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Il lavoro fino a qui svolto ci dà l'occasione per fare diverse considerazioni sulla lettura popolare nella pianura veronese. In primo luogo, il materiale d'archivio ci ha dimostrato l'importanza della città di Legnago nei confronti degli altri centri rurali della Bassa Veronese, non solo dal punto di vista economico, ma anche amministrativo e culturale. D'altra parte, abbiamo appurato come, nei più svariati contesti storici, in circa cent'anni di storia, l'amministrazione pubblica e la politica si siano prodigati per l'abbattimento dell'analfabetismo attraverso la scuola, ma non abbiano mai sostenuto concretamente la crescita culturale del paese: furono sempre privati benemeriti cittadini o associazioni di volontariato a dare vita a iniziative culturali di vario genere, tra cui la biblioteca.

Dire biblioteca a Legnago significa parlare di molte realtà diverse e spesso conviventi. Proprio il fatto che non vi furono per molto tempo direttive dallo Stato centrale portò alla nascita e coesistenza di biblioteche di vario genere, talvolta piccolissime e non sempre con finalità pubbliche così come le intendiamo noi oggi. Si sono succeduti circoli di lettura come il Gabinetto letterario “G. Cotta”; varie biblioteche scolastiche di proprietà comunale, ma sorte e cresciute grazie alle donazioni dei privati; biblioteche circolanti, anche dentro le carceri, una biblioteca popolare; una biblioteca fascista; una biblioteca privata ma aperta al pubblico come quella di Maria Fioroni e, infine, una biblioteca comunale propriamente detta. Tutti questi spazi, in molti casi semplici sale di lettura o magazzini di libri, senza personale qualificato e senza un adeguato allestimento biblioteconomico, hanno contribuito alla crescita culturale e civile del paese.

L'elemento, tuttavia, più interessante della ricerca d'archivio è stata l'indagine sul patrimonio librario, fatta grazie agli elenchi e ai libri superstiti della biblioteca popolare. Scoprire nomi di autori oggi pressoché sconosciuti, con una produzione editoriale ricchissima, editori che sono nati e si sono fatti grandi grazie al romanzo di fine Ottocento significa ricostruire un momento fondamentale per la storia del libro e delle biblioteche. Non dobbiamo dimenticare che la biblioteca popolare, nonostante il nome alluda ad un pubblico di bassa condizione sociale, era frequentata anche dalla borghesia, in particolare dalle donne, le vere protagoniste della rivoluzione culturale in atto in quel periodo. La cultura era finalmente scesa dal suo piedistallo e i libri avevano incontrato i loro lettori. Al di là del ricco e prezioso patrimonio delle grandi biblioteche di conservazione, riservate agli studiosi, erano questi i libri che si leggevano davvero: romanzi seriali, di genere, a basso costo e di scarsa qualità. Sulla base

di questa letteratura di svago e di passaggio la gente costruiva il proprio pensiero e le proprie idee, non certo sui grandi filosofi del passato.

Le edizioni a basso costo permisero ad alcuni editori, in particolare Treves e Sonzogno, entrambi di Milano, non solo di dominare il mercato ma anche di guidare la produzione e i cataloghi del tempo, diventando «sollecitatori di opere»86. Il successo di alcuni autori, oggi

pressoché sconosciuti, è legato sì alla domanda del lettore ma soprattutto all'introduzione nel mercato da parte degli editori. Naturalmente questo non è vero per tutti: molti autori dell'Ottocento sono sopravvissuti nei cataloghi contemporanei ed oggi vengono definiti classici, in particolare gli autori di lingua francese. Di certo, i formati economici di Treves e Sonzogno hanno favorito la diffusione del libro tra i ceti più bassi e nelle biblioteche popolari che, con le loro scarne risorse, potevano così garantirsi qualche titolo in più.

