Jarcho e i metodi quantitativi nelle scienze filologiche
4.7 Alcuni esempi dell’impiego dei metodi statistici negli studi filologici contemporane
A ormai cento anni dai primi esperimenti di Jarcho e a distanza di ben cinquant’anni dalla riscoperta dei metodi quantitativi legata all’istituzionalizzazione degli studi strutturali, l’impiego dei mezzi matematico-statistici nelle scienze umane è andato progressivamente affievolendosi e se oggi permane in qualche particolare ambito di ricerca, questo è rappresentato per lo più dalla linguistica computazionale, attraverso i suoi più recenti tentativi di codifica digitale dei testi, in cui manca però il momento ermeneutico. Rari, se non del tutto assenti sono invece i casi in cui si ricorre alla statistica nell’analisi del complesso letterario e di quello prosastico in particolar modo.
Esistono tuttavia alcune eccezioni. Nel panorama delle ricerche italiane, ad esempio, spiccano gli esperimenti compiuti da Guido Carpi. Il primo studio, condotto in ambito stilistico, rappresenta un’analisi “semasiometrica” – questo è il termine proposto da Carpi – dei Fratelli Karamazov (Cf. Carpi 2008b). L’autore misura e verifica l’esistenza di un nesso tra i campi semantici del denaro e della pulsione misantropica nell’opera di Dostoevskij e tra i legami che intercorrono tra questi e le strutture narrative (ovvero definisce una scala di maggiore o minore normalità percentuale di un’area semantica e pone l’andamento dell’intreccio in rapporto con le variazioni dell’area semantica rispetto alla scala di normalità). Resosi forse subito conto come Belyj di quanto sia difficile, soprattutto rispetto a delle variabili di tipo semantico, elaborare dei parametri rigorosi che permettano di procedere alla catalogazione del materiale senza il minimo tentennamento, lo studioso introduce il concetto di “area semantica” per ovviare alle ambiguità che potrebbero derivare dalla dicotomia proposta da Jarcho tra “idee” ed “emozioni”, includendo dunque tanto le facoltà razionali del personaggio, quanto la sua sfera emotiva. Egli definisce poi le seguenti variabili: l’area semantica (denaro e pulsioni misantropiche); gli emittenti (il narratore, Aleša, Dmitrij, Ivan, Fedor Pavlovič, Liza, Starec, Grušen’ka, Smerdjakov e gli altri); i destinatari (gli stessi). Carpi marca il testo a livello frastico,244 e sceglie inoltre di pesare i periodi in grafemi, non tenendo però conto del fatto che i risultati dell’analisi possono variare, seppur leggermente, a seconda che l’edizione considerata preceda o meno la riforma ortografica russa del 1917
244 Ciò significa che viene evidenziata ogni proposizione che contiene un riferimento esplicito al tema del
denaro; l’intera frase nel caso si tratti di una proposizione principale, se poi all’interno di un periodo marcato secondo un’area semantica si trova una subordinata che contiene un riferimento a un’altra area semantica la subordinata viene marcata in base a questo tratto.
(ciò gli viene fatto notare, ad esempio, dal filologo Nikolaj Percov durante la presentazione dello studio nell’ambito della conferenza in onore del quarantecinquesimo anno dalla nascita di Maksim Šapir, 19-20 ottobre 2007). Lo studio è senz’altro interessante ma appare al contempo piuttosto provocatorio soprattutto laddove l’autore non si limita a constatare dei dati percentuali o la presenza di alcuni legami, come auspica e fa Jarcho, ma interviene nel vivo dell’analisi giungendo a interpretazioni molto soggettive prima ancora di aver confrontato più dati. Insostanza, si ha a tratti l’impressione che in questo contesto l’interpretazione sociologica della poetica di Dostoevskij non tenda tanto a integrarsi con un approccio di tipo strutturale, ma spinga l’autore a dire molto di più rispetto a quanto i valori statistici misurati stanno effettivamente ad indicare.
