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Capitolo II: Contestualizzare Nishiwaki Junzaburō Poetica e avanguardie nel bundan del periodo

2.9. Altri aspetti della poetica e dello stile

Sugimoto Tōru designa l’utilizzo di immagini che rimandano al mondo della flora come un pattern ricorrente nelle poesie di Nishiwaki. Secondo le teorie esposte nel suo articolo “Furōra no shigaku” (Studi poetici sulla flora), sarebbero un tratto stilistico particolarmente persistente nella produzione del poeta giapponese posteriore alla seconda guerra mondiale. Le opere che Sugimoto cita in merito sono due testi che non vengono presi in considerazione da questo elaborato in quanto posteriori al 1933 e quindi ad Ambarvalia: Tabibito kaerazu e Kindai gūwa (Favole moderne, 1953). Tuttavia, la presenza di una poetica della flora e di immagini ad essa correlate è comunque un aspetto da tenere in considerazione anche nell’analisi di Ambarvalia. Questo principalmente per due motivi: in primis, seguendo quanto dichiarato da Nishiwaki stesso all’interno di un estratto che parla della propria biografia in Junsai to susuki (La ninfea scudo d’acqua e la spigola giapponese, 1969) e ripreso dallo stesso Sugimoto, perché si tratta di uno stilema maturato durante il soggiorno in Inghilterra, pertanto anteriore alla raccolta di poesie, in secondo luogo perché, come vedremo, Nishiwaki dimostra già nel 1933 di apprezzare la presenza di elementi vegetali all’interno dei versi che scrive, dedicandovi spazi semantici di ampiezza variabile di componimento in componimento.109 I cromatismi sono un altro aspetto particolarmente ricorrente nei testi di Nishiwaki: Murata Mihoko, nel suo saggio “Nishiwaki Junzaburō no irozukai” (L’utilizzo dei colori di Nishiwaki Junzaburō, 1984) conta oltre mille rimandi ai colori nel corpus di opere pubblicate da Nishiwaki, per un totale di centonove tonalità differenti cui il poeta fa riferimento. Solo in Ambarvalia, secondo il grafico che l’autrice propone, ricorrerebbero circa quaranta elementi con una predilezione per le sfumature gialle e dorate. Tant’è che alla pubblicazione di Ambarvalia vengono associati, parallelamente, l’inizio e la fine di un “periodo dell’oro”

107

Cfr. KUMEKAWA,“Creativity and Tradition”…, cit., p. 81.

108 Cfr. H

IRATA, The Poetry and Poetics…, op. cit., pp. 178-180.

109 S

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(Ōgon no jidai)110 di Nishiwaki da Murata, in quanto quest’ultimo è il colore più ricorrente all’interno dei testi poetici presenti nella raccolta.111

Un altro interessante spunto potrebbe essere fornito suffermandosi a riflettere sulle parole di Hirata, che definisce Ambarvalia una resa della lingua giapponese all’invasione degli idiomi stranieri. È del resto Nishiwaki stesso che innesca volontariamente tale processo, poi approfondito e coniugato con un pensiero decostruttivista dal saggio di Hirata. Sorgono spontanei interrogativi su tale scelta. Tutto si riconduce ad una pretesa di novità stilistica, come Tsuki ni hoeru di Sakutarō? Oppure, forse, Nishiwaki in realtà si sentiva più ‘europeo’ che ‘giapponese’ dopo il suo soggiorno in Inghilterra? Si potrebbe cercare di formulare una risposta concatenando diversi concetti letterari.

Il punto di partenza di questo ragionamento è il concepimento dell’opera: che cos’è Ambarvalia? Ambarvalia è una raccolta di poesie nata dall’accumulazione di capitale letterario e culturale da parte di Nishiwaki attraverso l’incorporazione di stili e idee durante il proprio soggiorno europeo. Perché è nata? Da qui, si potrebbe procedere attraverso due differenti metodi. Si potrebbe individuare in essa, in linea con i ‘postcolonial studies’112, un processo di depersonalizzazione, dovuto alla realtà diversa con cui Nishiwaki si è confrontato, e quindi implicare la perdita di vecchi tratti a favore di nuovi dovuto dall’incontro tra due culture. Oppure, supponendo l’esatto opposto, affermare che sia la manifestazione di un avvenuto processo integrativo e di appropriazione, una coniugazione tra il capitale culturale sviluppato in Giappone e quello incorporato in Europa. Ragionando sullo stile dell’opera, tenderei, personalmente, a preferire questa seconda opzione. Prima di tutto, come vedremo, convivono all’interno dell’opera figure retoriche come l’enjambement, piuttosto ricorrente nella produzione baudelairiana, e altre che richiamano molto la classicità giapponese, ad esempio le evidenti somiglianze di alcuni passaggi con l’honkadori, il taigendome, e l’utamakura (richiamato dai toponimi). In secondo luogo, la stessa scelta di pubblicare in giapponese mette in discussione una presupposta perdita o alienazione dell’identità giapponese. Se fino al 1933 Nishiwaki compose, come si è visto nel primo capitolo, poesie in lingua inglese, perché mai avrebbe cominciato a scrivere nella propria lingua madre? Se davvero avesse perso le sue radici letterarie e linguistiche, tale scelta non sarebbe stata, probabilmente, illogica?

