• Non ci sono risultati.

Ierofanie multimedial

3.2 Alterpieces full HD

È difficile immaginare come la mente umana possa funzionare senza la convinzione che ci sia qualcosa di irriducibilmente reale nel mondo; ed è impossibile immaginare come la coscienza possa apparire senza un pensiero sugli impulsi e le esperienze dell’uomo. La consapevolezza del reale e il pensiero del mondo sono intimamente connessi con la scoperta del sacro… In breve il “sacro” è un elemento nella struttura della coscienza e non uno stadio nella storia della coscienza.377

Mircea Eliade

Intraprendere un discorso sui rapporti di committenza tra Chiesa cattolica e arte contemporanea richiederebbe una trattazione a parte, e già nei pochi esempi fin qui riportati ci troviamo ad limina di un ambito totalmente altro rispetto a quello che si è tentato di esplorare: come far rientrare il sacro nel contemporaneo all’interno di una storia dell’immagine? Abbiamo potuto constatare come ci si sia riappropriati di una iconografia sedimentata nei secoli, riutilizzandola con trasformazioni formali ben soppesate, per estendere la pregnanza simbolica, il potere comunicativo e suggestivo ben oltre il recinto della tradizione, oltre le prescrizioni postconciliari, in un modo altamente antidogmatico, e sostanzialmente “disincantato”, secolarizzato.

Ad uno sguardo privo di qualsiasi pregiudizio o reticenza nei confronti del tema, sembrerebbe che la “preoccupazione religiosa” abbia affascinato e sollecitato l’audacia creativa di molti artisti, spesso non credenti e non cattolici, ma sensibili a un richiamo verso il trascendente. Certo, si potrebbe obiettare, anche alla luce delle brevi parentesi sulle avanguardie storiche precedentemente accennate, che una tensione verso l’immateriale, il soprannaturale si sia sempre manifestata attraverso un approccio spirituale all’arte e alle sue diverse forme espressive. Tuttavia intraprendere un cammino che comincia nell’aniconismo informale e giunge al concettuale, all’interno di uno spazio sacro, liturgico, non era

377

M. Eliade, A History of Religious Ideas (1978), trad. it. Storia delle credenze e delle idee

182

prevedibile prima delle caute aperture promosse da Paolo VI e dal rinnovamento teologico e filosofico nato in Francia. La Chiesa, in alcuni casi, si è lasciata sedurre dagli stimoli e dal potere comunicativo dell’arte, si è lasciata intridere da una forma inusuale e lontana dall’oleografia alla quale ci aveva abituati.

Gli esempi delle grandi cappelle di Matisse, Rothko e Nevelson non sono solo realizzazioni di luoghi destinati ad un culto cristiano. Ognuno di loro ha portato la propria prospettiva religiosa all’interno della commissione, nel caso di Rothko, Nevelson e Chagall, ad esempio, la propria eredità ebraica, permettendo così ai visitatori di compiere un pellegrinaggio artistico e religioso, indistintamente, un percorso verso le verità dell’arte e del sacro, all’interno di un luogo ecumenico e di contemplazione interreligiosa.

La dimensione drammaturgica della tradizione iconografica cristiana celebrata da Kounellis, il rituale silenzioso e mistico ricreato nello spazio ottagonale di Rothko, la luce come elemento descrittivo ed evocativo di Matisse confluiscono simbolicamente, quali suggestioni moderne con origini arcaiche, in una sola installazione che, per collocazione e medium utilizzato, racchiude in un’unica forma espressiva l’eccezionalità di tali incursioni artistiche.

L’installazione video di Bill Viola Martyrs (Terra, Aria, Fuoco, Acqua) del 2014 condensa tutti questi elementi, dal piano formale a quello del contenuto: la tradizione pittorica medievale, richiamata dalla forma a polittico; la nozione di icona, quale immagine che acquista potere attraverso il suo utilizzo come oggetto di culto e la consequenziale atemporalità che la contraddistingue; l’affermazione del potere intrinseco di un’immagine posta all’interno di un luogo di devozione; l’impatto emotivo che tale immagine genera sulla memoria dello spettatore, soprattutto se si parla di “immagini in movimento”. Martyrs si compone di quattro schermi al plasma, ciascuno dei quali mostra una singola figura progressivamente sopraffatta dall’incombere di una delle quattro forze naturali. Le esperienze dei quattro individui sono orchestrate per formare un insieme coerente: un uomo sepolto da una colonna di terra; una donna appesa mani e piedi a una corda e sottoposta alle sferzate di un vento spaventoso; un uomo avvolto dalle fiamme (senza però bruciare); un giovane appeso per i piedi e sommerso da una cascata d’acqua. All’inizio, come in tutti i video in slow motion di Bill Viola, gli individui

