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2.1.1Cenni storic

2.1.3 Alimenti contaminat

Grazie alla grande diffusione dei funghi produttori (Aspergillus ochraceus nelle regioni a clima caldo e Penicillium verrucosum nei paesi a clima freddo), l’ocratossina A presenta una distribuzione mondiale. Molteplici sono gli alimenti che possono essere contaminati in primo luogo dalle diverse specie fungine produttrici di ocratossine e secondariamente dagli stessi metaboliti. I principali substrati contaminati da OTA sono: riso, segale, mais, grano, sorgo, orzo, frumento, i cereali in genere (o per contaminazione diretta dei cereali o per ammuffimento delle farine) ed i prodotti da forno specialmente pane e biscotti. Inoltre, le noci, i pistacchi, le arachidi ed i sottoprodotti delle loro rispettive lavorazioni (panelli e farine di estrazione), come olive ma anche fagioli e legumi sono di frequente contaminati dall’OTA (Campbell et al., 2000; Fukal, 1990; Hennigen e Dick; 1995; Hohler, 1998; Holmberg et al., 1991; Scott et al., 1972; Scudamore , 1996; Wolff, 2000; Yoshizawa, 1991). In questi ultimi anni è stato messo in evidenza come l’OTA contamini anche altri tipi di alimenti in particolare vino, birra e caffè. Recenti studi hanno mostrato come la concentrazione di OTA sia più elevata nei vini rossi , seguito da quelli rosati ed infine da quelli bianchi (Burdaspal e Legarda, 1999; Soleas et al., 2001; Ueno, 1998; Visconti et al., 1999; Zimmerli e Dick, 1996). Ciò è dovuto al diverso processo di lavorazione dell’uva; infatti la produzione di vino rosso, prevede la fermentazione del succo insieme alle bucce che potrebbero essere contaminate nella parte esterna dalla micotossina. I vini dolci risultano anche più contaminati dei vini rossi (Burdaspal e Legarda, 1999; Zimmerli e Dick, 1996), in quanto, per ottenere un’uva più dolce, si effettua la vendemmia più tardi e ciò favorisce lo sviluppo delle muffe ocratossigene e

delle relative micotossine. I vini che provengono dalle regioni del Mediterraneo risultano più contaminati di quelli provenienti dai Paesi del nord Europa (Hohler, 1998; Markaki et el., 2001; Zimmerli e Dick, 1996). Anche alcuni succhi d’uva, possono contenere quantità di OTA, anche superiori rispetto ai vini, risultando così, molto pericolosi in quanto destinati principalmente al consumo dei bambini (Zimmerli e Dick, 1996). Fortunatamente, la tossicità delle ocratossine nel vino, può essere minimizzata con l’utilizzo di sostanze comunemente commercializzate nell’industria alimentare, come carboni, bentonite e fibre vegetali dal potere adsorbente, oltre che con l’ausilio di microrganismi come l’Acinetobacter calcoaceticus che le degrada ad α-ocratossina (Carratù e Cuomo, 2001). La presenza di OTA nel caffè è stata evidenziata per la prima volta nel 1974 (Bucheli e Taniwaki, 2002). La sua produzione nel caffè sembra sia dovuta ad Aspergillus spp, principalemente A.niger, A.carbonarius ed A.ochraceus (Bucheli et al., 2000; Bucheli e Taniwaki, 2002; Joosten et al., 2001; Tèren et al., 1997). Dati recenti, indicano che l’80% dell’OTA è distrutta durante la torrefazione industriale e che il caffè contaminato, venduto al dettaglio, offre solo un contributo marginale all’assunzione quotidiana di OTA (Van Der Stegen et al., 1997). Il caffè istantaneo però, risulta essere più pericoloso in quanto contiene livelli di ocratossine significativamente più elevati rispetto al caffè prodotto a partire da chicchi tostati (Bresch et al., 2000). La contaminazione della birra da parte della micotossina invece, sembra sia dovuta allo sviluppo di P.verrucosum durante la conservazione dell’orzo e durante la produzione del malto (Baxter et al., 2001). E’ stata osservata una percentuale di contaminazione del 42% nell’uva passa e nell’uva sultanina proveniente dalla Turchia e dalla Grecia (con alti livelli di contaminazione in un range di 4-53,6 µg/kg). Ugualmente alte concentrazioni sono state riscontrate in Inghilterra sugli stessi substrati con incidenza dell’88% dei campioni esaminati (MacDonald et al., 1999). E’ stata riscontrata una notevole presenza di OTA anche sulla frutta sottoposta a procedimenti di essiccazione quale prugne, albicocche e fichi (Zohri e Abdel-Gawad, 1993). Le oleaginose ed i semi di girasole, di arachidi e di

soia sono spesso invasi da funghi, però l’estrazione ed i processi industriali cui sono sottoposti comportano la quasi totale eliminazione delle micotossine. Il cacao, le spezie in genere, le foglie di tè e le erbe medicinali (Halt, 1998), le mandorle ed i pistacchi, possono evidenziare concentrazioni discrete di ocratossine, tuttava, le radiazioni possono efficientemente determinare una drastica riduzione della loro concentrazione su questi prodotti di piccolo volume. L’OTA è stata ritrovata anche in alimenti di origine animale, in particolare in prodotti a base di carne di maiale e di specie avicole (Canela et al., 1994; Curtui et al., 2001; Gareis e Wolff, 2000; Gareis e Scheuer, 2000; Holmberg et al., 1991; Jimenez et al., 2001; Jorgensen, 1998; Kuiper-Goodman e Scott, 1989) a causa, come dimostrato sperimentalmente, dal fenomeno del carry-over della micotossina dal mangime ai tessuti animali (Abramson et al., 1983). Questo si verifica maggiormente in animali che vengono alimentati con mangimi contaminati da OTA (Fukal, 1990; Greis e Wolff, 2000; Pohland et al., 1992; Kuiper- Goodman e Scott, 1989; Speijers e Van Egmond, 1993). Per alcuni studiosi, la presenza delle micotossine negli alimenti di origine animale, è tuttavia, più verosimilmente da addebitare ad altri ingredienti del prodotto sottoposto a lavorazione come ad esempio i pistacchi utilizzati per aromatizzare la mortadella. Alcuni ricercatori, hanno contaminato la porzione esterna di un prosciutto crudo, ed hanno evidenziato come la tossina contamini solo superficialmente il prodotto entrando di pochi mm nella cotenna (Escher et al 1973). E’ stata riscontrata la presenza di OTA anche in diversi prodotti carnei sottoposti ad affumicamento (Pepeljnjack e Blozevic, 1982). Un’altra pericolosa fonte di contaminazione, può essere quella derivante dalla presenza dei miceti utilizzati nell’industria di lavorazione dei prodotti carnei (ad es. salumi), quali vari ceppi di Penicillium ed Aspergillus per conferire al prodotto qualità organolettiche apprezzabili ma che, se sono presenti le idonee condizioni, sono anche produttori di ocratossina, citrinina, citroviridina e sterigmatocistina. La presenza della micotossina, è stata riscontrata anche nel latte di bovine alimentate con mangime contaminato (Hohler, 1998; Skaug, 1999; Valenta e Goll, 1996), tuttavia sono ancora

discordanti i pareri relativi alla sua presenza in questa matrice biologica i cui livelli risultano a concentrazioni tali da non destare pericolo.

Figura 5. Mais contaminato da muffe.

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