Un esempio a nostro avviso più riuscito di analisi “semasiometrica” è quello che lo stesso Carpi promuove nel suo studio Gogol’ economista (Cf. Carpi 2008a). In questo caso egli calcola il peso del tema economico (rapporti di proprietà, gestione delle tenute, transazioni commerciali, etc.) nel secondo volume delle Anime morte, ovvero dei capitoli composti tra il 1848 e il 1849 e poi pubblicati nel 1855. «Se nei primi due capitoli della redazione seriore esso occupa la già cospicua percentuale, rispettivamente, del 5 e del 6,74%, nel terzo capitolo esso schizza al 39,23% – peso assolutamente spropositato per un’opera narrativa – e sale addirittura a 45,37% nel quarto capitolo» (Carpi 2009a: 461). Carpi mostra come nei primi due capitoli e nella prima parte del terzo capitolo (quella dedicata a Petuch) il tema economico sia limitato a orientare discretamente la narrazione, come peraltro già avveniva nella prima parte del poema. Con Kostanžoglo, l’indicatore economico diventa addirittura dominante in termini assoluti: 54,43% di testo nelle parti che si svolgono nella sua tenuta (terzo capitolo) e 64,67% nella scena del quarto capitolo ambientata presso la tenuta dello scialacquatore Chlobuev. «Percentuali simili», scrive Carpi, «significano semplicemente che dove entra in campo Kostanžoglo – e si tratta di circa 1\3 del testo dei quattro capitoli – il romanzo è sospeso: non c’è posto né interesse per lo sviluppo di caratteri coerenti né per lo svolgimento di una trama quale che sia, neanche per quella – comunque esilissima – delle Anime morte; la narrazione finzionale è sostituita da una sorta di trattato politeconomico espresso nella forma arcaica del dialogo fra maestro e allievo» (462).245
245 Tendando di definire il posto occupato da Gogol’ nel sistema di forme ideologiche e poetiche che
In una terza ricerca Carpi ricorre invece ai metodi esatti per verificare un’eventuale influenza del Mednyj vsadnik di Puškin sul Valerik di Lermontov, richiamandosi, in particolare, agli studi di Lev Pumpjanskij, il quale più di altri approfondì l’idea di uno stretto rapporto del poema lermontoviano con la tradizione puškiniana (Cf. Pumpjanskij 1941). Dopo aver dimostrato che «dal punto di vista lessicale il sostrato del Mednyj vsadnik per Lermontov si identifica in prevalenza con il lato “pratico”, dinamico, quotidiano-militare e guerresco di Valerik» (Carpi 2012: 123), lo studioso passa ad analizzare la struttura versale dell’opera, ricordando come il poema in questione si allontani dalla linea ultraromantica di Demon e tentando dunque di verificare se, come Mednyj vsadnik, si discosti al contempo dai precedenti poemi astrofici puškiniani nel rapporto tra scansione versale e scansione sintattica. L’autore accenna così ai vari tentativi di rendere numericamente quantificabile la densità dei legami sintattici fra righe versali, riportando, in particolare, i 23 gradi della classificazione proposta da Maksim Šapir.246 Tuttavia il confronto tra i due testi non pare dare risultati confortanti. Le tendenze ritmo sintattiche dei due poemetti sono assai diverse; in Demon, e ancora di più in Valerik, si registra una sorta di saliscendi tra legami molto forti e legami deboli, avviene in sostanza l’opposto di ciò che si verifica in Mednyj vsadnik. L’analisi finisce con il dimostrare che in realtà, in Valerik, solo una porzione di testo ben precisa, quella delimitata dai versi 171-220 (senza il discorso diretto dei versi 171-220), ha un andamento che ricorda quello de Il cavaliere di bronzo.
Anime morte e soprattutto per mezzo della figura di Kostanžoglo, Gogol’ sia tutto impegnato nella
ricostituzione, seppur virtuale, dell’economia curtense chiusa, e cerchi in qualche modo di “sterilizzare” l’atto dello scambio, privandolo dell’elemento del guadagno.