183

godono di una situazione di stasi, si avverte la sofferenza, ma è l’attesa a generarla. Gradatamente ogni elemento comincia disturbare la loro immobilità e per la durata di 7 minuti e 15 secondi le quattro forze naturali sommergono, scuotono, divampano e annegano i protagonisti, senza tuttavia mutare la loro tranquillità. Poi tutto tace, tutto si placa, per ricominciare ininterrottamente. “Essi esemplificano la capacità umana di sopportare dolore, prove e persino la morte per restare fedeli a valori, credo e principi.” – spiega l’artista – “Quest’opera rappresenta le idee di azione, fortezza, perseveranza, resistenza e sacrificio”. Martyrs sarà in relazione con Mary (nel 2016). “Questi due lavori simbolizzano alcuni dei profondi misteri dell’esistenza umana. Uno riguarda la nascita e l’altro la morte; uno il sollievo e la creazione, l’altro la sofferenza e il sacrificio. Se raggiungerò il mio obiettivo, entrambe le opere funzioneranno sia come oggetti estetici di arte contemporanea che come oggetti pratici di contemplazione e devozione tradizionali”.378 (fig. 14) Il tema principale è il martirio ovviamente, ma il termine greco μάρτυς, spiega Viola, in origine significava anche “testimone” e rappresentava colui che testimonia la propria fede nonostante le persecuzioni, la condizione che il seguace, secondo la tradizione cristiana, subisce per difendere la propria fede in Cristo. Ma la pala d’altare del terzo millennio di Bill Viola non aderisce ad un unico credo. Anche qui il dialogo interreligioso è suggerito da una rappresentazione che, escludendo la forma, il titolo e la collocazione, non suggerisce alcun riferimento ad un culto in particolare.379 Ci sono voluti più di dieci anni per ideare, concordare e allestire l’opera all’interno della cattedrale di St. Paul a Londra in forma permanente. Infatti, a seguito della mostra The Passions (2003) alla National Gallery,380 la commissione di St. Paul decise che sarebbe stata possibile una collaborazione effettuale e simbolica tra la cattedrale e la Tate Modern, collocata all’estremità

378

A. Beltrami, La rivelazione di Bill Viola, “Avvenire”, 14 giugno 2014. (data di ultima consultazione 29/02/2016)

379

Per maggiori approfondimenti sull’istallazione si consiglia la monografia G. Handhardt, K. Perov (a cura di), Bill Viola, Thames&Hudson, Londra 2014. Si rimanda anche al video contenente l’intervista a Bill Viola e Kira Perov, www.youtube.com/watch?v=EsCx5FU9GnQ.

380

La National Gallery di Londra, grazie a una serie di mostre evento, quali Seeing Salvation (2000), The Sacred Made Real (2009-10), Devotion by Design (2011), ha cercato di incoraggiare il pubblico laico verso i capolavori dell’arte cristiana, attraverso una sollecitazione di tipo emotivo, estetico e storico. Per raggiungere questo obiettivo anche i curatori hanno utilizzato stratagemmi (luci soffuse, musica liturgica, brevi pannelli esplicativi) che potessero evocare una dimensione ecclesiale, nella quale anticamente buona parte di queste opere erano collocate.

184

opposta del Millennium Bridge.381 Un calcolato stratagemma da parte di St. Paul per attirare visitatori (non fedeli) dall’altra parte del fiume, verso la sponda sacra dell’arte?382

Non è la prima volta che i video di Bill Viola fanno ingresso in chiesa, anche se per progetti temporanei: The Messenger (1996) nella cattedrale di Durham, The Ascension (2004) nel Duomo di Milano, Tempest nel 2008 nella stessa St. Paul e la più recente The Passions nella cattedrale di Berna. Eppure Martyrs ricorda una realizzazione di Viola del 1996, The Crossing, installazione video-sonora, in cui il protagonista (rassomigliante all’artista stesso), emerge da un fondale scuro e tremolante come le tele di Rothko, cammina lentamente in avanti e a circa un metro dal piano dell’immagine, in piedi, si ferma a fissare lo spettatore. Su una faccia dello schermo, una piccola lingua di fuoco compare alla base e divampa; sull’altra, l’acqua comincia a gocciolare divenendo fiume. Il fragore dell’acqua e lo scoppiettio delle fiamme crescono fino a inghiottire la figura. Su entrambi gli schermi la scena resta vuota, scomparsi sia l’uomo sia gli elementi di tortura.

