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specifico ragazzi che smettono di andare a scuola, di frequentare il gruppo dei pari e si chiudono in casa. Il mio obiettivo è quello di capire un po’ l’identikit generale di questi adolescenti ed in seguito come i servizi presenti sul territorio si occupano di queste situazioni. Ho preparato una breve descrizione, in base alla mia ricerca, sul ritiro sociale da farvi leggere ed emergere eventuali riflessioni o commenti al riguardo.

(entrambe leggono il testo)

R1: allora il ritiro sociale ha comunque un ventaglio ben più largo che non riguarda solo la fobia scolastica.

D: Di per sé ho aggiunto al testo la fobia scolare giusto come richiamo, però appunto di per sé riguarda molteplici aree, il ritiro sociale per come ho avuto modo di intenderlo io con la mia documentazione riguarda una sorta di sintomo di un malessere generale un po’ legato alla società e a tutta una serie di vari elementi e vissuti.

R2: di per sé noi possiamo farti degli esempi..mi vengono in mente alcuni casi a cui mi posso riferire, perché comunque tu hai già raccolto una sorta di teoria.

D: Ho fatto una raccolta di testi e dati più a livello italiano, francese e giapponese, anche perché di per sé l’ispirazione base arriva dal fenomeno hikikomori, non so se lo conoscente? R2: si, sono stati fatti degli aggiornamenti in Ticino sull’argomento.

D: Appunto non volevo utilizzare il termine giapponese per una questione socioculturale, anche perché ci sono delle differenze tra la nostra società e quella giapponese, per questo motivo utilizzo un termine più generale come ritiro sociale

R2: Da noi (inteso come scuola) è presente come assenteismo. R1: si abbiamo fatto uno studio sull’assenteismo scolastico.

D: Si una mia conoscente aveva svolto un lavoro sull’argomento, poi dall’assenteismo scolastico c’è una piccola parte di ragazzi che si ritirano anche socialmente.

R1: Vedendo tutto il ventagli, poi dopo chiaramente diventa più realistica la tua indagine, la Projuventute comunque aveva svolto un sondaggio federale sui ragazzi che hanno problematiche a livello psicosomatico e li si capisce bene perché iniziano ad avere queste tipologie di sintomantologie come il mal di testa, al mal di pancia, nausea, che non riescono ad alzarsi al mattino e sono stanchi, ecc.. e loro lo esprimono a livello fisico ma dietro c’è un mondo psichico che sta vacillando. E li è molto importante tenere presente di questo, dicevano addirittura di percentuali molto alte, dal 10% in su.. e sembra aumentare, per questo hanno dato un po’ un allarme a livello delle scuole medie. E per noi è stato importante come informazione, purtroppo però cade sempre in un certo momento e poi non se ne parla più fino ad un prossimo momento. La stessa cosa vale anche per il suicidio adolescenziale, sono tematiche fondamentali che però vengono accolte e nel momento in cui si pone il problema e poi vengono “dimenticate, e invece bisognerebbe tenerle maggiormente presenti, e bisognrebbe informare e formare i professionisti. Uno dei punti è che i docenti di scuola media non sono formati, per loro è ancora all’oscura questa tematica psichica, come la fobia scolastica, e appena ne parli sgranano gli occhi perché non sanno ancora bene di cosa si tratta e quindi sul periodo adolescenziale, che veramente è una tematica molto sensibile, loro sono poco formati. Non hanno una formazione in questo senso, anche se il DFA cerca di lavorarci..

