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Altre voci

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VENEZIA E L’ORIENTE: NOTE SU RECENTI LETTURE

6. Altre voci

Le cinque opere fin qui analiz-zate testimoniano l’interesse cre-scente che oggi si riscontra a li-vello storiografico per “l’altro” e il

diverso. Fino a una ventina di anni fa in Italia chi si occupava di storia dei paesi dell’Asia avvici-nandosi alle fonti ricadeva ineso-rabilmente sotto l’etichetta di “orientalista” ed era considerato soprattutto un linguista che si di-lettava di storia. Allo stesso tempo molti storici guardavano con stu-pore ai saggi in italiano che trat-tavano di rapporti tra l’Europa e il mondo abbaside, mamelucco od ottomano e accettavano acritica-mente tutti i saggi che venivano prodotti, senza avere gli strumenti per valutarli in base ad altre sto-riografie, fossero esse anche solo in inglese, tedesco o francese. Un po’ alla volta questo atteggiamento sta cambiando. Un rinnovato in-teresse per la world history e la connected history, nato nelle uni-versità statunitensi, fa parlare di una svolta globale nella storiogra-fia58. Nello stesso tempo sta di-ventando finalmente patrimonio comune l’ovvietà che non basta saper leggere un documento in arabo od ottomano per essere uno storico: bisogna possedere anche gli strumenti scientifici per “fare storia”, saper inserire le notizie fornite dalle fonti in un contesto più ampio, conoscere la lettera-tura sull’argomento e capire a fondo le regole di civiltà lontane nel tempo e nello spazio, che non

57L’episodio di Casanova è citato in F. Montecuccoli degli Erri, I “bottegheri da quadri”

e i “poveri pittori famelici”. Il mercato dei quadri a Venezia nel Settecento, in E.M. Dal Pozzolo, L. Tedoldi (a cura di -), Tra Committenza e Collezionismo. Studi sul mercato dell’arte nel-l’Italia settentrionale durante l’età moderna, Terraferma, Vicenza, 2003, pp. 1-24. La biblio-grafia sulla monetazione veneziana è ampia, ricordo qui solo il recente F. Rossi, “Melior ut est florenus”. Note di storia monetaria veneziana, Viella, Roma, 2012, pp. 99-102.

58G. Marcocci, Gli intrecci della storia. La modernità globale di Sanjay Subrahma-nyam, in SubrahmaSubrahma-nyam, Mondi connessi, pp. 9-21.

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Venezia e l’Oriente

sempre coincidono con quelle at-tuali. Inoltre, ormai, i giovani che si cimentano con culture e lingue diverse stanno cominciando a moltiplicarsi e non si tratta più solo di persone provenienti dal mondo anglo-sassone, tedesco o francese.

In Turchia, per esempio, realtà che conosco meglio tra quelle del Vicino Oriente, si va sempre più ricucendo la cesura un tempo esi-stente tra i vecchi storici, che tro-vavano solo nella lettura continua delle fonti i temi per i loro saggi, e i giovani, che erano a loro agio a Harvard e Princeton, così come a Samsun o Safranbolu, e che si ponevano degli interrogativi prima di scegliere una tematica di stu-dio59. Oggi molti hanno ben com-preso la lezione di Halil Inalcık, il maggiore storico turco, ormai sulla soglia del secolo, che tra il 1972 e il 1994 ha insegnato all’Università di Chicago e che ha sempre saputo coniugare lo studio delle fonti con un’impostazione metodologica ri-gorosa. Il nuovo archivio ottomano di Istanbul, i cui depositi sono un bunker anti-atomico, è un aiuto sempre più prezioso: nelle sale di studio ci sono postazioni di lavoro

da cui è possibile fare ricerche on-line, anche solo digitando un to-ponimo o il nome di un personag-gio, utilizzando l’enorme data-base che viene implementato quotidia-namente grazie al lavoro certosino di qualche centinaio di archivisti. Infatti i documenti antichi vengono letti, regestati, fotografati, scansio-nati e riprodotti in formato digitale ad altissima definizione, in modo che in futuro non vi sia più neces-sità di aprire gli antichi faldoni e farli toccare dallo studioso, se non in casi eccezionali, per non rovi-nare un materiale così prezioso.