The Crossing mette in scena in forma drammatica un uomo che si immola in acqua e fiamme; una figura imponente, che innesca la propria distruzione a opera delle opposte forze naturali di fuoco e acqua, e soccombe. […]. È difficile non guardarla come se si trattasse dell’artista stesso. Si ferma al centro della scena, incombe sullo spettatore: si sottomette così alla logica prevalente dell’estetica espressionista: l’agonia dello svuotarsi, lo spettacolo di completa sottomissione agli annientamenti imperativi dell’arte. Viola, come una specie di alchimista, mago, sciamano, messia, dio o eroe tragico wagneriano, tramuta il corpo in arte come se l’atto creativo fosse un principio cosmico che coinvolge gli elementi primordiali di fuoco e acqua.383

Il profondo interesse per l’arte religiosa tradizionale, quanto per la tradizione pittorica, permette all’artista di intavolare un dialogo con l’osservatore sulla base

381

Rosen, Art & Religion…cit., p. 243.

382

Non è la prima volta che la cattedrale ospita installazioni contemporanee all’interno dei suoi spazi. Ricordiamo, tra le tante, The Question Mark Inside di Martin Firrell (2008), Morning Beams/River of Life/Wish Tree di Yoko Ono (2006), Moon Mirror di Rebecca Horn (2005), The Nativity, The Public Ministry, The Crucifixion, Resurrection di Sergei Chepik (2005 - 2007).

383

D. Morgan, Spirito e medium. La video art di Bill Viola, in C. Townsend (a cura di), L’arte di

185

di riferimenti a formati, temi, impostazioni narrative che fanno parte della sua tradizione visiva e culturale.

Ho sentito il bisogno crescente di fornire immagini o visioni rivolte al processo di guarigione, alla possibilità di trascendere la nostra condizione, al processo di varcare la soglia. Se il mondo intero sta fallendo e crollando in pezzi, io sento il bisogno di innalzare un mondo perfetto contro tutto questo. Se l’Io è frammentato, ho bisogno di immaginare un Io che non sia scisso.384

La cornice pittorica rivive nei cinque schermi piatti disposti in fila orizzontale che trasmettono, ciascuno a un’ora diversa del giorno, una serie di riti quotidiani compiuti da una sola donna. Il trascorrere del tempo, scandito dai gesti abituali della protagonista, è visibile attraverso il cambiamento della luce che penetra da una finestrella, lasciandoci intravedere un pezzetto di paesaggio: un ramo di mandorlo colto nel proprio ciclo vegetativo annuale. La registrazione di questi momenti separati, ma connessi dalla visione d’insieme, si pone in un rapporto di continuità con la predella rappresentante le cinque scene della vita di Santa Caterina di Andrea di Bartolo (XIV-XV secolo). La Catherine’s Room (2001) di Viola non è la santa rappresentata, né tale installazione si pone come immagine di culto, ma l’impianto della stanza riproposto, il soffitto a travicelli, e soprattutto l’intensa e solitaria presenza di una donna, colta alle prese con la ritualità del vivere quotidiano, come la santa raffigurata in solitario dialogo con Dio, comporta una certa sacralizzazione del tempo e dei gesti scanditi dal variare della luce. Esattamente in linea con quanto anticipato da Caillois, rispetto ad una interiorizzazione del sacro e dei rituali che lo sostanziano, la rappresentazione in Bill Viola è quella di un sacro soggettivato, che si spalma sulla quotidianità, sui valori legati all’emancipazione individuale, al prevalere di una visione intima e spirituale che, pur non riconoscendo alcuna adesione formale a nessuna tradizione religiosa specifica, predilige la meditazione zen, i testi del misticismo cristiano, indù, buddhista.385 Una propensione verso le religioni orientali è chiaramente

384

B. Viola, in K. Perov (a cura di), Bill Viola. Visioni interiori, cat. mostra Roma, Giunti, Firenze 2008, p. 127.

385

Morgan, Spirito e medium…cit., p. 101.In occasione di un’intervista realizzata da Jörg Zutter a Bill Viola risalente al 1992, riportata nel catalogo della celebre mostra presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma (2008-2009), l’artista statunitense commenta il suo interesse per i mistici della

186

deducibile dalla scelta dei temi dei suoi lavori, tuttavia il rischio è quello di cadere nel banale sentimentalismo, nell’accattivante lato empatico della nostra natura, nel gusto modaiolo verso le filosofie new age che costituiscono un’ottima alternativa “mitigata” al dogma di una religione istituita.