110

MURATA Mihoko, “Nishiwaki Junzaburō no irozukai”, Bulletin of International Student Center, 1, 1995, p.113.

111 M

URATA Mihoko, “Nishiwaki Junzaburō no irozukai”, op. cit., pp. 107-113.

112 Le considerazioni teoriche sui postcolonial studies si basano su quanto enunciato in Peter, B

ARRY, Beginning

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È dunque più corretto parlare di Ambarvalia in termini di una forma molto spinta di “sustained appropriation”113

, cioè di un tipo di appropriazione letteraria ritenuto ai limiti del plagio, carico di rimandi e citazioni e, in questo caso, con tanto di trasposizione in un’altra lingua. Tale scelta, oltre a costituire un ponte culturale tra i due paesi particolarmente importanti per Nishiwaki, fu anche un’occasione imperdibile di applicazione dei principi del modernismo inglese, un movimento che costituì un vero e proprio baluardo in termini di appropriazione letteraria. È probabilmente da esso, infatti, che Nishiwaki riprende i tratti stilistici allusori, parodici ed ironici. Come affermò difatti lo stesso Eliot, autore tra l’altro di un saggio pubblicato nel 1919 (“Tradition and the individual talent”) che invitava a ripensare il concetto di originalità dell’opera letteraria: “No poet, no artist, of any art, has his complete meaning alone”. 114

L’ideale del modernista inglese auspicava la creazione di nuovo materiale letterario basandosi su quanto prodotto in passato, ma non solo. Anche Eliot era un pioniere delle stesse tecniche di incorporazione testuale utilizzate da Nishiwaki, reiterando citazioni, allusioni, forme di collage, bricolage e pastiche letterario. (Emblematico il suo capovolgimento di Geoffrey Chaucer all’inizio di The Waste Land, in cui Eliot presentava aprile come il più crudele dei mesi).115

L’altro ascendente, quello dell’imagismo, ha fatto sì che Nishiwaki adottasse elementi riconducibili alla classicità europea, con particolare predilezione per gli scenari arcadici e mediterranei che ritroviamo soprattutto nella prima parte di Ambarvalia. Nondimeno, rimanda al movimento l’optare per immagini semplici, prive di descrizioni o aggettivi, vagamente ermetiche e talvolta caratterizzate da oggetti dislocati nel tempo e nello spazio. È qui che la componente estetica trova il suo nesso con l’ironia e il citazionismo, che le due tendenze un po’ baudelairiane dell’opera trovano il loro comune punto d’origine. È il continuo intessere immagini di Nishiwaki che sta alla base di tutto, il suo infarcire i versi con una sovrabbondante quantità di elementi apparentemente privi di significato. La componente estetica e sensuale diviene il veicolo ideale affinché il lettore entri in contatto con l’altra fondamentale componente poetica della raccolta, ossia la citazione, parodica o omaggiante che sia. E così parodia e sensualità si incontrano. E, per estensione, entrano in contatto la componente imagista e modernista. Classicità e modernità si intrecciano, concreto e astratto si scontrano e generano poesia. Due realtà distanti si incontrano, e le teorie surrealiste di Reverdy sulla generazione di potenza evocativa poetica vengono applicate. La scrittura

113 Questa considerazione sul concetto di “sustained appropriation” si basa su cfr. Julie, S

ANDERS,Adaptation and Appropriation, “The New Critical Idiom”, Londra e New York, Routledge, 2006, pp.32-41.

