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altre meraviglie degli animali rimedi ascrivibili al campo della magia

IL CONFINE TRA MAGIA E RELIGIO

53 altre meraviglie degli animali rimedi ascrivibili al campo della magia

50 per i pidocchi e le coliche urinarie dei giumenti

rimedi ascrivibili al campo della magia

51 per rendere il vino disgustoso agli ubriachi

rimedi ascrivibili al campo della magia

52 notizie su animali particolari rimedi ascrivibili al campo della magia

53 altre meraviglie degli animali rimedi ascrivibili al campo della magia

Questa classificazione si è basata sui seguenti criteri:

1) sul commento di Plinio (casi a, d), infatti in alcuni casi l’autore ha scritto esplicitamente se credeva o meno ai rimedi riportati;

2) per la situazione in cui egli sembra crederci ma non esplicita un pensiero (caso b), ho posto attenzione al linguaggio da lui utilizzato. Infatti, in questi casi riporta il rimedio specificando che, per curare una determinata malattia, si deve procedere in un certo modo. Non utilizza verbi come “si tramanda che”, “dicono che”, ma più che altro espressioni come “questo dolore si riduce con”. Per gli esempi specifici si rimanda ai paragrafi successivi. Egli ha un modo di procedere disordinato: alterna notizie alle quali è plausibile che credesse con altre alle quali probabilmente non credeva (infatti in queste utilizza verbi come tradunt): è proprio questa coesistenza che accresce il dubbio in merito a quale fosse il pensiero dell’autore; Per questo motivo, talvolta, ho incluso in questa sezione anche i casi in cui Plinio usa verbi come adfirmant, tradunt. Nonostante la presenza di questi verbi, sembra credere ai rimedi riportati e alla loro efficacia.

3) per il caso in cui è probabile che l’autore non creda a ciò che scrive (caso c), mi sono basato ancora una volta sulla lingua che utilizza per illustrare il rimedio. Ho inserito in questa sezione tutti i capitoli in cui Plinio tratta le cure senza riportare l’autore o la fonte: tradunt, quidam, alii, puntant.

4) vi sono dei capitoli dove l’autore ha esplicitato che i rimedi proposti erano stati suggeriti dai Magi o che comunque erano ascrivibili alla sfera della magia;

5) vi sono infine dei casi dubbi, dove non è possibile, a mio avviso, capire il pensiero del naturalista relativo alla cura proposta. Si è preferito quindi inserire i capitoli in questa sezione, piuttosto che farli per forza rientrare nelle altre.

I libri XXIX e XXX contengono numerosi rimedi di origine magica che sono ripresi dalle opere farmacologiche di Anassilao, vissuto durante l’età augustea, e di Senocrate, un contemporaneo di Plinio484. I primi sette capitoli del libro XXX, che delineano una breve storia della magia, hanno una funzione apologetica per fare in modo che il lettore non creda che l’autore presti fede a tutto ciò che dicono i Magi. Oltre ad Anassilao e a Senocrate, vi sono altre due fonti: Pelope (di cui non si conosce quasi nulla) e Sestio Nigro, che presentano le migliori notizie farmacologiche del mondo greco485. L’ordine con cui Plinio presenta i rimedi alle varie malattie è compiuto a capite ad calcem, modus operandi che era iniziato già nel libro precedente (rimedi contro le malattie della testa, del volto e contro i veleni). Dopo aver finito la trattazione dei piedi (quindi dopo il § 81), l’autore tratta le malattie che colpiscono tutto il corpo, ricordando ad esempio i malocchi, i deliri, la paralisi, l’epilessia, le malattie delle donne e i parti, le malattie infantili e via dicendo. Si tratta di un modo di procedere abbastanza ordinato, in cui, talvolta, si inseriscono delle divagazioni da parte dell’autore. Non c’era nel mondo antico una procedura standard per la compilazione a capite ad calcem486. Una spiegazione che Garofalo487 fornisce per il disordine di esposizione o per la comparsa in due o più luoghi diversi dello stesso argomento è questa: la confusione sarebbe dovuta all’impiego di fonti differenti, che presentano un loro proprio ordinamento. Inoltre, i rimedi magici scritti da Plinio si possono inserire in un rito più ampio che considera il momento opportuno per catturare l’animale, le formule e le ricette per cucinarli. Vi sono esempi in cui il male transita dall’uomo all’animale, ciò può avvenire grazie ad una natura simile tra i due soggetti data dal genere, dalla forma o dal colore. É il cosiddetto fenomeno di transplantazione, teoria che afferma che uomini, animali, piante, costellazioni e minerali contengono delle forze che si possono trasferire ad altri o ad altro. Ad esempio, in Nat. 28, 4, l’autore scrive:

Sanguinem quoque gladiatorum bibunt, ut viventibus poculis, comitales morbi, quod spectare facientes in eadem harena feras quoque horror est. At, Hercule, illi ex homine ipso sorbere

484 Storia naturale, volume IV, p. 395.

485 Ibidem, p. 395.

486 Ibidem, p. 396.

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efficacissimum putant calidum spirantemque et vivam ipsam animam ex osculo vulnerum, cum plagi somnino ne ferarum quidem admoveri ora mos sit humanus488.

Chi soffre di epilessia può curarsi bevendo il sangue umano dei gladiatori. Plinio sottolinea un’incoerenza in quanto fa notare che l’azione di bere sangue umano non è considerata orrida, ma quella di bere del sangue animale sì.

Una superstizione di guarigione legata alla sfera della magia è la legge di simpatia e di antipatia delle forze nel cosmo: le stelle, la terra, gli uomini, gli animali, le piante ed i minerali sono delle forze che si influenzano mediante l’attrazione e la repulsione489. Un esempio pratico di questa teoria si ritrova in Nat. 29, 61:

Quaedam pudenda dictu tanta auctorum adseveratione commendantur, ut praeterire fas non sit, siquidem illa concordia rerum aut repugnantia medicinae gignuntur, veluti cimicum, animalis foedissimi et dictu quoque fastidiendi, natura contra serpentium morsus et praecipue aspidum valere dicitur, item contra venena omnia, argumento, quod dicant gallinas, quo die ederint, non interfici ab aspide, carnesque earum percussis plurimum prodesse490.

In questo passo, Plinio fornisce un esempio della legge di simpatia e di antipatia cosmica: le cimici sono una protezione naturale contro i morsi del serpente e contro gli altri tipi di veleni. Una prova di questo è costituita da chi dice che se le galline hanno mangiato delle cimici, allora per quel giorno non verranno uccise dagli aspidi e se si mangia la loro carne si recupera la stessa proprietà. Inoltre, c’è anche da considerare la signatura rerum, cioè la forma, i colori ed i sapori di piante ed animali che attirano l’attenzione dell’uomo e che lo guidano nell’uso farmacologico. Ad esempio, il colore giallo del Chrysolachanum può assorbire l’itterizia di una persona (Nat. 28, 149-50)491.

488 Cfr. Piante medicamentose e rituali magico-religiosi in Plinio, p. 157 e cfr. Storia naturale, volume IV, p. 14. «Gli epilettici, durante l’attacco, bevono il sangue dei gladiatori come da coppe viventi; eppure quando lo vediamo fare anche dalle belve in quella stessa arena, si resta inorriditi. Ma, per dio, quei malati considerano un toccasana succhiare proprio dall’uomo il sangue caldo e vivo, assorbire il principio vitale dalle labbra delle ferite, mentre è ritenuto da incivili accostare la bocca alle piaghe anche di bestie selvagge. C’è chi cerca il midollo osseo delle gambe e il cervello dei fanciulli» (trad. di U. Capitani).