Bill Viola eredita pienamente e consapevolmente la tradizionale funzione narrativa della predella e del polittico e la ripropone sotto forma di interventi video, riprendendo temi religiosi per convertirli successivamente in brevi narrazioni al rallenty. La sua arte si pone, in rapporto con la realtà, come trasformazione del mondo, non duplicazione, non semplice registrazione filmica di un evento, fornendo attraverso il video la possibilità di entrare nella “cornice prospettica”, proponendo una visione endogena. Le somiglianze compositive, di formato, di tema e di sviluppo narrativo potrebbero far pensare ad una descrizione dell’immagine video attraverso l’impostazione pittorica: l’inquadratura verticale ad esempio, che si ritrova più spesso in pittura, l’effetto cinetico affidato dagli artisti del Rinascimento alla leggerezza delle vesti, all’ondeggiare dei capelli, nell’era della video arte viene affidata ad un ritmo estremamente rallentato della ripresa, svolgendo una scena originariamente di quarantacinque secondi in un arco di dieci minuti. Una formazione umanistico-artistica ha sicuramente influenzato la sensibilità figurativa di Viola, portandolo verso un uso dell’impostazione classica del medium artistico, trasformando i topoi figurativi Rinascimentali attraverso le pratiche tecnologiche contemporanee, rivelando quell’immagine insepolta che sopravvive nella memoria come un eterno ritorno.

Sono sicuro che una parte considerevole del mio lavoro, in un senso molto profondo, è stato segnato dal periodo che ho vissuto a Firenze, dal 1974 al 1976. […] Scoprii che tutte le opere che avevo studiato nei corsi di storia dell’arte erano parte integrante e attiva di quella cultura, erano presenti negli spazi pubblici e sociali.386

storia partendo proprio da Dionigi l’Aeropagita e della via negativa (la cosiddetta “teologia apofatica”), legata a religioni orientali incluse negli insegnamenti che gli gnostici predicavano durante la diffusione del cristianesimo. Nel medioevo le tappe dell’itinerario mistico furono tematizzate nel De mystica theologia di Dionigi l’Areopagita (monaco siriano), opera che aveva per oggetto non solo l’ascesa dell’anima a Dio, ma anche la questione della dicibilità dei suoi attributi, dimostrando la sua ineffabilità. Viola, Bill Viola… cit., p. 189.

386

187

Viola ristabilisce un contatto con l’ampia corrente della storia dell’arte occidentale, contatto che era stato azzerato dai movimenti avanguardistici, recuperando la fruizione frontale, ravvicinata, intima, come quella che si potrebbe avere dinanzi le pagine di un libro. “L’immagine digitale del computer”, spiega l’artista, “sta ad una distanza di lettura, è la distanza propria del libro che è molto personale, molto intima, al contrario della distanza cinematografica, questo nuovo spazio è lo spazio dell’immersione, non in senso corporeo, quanto inteso come processo intellettuale, come modo in cui si viene coinvolti nelle immagini”.387

Ecco dunque la visione endogena accompagnata da un movimento, dalle proiezioni slow motion degli schermi LCD, in cui vengono esaltati i processi di immedesimazione empatica. Come avviene per la video-installazione Emergence (2002), presentata a Bologna in occasione della mostra Vertigo del 2007, ispirata a immagini quattrocentesche di piccolo formato e presentata attraverso un piccolo schermo posto su un piedistallo a simboleggiare un leggio.

Coraggiosamente egli rimaneggia uno dei grandi temi dell’arte cristiana, il Cristo al Sepolcro, riproponendone gli elementi a partire da un affresco di Masolino da Panicale a Empoli, ma capovolgendone la valenza narrativa. Nella tradizione della pittura devota, l’esibizione del corpo di Gesù morto, sostenuto ora da uno o più angeli, ora (come fa Masolino) dalla Madonna e da san Giovanni, viola le leggi della gravità perché il corpo del defunto, dotato di una leggerezza davvero divina, sembra stare in piedi senza che le figure che lo accompagnano debbano fare il minimo sforzo. In tal modo, questa scena che nessun Vangelo descrive, e che venne formandosi nelle pratiche della preghiera e della pietà, assume un doppio significato: è un invito a meditare sulla passione e morte del Salvatore, […] ma anche a prefigurarsene la gloriosa resurrezione…388

Il protagonista di Emergence, invece, sembra seguire un altro copione: il corpo che lentamente emerge dal pozzo/sepolcro (chiaramente connotato da una croce) è morto. Il braccio destro cadente, come nella lunga tradizione iconografica, dalla Deposizione di Raffaello alla Morte di Marat, confermano la sua morte. “Il giovane che emerge dall’acqua non è Cristo, ma il fatto stesso che lo sembri […] conferisce alla scena uno spessore rituale che sacralizza l’esperienza e le emozioni

387

Ivi, p. 141.

