare lo stato immunitario già compromesso del paziente.

HIV e Malaria

A causa delle profonde modificazioni indotte dalla malaria sul sistema immunitario, la coinfezione con l’HIV potrebbe influenzare la storia naturale di entrambe le malattie. Ripetuti attacchi di malaria inducono proliferazione policlonale dei B-linfociti, lin-fopenia, riduzione del rapporto T4/T8 e stimolazione dei linfociti T4. Questo potrebbe accelerare l’evoluzione dell'infezione da HIV. Tuttavia studi effettuati in Zaire e Zambia dimostrano che c’è una piccolissima interazione fra le due malattie ed in particolare è facile riscontrare una più elevata parassitemia nei pazienti con HIV e malaria e una forma di malaria più severa nei soggetti HIV positivi. E’ stato documentato inoltre un aumento del consumo di farmaci antimalarici nei soggetti HIV positivi a causa della presenza di febbri ricorrenti, e questo potrebbe in parte giustificare lo scarso rapporto evidenziato fra le due infezioni. Non si hanno, comunque, ancora dati sicuri che indichino con certezza che la malaria sia in grado di peggiorare l’evoluzione della malattia da HIV. Viceversa numerosi bambini affetti da anemia in malaria e sottoposti a trasfusione sono stati contagiati dall’HIV (Greenberg et al.,1988).

HIV e Tubercolosi

L’infezione da HIV sarebbe responsabile della recrudescenza dalla tubercolosi che, annualmente, determina nel mondo la comparsa di circa 8-10 milioni di nuovi casi. L’associazione tra HIV e tubercolosi è stata per la prima volta segnalata ad Haiti nell’83 dove la popolazione urbana, nella quale si riscontra la più elevata incidenza di infezione da HIV (9% rispetto al 3% registrato tra la popolazione rurale), è nettamente più esposta all’infezione tubercolotica (il 45% contro il 15% riscontrato tra la popolazione rurale). La situazione più grave segnalata è quella che si presenta in Africa.

Nello Zimbawe ed in Etiopia la tubercolosi è stata diagnosticata in circa un terzo dei pazienti infetti dal virus HIV-1. Viceversa in molti paesi dell’Africa Centrale ed Orientale il 17-55% dei tubercolotici sono stati trovati sieropositivi per l’HIV. Anche in Africa come ad Haiti le popolazioni rurali sono risultate meno esposte al virus dell’AIDS e tra i pazienti affetti da tubercolosi l’incidenza dell’HIV era più bassa nelle popolazioni extraurbane rispetto a quelle urbane. Nel complesso problema dei rapporti tra tuber-colosi ed AIDS si inseriscono i dati epidemiologici relativi all’incidenza delle forme tubercolotiche ad interessamento extrapolmonare che possono presentare qualche problema in più al momento della diagnosi. Nella Repubblica Centrafricana la tuber-colosi extrapolmonare e la linfoadenopatia del mediastino sono significativamente più comuni tra i pazienti HIV positivi (60-65%) rispetto ai soggetti HIV negativi (25%) (Slutkin et al.,1988).

I pazienti HIV positivi con tubercolosi presentano quasi sempre una prima-localiz-zazione polmonare, spesso con cavitazione, indistinguibile dalla forma presente nei pazienti sieronegativi. La localizzazione extrapolmonare del M. tuberculosis è decisa-mente più frequente nei soggetti HIV positivi rispetto ai controlli; i pazienti presentano spesso anergia alla tubercolina.

I protocolli di trattamento utilizzati hanno evidenziato la medesima efficacia sia nei pazienti HIV positivi che nei controlli; tuttavia nei pazienti con infezione da HIV sono stati evidenziati maggiori effetti collaterali epatici e, al termine del trattamento, la quasi costante recidiva della tubercolosi. Quest’ultima situazione induce a proporre, come nei paesi industrializzati, la profilassi dei pazienti tubercolino-positivi con isoniazide. Questo per evitare le recidive ma anche la trasmissione nella comunità (Slutkin et al.,1988).