Allo stesso modo Venezia, con i tesori documentari conservati al-l’Archivio di Stato, alla Marciana e alla Biblioteca del Museo Correr, rappresenta per molti una sfida e un luogo di incontro. Tra coloro che vi studiano, o vi hanno stu-diato, per limitarci solo ai giovani provenienti dalla Turchia, pos-siamo ricordare per esempio, sem-pre in ordine alfabetico, Mikail Acıpınar60 e Serdar Çavus¸ dere61, due dei primi studenti che hanno usufruito degli scambi Erasmus at-tivi con le università turche sin dal 2004; Güner Dog˘an62, giunto a Venezia per la prima volta con una

59M.P. Pedani, Il trionfo del silenzio. L’Impero Ottomano tra storiografia e politica, in

G. Nemeth, A. Papo (a cura di -), I Turchi, gli Asburgo e l’Adriatico, Assoc. Pier Paolo Ver-gerio, Duino Aurisina (Trieste), 2007, pp. 227-238.

60M. Acıpınar, Anti-Ottoman Activities of the Order of the Knights of St. Stefan during

the Second Half of the 16th century, in D. Couto, F. Günergun, M.P. Pedani (eds), Seapower, technology and Trade. Studies in Turkish Maritime History, I.stanbul, Piri Reis University Publications-Denizler Kitabevi, 2014, pp. 165-172.

61S. Çavus¸dere, Ege’de Türk-italyan Hububat Ticareti (13.-14. Yüzyıllar) / Grain Trade

between Turks and Italians in the Aegean Area (13th-14th Centuries), «Tarih Aras¸tırmaları Dergisi» (Ankara Üniversitesi), 46, 2009, pp. 275-303.

62 G. Dog˘an, Osmanlı – Venedik ilis¸kilerinde Bir “Tüccarın” (Abdurrahman Çelebi) Dünyası (1701-1702): Esaret, Çaresizlik ve Özgürlük / A “Merchant’s” (Abdurrahman

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Maria Pia Pedani

borsa di studio del Ministero degli Affari Esteri italiano; Selvinaz Mete, che sta facendo un dottorato in sto-ria a Venezia; Serap Mumcu63, che invece ne segue uno a Padova e ha recentemente pubblicato un volume di regesti di documenti ottomani conservati a Venezia; Levent Kaya Ocakaçan64, studente PhD

all’Uni-versità di Marmara; Özgür Oral65, che lavora con I

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dris Bostan all’Uni-versità di Istanbul; Elvin Otman66, laureatasi nel 2009 alla Bilkent con una tesi di argomento veneziano; e molti altri che stanno ancora stu-diando con impegno e fatica per prepararsi ad essere gli storici della nuova global history di domani.

Celebi) World in the Ottoman - Venice Relations (1701-1702): Enslavement, Despair and Freedom «EFD / JFL Edebiyat Fakültesi Dergisi / Journal of Faculty of Letters» (Hacettepe University), 29/1 (Haziran/June 2012), pp. 95-108.

63S. Mumcu, schede IV.41, IV.42, IV, 43, in Venezia e l’Egitto, p. 304; S. Mumcu, Venedik Baylosu’nun Defterleri (1589-1684) / The Venetian Baylo’s Registers (1589-1684), ECF, Venezia, 2014 (Hilâl. Studi turchi e ottomani, 4), http://edizionicf.unive.it/col/ exp/27/19/Hilal/4 (06/06/2014);

64L.K. Ocakaçan, Cigalazade Yusuf Sinan Pasha, in Mediterranean in History (Hilâl.

Studi turchi e ottomani, 5), in print.

65Cfr. I˙. Bostan, Adriatik’te Korsanlık. Osmanlılar, Uskoklar, Venedikliler 1575-1620,

Tima Yayınları, I.stanbul, 2009, p. 9.

66E. Otman, The Role of Alvise Gritti within the Ottoman Politics in the Context of the

“Hungarian Question” (1526-1534), master thesis, 2009, Bilkent University, http://www. thesis.bilkent.edu.tr/0006109.pdf (06/06/2014).

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A. Addobbati, R. Bizzocchi, G. Sali-nero (a cura di), L’Italia dei cognomi.

L’antroponimia italiana nel quadro mediterraneo, Pisa university press,

Pisa, 2012, pp. 647

Fernand Braudel ha detto che il Mediterraneo è mille cose insieme. Nel presentare il volume L’Italia dei

cognomi. L’antroponimia italiana nel quadro mediterraneo, curato da

An-drea Addobbati, Roberto Bizzocchi e Gregorio Salinero, viene da dire che il Mediterraneo è mille cognomi in-sieme, laddove il mille è un numero simbolico per esprimere la variegata situazione onomastica, che caratte-rizza questo paesaggio. Un quadro così complesso e composito da atti-rare l’attenzione non di uno studioso, bensì di un gruppo di lavoro, che “si è messo all’opera” grazie ad un fi-nanziamento biennale per la ricerca erogato dall’Università di Pisa. Un’oc-casione questa che ha permesso la realizzazione di un progetto che già da tempo coinvolgeva specialisti di diverse discipline. Una cospicua col-laborazione interdisciplinare, che ha permesso la nascita del presente vo-lume, al quale hanno contribuito, con i rispettivi saggi, storici, linguisti, sto-rici del diritto e uno scienziato (fisico, esperto di statistica). Un libro, dun-que, con alcune caratteristiche, che