388

188

dell’osservatore, anche perché le radica in una memoria culturale lunga e tenace…”389

(figg. 15-16)

La video installazione implica una sollecitazione sinestetica, conferisce spessore alla rappresentazione e al processo insieme visionario e critico dello spettatore, riconoscendo, in accordo con la fenomenologia di Merleu-Ponty, una reciproca sussistenza tra la sfera tattile e quella visiva: “la visione è palpazione con lo sguardo”.390

L’interrogazione sulla natura dell’immagine, condotta da Bill Viola con una serrata esplorazione delle tecnologie elettroniche, attribuisce una dimensione filosofica e spirituale alla sua produzione artistica, in quanto questa è intesa come una pratica religiosa, capace di collegare il mondo di Dio con quello degli uomini. […] In tal senso, il ruolo dell’arte non è separato dalla vita quotidiana, secondo una prospettiva interculturale e antropologica, perché la capacità dell’artista di creare immagini potenti è di vitale importanza per la sopravvivenza dell’uomo, per risvegliare il corpo dello spettatore occidentale, sottomesso al dominio della mente.391

Il ruolo dell’artista, secondo Viola, come quello di un demiurgo che possiede le giuste arti per superare il disuso e l’intasatura dei sensi, è di condurre lo spettatore verso un processo di ascolto interiore, di solitudine, perché prima di volgere lo sguardo al mondo visibile è importante sprofondare nella contemplazione, per liberare l’immagine intrappolata nella materia. Per cogliere tale essenza è necessario sostare fisicamente dinanzi l’opera e riflettere su ciò che si svolge davanti a nostri occhi: è importante attendere che un messaggio venga rivelato. Viola, attraverso una dimensione temporale estremamente rallentata, ci consente di rompere una certa abitudine percettiva, basata sulla fruizione immediata, sulla comprensione istantanea di ciò che guardiamo. Tra l’altro una comprensione intellettiva non implica necessariamente un coinvolgimento da parte del nostro corpo, dei nostri sensi, e in questo l’artista ritornerà spesso con l’idea di non poter scindere mente e corpo. Spiega: “dobbiamo rivedere questa nostra antica mentalità che tende a perpetuare la scissione fra mente e corpo, perché simili concezioni

389

Ivi, p. 26.

390

M. Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, Bompiani, Milano 2003, p. 151.

391

189

rifiutano gran parte delle risposte offerte dalle culture del mondo ai problemi della mente e dell’essere e dell’io” e aggiunge:

mentre passiamo dalle modalità di comunicazione attraverso la stampa e la letteratura a quelle del mondo dell’immagine, ci allontaniamo dal ragionamento deduttivo per avvicinarci all’individuazione di schemi associativi. Nella cultura di oggi una delle sfide maggiori, necessaria e urgente dal punto di vista politico, è come portare le facoltà analitiche a influire sul linguaggio fisiologico e percettivo dell’immagine, che è un evento e non un oggetto, in continuo mutamento.392

L’idea di una immagine come evento rimanda alla concezione, precedentemente accennata, di immagini vissute come corpi vivi che generano esperienze, stimoli, situazioni in chi le guarda; esse non esistono e basta, ma accadono, producono valore o scalpore relativamente al contesto nel quale vengono fruite, svolgono un ruolo di educazione alla visione, prolungando l’esperienza estetica anche nel quotidiano. L’artista precisa, inoltre, che per esaminare un’opera non è più possibile farlo da un unico punto di vista, limitato alla nostra cultura locale, occidentale o orientale, oggi l’uomo dispone di infinite risorse intellettuali, raccolte e contaminate da ogni parte del mondo. Per comprendere e valutare un complesso di idee è fondamentale partire dalla sua collocazione nella cultura mondiale.

Questa visione pan-ontica in Viola, di un’arte come esperienza estetica e spirituale, che si espande oltre i termini del momento di fruizione, ricorda la visione di Mircea Eliade, nel momento in cui si affida all’arte il compito di ripristinare, anche in una cultura secolare, alcuni aspetti del sacro messo ai