246 1. Tra frasi indipendenti non legate da una congiunzione (asindetiche); 2. fra proposizioni indipendenti
legate da una congiunzione; 3. fra le parti di una proposizione priva di congiunzione; 4. fra le parti di una proposizione legate da una congiunzione; 5. fra subordinate non legate da una congiunzione coordinativa; 6. fra subordinate legate da una congiunzione coordinativa; 7. fra una principale e una subordinata; 8. in presenza di forme verbali che originano una subordinata implicita (obosoblennye); 9. fra complementi eterogenei di una proposizione non formanti sintagma e in assenza di congiunzione; 10. fra membri eterogenei di una proposizione non formanti sintagma e in presenza di congiunzione coordinativa; 11. fra un termine generalizzante ed elementi omogenei; 12. fra elementi omogenei in assenza di congiunzione; 13. fra elementi omogenei in presenza di congiunzione; 14. fra soggetto e predicato; 15. fra membri di un sintagma nel caso di loro afferenza (primykanie) <o “rapporto modificatore”>; 16. fra membri di un sintagma nel caso di reggenza (upravlenie) <o “costruzione argomentale”> indiretta (senza accusativo); 17. fra membri di un sintagma nel caso di reggenza (upravlenie) <o “costruzione argomentale”> diretta (con accusativo); 18. fra membri di un sintagma nel caso di loro concordanza (soglasovanie); 19. fra i componenti delle forme composte del verbo; 20. fra una preposizione, una congiunzione, una particella, e la parola o la proposizione a cui essa si riferisce; 21. fra le parti di un composto non monoaccentato; 22. all’interno di una parola monoaccentata; 23. all’interno di un morfema o di una sillaba.
Carpi dimostra inoltre le potenzialità ermeneutiche di questa classificazione, come la scoperta, fatta dallo stesso Šapir, che nella povest’ pietroburghese, il legame sintattico fra righe versali cresce non perché aumentano le omissioni di ictus in posizione forte, ma perché aumentano gli enjambements.
In area austriaca gli slavisti Peter Grzybek – professore, nonché direttore dell’Istituto di Slavistica della Facoltà di Lettere dell’Università di Graz – ed Emmerich Kelih – ricercatore presso l’Istituto di Slavistica dell’Università di Vienna247 – hanno dato vita, insieme ad Ernst Stadlober, docente presso l’Istituto di Statistica della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Graz, al progetto di ricerca interdisciplinare, denominato QuanTa (Quantitative Text Analisis). Il progetto intende promuovere l’analisi quantitativa dei diversi elementi che compongono il testo al fine di descrivere eventuali regolarità linguistiche o testuali; le ricerche, condotte fino ad ora, spaziano dal tentativo di elaborare un modello teorico per le frequenze dei grafemi nei vari alfabeti slavi, allo studio della correlazione tra la lunghezza delle parole e quella delle sillabe nelle varie lingue slave, e in specie in croato, all’indagine del rapporto tra la lunghezza della parola e la lunghezza della frase nei monumenti letterari russi (si veda in proposito il lavoro condotto da Grzybek su Anna Karenina, Grzybek 2011). Come si evince dalla maggior parte delle ricerche condotte in questo ambito, e come peraltro esplicitato dagli stessi promotori del progetto, i metodi quantitativi servono in questo caso a verificare qualsiasi sorta di regolarità presente all’interno della stessa sfera linguistica o testuale e non a misurare e descrivere le interrelazioni che si instaurano tra i vari ambiti della forma. Citeremo ad esempio un altro studio di Grybek, intitolato Aspetti quantitativi del testo slavo (sull’esempio dell’Evgenij Onegin di Puškin) (Quantitative Aspekte slawischer Texte (am Beispiel von Puškins Evgenij Onegin)), in cui l’autore si limita a registrare una rigida organizzazione dell’Evgenij Onegin rispetto a tre principali questioni linguistiche: a) la frequenza della lunghezza del verso; b) la frequenza della lunghezza delle parole, c) il rapporto di dipendenza che lega i due punti (Cf. Grybek 2002; 2011).