HIV e Hanseniasi

Come per gli altri micobatteri, l’infezione con HIV può indurre un peggioramento della sintomatologia della lebbra. In particolare sono stati segnalati casi nei quali si è avuto un passaggio dalla forma tubercoloide della lebbra ad una forma mista o alla forma lepromatosa. E’ inoltre importante un fenomeno di interferenza sierologica fra il Mycobacterium leprae e l’HIV.

Spesso i sieri di soggetti Hanseniani risultano negativi alla ricerca effettuata con la metodica ELISA, mentre gli stessi sieri mostrano una o più bande riferibili a proteine dell’ HIV con la metodica Western blot. Questa interferenza potrebbe essere dovuta ad

HIV e Leishmaniosi

La leishmaniosi viscerale è, secondo le indicazioni date dal CDC, una delle infezioni opportuniste che permette di fare diagnosi di AIDS. L’infezione da HIV può riattivare una leishmaniosi latente o ben controllata dal sistema immunitario ancora efficente. Durante la malattia da HIV la leishmaniosi può presentarsi in forme atipiche, coinvol-genti spesso anche stomaco, intestino, retto e cute. La terapia dei pazienti HIV positivi affetti da leishmaniosi ha dato spesso scarsi risultati con i normali protocolli che prevedono l’uso di composti antimoniali (Altes et al.,1989).

HIV e Tripanosomiasi africana

Pochissime comunicazioni scientifiche sono state riportate sull’associazione fra la malattia del sonno e l’infezione da HIV. Sembra comunque che fra i pazienti affetti da tripanosomiasi africana che presentano sintomi molto precoci di malattia con rapido coinvolgimento cerebrale ci sia una più alta percentuale di sieropositività per HIV. Non sono note interazioni dell’HIV con la terapia specifica della tripanosomiasi (Noireau et al.,1987).

HIV ed Elmintiasi

Lo Stongyloides stercolaris è un elminti della famiglia dei nematodi, potenzialmente letale per la sua capacità di causare una sindrome da superinfezione nei pazienti con AIDS. L’adesione del verme alla mucosa del piccolo intestino provoca la comparsa di dolore addominale, calo ponderale e diarrea. La migrazione massiva delle larve esita invece in una ileite o in una polmonite se esse invadono il polmone: la prima delle due circostanze può essere complicata da una batteriemia da Gram-negativi con con-seguente shock (Sachs et al.,1987). Sebbene siano state segnalate forme severe di infestazione da Strongyloides stercoralis in pazienti HIV positivi, in base alle conoscenze attuali non sembra che esistano importanti correlazioni fra l’infezione da HIV e le più importanti elmintiasi (Maayan et al.,1987).

HIV ed infestazioni protozoarie

Una manifestazione clinica importante nell’AIDS in Africa è la Wasting Syndrome, che si associa invariabilmente a diarrea profusa. Il Cryptosporidium e l’Isospora belli sono i patogeni maggiormente isolati in questi pazienti; tali parassiti, che non erano conside-rati in grado di determinare una malattia prima dell’avvento dell’HIV, risultano patognomonici della malattia conclamata; inoltre sono spesso resistenti alla terapia specifica e conducono a morte il paziente in poco tempo.

(fino a 25 scariche al giorno con un volume di feci liquide pari a circa 17 litri/die). I pazienti sono soggetti anche a dolori addominali crampiformi ed a calo ponderale, anoressia e malessere generale; coesiste spesso malassorbimento associato ad intol-leranza al lattosio (Pape et al.,1989).

L’Isospora belli infetta preferibilmente i microvilli del piccolo intestino. Il quadro clinico è spesso indistinguibile da quello relativo alle infezioni da Cryptosporidium, anche se generalmente la nausea ed il vomito hanno maggior rilevanza nelle infezioni da Isospora belli (Pape et al.,1989).

