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Althusser arricchisce la concettualizzazione di Gramsci facendo una critica del concetto di «egemonia» e avviando, negli scritti postumi, una ricerca sulla teoria politica marxista e sul pensiero di Machiavelli. D’altro canto, Buci-Glucksmann mette in risalto la prolificità dell'incontro tra Althusser e Gramsci dedicandosi, in particolare, alla definizione di «Apparato».

1. Althusser e gli Apparati Ideologici di Stato

Nel saggio Il marxismo non è uno storicismo (1965) Althusser critica il concetto gramsciano di «egemonia» perché esprime una concezione ambigua e paritetica della scienza (marxista) e dell'ideologia.

«[Gramsci] ha la stessa tendenza a pensare il rapporto tra la scienza marxiana e la storia reale sul modello del rapporto tra un'ideologia “organica” [e] la storia reale. [...] É qui che risiede, mi sembra, il principio contestabile [del suo] storicismo»1.

Secondo Althusser, la scienza e l’ideologia non ricadono sotto la stessa “cronologia” né sotto la stessa modalità di produzione teorica. La differenza specifica che caratterizza la produzione scientifica è il procedimento logico con cui si denotano i processi sincronici e

172 diacronici della storia in modo lungimirante e, in particolare, si criticano l’ideologia e l'insieme di concezioni del mondo errate (generalità) ereditate dalla tradizione. La produzione scientifica nasce, inoltre, da un’osservazione esterna al tempo presente e al tempo passato ed è una rivelazione di verità, una «rottura epistemologica» valida per il futuro. Perciò non è possibile ridurre la scienza ad una produzione temporale e storicamente limitata simile all’ideologia o ad altre attività intellettuali. La scienza è prodotta dal «rigore» che, mettendo in luce il movimento diacronico della realtà, garantisce la piena intelligibilità degli elementi costitutivi che, al contrario, l’ideologia in quanto tale tende a confondere e mistificare.

«[La scienza] può ben nascere da un'ideologia, distaccarsi dal suo campo per costituirsi in scienza, ma in realtà questo distacco, questa “rottura”, inaugurano una nuova forma d'esistenza e temporalità storica che sottrae la scienza […] alla sorte comune di un'unica storia: quella del “blocco storico”»2.

Tra scienza ed ideologia la differenza è di conoscenza. La scienza conosce ciò che l’ideologia ignora. La scienza, inoltre, chiarisce la funzione dell’ideologia nella società.

«Un'ideologia è un sistema (che possiede la propria logica ed il proprio rigore) di rappresentazioni (immagini, miti, idee o concetti, secondo i casi) [che] si distingue dalla scienza per il fatto che in essa la

funzione pratico-sociale prevale sulla funzione teorica (o funzione di conoscenza)»3 (corsivo mio).

La differenza tra scienza e ideologia è rilevante soprattutto per la teoria politica. Il compito della teoria politica, anzi consiste proprio nel fare luce sulla reale funzione pratica e sociale dell’ideologia in relazione al potere, mettendo a frutto le potenzialità offerte dell’analisi

2

Ivi, p. 213.

173 scientifica. A tal proposito, nell'articolo sugli Apparati ideologici di

Stato (1970) Althusser definisce le ricadute politiche dell'ideologia e,

distinguendo tra apparati ideologici di Stato (AIS) e repressivi (ASR), spiega che sia la funzione repressiva che quella ideologica sono finalizzate alla riproduzione del dominio dello Stato, inteso come macchina del potere; e che ciò avviene tramite una molteplicità di apparati che non si basano solo sulla forza oppure sulla violenza (ASR), ma anche sulla creazione e sul mantenimento di un consenso fittizio (AIS)4. Althusser, pertanto, elenca otto apparati che rappresentano altrettanti campi di applicazione pratica e sociale del dominio: 1) apparato religioso e delle diverse chiese, 2) educativo e delle scuole pubbliche e private, 3) della famiglia, 4) legale, 5) del sistema politico, 6) sindacale, 7) comunicativo, di stampa, radio, televisione e media in generale, 8) culturale, di letteratura, arti e sport5. Secondo Althusser, quindi, il compito della teoria politica è dimostrare la strumentalità di ciascun apparato dello Stato. Per questo motivo, egli critica e corregge anche l’equivalenza gramsciana tra filosofo e politico, nella misura in cui sia il primo che il secondo, se visti come semplici «centri di annodamento» delle pratiche sociali esistenti, risultano essere parte integrante della riproduzione del dominio dello Stato. Per Althusser, il filosofo ed il politico devono essere sostenuti dalla scienza e impegnati a demistificare ogni tipo di regime ideologico. Senza il supporto dello scienziato e della sua capacità di previsione, non è possibile né al politico né al «filosofo reale e democratico» prendere decisioni in grado di compiere fatti nuovi. Senza l'individuazione dei nessi reali che costituiscono il dominio

