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L’analisi empirica condotta ha fatto sorgere alcune considerazioni rilevanti che vanno opportunamente evidenziate e, ove possibile, spiegate.

Innanzitutto, l’impiego di strumenti finanziari derivati da parte delle cinque imprese assicurative del campione è certamente limitato rispetto alle aspettative. Come si può osservare dal grafico sottostante, infatti, l’impatto degli strumenti derivati sull’ammontare complessivo degli investimenti 79

Si è, infatti, sottolineato più e più volte quali siano le caratteristiche e le particolarità di questi strumenti finanziari innovativi e, di come possano essere adeguatamente impiegati per finalità di copertura dei rischi aziendali. Essi sono strettamente connessi al profilo di rischio – rendimento dell’impresa e, quindi, alle strategie e agli obbiettivi di breve, medio e lungo periodo che il CDA intendere perseguire e raggiungere. Da qui, diviene fondamentale stabilire la composizione di portafoglio ottimale al fine di raggiungere gli obbiettivi prefissati, di onorare gli impegni di lungo periodo (assicurazioni vita) e di breve periodo (assicurazioni danni) e, infine, di garantire

79

Per investimenti si intende l’ammontare complessivo degli investimenti di classe C.III. “Altri investimenti”. -€ 10.000.000 € 0 € 10.000.000 € 20.000.000 € 30.000.000 € 40.000.000 € 50.000.000 € 60.000.000 € 70.000.000 € 80.000.000 € 90.000.000 2017 2016 2015 2014

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l’equilibrio aziendale di un’attività particolarmente rischiosa, svolta in un ambiente altamente vulnerabile ed incerto.

I volumi altalenanti rilevati per alcune imprese di assicurazione, ad esempio Generali S.p.A. e Axa Italia, e crescenti per altre, ad esempio UnipolSai, trovano giustificazione nella chiusura anticipata delle posizioni oppure, nella sottoscrizione di nuovi contratti allo scopo di perseguire nuove strategie o, semplicemente, per rafforzare una copertura in riferimento ad un particolare rischio che, per esempio, si è aggravato nel corso dell’anno.

Nei casi in cui l’operatività in strumenti derivati è risultata minore, ad esempio nel caso di AVIVA Italia, non si escludono connessioni con la società capogruppo. AVIVA Assicurazioni è un’impresa assicurativa inglese leader mondiale nel settore assicurativo vita. L’operatività di questa impresa si estende in tutto il mondo. Essendo che AVIVA Italia opera esclusivamente nel mercato italiano, i volumi di strumenti derivati è certamente minore. Studi condotti in materia di quali siano i fattori determinati che incentivano l’utilizzo di derivati, hanno evidenziato che più le imprese diventano dimensionalmente importanti, più le loro operazioni diventano complesse, maggiore è il ricorso all’utilizzo di derivati. Sfruttando le conoscenze tecniche in materia di trading, queste grosse imprese riescono ad investire in portafogli composti da derivati. L’operatività internazionale e la dimensionalità dell’impresa incentiva il ricorso a strategie di copertura per la mitigazione efficacie dei rischi. Di conseguenza, i volumi piuttosto ridotti di Aviva Italia si riferiscono al solo mercato italiano e, pertanto, non si esclude la possibilità che, se l’analisi fosse stata condotta considerando l’operatività del gruppo nel mercato mondiale, l’entità di investimento in derivati sarebbe stata certamente maggiore.

Aspetto importante da sottolineare deriva dal fatto che, la sottoscrizione di derivati a copertura di particolari rischi, ad esempio rischio di tasso di interesse o di valute, viene effettuata considerando un determinato capitale nozionale. I volumi di impiego, pertanto, dipendono soprattutto dal capitale nozionale che l’impresa decide di destinare a copertura di un certo rischio.

La flessibilità di alcuni degli strumenti del mercato dei derivati, permette di perseguire migliori performance di portafoglio e, al contempo, di proteggere gli investimenti degli assicurati dalle variazioni di mercato, ad esclusione, degli investimenti relativi a polizze index e unit linked. In queste polizze, il rischio è interamente traslato in capo all’assicurato. Sono polizze il cui andamento è collegato

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(linked) all’andamento dell’indice (azionario o obbligazionario) o al fondo nella quale viene investito il capitale.