489 Cfr. Piante medicamentose e rituali magico-religiosi in Plinio, p. 154.

490 Cfr. Ibidem, p. 155 e cfr. Storia naturale, volume IV, pp. 316 e 318. «Certi rimedi ripugnanti a descrivere sono raccomandati con tanta insistenza e garantiti da fonti così serie, che non è possibile lasciarli da parte; d’altronde alla base delle medicine sta la ben nota simpatia e antipatia cosmica delle cose. Per esempio, delle cimici, animali schifosi e tali che si prova ribrezzo solo a nominarle, si cita lo spiccato potere naturale contro i morsi di serpente e soprattutto degli aspidi, similmente contro tutti i veleni: prova ne sarebbe la diceria secondo cui le galline nel giorno in cui hanno mangiato cimici non vengono uccise dagli aspidi e le loro carni sono utilissime ai soggetti morsi da quei rettili» (trad. di U. Capitani).

Vigono anche le leggi di simpatia e di antipatia, soprattutto nei contravveleni. Spesso, però, non si capisce se il rimedio si può considerare magico o meno492.

Una domanda che è importante porsi è come mai Plinio, che attacca nei primi capitoli del libro XXX i Magi, nella parte restante del libro inserisce anche i rimedi magici. Capitani spiega che se l’autore tratta per numerosi capitoli queste cure, ciò è dovuto al suo interesse per esse, anche se sono magiche e inventate493. D’altra parte, come si è visto nel capitolo 3, Plinio non rinuncia a riportare nemmeno i casi di credenze popolari che giudica esagerate e fantasiose. Tutti questi riti magici si inscrivono in un tentativo di cambiare o comunque di controllare il destino494.

4.2.2 La ripresa della Naturalis Historia nel Liber medicinalis di Quinto Sereno Prima di affrontare l’analisi delle casistiche dei rimedi del libro XXX, è necessario introdurre il Liber medicinalis di Sammonico, in quanto ci sarà un confronto, laddove possibile, tra Plinio e questo autore.

Sullo scrittore dell’opera ci sono incertezze di tipo onomastico: si è certi infatti sul nome Quintus Serenus, ma non sul cognome Sammonicus. Gli Antichi citano due autori che si chiamano così, quindi è nata l’ipotesi della presenza di un padre, vissuto durante l’impero di Settimio Severo e autore dei Rerum reconditarum libri, che poteva vantare una biblioteca di addirittura 62000 libri e di un figlio, attivo tra la seconda metà del II secolo e la prima metà del III. Quest’ultimo era stato amico dell’imperatore Giordano I e precettore del figlio, il futuro Giordano II il giovane, che ricevette in eredità la biblioteca (in precedenza ereditata da Quinto Sereno alla morte del padre). L’autore era stato un poeta e storico presso Alessandro Severo. Di sicuro era una persona molto colta, in quanto dalle sue opere emergono citazioni e richiami a Lucrezio, Plauto, Virgilio, Orazio ed Ovidio495.

Anche riguardo alla datazione dell’opera si nutre qualche dubbio, ma si pensa che essa sia stata scritta tra la fine del II secolo e la seconda metà del IV.

Il Liber medicinalis contiene numerosi rimedi, raccolti in 64 capitoli, per un totale di 1107 esametri. Essi sono stati riordinati con il criterio a capite ad calcem. Dopo la prefazione,

492 Ibidem, p. 397.

493 U. Capitani, Celso, Scribonio Largo, Plinio il Vecchio e il loro atteggiamento nei confronti della medicina

popolare, p. 138, in Maia, XXIV, 1972, pp. 120-140, citato in Piante medicamentose e rituali magico-religiosi in Plinio, p. 161.

494 B. Malinowski, Sex, Culture, and Myth, London, 1963, pp. 189-90, citato in Piante medicamentose e rituali

magico-religiosi in Plinio, p. 163.

495 Quinto Sereno Sammonico, La medicina in Roma antica, Il liber medicinalis di Quinto Sereno Sammonico, a cura di Cesare Ruffato, Utet, Torino, 1996, pp. 7-8.