Parte integrante del progetto è il prezioso QuanTa server, un database di oltre 4000 testi appartenenti a più di 100 autori diversi e composti in croato, russo, sloveno, ceco e slovacco.
247 Alla ricostruzione storica dell’applicazione dei metodi quantitativi negli studi linguistici e letterari
In Russia il supporto della statistica continua ad essere particolarmente diffuso soprattutto nelle analisi del ritmo della prosa e della poesia russa, attorno a cui continuano a cimentarsi ad esempio Marina Krasnoperova (Cf. Krasnoperova 2004) e Georgij Vasjutočkin. Altri preziosi contributi all’indirizzo statistico-induttivo degli studi metrici sono rappresentati dalle ricerche della filologa moscovita Tat’jana Skulačeva, la quale si avvale della metodologia esatta per individuare e dimostrare i legami che si instaurano tra il ritmo e la sintassi o tra il ritmo e la semantica del testo poetico, si veda ad esempio lo studio dal titolo La linguistica del verso: la struttura della riga versale (Lingvistika sticha: struktura stichotvornoj stroki, 1996), in cui l’autrice verifica, sul materiale puškiniano dell’Evgenij Onegin e della Pikovaja dama, l’ipotesi che il fenomeno sintattico della coordinazione sia più diffuso in poesia e non in prosa e possa dunque essere assunto quale tratto tipico della riga versale (Cf. Skulačeva 1996); idee riprese e sviluppate ulteriormente insieme a Marija Buljakova nel recente Stich i proza: sočinenie i podčinenie (Cf. Skulačeva, Bujakova 2010). Non bisogna infatti dimenticare che queste indagini sono state condotte nell’ambito del progetto denominato appunto “La linguistica del verso” (Lingvistika sticha) ed avviato dalla stessa Skulačeva e da Michail Gasparov quasi venti anni fa. L’intento dei due studiosi era quello di indagare le differenze nella costruzione del discorso poetico e di quello prosastico a tutti i vari livelli linguistici, approfondendo così le ricerche intorno alla dicotomia prosa/verso, avviate dai formalisti (Cf. Gasparov, Skulačeva 2004a; 2004b). Sempre in merito all’analisi statistica dei rapporti tra scansione metrica e sintattica devono essere ricordati gli esperimenti di Anastasija Belousova sulle diverse varianti dell’ottava russa (Cf. Belousova 2011). Rimanendo nell’ambito della stichovedenie è inoltre d’obbligo menzionare le ricerche di Kirill Golovastikov – brillante allievo di Šapir – sulle caratteristiche ritmico-accentuative delle parole monosillabiche nel trocheo e nel giambo: ad esempio, scorporando le righe versali in tetrapodia giambica con un monosillabo in anacrusi (circa il 50% delle righe versali negli anni 1820), è possibile descrivere il profilo ritmico di poeti quali Batjuškov, Baratynskij e Puškin in modo molto più preciso di quanto consentissero i calcoli indifferenziati di Taranovskij e Gasparov (Cf. Golovastikov 2010; 2011).
Nell’autunno del 2009, presso l’Istituto di lingua russa dell’Accademia russa delle scienze di Mosca è stato costituito, sotto la direzione di Nikolaj Percov, il Centr po lingvističeskoj tekstologii i komp’juternomu lingvostichivedčeskomu analizu. Attivi
collaboratori di questa nuova organizzazione scientifica sono, tra gli altri, il già più volte menzionato Igor’ Pil’ščikov e il linguista Vladimir Plungjan, i quali si avvalgono degli strumenti statistici nei più vari esperimenti di testologia computazionale, nonché nell’elaborazione di sistemi informativi analitici nel campo delle diverse discipline umanistiche (Cf. Plungjan 2009). Nel panorama delle tendenze attuali non possiamo infine fare a meno di citare anche il monumentale Dizionario statistico della lingua di Dostoevskij (Statističeskij slovar’ jazyka Dostoevskogo, 2003) di Anatolij Šajkevič,248
Vladimir Andrjuščenko e Natal’ja Rebeckaja.