La gestione di queste risorse generalmente è separata rispetto all’operatività dell’impresa, in ogni caso, quest’ultima potrebbe attivare strategie di copertura sulla parte di capitale versato dall’assicurato80.

È possibile affermare, pertanto, che a seconda della strategia adottata, attiva o passiva, l’impego di strumenti derivati sarà più o meno ampio. Ad esempio, durante l’analisi dei volumi delle cinque imprese del campione, si è osservato che Allianz Italia, a seguito dell’investimento in RSU, ha sottoscritto pozioni in derivati a copertura dell’impegno preso nei confronti di coloro che ricoprono particolari cariche aziendali. Il volume maggiore di utilizzo di derivati da parte dell’impresa si ha proprio nel medesimo anno in cui è stato effettuato l’investimento.

Si è analizzata la composizione della voce C.III. “Altri investimenti” dello Stato Patrimoniale delle imprese del campione, per cercare di comprendere quale sia la maggior fonte di investimento e se vi siano correlazioni con le strategie di mitigazione del rischio attivate con prodotti derivati. Secondo il report sull’andamento finanziario

italiano del 201881, le imprese di assicurazione risultano esposte al rischio spread per

circa il 45% del rischio di

mercato complessivo; è

possibile osservare ciò dal

grafico sottostante.

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Gli investimenti collegati a queste particolari polizze rientrano all’interno della voce D dello Stato Patrimoniale e vengono classificati come investimenti ad utilizzo non durevole.

84

Figura 1.5: I principali investimenti delle imprese di assicurazione82

Come si osserva dal grafico precedente, la maggior parte degli investimenti è composta dal comparto obbligazionario che racchiude investimenti in titoli di Stato, corporate, mini-bond. IVASS e Banca d’Italia hanno constatato che nel corso del 2017, il rischio spread, alla quale le imprese di assicurazione erano esposte, è risultato decisamente elevato. Nel medesimo anno, si è registrato un incremento degli investimenti del comparto obbligazionario di circa il 5% in più rispetto agli anni precedenti. Prendendo in considerazione questa analisi condotta da Banca d’Italia e IVASS, si è proceduto ad analizzare la composizione degli investimenti delle cinque imprese del campione, il grafico sottostante riporta i risultati ottenuti.

La conferma di quanto riportato dal Rapporto sulla stabilità finanziaria la si ha anche analizzando il campione delle cinque imprese assicurative italiane. I volumi di investimento in obbligazioni sono cresciuti nel periodo 2014 – 2017 per ciascuna delle imprese. Si ricorda che, a fini normativi, gli investimenti in obbligazioni e altri titoli a reddito fisso nonché gli investimenti in azioni e quote di imprese e di fondi comuni di investimento, non devono superare il limite massimo del 60% e 70% rispettivamente

82

Fonte: Rapporto sulla stabilità finanziaria (Banca di Italia, pag. 48) -€ 10.000.000 € 0 € 10.000.000 € 20.000.000 € 30.000.000 € 40.000.000 € 50.000.000 € 60.000.000 € 70.000.000

Azioni e quote Quote di fondi comuni di inv. Obbligazioni e altri titoli a reddito fisso Finanziamenti Depositi presso enti creditizi Derivati 2017 2016 2015 2014

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per la gestione danni e vita, di cui alle voci C.III.1. “azioni e quote”, C.III.2. “quote di

fondi comuni e di investimento” e, infine, C.III.3. “obbligazioni e altri titoli a redditi fisso”.

Vista la concentrazione degli investimenti obbligazionari, si è cercato di capire se vi fosse qualche collegamento con il mercato dei derivati a copertura del rischio di credito.