Capitolo 4 – Il confine tra magia e medicina nel libro XXX della “Naturalis historia”

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sembrerebbe esserci stata una suddivisione dell’opera in due parti (in cui il capitolo XLII fungeva da spartiacque), dove nella prima si raccoglievano le patologie organiche e, nella seconda, quelle accidentali. Manca in quest’opera un epilogo, che probabilmente è stato perso nel corso della tradizione manoscritta496.

Inizialmente la medicina romana si basava sulle conoscenze di tipo taumaturgico e si rivolgeva a due tipi di divinità: quelle tutelari e quelle salutifere, che dovevano proteggere l’uomo dalla nascita (si pensi a Giano) al funerale (si pensi a Nenia). In questo primo periodo, la dimensione magica era fondamentale nella medicina romana. Sono infatti numerosi gli incantesimi diffusi, come, ad esempio, Sicucuma Cucuma Ucuma Cuma497. Anche se Quinto Sereno riporta tutti questi richiami di ordine magico, esprime un parere di scetticismo. Prima della manifestazione della medicina greca a Roma, c’erano alcuni medici professionisti che avevano appreso le basi del loro lavoro grazie a trattati di provenienza greca o etrusca. In seguito, a Roma arrivarono numerosi medici greci, tra cui Artorius Asclepiade, medico di Cicerone e filosofo di Alessandria. Egli aveva rifiutato la teoria degli umori di Ippocrate, concentrandosi soprattutto sui consigli igienici, sulla dieta e sull’attività ginnica. Tra le diverse correnti di pensiero, sono di fondamentale importanza Celso e Galeno. Il primo ha scritto il De re medica, che è pervenuta in modo frammentario; il secondo era appartenuto alla scuola di Alessandria e aveva fondato a Roma una scuola che praticava studi di anatomia e di dissezione. Durante l’età dei Severi, si iniziò ad insegnare medicina con costanza498.

Erano diverse le ipotesi di origine sulla malattia: c’era chi credeva che fosse una punizione divina e chi riteneva che ci fosse stata una dipendenza da un momento eziologico che variava il benessere dell’organismo. Lucrezio pensava che la terra ed il cielo contenessero dei germi e Varrone parlava di bestiolae o di animalia minuta che infettavano l’individuo penetrando per via orale e nasale499.

Per quanto riguarda le sostanze medicamentose, inizialmente erano preparate dai medici, ma in seguito si diffusero le tabernae, delle vere e proprie erboristerie e farmacie che vendevano diverse medicine: succhi, polveri, infusi, colliri, unguenti, pillole. Nonostante tutti i consigli medici riguardo all’igiene, i Romani erano sempre stati attenti alla cura del proprio

496 Ibidem, pp. 8-9.

497 Ibidem, pp. 10-11.

498 Ibidem, pp. 12-13.

corpo, all’attività di ginnastica nei campi sportivi e nelle piscine. Inoltre, i bagni erano il centro delle cure per diverse patologie500.

La fonte principale del Liber medicinalis è la Naturalis historia, anche se l’autore ha attinto informazioni anche da Celso, Scribonio e da Nigidio Figulo (che a sua volta ha recuperato le informazioni da Dioscoride). La fortuna del Liber medicinalis fu piuttosto limitata inizialmente e, nei secoli successivi, iniziò grazie a Carlo Magno, che aveva commissionato una sua trascrizione501.

4.3 Analisi dei 6 casi riguardanti i rimedi di origine animale del libro XXX

Si presentano ora per ciascun caso due esempi corredati da un commento e, laddove possibile, con un confronto con Quinto Sereno Sammonico.