R2: Aggiungo forse una formazione personale, magari dei docenti che hanno dei figli o possono avere dei conoscenti con certe situazioni, allora li magari c’è una sensiblità diversa, ma questo va in funzione del loro vissuto. Posso aggiungere qualcosa su quello che hai scritto? Rispetto all’esperienza che ho avuto io non rispecchia completamente il problema, prima di tutto, secondo me, non appare mai dal niente questo tipo di problema. Se tu analizzi bene la situazione e l’allievo vedi che c’è un background, cioè io di solito non è che sono sorpresa, però questo sintomo non emerge in modo casuale, ma c’è un substrato di qualcosa, può essere familiare, problematiche familiari alla base che scoppiano in questo tipo di problema. E come seconda cosa ho riscontrato diversi casi dove c’è un assenteismo scolastico ma questi ragazzi fanno delle attività fuori, c’è una rottura più con la scuola. Per esempio ho avuto un allievo che per due anni non è venuto a scuola e però giocava a calcio in una squadra, per cui non è così nero e bianco, può esserci solo un rifiuto della scuola però mantenendo delle relazioni sociali al di fuori. Oppure un altro caso di un allieva in un’altra sede, questa ragazza aveva già manifestato diversi sintomi di disagio molto gravi, anche psicosomatiche come diceva prima la mia collega, questo assenteismo è aumentato verso l’ultima parte dell’anno scolastico di questanno, lei era in quarta, e addirittura non è più venuta a scuola, però andava alle feste e faceva uso di alcol e di fumo.. quindi frequentava delle compagnie al di fuori. Ho avuto solo un caso con questo distacco sociale, da chiudersi in camera, però non è quello che constato io di solito. Non so la mia collega?

R1: Di per sé ho avuto diverse esperienze variegate, ci sono ragazzi che staccano praticamente con la scuola perché si sentono così lontani, sorpattutto da un profilo cognitivo e di prestazioni scolastiche, dal mondo scolastico che non gli corrisponde più. Questi assenteismi cominciano più tardi verso la terza e quarta media, e purtroppo difficilmente arriveranno alla licenza perché sono fuori..

D: a meno che non partecipano ai corsi di pro juventute

R1: si però sai non è mai scontato.. avere comunque la licenza al giorno d’oggi è fondamentale R2: e devi comunque aspettare 2 anni

R1: e sono fuori da tante cose.. quindi questi ragazzi sentendosi così scollati di livello anche dai pari non riescono più ad allacciarsi a loro.. e quindi cosa fanno? Trovano altri gruppi di pari al di fuori come diceva prima la mia collega, dove stanno meglio, oppure vanno in giro a fare altre cose poi dopo magari entrano anche in quelle dinamiche di abuso di sostanze, ecc.. anche se non è sempre detto però è possibile quando sei fuori da un certo percorso.. E quindi questi ragazzi qua io li ho visti e sono quelli che non vengono più a scuola e staccano e hanno una vita parallela. E non è che non escono più, un ritiro sociale totale, ma hanno un altro tipo di vita ma che non ha nulla a che vedere con la scuola. Poi magari in futuro si renderanno conto più tardi, magari si dicono che vorrebbero riprendere e ricominciare ma dopo 5 o 6 anni quando arrivano a 20-22 anni e li diventa difficile reinserirsi. Vabbè adesso ci sono delle passerellle e dei ponti diversi e si possono aiutare in un altro modo. Un’altra cosa interessante è davedere questi ragazzi che percorsi hanno e se sono segnalati al case managaement. È interessante perché vedi come sono andati a finire.. noi comunque li perdiamo vista dopo un po’. Molto spesso li si ritrova in altri servizi.. tipo al SMP, però è vero che questi ragazzi sono difficili da agganciare, spesso vanno a degli incontri perché la tutoria li obbliga ma poi si sganciano e non vanno più.. e si perdono le loro traccie

D: In effetti emergeva dal SMP, dato che il servizio è volontario, le persone che ci vanno possono interrompere il percorso

R1: ed è anche difficile che loro prendano certe determinate decisioni, perché comunque le decisioni arrivano in modo tardivo e l’adolescente ha giÀ fatto diversi passi oltre al limite e quindi diventa ancora più difficile contenerlo. Ci sarebbe bisogno di una maggiore prevenzione, quindi ritorno a quello che dicevo prima, se noi andiamo a formare le persone che lavorano con gli adolescenti su questa fascia sensibile, che non sono tantissimi questi adolescenti però bisogna capirci di più a livello psicologico, perché è veramente importante che si riesca a dire “No, non è solo un piccolo passaggio, una fase che capita e si riprendono” questi sono i discorsi che si sentono da alcuni docenti che non riescono a capire perché un adolescente possa avere una caduta del genere