Se si osservano i volumi di utilizzo degli strumenti derivati (grafico in figura), il 2017 risulta essere l’anno con minor operatività di questi. Questo potrebbe derivare dal fatto che le imprese di assicurazione, secondo i dati riportati dal rapporto sulla stabilità finanziaria, hanno ceduto circa il 4% dei premi annui ad imprese di riassicurazione. In realtà, la media europea di cessione dei premi a quest’ultime è molto più elevati, è pari, infatti, a circa l’8%. Analizzando i bilanci d’esercizio, è possibile dedurre che le imprese di assicurazione che hanno maggiormente investito in strumenti obbligazionari, hanno attivato anche strategie di copertura sottoscrivendo credit default swap e contratti

a termine, ad esempio, UnipolSai e Axa Italia. Il capitale nozionale investito è però,

risultato di gran lunga inferiore rispetto alle aspettative. Di conseguenza, vi è, in parte, l’assunzione di pozioni in strumenti derivati ma non di volumi elevati. Le ragioni sono da ricercarsi in un altro importante aspetto: il rischio di liquidità. Il volume elevato di investimenti in strumenti obbligazionari deriva da scelte monetarie. L’impresa, per fronteggiare necessità di liquidità che potrebbero sorgere nel breve periodo, investe la maggior parte delle risorse in strumenti obbligazionari governativi e corporate, in questo modo, garantisce la solvibilità alle eventuali richieste degli assicurati. La bassa quantità di strumenti finanziari derivati da parte delle imprese di assicurazione potrebbe derivare anche dal ricorso all’attività di riassicurazione. In Italia, a seguito di recenti

-€ 2.000.000 € 0 € 2.000.000 € 4.000.000 € 6.000.000 € 8.000.000 € 10.000.000

Volumi complessivi (2014 - 2017)

2014 2015 2016 2017

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operazioni di M&A, il mercato assicurativo risulta essere inondato da gruppi assicurativi. Certamente, questi si affidano all’attività di riassicurazione svolta da parte di imprese esterne al gruppo o, addirittura, imprese controllate. Nei maggiori gruppi assicurativi, l’attività di riassicurazione è svolta da imprese controllate, questo conduce ad una notevole riduzione delle controparti con la quale vengono stipulati contratti di trasferimento del rischio di portafoglio e, permette di attivare sinergie di costo e di ricavo. Prima dell’innovazione finanziaria, l’attività di copertura dei rischi veniva svolta esclusivamente dalla riassicurazione. La riassicurazione è un contratto multifunzionale. Attraverso questo meccanismo, l’impresa di assicurazione è in grado di fornire prodotti assicurativi a prezzi competitivi cercando di riuscire a soddisfare le esigenze di quasi tutte le categorie di clientela (private, corporate, retail). Da qui, la sempre più importante convinzione che l’innovazione finanziaria non riuscirà a prevalere sull’attività riassicurativa; esse sono destinate a coesistere all’interno dell’operatività assicurativa.

La riassicurazione è divenuta, per molti gruppi assicurativi, strumento chiave nella gestione dei rischi, soprattutto per quelle imprese che non dotandosi di CAT bond non sono in grado di ridurre o almeno limitare la rischiosità derivante dal comparto danni. In riferimento al comparto danni, il gruppo Generali, oltre ad aver emesso CAT bond, ha investito molto nella riassicurazione. L’Head of Reinsurance, Claims and Processes di Generali S.p.A. afferma in particolar modo che “la riassicurazione è uno strumento

potente per mitigare la volatilità del portafoglio assicurativo e, ancor di più, per gestire in modo efficiente il rischio e il capitale di una compagnia. La riassicurazione è anche una componente strategica del processo che porta allo sviluppo di servizi assicurativi sempre migliori che il Gruppo è in gradi di offrire ai propri clienti corporate e privati con riguardo ai rischi più gravi, quali, ad esempio, le calamità naturali”83. Un’importante strategia attuata dal gruppo è stata quella di centralizzare l’attività di riassicurazione offerta alle imprese controllate, europee ed extra europee, allo scopo di controllarne i costi ed ottenere una copertura efficacie del rischio oltre a essere maggiormente competitiva nel mercato. Generali S.p.A. dichiara, nei bilanci analizzati, che la riassicurazione è il metodo principalmente utilizzato per la mitigazione dei rischi. In ogni caso, la compagnia cede una parte dei rischi a riassicuratori esterni. Le ragioni sono da ricercarsi nel semplice fatto che l’accollo di gran parte delle quote di rischiosità

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delle compagnie controllate implicherebbe in capo alla capogruppo maggiore sistematicità, viste, soprattutto, le dimensioni e l’operatività mondiale.