4.3.1 La sicura credenza di Plinio riguardo ai rimedi del libro XXX

Vi sono capitoli del libro in cui Plinio afferma chiaramente l’efficacia di un rimedio. Infatti, in questi casi, non utilizza verbi come tradunt e dicunt. Un esempio si può riscontrare nel capitolo 15 (Nat. 30, 44-46):

Praecipue vero coclearum cibus stomacho. In aqua eas subfervefieri intacto corpore earum oportet, mox in pruna torreri nihilo addito atque ita e vino garoque sumi, praecipue Africanas. Nuper hoc conpertum plurimis prodesse; id quoque observant, ut numero inpari sumantur. Virus tamen earum gravitatem halitus facit. Prosunt et sanguinem excreantibus dempta testa tritae in aqua potu. Laudatissimae autem sunt Africanae – ex iis Iolitanae -, Astypalaeicae, item Siculae modicae, quoniam magnitudo duras facit et sine suco, Baliaricae, quas cavaticas vocant, quoniam in speluncis nascuntur, laudatae ex insulis et Caprearum, nullae autem cibis gratae neque veteres neque recentes. Fluviatiles et albae virus habent, nec silvestres stomacho utiles, alvum solvunt, item omnes minutae. Contra marinae stomacho utiliores, efficacissimae tamen in dolore stomachi e laudatis traduntur quaecumque vivae cum aceto devorate. Praeterea sunt quae ἀϰέρατοι vocantur, latae, multifariam nascentes, de quarum usu dicemus suis locis. Gallinaceorum ventris membrana, si inveterata est, inspersa potioni destillationes pectoris et umidam tussim vel recens tosta lenit. Cocleae crudae tritae cum aquae tepidae cyathis III si sorbeantur, tussim sedant.

500 Ibidem, pp. 15-17.

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Destillationes sedat et canina cutis cuilibet digito circumdata. Iure perdicum stomachus recreatur502.

All’interno di questo passo, Plinio afferma che mangiare le chiocciole è salutare per lo stomaco. Invece, Dioscoride, nel De materia medica, scrive (II, 9)503:

µετὰ δὲ τοῦ ὀστράκου ὅλος τριβεὶς καὶ µετ’ οἴνου καὶ σµύρνης ὀλίγης ποθεὶς κολικοὺς θεραπεύει καὶ κύστεως ἀλγήµατα504.

The broth of “chamae” and other shellfish boiled in a little water stirs the bowels. It is taken with wine505.

L’autore afferma che il brodo di lumache e di altri molluschi bolliti smuovono lo stomaco. Plinio aggiunge anche che, dopo averle bollite e passate alla brace, si devono mangiare con vino e garum (salsa a base di pesce). Questa sostanza è nominata anche nel libro XXXI (Nat. 31, 93), dove l’autore spiega che si ottiene con la macerazione di intestini di pesce nel sale (si tratterebbe quindi di materie in putrefazione)506. Le chiocciole sono salutari per lo più quelle senza guscio, pressate e mangiate con l’acqua, anche a chi espelle sangue. Ne esistono di diversi tipi: quelle africane (molto apprezzate), quelle di Iol (in Mauritania), di Astipalea, della Sicilia, quelle dette cavatiche (perché si trovano nelle caverne) delle Baleari. Inoltre, aggiunge che le chiocciole di bosco non fanno bene come le altre (come quelle marine) perché sciolgono l’intestino. Riguardo alle chiocciole senza corna, che Plinio dice che tratterà più avanti, non si trovano altri riscontri nell’opera507. L’autore conclude il capitolo trattando