4

«L'AIS non deve essere confuso con l'Apparato di Stato (Repressivo). […] In primo luogo, è chiaro che mentre c'è un Apparato di Stato (Repressivo), vi è una pluralità di Apparati Ideologici di Stato». Althusser L., Ideologia e apparati

ideologici di Stato, in Critica Marxista, n.5 , 1970, p. 50. 5

«L'Apparato Repressivo di Stato funziona 'con la violenza', mentre gli Apparati Ideologici di Stato funzionano con l'ideologia». Ivi, p. 52.

174 ideologico non ci può essere politica né filosofia di rottura oppure di disvelamento. Questo è il motivo principale per cui Althusser critica il concetto di «egemonia» come prodotto che, concepito all’interno degli apparati dominanti, rappresenta non solo la negazione della teoria politica6, ma anche un adattamento ideologico, vittima di un'ambiguità nella sua stessa definizione.

«Gramsci [lascia] sospesa la questione di sapere per mezzo di cosa è assicurato l'effetto di egemonia di cui parla, all'interno degli apparati di cui parla. Gramsci definisce, insomma, i suoi apparati attraverso il loro effetto o risultato [in termini di] egemonia, mentre io tent[o] di definire gli Ais attraverso la loro “causa motrice”: l'ideologia»7.

Althusser, infatti, presenta il concetto gramsciano di «egemonia» come una combinazione confusa di ideologia, politica e filosofia, in cui si disperdono i nessi di causa ed effetto e si scatenano una serie di riduzioni reciproche. Per questo motivo problematizza l’ambiguità in cui Gramsci avrebbe lasciato, in particolare, la politica sotto la contraddizione tra ideologia e filosofia. A tal proposito, Althusser mette in rilievo che se, per un verso, Gramsci sembra elevare la politica ad attività di trasformazione per eccellenza, e quindi conferire autonomia e primato al politico; per altro verso, finisce per illudersi sulle possibilità di trasformare la storicità della cultura. In particolare, Althusser mette in rilievo che la storicità della cultura, come rappresentazione dell’ideologia collettiva presente, esplica in negativo le condizioni di possibilità di trasformazione e le capacità del politico sono, in questo modo, limitate dal processo storico dell’acculturazione di massa entro cui egli stesso è ingabbiato. Perciò anche l’autonomia ed il primato del politico restano in un’ambiguità di definizione

6 Althusser L., L'unica tradizione materialista, in Sul materialismo aleatorio,

Milano 2006, p. 156.

175 rispetto ai tempi dell’ acculturazione e Althusser può tacciare di spontaneismo e di fatalismo lo stesso Gramsci.

«Nella sua teoria finale dell'Egemonia, egli enuncia, nei fatti e nella realtà che, per lui, la politica e l'uomo politico, che è il suo agente, sono “causa sui”, autonomi, per diritto o, piuttosto, per destinazione»8 (corsivo mio).

Senza risolvere l’aporia tra ideologia e scienza e tra politica e storicità della cultura, l’«egemonia» di Gramsci più che costituire una teoria politica resta, in ultima istanza, la sublimazione di un concetto di autocultura universale (Selbstbildung)9.

«Ciò che Gramsci introduce [è] l'idea che l'Egemonia possa essere rappresentativa del tutto costituito […] la cultura di massa è l'ideale che l'umanità può proporsi come compito ultimo»10.

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