Le considerazioni dell’analisi si spingono ben oltre il campione selezionato; solamente quattro delle nove imprese selezionate inizialmente, dichiarano di non ricorrere all’utilizzo di prodotti derivati per mitigare la rischiosità aziendale.

Sara Assicurazioni e Assimoco Assicurazioni, sono due delle quattro imprese che

dichiarano di non impiegare derivati per la copertura dei rischi. Entrambe non utilizzano derivati ma, ricorrono alla riassicurazione per la copertura, ad esempio, dell’assistenza legale, della malattia, danni catastrofali o danni in generale. Sara Assicurazioni evidenzia in conto economico un importo pari a € 10.822.621,9884 relativi ai premi ceduti in riassicurazione. Assimoco Assicurazioni, invece, ricorre alla riassicurazione per un ammontare pari a 3.976 migliaia di euro con un risultato d’esercizio pari a 27.277 migliaia di euro.

La copertura riassicurativa favorisce il raggiungimento di alcuni importanti punti cardini della gestione dell’impresa quali: consolidare i risultati, proteggersi dalle perdite elevate e, infine, estendere la sottoscrizione dei prodotti grazie alla maggior competitività che si raggiunge. Si evidenzia che i vantaggi che si possono ottenere dipendono dalla tipologia di riassicurazione, dalla tipologia di rischi ceduti e dalle modalità con la quale viene stipulata. Tuttavia, la copertura riassicurativa non compre la totalità dei rischi assicurativi assunti dalla compagnia. Qualora le imprese di assicurazione ricorrano alla riassicurazione o all’utilizzo di strumenti derivati in quote sommariamente inferiori, larga parte dell’attività viene svolta dalle tecniche di Asset Liability Management che le imprese di assicurazione adottano. Axa Assicurazioni, ad esempio, in riferimento alla gestione del rischio di mercato, utilizza tecniche di ALM con obbiettivo primario la solvibilità dell’impresa nei confronti degli assicurati e il raggiungimento degli obbiettivi strategici. Axa dichiara anche di disporre di procedure che le permettono di analizzare congiuntamente attivo e passivo permettendole di avere una visione gestionale e dimensionale della rischiosità complessiva di portafoglio. L’impresa, inoltre, si avvale di una società del gruppo denominata Axa Investment Managers, società di asset management, che analizza i mercati finanziari principali nella quale vengono investite le risorse.

84

L’importo si riferisce alla sommatoria tra i premi ceduti relativi al comparto danni (10.641.514,80) e al comparto vita (181.107,18).

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Non bisogna scordarsi che l’attività di copertura dei rischi è efficacie solamente grazie alla combinazione di strumenti finanziari e di tecniche che rispondano meglio alle esigenze di mitigazione di alcuni rischi rispetto ad altri. Le strategie aziendali guidano l’attività del risk manager e, di conseguenza, le scelte di copertura più idonee ad ottenere il raggiungimento degli obbiettivi prefissati. L’assenza e la scarsa voluminosità di utilizzo dei derivati provengono essenzialmente dalle strategie che l’imprese intende conseguire. È bene evidenziare che, il mercato dei derivati e, in particolar modo il mercato OTC dove gli assicuratori sono maggiormente esposti, è soggetto a rischio sistemico. In questi mercati il rischio sistemico proviene dalle numerose interconnessioni che si creano tra i vari operatori. L’elevato grado di concentrazione degli operatori e le loro interconnessioni comporta l’esposizione a shock macroeconomici che scaturiscono le oscillazioni del business cycle. Certamente, il contributo del mercato assicurato al mercato dei derivati è piuttosto circoscritto rispetto alle dimensioni effettive del mercato. I ridotti volumi di posizioni derivate delle società assicurative comportano una minor suscettibilità del settore al rischio sistemico del mercato dei derivati.