R2: Aggiungo un esempio, in una sede dove lavoro c’è una grande accoglienza di queste situazioni, questa ragazza di cui parlavo prima è stata molto aiutata da tutti. Io avevo contattato il padre, che non era mai stato realmente coinvolto, il case management che è stato attivato a marzo, perché avevo segnlato il caso già l’anno precedente, il SMP che ha preso in carico entrambi perché la madre in questo caso se ne era andata via di casa, e con tutti questi aiuti per cercare di far venire questa ragazza si discuteva della licenza. Infatti per avere la licenza non bisogna avere più di 3 insufficienze..

D: C’è qualcosa che riguarda anche le ore di assenze?

R2: hanno un peso su certe decisioni, per esempio con 3 insufficienze viene fatta una votazione con il consiglio di classe e si decide a maggioranza, e le ore di assenza possono pesare.

R1: Si perché non si puo dare la valutazione a seconda delle ore di assenze.

R2: In questo caso specifico eravamo sulle 3 insuffiienze, poi chiaramente la ragazza non venendo più del tutto alcuni docenti non hanno potuto fare le valutazioni, e li è stato un insuccesso per la sede perché non si è potuta dare la licenza. Però la ragazza aveva veramente tagliato i contatti con la scuola perché accumolando sempre delle insufficienze non ce la faceva più anche se le era data la possibilità.. a matematica la sola presenza sarebbe bastata per darle la sufficienza, prova cantonale d’italiano bastava che scrivesse qualcosa.. c’era un occhio di riguardo, degli incentivi. PERò li arriva l’impotenza davanti all’enorme gravità del caso. La ragazza è comunque uscita con degli aiuti, ha fatto pure degli stage..

R1: Ad una mia collega è capitato quest’anno di seguire un caso difficile, sempre con la medesima rete, più aumentano le difficoltà e più segnali le situazioni, la rete comunque è sempre ampia e spesso tiritrovi a fare degli incontri con altri 10 professionisti. Il ragazzo magari si sente tagliato fuori, ma attorno c’è tutta una rete, poi se questa sia efficace o meno È un altro discorso.. però la rete c’è e si fa molto spesso, e si traghetta con la scuola per tenerli dentro.. perchê quando sono fuori diventa difficile trovare una via per trovarli.. Anche a noi è successo un “insuccesso” uguale perché le assenze erano tali da non permettere la licenza, adesso si parla nel suo caso di foyer ed aiuti da pro juventute. Però è chiaro che più riusciamo ad arrivare prima come prevenzione meglio è per il periodo critico.

R2: Aggiungo anche che la pura fobia scolastica, intesa a livello diagnostico, è molto rara perché di solito si può sommare ad altre problematiche sono familiari, quindi disagio familiare dove ci sono fragilità economiche o problematiche di un genitore come ad esempio l’abbandono, fragilità..

R1: paura di allontarsi dai genitori.. la fobia è una piccola percentuale, come il ritiro sociale, salta più all’occhio però magari è quella che grazie all’aiuto psicologico si riesce ad avere uno sbocco..

R2: Noi abbiamo avuti anni fa il caso di una ragazza che aveva una fobia scolastica che era legata ad un contesto di classe un po’ difficile, dove lei era molto magra e fisicamente particolare, molto alta, e lei aveva questo complesso, e in caso eccezionale è stato deciso un cambiamento di sede addirittura, e in quella situazione ha funzionato, ma appunto è stata una situazione eccezionale e solitamente non si agisce in questo modo.

R1: anche perché è rischioso, non è detto che il sintomo si ripeta..