L’ambito in cui la metodologia di Jarcho pare oggi trovare meno sostenitori è senz’altro quello della poetica, intendendo per poetica l’insieme complessivo di scelte espressive attraverso cui l’autore realizza la propria opera.
A differenza di altri formalisti che in più occasioni fornirono una propria definizione del termine poetica, usandolo spesso come sinonimo di teoria della letteratura essenzialmente per indicare i procedimenti di costruzione dell’opera letteraria (Cf. Tomaševskij 1925;249 Žirmunskij 1919) o la grammatica del linguaggio poetico (Vinokur 1987; Špet 1922-1923; Jakobson 1960), Jarcho non tracciò mai i contorni di una vera e propria poetica, limitandosi a indicare una serie di sottodiscipline che potevano a suo avviso essere annoverate sotto tale etichetta. Tra queste, particolare importanza egli attribuì soprattutto allo studio delle immagini poetiche, la iconologia, termine non di rado usato in maniera sinonimica alla stessa espressione di poetica. A fianco della iconologia Jarcho collocò la sjužetika (o tematica), incentrata sullo studio dell’intreccio e dei motivi; la topica, finalizzata invece a indagare le immagini e i motivi che in un determinato complesso si ripetono con una certa frequenza e sono dunque considerati tipici, e infine, l’analisi della concezione dell’opera. A questo proposito deve ad esempio essere ricordata l’indagine condotta sul materiale letterario della Chanson de Roland, in cui Jarcho misura il peso della concezione ideologica del poema, dimostrando che l’ideologia dell’opera è laica e cavalleresca e non religiosa come invece affermato dalla maggior parte degli studi dell’epoca (Cf. Jarcho 1934).
La nostra accezione del termine poetica si discosta dunque dall’interpretazione jarchoviana (di cui peraltro non mancano esperimenti di studi statistici, basti pensare ad
248 Dello stesso autore ricordiamo anche i tentativi, ormai datati, di un’analisi statistica delle varie
funzioni stilistiche del testo Cf. Šajkevič 1968.
249 Задачей поэтики (иначе – теории словесности или литературы) является изучение способов
esempio alle analisi semasiometriche di Carpi), e si avvicina forse maggiormente a ciò che Jarcho chiama “composizione” (kompozicija), ovvero al reciproco interagire dei tre ambiti legati alla forma (stilistica, metrica e iconologia, per rimanere legati alle definizioni usate finora), il cui miglior esempio di studio statistico è rappresentato dal lavoro sulle tragedie e le commedie di Corneille. Nel panorama contemporaneo non si distinguono infatti ricerche sui generi o sulle correnti letterarie che facciano ricorso alla metodologia di Jarcho, né questa trova particolare impiego negli studi incentrati sulle scelte possibili che si presentano a un singolo autore nella realizzazione del testo. Quale sia, a nostro avviso, la motivazione di ciò tenteremo di spiegarlo nelle Conclusioni.
CONCLUSIONI
Nel corso di questo lavoro ho tentato di presentare la figura di Boris Isaakovič Jarcho e di contestualizzarla nel panorama delle idee e delle metodologie critico-letterarie che vanno delineandosi in Russia negli anni Venti del secolo scorso. La poliedricità del talento di Jarcho, la sua abilità nello spaziare da un angolo all’altro del sapere umanistico (stichovedenie, tecnica della traduzione, poetica, et cetera) con frequenti incursioni nel campo delle scienze naturali, nonché l’estrema specificità dei singoli temi da lui trattati all’interno del MLK e della GAChN (dalla letteratura medievale latina agli stornelli serbi) mi hanno spesso imposto di approfondire settori assai diversi dello scibile.