non sfuggono al lettore. Tali peculia-rità partono tutte da un unico pre-supposto: la messa in discussione della stabilità antroponimica nel corso del tempo. In altre parole il punto di partenza è stato proprio porsi degli interrogativi sul processo di diffusione e fissazione del cognome in Italia, che risulta non solo essere diverso rispetto a quanto avviene nel resto dell’Europa latina, ma presenta anche una profonda frattura all’in-terno della stessa penisola, tra Italia settentrionale e quella centrale, men-tre, per contro, il Mezzogiorno pre-senta svariati punti di contatto con la situazione che vive il Nord.

I numerosi saggi presentati gui-dano il lettore, partendo dalla revi-sione di molti assunti teorici in ma-teria onomastica, fino a renderlo consapevole che la questione del co-gnome, o nome di famiglia, nel nostro paese è tutt’altro che lineare. Intorno ad esso, infatti, diversi sono gli in-terrogativi sorti e ancora più svariate e articolate le risposte fornite, che ri-velano dinamiche nei rapporti fra le persone e le famiglie, soprattutto a livello locale, altrimenti inconoscibili. Si sono già, in un certo senso, evi-denziate ben due caratteristiche del volume: la prima riguarda il metodo interdisciplinare, su cui ci siamo sof-fermati, la seconda concerne le

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n.

ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)

Mediterranea - ricerche storiche - Anno XI - Agosto 2014 Recensioni_11 02/09/14 10:19 Pagina 417

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blematiche sollevate intorno all’og-getto d’indagine, che hanno messo in luce una nuova visione dei processi di cognominazione verificatesi in Ita-lia tra medioevo ed età moderna. Si può aggiungere a tali caratteristiche una terza peculiarità, che, inqua-drando il volume all’interno di una cornice storica, riguarda l’analisi dei risultati ottenuti, compiuta effet-tuando le dovute comparazioni con le altre realtà dell’Europa latina.

Dato il luogo (l’Italia) e stabilito il tempo (età moderna con digressioni sul medioevo e sui secoli XIX e XX) l’argomento è affrontato, seppure da prospettive diverse, in vari saggi or-ganizzati in quattro sezioni.

La prima, Approcci e strumenti, come suggerisce lo stesso titolo, ci presenta l’argomento della ricerca, fornendo le categorie interpretative necessarie per comprendere le inda-gini documentarie delle sezioni suc-cessive. Il primo saggio, nell’illustrare il lavoro svolto dai membri del gruppo di ricerca, fissa il “centro di interesse” del progetto: come e quando si af-ferma e cosa significa il cognome per una persona e per una famiglia? L’autore (R. Bizzocchi), tuttavia, chia-risce come la semplificazione pre-sente nella suddetta domanda costi-tuisce la premessa dell’indagine. Egli, inoltre, ci tiene a precisare che il ri-sultato più positivo raggiunto dal gruppo è stato non tanto quello di dare una risposta definitiva al quesito posto sopra, quanto riformularlo e dunque arrivare alla consapevolezza che il processo di formazione dei co-gnomi, tra medioevo ed età moderna, non è stato né omogeneo né lineare. Un processo legato alle diverse vi-cende politiche, religiose e sociali, che hanno segnato la nostra penisola du-rante i secoli considerati. Un

pro-cesso, come si evince dal secondo saggio, su cui gli studi di antroponi-mia si sono divisi tra due orienta-menti contradditori. Uno che tende ad enfatizzare gli elementi di stabilità nella formazione del cognome e quindi ad identificare univocamente il cognome con la famiglia di appar-tenenza, l’altro che riflette sugli ele-menti di instabilità, che compaiono nell’origine e nella fissazione del co-gnome. L’autore (G. Salinero), dopo aver sintetizzato queste due ten-denze, focalizza l’attenzione sul la-voro svolto da lui ed alcuni studiosi, che rileva la mobilità e l’instabilità antroponimica moderna. La migra-zione entro e fuori dell’Europa, l’in-treccio tra diverse aree culturali, le nuove prassi religiose e burocratiche, infatti, sono tutti fattori che si verifi-cano durante l’età moderna e che rappresentano occasioni di cambia-mento per il cognome. Proprio alla differente cronologia dello sviluppo signorile si può ricondurre la divari-cazione tra nord e centro Italia (S. Collavini). In queste due aree, infatti, non solo il “nome doppio” si è diffuso in periodi diversi (con un ritardo re-gistrato dall’Italia centrale), ma ha assunto anche caratteristiche di-stinte: nell’Italia settentrionale ha ben presto attecchito la forma cogno-minale basata sul toponimico; invece in quella centrale, dove la signoria ha tardato a nascere, ha avuto for-tuna il “doppio nome” fondato sul modello alto medievale del patroni-mico. Altrettanto complessa nel campo dell’onomastica è la situazione spagnola, considerando anche i pro-blemi legati ai diversi indirizzi di ri-cerca, che non hanno saputo deli-neare obbiettivi comuni né nell’uso di determinate metodologie né nella tempistica da rispettare. Sebbene le