502 Cfr. Storia naturale, volume IV, p. 420-423, § 44-46. «La cosa migliore per lo stomaco però è mangiare chiocciole. Si deve farle bollire intere in acqua pian piano, poi arrostire alla brace senza aggiungere nulla e prenderle così con vino e garum, preferibilmente quelle africane. Da poco s’è scoperto che moltissimi ne traggono giovamento. Stanno anche attenti a prenderle in numero dispari. Il loro forte odore tuttavia causa alito pesante. Fanno bene anche a chi espettora sangue, senza guscio, pestate e bevute con acqua. Le più apprezzate sono le chiocciole africane, fra queste quelle di Iol, di Astipalea, quelle siciliane, piccole, perché la grossezza le rende dure e senza succo; quelle delle Baleari, chiamate “cavatiche” perché nascono nelle caverne; sono apprezzate anche quelle dell’isola di Capri, ma non sono buone da mangiare, né vecchie né fresche. Le chiocciole di fiume e quelle bianche hanno un cattivo odore e quelle di bosco non fanno bene allo stomaco e sciolgono l’intestino, come anche tutte quelle molto piccole. Al contrario le chiocciole di mare giovano di più allo stomaco; passano per efficacissime addirittura nel mal di stomaco tutte quelle che si raccomandano mangiate vive con aceto. Ci sono inoltre quelle chiamate “senza corna”; larghe, nascono dappertutto: parleremo del loro uso a suo luogo. La membrana del ventre dei polli invecchiata e immersa nella bevanda, oppure arrostita fresca, lenisce i catarri di petto e la tosse umida. Le chiocciole crude, pestate, e sorbite con 3 ciati d’acqua tiepida, calmano la tosse. I catarri vengono anche calmati mettendosi attorno a un dito qualsiasi un pezzo di pelle di cane. Il brodo di pernici rafforza lo stomaco» (trad. di I. Garofalo).

503 Cfr. Storia naturale, volume IV, p. 421, § 144, nota 1.

504 Il testo proviene dal sito Thesaurus Linguae Graecae, reperibile al link http://stephanus.tlg.uci.edu. Il testo greco proviene dalla seguente edizione: Dioscorides Pedanius, De materia medica, edd. M. Wellmann, Berlin Weidmann, 1907.

505 Dioscorides, de materia medica, by T.A. Osbaldeston and R.P.A. Wood, Ibidis press, Johhanesburg South Africa, 2000.

506 Cfr. Storia naturale, volume IV, p. 421, § 44, nota 2.

i rimedi contro la tosse e il catarro, che sono la pelle del ventre di pollo sia invecchiata che fresca. L’ultima affermazione, quella che dice che i catarri si combattono anche mettendosi della pelle di cane sul dito, sembra un rimedio magico e rimane dubbio se Plinio ci credesse o meno. Ritengo che l’autore credesse veramente che le chiocciole fossero salutari per lo stomaco. Infatti, scrive:

a) praecipue vero conclearum cibus stomacho (Nat. 30, 44). Si tratta di un’affermazione esplicita e chiara;

b) Nuper hoc conpertum plurimis prodesse (Nat. 30, 44). Penso che sia un’ulteriore conferma della sua credenza sui rimedi delle chiocciole contro il mal di stomaco; c) Prosunt et sanguinem excreantibus dempta testa tritae in aqua potu. Si tratta di

un’altra affermazione della sicura efficacia del rimedio.

Quando afferma id quoque observant, ut numero inpari sumantur, non utilizza una costruzione impersonale e nemmeno una frase affermativa, ma la terza persona plurale che lo esclude dall’essere protagonista del discorso, come se ritenesse il raccogliere le chiocciole in numero dispari un’azione superstiziosa. Questa convinzione popolare è al confine tra magia e medicina. Afferma poi, in aggiunta, che il loro odore causa un alito pesante. Come si può notare, egli alterna notizie a cui crede certamente (e ciò si può desumere dal suo modo di scrivere) e altre, non sicure, dove assume un atteggiamento più cauto.

Per quanto riguarda i rimedi contro il mal di stomaco, si può affermare che non c’è una corrispondenza con Sammonico (cap. XXV)508: quest’ultimo, infatti, non nomina tra i suoi rimedi le chiocciole, ma consiglia di bollire la ruta e l’appio nell’acqua. Possono giovare anche la cenere di uovo bianco disciolta nell’acqua, una pozione di comino tritato, la menta,

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