114 Cit. in S

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diventa un processo automatico, non necessariamente regolato da criteri stabiliti, e i paesaggi onirici, i paradisi artificiali, piantano la loro bandiera in un angolo della realtà, senza ben scandire il proprio confine. Così, infine, il lettore perde di vista cosa sia una componente reale e cosa no. È un intrecciarsi di avanguardie, talvolta lambite trasversalmente da Nishiwaki nei loro principi, altre volte riprese nelle più profonde ragioni del loro essere. Ambarvalia è un’opera più vicina al canone europeo che a quello giapponese, date le sue radici, ma è stata ironicamente scritta in un linguaggio straniero al suo sottotesto. Un linguaggio che, come detto, è però straniero anche per il madrelingua, in quanto costellato di errori grammaticali e lessicali deliberatamente commessi che conferiscono all’opera una caratteristica unicità. Ambarvalia è il mezzo con cui Nishiwaki tenta di portare la poesia ai limiti della propria espressione, forse indirizzato verso quel processo di estinzione e inespressività che aveva teorizzato in Shi no shōmetsu.

Posto dunque che le tendenze ambivalenti contenute nell’opera non sono che una manifestazione dei retaggi avanguardistici europei vissuti da Nishiwaki, emerge quindi un ultimo, altro interrogativo: si potrebbe definire l’eredità esterofila di Ambarvalia una manifestazione del ruolo egemone dell’Europa sul Giappone dell’epoca?

In realtà è molto difficile dare una risposta corretta. Possiamo solo tentare di avanzare qualche ipotesi interpretativa. Se è vero che Nishiwaki legge e incorpora una mole incredibile di testi in circolo nel continente europeo dall’inizio alla metà degli anni venti, prediligendo poi un riferimento ipotestuale a questi piuttosto che al canone poetico e letterario del Giappone, bisogna tuttavia tenere presente che la realizzazione di Ambarvalia, come detto, ha un piglio fortemente ironico. Ambarvalia, osservata sotto ad un’altra luce, potrebbe sembrare una parodia nishiwakiana del giapponese che cerca di naturalizzarsi in Europa e cerca di scimmiottarne lo stile artistico, senza successo. Qui si potrebbe individuare un forte intento autoironico dell’autore nei confronti della propria produzione poetica precedente, eccessivamente mirata all’imitazione degli stilemi inglesi e francesi. Oppure, tentando di coniugare gli studi postcoloniali di Homi Bhabha116 al tutto, si potrebbe teorizzare un processo inverso di “mimicry”, dagli intenti fortemente parodici, cioè una sorta di finzione letteraria che ha come protagonista uno straniero che, con scarso successo, tenta di produrre poesia in lingua giapponese finendo per produrre un risultato a più riprese grottesco e

115

Cfr. SANDERS, Adaptation and Appropriation, op. cit., p. 8, e Thomas Stearns, ELIOT, Aimara, GARLASCHELLI (trad. it. e a cura di), La terra desolata, Pisa, Edizioni ETS, 2018, pp. 58-59.

116 Cfr. Homi K., B

HABHA, The Location of Culture, “Routledge Classics”, Londra e New York, Routledge, 1994, pp. 40-65 e 85-92, e Peter, BARRY, Beginning Theory, op. cit., pp. 185-193.

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tendente al nonsense. Se ciò corrispondesse al reale intento dell’autore, più che di egemonia, dovremmo parlare di parodia del ruolo egemonico culturale.

Resta però un dubbio: e se invece Ambarvalia fosse una concreta e autentica manifestazione di un’avvenuta alienazione di Nishiwaki, lontano per diversi anni dal proprio paese d’origine? Non sono state rilevate fonti che possano negare una simile ipotesi. E, proprio per questo, risulta difficile negare con decisione un processo analogo all’egemonia culturale di Gramsci. Nishiwaki potrebbe essersi benissimo convinto che la letteratura europea fosse migliore di quella giapponese, e meritasse pertanto in Ambarvalia un maggiore tributo rispetto a quest’ultima. I motivi di tale decisione, se tale deduzione fosse corretta, resterebbero comunque oscuri. Forse il fermento culturale con cui l’autore ha interagito nella prima metà degli anni venti potrebbe averlo convinto che in Inghilterra lo scenario artistico e intellettuale fosse molto più dinamico rispetto al Giappone. Se così fosse, i moventi dietro alla pubblicazione di questa raccolta di poesie sarebbero un interessante e complesso oggetto di studio per i postcolonial studies. In ogni caso, vista e considerata la quantità limitata di risorse che una ricerca effettuata fuori dal Giappone comporta, si è preferito non sbilanciare eccessivamente il proprio giudizio su questa posizione. Si può solo affermare che il complesso rapporto di Nishiwaki con l’Europa emerga piuttosto nettamente dall’opera, che talvolta come abbiamo detto è molto parodica, altre sinceramente debitrice alla tradizione europea.

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Capitolo III: Ambarvalia. Analisi dell’opera e traduzione e commento delle

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