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indagini siano ancora aperte, gli studi hanno evidenziato come nella Spagna moderna la trasmissione del nome, formato dalla combinazione di due elementi (nome di battesimo e un nome riguardante la famiglia), sia stata governata da regole precise (R. Sánchez Rubio, I. Testón Núnez). Alla linguistica, invece, spetta il compito di studiare l’origine dei singoli co-gnomi, che, come abbiamo potuto ca-pire, possono essere il prodotto les-sicale di un toponimo, un patronimico, un soprannome etc. (C. Marcato). Alla storia del diritto, invece, va rico-nosciuto il merito di sottolineare la doppia funzione del cognome di indi-viduazione ed identificazione della persona attraverso il recupero delle tracce lasciate dal nome nell’ordina-mento giuridico italiano (E. Spa-gnesi).

Pur “affondando le sue radici” nel medioevo, il sistema di denomina-zione della persona predominante oggi in Portogallo mostra delle carat-teristiche proprie, come la priorità data al nome, in quanto segno di-stintivo dell’identità individuale, ri-spetto al cognome. Peculiarità che pongono la persona al di sopra della collettività, dandogli una certa rile-vanza sociale (J. De Pina-Cabral). Al di là delle analogie e diversità esi-stenti tra i vari sistemi di denomina-zione presenti in Europa, esiste un fattore che li accomuna tutti: il bino-mio nome-cognome. Il saggio di P. Chareille espone i risultati di un pro-getto di ricerca, condotto alla fine de-gli anni Ottanta, che ha cercato di indagare come si sia sviluppato in Europa il sistema di denominazione basato sui due elementi (nome-co-gnome). L’autore, inoltre, mostra le potenzialità dello strumento statistico nello studio dell’antroponimia, quindi

si sofferma sugli indicatori statistici (come la concentrazione, il tasso di omonimia etc.) usati per comparare i dati e descrivere le modalità e i ritmi che hanno portato all’evoluzione del suddetto binomio nome-cognome. Egli analizza anche, all’interno di questa prospettiva, la presenza di nomi specifici e significativi all’in-terno di un determinato gruppo. Esa-minando, infine, il fenomeno delle migrazioni, come apporto alla ripar-tizione geografica delle aeree

antro-ponimiche, Chareille sottolinea

quanto possa essere utile il ricorso alla genetica delle popolazione, ossia considerare “di pari passo” la tra-smissione del cognome e quella del cromosoma Y da padre in figlio. Ana-lisi statistiche sono state condotte anche nei due contributi del fisico Paolo Rossi, che mostrano come la distribuzione e la frequenza dei co-gnomi possano essere utilizzate per studiare alcune dinamiche sociali. Nel primo saggio, realizzato esclusi-vamente da Rossi, egli indaga il fe-nomeno del nepotismo accademico in Italia, ossia il rapporto di parentela diretta tra professori anziani e do-centi giovani. L’autore conduce l’ana-lisi, confrontando i dati empirici (iso-nimia riscontrata nella docenza universitaria) con un modello teorico, che si basa sul rapporto tra una data popolazione e un campione di docenti e presuppone la casualità del cam-pione. Nel momento in cui i valori empirici si discostano da quelli teorici la casualità dei campioni non risulta rispettata, ciò significa che siamo in presenza del fenomeno di nepotismo accademico.

Il secondo saggio, steso dallo stesso Rossi in collaborazione con S. Nelli e R. Bizzocchi, sintetizza le linee guida di un progetto di ricerca

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temente avviato, che riguarda l’ana-lisi statistica dei dati anagrafici con-tenuti nei registri parrocchiali e nel materiale d’archivio relativi al terri-torio di Montecarlo (LU). Dopo aver creato una banca dati accessibile via web attraverso alcune parole chiavi (nome, cognome, date di nascita etc.), gli obiettivi del progetto sono:

- indagare i differenti processi che portano all’evoluzione del patrimonio di cognomi presenti in un territorio; - studiare il fenomeno dei matri-moni tra parenti, anche lontani, me-diante la costruzione di alberi genea-logici che mostrino la molteplicità del numero di antenati di un singolo in-dividuo. Ciò permette lo studio di un fenomeno associato, la parentela me-dia, ossia la consanguineità, esi-stente nella popolazione.