Un'altra considerazione interessante da fare riguarda la discordanza tra i documenti d'archivio che dichiarano per la biblioteca popolare un patrimonio che varia dai 1300 ai 1600 titoli e gli appena 133 volumi rimasti. Nei quasi cent'anni trascorsi dalla chiusura della biblioteca popolare ad oggi ci sono state vicende storiche che hanno sicuramente influito sulla sorte di questi libri. Non possiamo inoltre dimenticare che, trattandosi di libri d'uso, era normale che il patrimonio fosse in continua evoluzione, sia per il mutamento del gusto dei lettori sia per l'usura dei libri stessi. Supponiamo, tuttavia, che la presenza di timbri di possesso non fosse un deterrente sufficiente contro il furto e la vendita nei mercati antiquari, specialmente nel caso dei libri della popolare di Legnago che avevano una caratteristica che li distingueva da altre raccolte simili87: sono, infatti, tutti rilegati, con coperta rigida e di buona

fattura. Si trattava di un investimento minimo, in quanto i libri probabilmente arrivarono già rilegati dal fornitore, grazie alla convenzione in atto con la Federazione Italiana per le Biblioteche Popolari88, ma era pur sempre un investimento finalizzato a far durare di più la

collezione.

Da tutti questi dettagli emergono elementi che accomunano la biblioteche popolari circolanti alle biblioteche comunali di oggi. Entrambe hanno come obbiettivo la circolazione del libro tra l'intera popolazione e per farlo si servono soprattutto di libri di svago. In entrambi i casi si tratta di romanzi pubblicati da grandi editori che controllano il mercato e che non

86 V. PEROZZO, op. cit., p. 97

87 Si veda Biblioteche effimere: biblioteche circolanti a Venezia (XIX-XX secolo), a cura di D. Raines, Venezia,

2012. Nei vari saggi emerge più volte la scarsa qualità della fattura dei libri, con pagine grigie o gialle, che si sbriciolavano.

danno molta importanza all'oggetto libro, utilizzando carta e legature di scarsa qualità, spesso in edizione economica, che prevede un formato ridotto e un carattere molto piccolo e di difficile lettura. Nel tentativo di allungargli la vita, il libro veniva rilegato ieri così come oggi viene rivestito con una pellicola protettiva. Viste le premesse, che cosa rimarrà quindi fra cent'anni dei Dan Brown, delle Danielle Steel e di molti altri autori che riempiono oggi gli scaffali delle nostre biblioteche? Si riuscirà ancora a ricostruire la storia delle biblioteche attraverso le loro collezioni? Probabilmente sì e con molta più facilità, grazie agli strumenti informatici di cui siamo dotati oggi, ma ciò che questo lavoro ha fatto emergere è che da un secolo a questa parte sono cambiate le finalità di ricerche di questo tipo, che da storiche si fanno antropologiche e dove l'oggetto d'indagine non è più fisico ma di concetto. Si potrebbe dire che la dematerializzazione nelle biblioteche, termine che oggi si utilizza parlando di cataloghi on line, document delivery, ebook, è cominciata già con le edizioni economiche di fine Ottocento, destinate ad una vita breve e ad un consumo ‘mordi e fuggi’: collezioni effimere per biblioteche effimere, come le definisce Dorit Raines nel titolo del suo saggio89.

Un ultimo appunto deve essere fatto su ciò che rimane oggi del fondo antico della biblioteca comunale di Legnago, che come abbiamo visto ha assunto varie forme e trovato varie sedi nel periodo preso in esame. Del cospicuo patrimonio oggi rimangono circa 1700 libri, come gli altri consultabili presso la sede della Fondazione Fioroni, di cui qualche centinaio di opere settecentesche, alcune decine di opere seicentesche, alcune cinquecentine. Si tratta principalmente di opere specialistiche, in particolare di medicina, scienze e filosofia, ma si trovano anche molti testi di storia contemporanea e geografia e diverse opere di letteratura classica. I documenti d'archivio ci hanno raccontato molto sulla provenienza di questi libri così da farci comprendere meglio la collezione che vediamo oggi. Abbiamo anche letto di testi antichi e preziosi, tra cui diverse aldine, sui quali è stata fatto un altro lavoro di tesi90. Su

dichiarazione del direttore della Fioroni sappiamo che i libri negli anni non sono stati propriamente conservati e tutelati e che sono arrivati a destinazione letteralmente scaricati nel giardino del palazzo. Non si vuole ora criticare le modalità d'intervento di persone che hanno solo svolto il loro lavoro, ma ribadire la scarsa sensibilità che fino ai tempi più recenti ha contraddistinto le varie amministrazioni pubbliche cittadine, che si sono ritrovate con un mucchio di libri vecchi di cui non saper che fare, senza accorgersi che nel frattempo, vuoi per le vicende belliche vuoi per il fiuto di qualche scaltro inserviente comunale, ha fatto sparire un patrimonio di immenso valore.

89 Biblioteche effimere... op. cit.

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