R2: in questo caso si aveva lavorato sia sul sintomo sia sul contesto, la famiglia era molto presente e solida. Ci sono diverse variabili da tenere in conto

R1: noi spesso ci troviamo comunque con situazioni dove la famiglia dietro è claudicante, poco presente. Invece quando dietro c’è la famiglia la situazione migliora molto spesso anche in tempi ridotti, quando dietro ci sono situazioni di disagio allora li veramente c’è bisogno di una rete importante perché bisogna sostituire o compensare.

R2: e si complica, come diceva prima la mia collega, quando c’è un uso di sostanze. Io purtroppo ho avuto il caso di un ragazzo scolasticamente brillante ma in quarta media ha avuto questo breakdown evolutivo e ha iniziato a girare con compagnie dove faceva uso di marijuana e poi altre sostanze con alcol e ancora adesso è completamente nella natura, abbandonato a se stesso. Qua l’ARP cerca di intervenire con un inserimento in una struttura in svizzera interna, allora li arriva la decisione.

R1: però intervengono quando c’è qualcosa di lesivo, quando l’adolescente è allo sbando e bisogna contenere..

D: con un centro educativo minorile chiuso tipo Valmont?

R2: si ecco proprio quello, perché qua in ticino non esiste ancora.

R1: si ci sono in svizzera francese, in svizzera interna e qua vicino a Varese. Oppure c’è anche ARCO ma hanno un numero chiuso, ora sono 5 anni che sono aperti e recentemente hanno fatto un convengno ed è molto interessante come proposta e li comunque è da vedere la tipologia di ragazzi che accolgono.

R2: Però non è comparabile con i CEM chiusi

D: Mi sembra che ci fosse un progetto in atto ma non so se verrà attuato

R1: questi progetti ormai sono più di 20 anni che se ne parla, vengono fatte delle proposte però sono strutture che costano tantissimo. Bisogna tenere conto che bisogna avere personale formato, a livello di costi mi sa che siamo vicini a quelli di un ospedale. Per questo costa meno mandare questi ragazzi, che sono la minoranza, fuori Ticino perché costa meno che avere una struttura qua. Solo che queste situazioni stanno aumentando. Comunque la cosa importante da dire è che la scuola cerca di fare il massimo, è la struttura che accoglie quotidianamente questi ragazzi, cerca di restare in contatto e si chiede il perché questi ragazzi non vengono più.

R2: aggiungo a quello che sta dicendo la mia collega che la cosa interessante è che addirittura noi in alcune situazioni consideriamo di far ripetere ai ragazzi la classe per dae loro la possibilità di farli rimanere a scuola, una sorta di protezione contenitiva perché tante volte al di fuori di noi non hanno altri punti di riferimento. È Chiaro ci vuole l’adesione del minore, però serve come punto per poter lavorare ancora su di loro.

R1: una sorta di ancoraggio per avere più tempo, così ti prepari bene il fuori, con la rete e l’orientamento. Vedo negli ultimi anni che la casistica è aumentata, e forse una maggiore presa in considerazione e definita dai professionisti. Adesso vedendo per esempio i problemi di dislessia, negli ultimi 10 anni la presa a carico è completamente diversa, prima non si capiva bene il perché di questa situazione invece ora con una diagnosi più precisa la situazione di

sostegno è migliorata. Lo stesso vale per i disturbi specifici d’apprendimento, che sono aumentate, ed hanno preso un ventaglio molto ampio, e piano.. sono delle mosche bianche ma bisogna fare degli accorgimenti, e questo non è solo un problema di tipo scolastico, si accompagna ad un vissuto ad un’immagine di sé e scolastica.. ho notato negli ultimi tempi che questi ragazzi molto spesso devono dare molto di più, una marcia in più, un investimento personale maggiore con queste loro difficoltà. Spesso può capitare che perdono un po’ il terreno di autostima, sicurezza e di energie e li può succedere ad esempio che una ragazza che è andata molto bene scolasticamente, lei aveva una stima di sé molto alta e aveva fissato un’asticella personale molto alta, voleva dare il massimo e lavorava tantissimo. Però lavorando così tanto era molto stanca, e ha iniziato ad avere diverse assenze e li bisogna intervenire subito ad aiutare. Molto spesso il docente quando vede un ragazzo che va bene a scuola e poi improvvisamente ci sono queste assenze rimane proprio sbalestrato “come è possibile, è stata sempre una brava allieva, ecc..”

