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Traduzioni e commento traduttologico

14. Alessandro Manzon

M‟è occorso qualche tempo fa di rinvenire questo manoscritto, redatto con cura e finanche con immensa passione, da un anonimo scrittore straniero, proveniente da una lontana terra d‟Oriente. La storia, poiché ideata da codesto scrittore non famoso, non noto ai più, rischiava di finirsi nel dimenticatoio. “Ed è un peccato!” pensai. Giacché era una storia così bella, così avvincente, che senza dubbio alcuno avrebbe catturato l‟animo e il cuore dei lettori.

Ed ecco che così, senza darmi troppo pensiero, ho deciso di riportare alla luce, e di par passo sulla carta, gl‟avvenimenti che per vie traverse e accidentate erano infine giunti alle mie mani per mezzo del già citato manoscritto. Non posso negare, a onor del vero, che ho dovuto cambiare non poco lo stile e la prosa del testo in questione, giacché piena di imbellimenti e ampollose dichiarazioni, che fin dalla prima pagina avrebbero trattenuto ogni lettore del nostro tempo dal procedere con la lettura.

Nel rifare però la dicitura di tale storia, non mi sono potuto trattenere dallo svolgere qualche doverosa ricerca, giacché i nomi dei luoghi e dei personaggi stessi non mi riportavano alla mente nessun luogo o personaggio di cui potessi aver memoria. Le ricerche da me svolte sui fatti narrati garantiscono l‟assoluta veridicità degli accadimenti che mi accingo a raccontare. Ma al fine di garantire quell‟anonimato in cui il manoscritto si è finora conservato, e per non stravolgere totalmente le intenzioni del nostro orientale autore, ho deciso dunque di tacere anch‟io i nomi reali dei luoghi e dei protagonisti della vicenda. E se qualche lettore intravedrà in essi l‟ombra di cose conosciute, non me ne voglia per averle raccontate.

CAPITOLO I

Quel profilo del colle che da est ombreggia la piana e che timido sorge a voler più da vicino guardare il cielo sgombro di nuvole; la pianura che sotto corre veloce a perdita d‟occhio e verdeggia sui campi e sugli orti; l‟unione del colle che bacia la piana e vi si addormenta sereno nell‟ultimo tratto in cui perde la sua natura di monte. E proprio lì, alla falda del promontorio, un borgo, oggi famoso e ricco anche molto.

Ma ai tempi in cui si svolsero i fatti, si andava ancora facendo, questo borgo d‟artigiani ed agricoltori, che instancabili lavoratori si affaticavano a raccogliere e

54 seminare. Silenziosi s‟apprestavano a menare le lunghe giornate nei mestieri di cui erano esperti e sapienti conoscitori. Il silenzio aleggiava sulla valle, che le parole, sebbene utili all‟orecchio, di certo non avrebbero giovato all‟opera manuale.

Soltanto il grido che giungeva dalle vette del catello più in fondo, a scandire l‟ora del pasto e il rientro alle case, rompeva quell‟aria muta e leggera, ma subito veniva inghiottito nella sua eco distorta, che stridendo, andava a morire al limite della pianura. Chini i braccianti sulla terra, si levavano dritti per stirare la schiena piegata dalla fatica, e guardando attorno il grande spettacolo che si mostrava ai loro occhi, rincasavano con gli attrezzi posati sulle spalle. In fila, con un piede avanti l‟altro, snodandosi tra l‟erba e il grano, sembravano una lunga linea che sarebbe potuta continuare così spingendosi altrove, in altri borghi vicini e sconosciuti, in altri tempi, arrivando forse anch‟ a me che, solitario allo scrittoio, mi accingo a dar voce a questa storia. E mi avrebbe ridestato, facendomi pensare a quello che sono e che sono stato, che mai due metà di una stessa persona furono tanto distanti e contrarie.

CAPITOLO II

Proseguendo per la via principale, che tagliava il borgo a metà e lunga si insediava tra le piccole case che ai lati le facevano da muro invalicabile, una porticina nascosta si apriva quasi alla fine, e dentro la casa se ne stava bel bello un tale, o per meglio dire, una figura che, in accordo col silenzio del borgo tutto, taceva placidamente seduta su una sedia di legno al centro della sala. Quella sedia era stata intagliata dalle mani abilissime dell‟artigiano del paesello, uomo tanto burbero quanto capace, con la sua arte, di dar nuova vita al legno che si trovava per caso a passar tra le sue mani.

Nel buio in cui ci s‟imbatteva non appena sull‟uscio, pareva quasi che quella figura fosse parte stessa della sedia, intagliati insieme in un corpo solo. Poi, con un rapido sguardo intorno, ecco apparire alla sua destra un bicchier di vino ancora pieno e una candela, che seppur timida e fioca dava segno di non voler smettere di brillare. Infine una finestra, aperta a spiare e conoscere i fatti ch‟ avvenivano per i campi e per le vie che da quella principale, salivano e s‟intrecciavano per tutto il borgo.

Ma di certo chi avesse osservato meglio, non soffermandosi solo ad un primo fugace sguardo, avrebbe di certo notato che tutto convergeva per far risaltare un dipinto di fiori e frutti, che troneggiava sul caminetto nel suo silenzio regale. Come a voler riportare

55 indietro le idee del suo autore, mute per chi non le avesse sapute ascoltare, quel dipinto ti fissava con la rotonda pienezza de‟ suoi frutti maturi.

Ma ecco che proprio in quel momento la sedia veniva spostata, allontanandosi così per sempre da quel velato bagliore di luce che la candela continuava ad emanare. Non restava dunque che osservare i solchi lasciati sul freddo pavimento, posati lì come a ricordare ciò che c‟era prima.

E cosa dire di chi se n‟era ormai andato? Tutto in quella casa sembrava stare a ricordare l‟amorevole sguardo di chi in silenzio s‟era deciso a partire.

CAPITOLO III

Piangeva segretamente chi era rimasto nel paesello natio, che certo era dura scegliersi di rimanere tanto quanto al contrario il prepararsi a partire. Chi se n‟andava lasciava ricordi di sé sparsi per la casa tutta, ché almeno l‟allontanamento sarebbe stato più lieve.

Ma al momento della partenza, chi restava già scorgeva un silenzio nuovo nell‟aria, nato dall‟assenza dei passi conosciuti fino ad allora e dalla consapevolezza di non poterli più ascoltare nel momento in cui finalmente si sarebbero posati su un suolo nuovo; da lì nasceva quella tacita maraviglia nel ricordare il volto e gli occhi, in cui non si sarebbe più specchiata l‟anima tanto cara e tanto lodata, maraviglia che accompagnava chi restava nelle lunghe notti solitarie. E al fine di evitare la morte e il dolore che tormenta il cuore nella lontananza, ecco che correvano in aiuto i doni conservati negli anni passati insieme.

Ma nella tempesta di siffatti pensieri, di certo il silenzio non doveva più apparire com‟era, di solito, nel borgo, un silenzio, una pace ch‟annullava le preoccupazioni, in quel luogo così ameno.

Nella casa, bensì, rimbombava da ogni stanza il nome di chi era partito, come i versi d‟una canzone che rimanessero là tra quelle mura, sospesi in eterno.

E alla madre ch‟aveva visto la figlia partire, non restava ch‟affidarla ogni giorno alla Provvidenza, che ne guidasse la condotta e la tenesse lontana da ogni genere di guai.

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