La Microsporidia è un parassita coccidio che prolifera all’interno degli enterociti del piccolo intestino. Le sue potenzialità infettive nel paziente con AIDS sono state ricono-sciute solo di recente, ed il quadro clinico è dominato da diarrea acquosa (tre-dieci scariche al giorno) (Sachs et al.,1989)

La Giardia lamblia è un protozoo flagellato che può assumere sia la forma di cisti che quella di trofozoite. I disturbi provocati dall’infezione da questo patogeno compren-dono la diarrea acquosa, la steatorrea ed il calo ponderale. Altri frequenti disturbi sono la febbre, il malessere generale, i crampi addominali, l’anoressia, la nausea e la disten-sione addominale. L’infestazione intestinale da Giardia non risulta comunque essere modificata dalla presenza di infezione da HIV ed anche le frequenti recidive dopo adeguata terapia non si discostano da quelle riscontrate nei gruppi di controllo (Ron-danelli, 1989).

La presenza dell’immunosoppressione in corso di infezione da HIV sembra invece modificare l’andamento delle amebiasi. L’infezione da Entamoeba histolytica si rende manifesta quando le cisti ingerite raggiungono il colon e liberano i trofozoiti; questi penetrano nella mucosa intestinale, producendo le tipiche lesioni a forma di fiasco, ed il paziente và quindi incontro a diarrea, dolori addominali e spesso anche ad un certo grado di disidratazione. Le feci possono presentare solo tracce di sangue od al contrario essere francamente ematiche. Forme con elevata localizzazione extraintestinale del parassita sono spesso riscontrate in questi pazienti e la risposta alla terapia classica è spesso torpida e frequenti sono le recidive (Allason-Jones et al.,1988).

Conclusioni

L’impatto che il “male magro” avrà nei prossimi anni sull’evoluzione demografica e socio economica dei Paesi in via di sviluppo cambierà il volto del Continente Nero, infatti il tasso di crescita della popolazione, fino ad oggi altamente positivo (addirittura il 4% all’anno in Kenia), precipiterà a valori nettamente negativi. L’AIDS sarà capace, secondo Anderson (Anderson-1 et al.,1988), di deprimere significativamente il tasso di crescita delle popolazioni africane in modo ancor più drammatico di quanto hanno fatto in passato le due più grandi piaghe della storia della medicina: il vaiolo e la peste. Questo per la duplice possibilità di trasmissione verticale ed orizzontale della malattia e per la mortalità straordinariamente alta connessa all’infezione.

Sembra inoltre che l’AIDS non modifichi affatto, o lo faccia comunque in modo poco significativo, i rapporti esistenti tra le varie fasce d’età e quindi la struttura generale della popolazione, di conseguenza non varierà molto quello che gli esperti di demografia chiamano “rapporto di dipendenza” (Anderson-1 et al.,1988). Va però considerato, al di là di questa previsione, che la malattia da HIV comporta lunghi e ripetuti periodi di ospedalizzazione e può aumentare l’incidenza di altre malattie infettive, come tuber-colosi o malattie tropicali, con l’immediato risultato di modificare la reale morbilità relativa all’AIDS, oltreché devastare il già precario sistema sanitario africano. Il tempo perché questi mutamenti si realizzino sembra comunque essere relativamente lungo: decine di anni. C’è quindi la speranza ed il tempo perché si trovino farmaci efficaci, un vaccino sicuro, e soprattutto perché concreti programmi educativi riescano a frenare questa grave pandemia.

Ringraziamenti

Si ringrazia il Dott. Adhanom Goitom per la consulenza fornita nell'allestimento del presente lavoro. Il dottor Adhanom Goitom, nato a Tekelezan in Eritrea (Etiopia), laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Milano, specializzato in Malattie Infettive presso l'Università di Pavia, ha svolto attività di ricerca di tipo epidemiologico sull'andamento dell'AIDS nel mondo ed in particolar modo in Africa.

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