Concludendo, quelle imprese che non presentano operatività in strumenti derivati o semplicemente scarsi volumi, hanno fatto ricorso maggiormente all’attività riassicurativa e alle tecniche di asset liability management in forza degli obbiettivi strategici che intendevano perseguire. Di conseguenza, la scelta delle strategie di copertura più idonee al raggiungimento degli obbiettivi aziendali è certamente guidata dalle caratteristiche assunte dalle passività di portafoglio. L’esposizione degli assicuratori nei mercati dei derivati dipende dalle caratteristiche del mercato e se queste sposano o meno le esigenze e le necessità del portafoglio assicurativo.

89

Conclusioni

Una delle principali conseguenze finanziarie ed economiche causate dalla crisi del 2008 è la vulnerabilità e instabilità dei mercati. Gli operatori del mercato hanno dovuto confrontarsi con queste turbolenze che hanno determinato un incremento notevole della rischiosità. Da qui la ricerca di nuove tecniche di trasferimento e mitigazione dei rischi che consentano agli intermediari di creare valore e, allo stesso tempo, di raggiungere gli obbiettivi aziendali. Le imprese di assicurazione, per evitare di essere sovrastate dagli altri operatori del mercato, hanno risposto alla competitività offrendo prodotti assicurativi sempre più raffinati e complessi. Per il comparto vita, ad esempio, si sono specializzate nell’offerta di prodotti di investimento alternativi a quelli bancari. L’offerta di questi prodotti ha incrementato ulteriormente la rischiosità delle imprese. Per il comparto danni, invece, i mutamenti climatici degli ultimi decenni costituiscono una minaccia alla solvibilità dell’impresa. Da qui, la necessità anche per il mondo assicurativo europeo di emettere particolari titoli, assimilabili agli strumenti derivati, denominati CAT bond. Questi sono solo alcuni esempi dei prodotti assicurativi emessi dalle imprese di assicurazione.

La maggior competitività delle compagnie ha incrementato ulteriormente il profilo di rischio. La competitività e il mercato turbolento hanno spinto, paradossalmente, le imprese assicurative ha ricercare nuove tecniche di mitigazione del rischio. Le difficoltà connesse all’operatività derivano dall’incertezza e dall’imprevedibilità insita nei mercati rendendo così incerto il futuro. Questi continui mutamenti impattano non solo nelle performance aziendali ma anche sulla solvibilità dell’impresa. Per le imprese di assicurazione diviene difficoltoso operare e garantire gli impegni assunti nei confronti degli assicurati in un orizzonte temporale di breve, medio e lungo periodo.

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Gli intermediari finanziari ricorrono, come esplicato nell’elaborato, all’impego di strumenti derivati per scopi di copertura del rischio. Questi permettono di ridurre la rischiosità gravante sull’impresa. Le aspettative iniziali non hanno ottenuto conferma. Visti i volumi del mercato dei derivati e l’attività di gestione del rischio delle imprese di assicurazione, ci si aspettava che esse sfruttassero questi in maniera profittevole. Analizzando il mercato assicurativo italiano, in realtà, si è osservato che le imprese di assicurazione ricorrono al loro utilizzo in maniera parziale e non totalitaria. Inoltre, i volumi di utilizzo risultano essere alquanto altalenanti.

Si conclude, pertanto, che le ragioni sono da ricercarsi nei molteplici strumenti che l’impresa utilizza per mitigare e trasferire il rischio. La riassicurazione, l’emissione di CAT bond e ILS, l’esternalizzazione e gli strumenti derivati costituiscono un (quasi) perfetto meccanismo di copertura dei rischi. Inoltre, la struttura di gestione integrata di attivo e passivo svolge già un’iniziale, anche se parziale e non controllabile totalmente, attività di copertura.

In mondo sempre più competitivo, le imprese di assicurazione rispondono tempestivamente alle evoluzioni di mercato mixando strumenti e tecniche differenti ma che permettono di raggiungere coperture alquanto efficaci.

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