Se da un lato le tesi e le discussioni prese in esame nel corso della trattazione hanno ribadito la ricchezza e la varietà degli argomenti affrontati dai formalisti moscoviti nel corso delle sedute del Circolo linguistico di Mosca, d’altro canto esse hanno forse rivelato il motivo per cui la storia di questo centro fondamentale del formalismo russo attende ancora di essere scritta. Oltre ad un paziente lavoro filologico di trascrizione dei manoscritti, ormai deteriorati da quasi cento anni di storia, per poter dare alla luce un lavoro completo ed organico sarebbe indispensabile la costituzione di un gruppo di ricerca, in cui i filologi siano affiancati da linguisti, teorici e studiosi del verso, folkloristi ed etnografi (nonché da esperti di statistica e da storici del pensiero politico) in grado di collaborare alla stesura di un apparato di note e commenti all’altezza del materiale trattato.
Alla luce di quanto descritto nei precedenti paragrafi potremmo concludere che Jarcho è stato senz’altro un formalista sui generis: suo è l’articolo teorico sulle basi dell’analisi formale condotto con maggior rigore metodologico (Prostejšie osnovanija formal’nogo metoda); il medesimo rigore contraddistingue il suo approccio scientifico a tutti i livelli d’indagine del complesso letterario. Egli non fu compreso da molti colleghi formalisti ed in parte nemmeno dai futuri rappresentanti del Circolo di Praga: gli opojazovcy ne prendevano infatti le distanze riguardo all’interpretazione stessa del concetto di “metodo”, non riconoscendo nella statistica l’unico mezzo atto a garantire la scientificità degli studi filologici alla stregua di quelli naturali. La loro estraneità a tale modo di procedere e il disinteresse nei confronti di quel tipo di ricerche fece sì che in Jarcho rimanesse in buona sostanza un isolato; emblematico è il caso di Šklovskij, che
nel 1929 dimostra di non conoscerne ancora non solo il patronimico, ma nemmeno il nome (Cf. Galuškin 2000). Trubeckoj, invece, interpretava spesso gli esperimenti di Jarcho come una sorta di gioco istrionico, finalizzato, per lo più, ad attirare l’attenzione degli altri studiosi. L’approccio statistico-induttivo di Jarcho se da un lato fece dunque proseliti nell’analisi del verso, non fu invece apprezzato, né tanto meno condiviso negli esperimenti formalistici sulla prosa, eccezion fatta per le indagini sul ritmo.
La definizione di letteratura come “insieme dinamico di tratti distintivi” colloca Jarcho a metà strada tra le prime indagini del formalismo russo e le successive ricerche strutturaliste. Jarcho è stato uno dei primi a ribadire la necessità di attribuire un peso ad ogni elemento del sistema sottoposto all’analisi al fine di: a) poterne misurare in maniera oggettiva il ruolo all’interno del complesso (momento sincronico); b) seguire lo sviluppo del complesso nella variazione dei rapporti percentuali dei suoi singoli tratti (momento diacronico); c) confrontare le affinità e le divergenze del complesso dato con altri ad esso paragonabili.
Un esempio particolarmente significativo di quanto queste idee siano state pionieristiche e produttive nei più disparati ambiti del sapere umanistico – e della linguistica in primo luogo – è costituito dalle tecniche più recenti di raccolta e catalogazione di norme semantiche. Se infatti nei modelli classici i concetti venivano rappresentati semplicemente come definizioni, dagli anni Settanta in poi, grazie a nuovi schemi, si è iniziato a descriverli come un insieme di tratti semantici (features) ai quali è al contempo associato un peso che indica la tipicità del tratto, vale a dire quanto più quel tratto “pesa” in un determinato concetto, tanto più è prototipico l’esemplare in questione. Gli spunti forniti da Jarcho alle ricerche strutturali degli anni Sessanta sono