R2: Mi lego con il tuo discorso, spesso questi casi vengono un po’ oscurati da questi casi (si riferisce sia all’argomento di tesi sia ad assenteismo scolastico), anche presso il Consiglio Permanente di Disadattamento CPD trovo che prendano molto spazio, e poi ci sono i casi di queste persone con una situazione più sottile vengono un po’ lasciati in disparte perché ci si incentra sui casi più difficili che prendono molto più spazio ed energie..

R1: quando si tratta di situazioni più sottili, dove magari ci sono problemi di depressione o di ansia, spesso diventa anche più complicato per i docenti perché ne hanno più paura, è più difficile da capire.. a meno che non si ha una certa sensibilità personale.

R2: però questa problematica dell’adolescenza, di sentirsi inadatto, c’è chi la manifesta in un modo eclatante, e come rete ce ne occupiamo, poi magari le altre situazioni più light passano in sordina e può darsi che un giorno scoppiano. Faccio l’esempio di un ragazzo con ADHD, nella classe disturbava molto tutti i compagni a causa delle sue forti crisi, e abbiamo potuto notare di un suo compagno bravo scolasticamente, di buona famiglia, che soffriva molto di questi comportamenti.. e ad un certo punto lui non è più venuto a scuola e siamo andati ad indagare ed era una situazione molto più psi.. lui non attirava l’attenzione ma si disperava quando il compagno andava in crisi e lui si recava in bagno e piangeva. Occuparsi di tutto, della complessità, effettivamente nella fase di transizione dell’adolescenza è complicato.. R1: anche se di per sé noi dovremmo occuparci di tutti..perchè tutti possono ad un certo punto evidenziare qualcosa di latente e nel tempo questa cosa propria in adolescenza può scatenarsi. È qui che i docenti devono essere formati, su queste sensibilità e li brancolano un po’ nel buio, malgrado si stia cercando di fare molto nella formazione per questo, però tutto quello che è psi io ci andrei più affondo.

R2: Ma poi diciamo che c’è questa pressione generale.. da parte dei docenti sul raggiungere determinati obiettivi, competenze, sono molto sotto pressione i ragazzi, dimenticando che non è comunque un Liceo e sono ancora nella fase critica. Io facevo anche differenziazione curricolare, andavo a fare matematica nelle classi di livello base, e io seguivo quelli più bravi per permettere alla docente di matematica di seguire quei ragazzi un po’ meno bravi.. per cui cambiavano un po’ anche i ruoli. Il docente di sostegno può dare una mano e permettere al docente della materia di potersi chinare sui più deboli.

D: Con la questione delle pressioni intendi che solo da parte dei docenti sui ragazzi o c’È altro? R2: No, secondo me anche i docenti si sentono sotto pressione, poi arriva anche la pressione da parte dei genitori sui ragazzi

R1: ad esempio io ho lavorato in una sede dove c’era poca pressione perché era una sede diciamo molto variegata, diverse etnie, ceti sociali, ecc.. c’era molta accoglienza ed apertura e quindi il genitore spingeva meno perché magari giÀ loro erano in fase di adattamento.. invece ci sono certe sedi, ad esempio dove va mia figlia, e li puntano al massimo le competenze scolastiche e cambia completamente il contesto scolastico. L’importante è però cercare di tenere i ragazzi dentro la scuola perché se escono senza una licenza, senza qualcosa in mano o un aiuto, sono molto a rischio e forse molti docenti non hanno ancora capito il grande rischio di questa situazione. Bisognerebbe lavore molto sui quadri scolastici.. il diretto il vice direttore, sulla formazione psi dei docenti. Bisogna lavorare a fondo con i colleghi ed in rete, ad esempio nei casi di dislessia io ho lavorato molto bene con dei colleghi psicoterepeuti in modo che