Entrambi gli esami si avvalgono di strumenti matematici e, quindi, del confronto tra dati empirici e mo-delli teorici.

La seconda sezione Verifiche ci of-fre delle prove che accertano e avva-lorano le tesi esposte nella prima parte, focalizzando l’attenzione sul-l’antroponimia storica dell’Italia. Ven-gono, a tal proposito, presi in

consi-derazione intere aree (come il

Piemonte) o singoli centri dell’Italia settentrionale e meridionale. Gli arti-coli appartenenti a questa sezione at-tingono i dati da fonti di diversa na-tura, come atti notarili, registri parrocchiali (battesimi, matrimoni, se-polture e stati d’anime), rilevazioni fi-scali ed atti economici (elenchi di af-fittuari etc.), atti pubblici (verbali di assemblee comunali, carte di franchi-gia, censiers signorili) e utilizzano dif-ferenti modalità di redazione. Essi, tuttavia, mostrano l’interconnessione

tra l’evoluzione delle forme cognomi-nali e la struttura economica, demo-grafica e sociale della comunità. Que-sto è quanto emerge dal saggio di A. Barbero, che esamina la precocità con cui il cognome si afferma in Piemonte (XIII secolo), collegandola con la strut-tura economica della regione, basata sull’enfiteusi e affitti perpetui. È la co-munità contadina, infatti, che tende a strutturarsi in gruppi familiari du-raturi nel tempo, per questo identifi-cati da un cognome, perché detentori di un possesso fondiario ereditario e spesso indiviso. Anche per la monta-gna bergamasca non si può scindere la componente cognominale da quella politica, sociale ed economica. Qui, infatti, fenomeni quali la liquidazione della signoria vescovile o l’afferma-zione dell’allevamento trasumanante hanno avuto effetti fortemente desta-bilizzanti sui sistemi di denomina-zione (A. Poloni). Altri saggi, invece, sottolineano l’ingerenza nel processo di formazione del cognome di Stato e Chiesa (soprattutto attraverso l’opera del Concilio di Trento), che tendono a consolidarlo sia in quanto strumento di identificazione dell’individuo sia come mezzo di catalogazione per fini burocratici. Ciò riguarda sia l’Italia meridionale e a confermarlo sono i saggi di R. L. Foti e di G. Delille, sia l’Italia Settentrionale, come mostrano i contributi di G. Alfani, J-F. Chau-vard. Un caso a parte è rappresentato dalla Sardegna, dove ad avere un ruolo importante è stato il dominio catalano e spagnolo tanto nella for-mazione storica che linguistica del co-gnome (S. Pisano). L’ultimo saggio di questa sezione affronta il fenomeno diffuso nel teramano durante la prima metà dell’Ottocento di famiglie

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viste di cognome. L’autrice (F. F. Gallo), inoltre, mostra come il feno-meno venga trascurato dalla burocra-zia borbonica, che non fu capace di adattarsi alle riforme napoleoniche volte a razionalizzare l’apparato am-ministrativo.

La terza parte Il caso toscano en-tra ancora di più nel dettaglio della questione, fornendo un case study interessante: quello di una regione, che è emblematico della lentezza nella fissazione del cognome tipica dell’Italia centrale. Tutti i saggi di tale sezione “prendono le mosse” da fonti religiose (registri di battesimo, ma-trimoni e morte) o/e da quelle archi-vistiche (atti notarili). Essi puntano in diverse direzioni: talora mettono in luce le genealogie delle famiglie ori-ginarie del luogo (S. Nelli), le compo-nenti onomastiche (toponimico, pa-tronimico, soprannome) del cognome (I. Puccinelli), il suo uso all’interno del territorio (L. Peruzzi), talvolta si sof-fermano sulla formazione e trasmis-sione delle forme onomastiche (C. La Rocca) o addirittura su puntuali rico-struzioni storico familiari, aiutati, in questo caso specifico, dall’uso delle moderne tecnologie informatiche, che consentono l’accesso immediato ai dati storici (G. Camerini).

L’ultima parte Minoranze com-prende contributi che prendono in esame i sistemi di denominazione adottati, durante l’età moderna, da piccole comunità, confinate in

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