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CAPITOLO 2: GENETICA DELLE IMMUNOGLOBULINE E DEL TCR

3.2 Amplificazione dei riarrangiamenti genetici dei recettori antigene-specific

Willemse et al., 1999). La possibilità di utilizzare oligonucleotidi paziente-specifici ha determinato un notevole incremento della sensibilit{ nell’identificazione della MRM (riconoscimento di una cellula monoclonale su 105 cellule policlonali) (Jilani et al., 2006;

Rezuke et al., 1997; Vernau e Moore, 1999; Cazzaniga e Biondi, 2005).

In questo capitolo verr{ descritto l’utilizzo della tecnica mediante PCR per la individuazione dei riarrangiamenti genici del recettore antigenico clone-specifico sia nell’uomo che nel cane ed in seguito le applicazioni della nuova metodologia in Real- time quantitative PCR (RQ-PCR).

3.2 Amplificazione dei riarrangiamenti genetici dei recettori antigene-specifici tramite PCR

Il riarrangiamento clonale dei segmenti VDJ della catena pesante delle Ig è tipico delle neoplasie linfoidi a cellule B e può essere amplificato mediante PCR utilizzando primer che legano il segmento genico V ed il segmento genico J della regione variabile delle catene pesanti delle Ig.

Primer V Primer V Primer J Primer J Linea Germinale Riarrangiamento VDJ Nessun prodotto PCR Prodotto PCR

Prodotto PCR monoclonale su gel di Agarosio (C) Primer V Primer V Primer J Primer J Linea Germinale Riarrangiamento VDJ Nessun prodotto PCR Prodotto PCR

Prodotto PCR monoclonale su gel di Agarosio (C)

Figura 9: Illustrazione schematica del funzionamento della PCR nell’identificazione di un

riarrangiamento genico B. Da Rezuke et al.; 1997, modificato. Primer V

La Figura 9 mostra come si realizza, mediante PCR l’amplificazione genica dei riarrangiamenti immunoglobulinici.

Per amplificare con successo un segmento di DNA, i primer utilizzati devono riconoscere sequenze geniche poste all’interno di una corta sequenza di DNA. Nello schema genico della linea germinale, le sequenze target dei primer all’interno dei segmenti genici V e J sono ampiamente separate per l’assenza dei riarrangiamenti genici, perciò non è possibile ottenere alcun prodotto amplificato (Figura 9, linea A); soltanto in caso di riarrangiamento VDJ, la vicinanza dei segmenti genici permette l’amplificazione di un prodotto.

In una popolazione policlonale, ciascuna cellula presenta una diversa specificità antigenica ed un distinto riarrangiamento genico, pertanto, il prodotto amplificato, visualizzato mediante elettroforesi su gel o capillare, è rappresentato rispettivamente da bande (frammenti) di diversa lunghezza risultanti in uno smear pattern (Figura 9, linea B) o un pattern con picchi multipli (Gentilini et al., 2008)

In una popolazione monoclonale al contrario, tutte le cellule presentano identici riarrangiamenti, per cui il prodotto amplificato è rappresentato da una singola banda discreta (Figura 9, linea C) (Rezuke et al., 1997) o un picco distinto nell’elettroforesi capillare (Gentilini et al., 2008).

Come già detto in precedenza, nei linfociti B, la regione variabile della catena pesante (VH) è costituita da 3 regioni framework (FR), in cui sono presenti sequenze nucleotidiche conservate e da 3 regioni CDR, in cui sono presenti sequenze ipervariabili di DNA che codificano per la regione legante l’antigene e che sono sottoposte al processo di ipermutazione somatica. CDRI, CDRII e tutte le regioni FR sono codificate dal segmento genico V, mentre la CDRIII viene codificata dal segmento genico D e dai segmenti di DNA posti tra le giunzioni V-D e D-J (Figura 10).

Figura 10: Organizzazione genetica della regione variabile delle Immunoglobuline. Da Rezuke et al., 1997.

I metodi comunemente impiegati in medicina umana riguardano l’amplificazione della regione CDRIII della catena pesante delle Ig, utilizzando come sonde degli oligonucleotidi che presentano omologia con le sequenze conservate della regione FRIII dei segmenti genici VH e con quelle dei segmenti genici JH (Ramasamy et al., 1992). Nella valutazione delle neoplasie B-cellulari, l’utilizzo di questi primer permette di identificare la clonalità nel 50-60% dei casi; in una buona percentuale di pazienti, in effetti, l’amplificazione di VDJ può non riuscire, a causa di mutazioni che non permettono un corretto annealing, o perché, essendo la costruzione di questi primer basata su un limitato numero di sequenze IgH, non è possibile legare tutti i possibili segmenti VH (Rezuke et al., 1997).

Per aumentare la sensibilità di tale tecnica, è possibile amplificare un segmento di DNA più grande, utilizzando dei primer complementari alla regione FRI, posta più esternamente rispetto alla FRIII (Figura 10); quest’ultima presenta una sequenza sufficientemente conservata da rendere possibile l’utilizzo di un solo primer, diversamente dalla regione FRI che richiede, per la sua eterogeneit{, l’utilizzo di sette differenti primer, che corrispondono alle 7 famiglie di geni VH, identificate in medicina umana (Ramasamy et al., 1992).

Nonostante la maggior complessità di esecuzione, utilizzando la regione FRI, è possibile individuare riarrangiamenti genici delle immunoglobuline nel 94% delle neoplasie linfoidi a cellule B e quindi di ridurre, rispetto al primo metodo, il numero di falsi

negativi (Ramasamy et al., 1992). La standardizzazione delle metodiche PCR per la diagnosi di linfoma nell’uomo, prevede l’utilizzo di 7 primer V ognuno disegnato su una delle sette famiglie dei segmenti genici V, combinati ad un unico primer consenso J (Van Dongen et al., 2003). L’utilizzo di primer complementari alla regione FRI permettono l’amplificazione di un prodotto di peso molecolare più grande da poter sottoporre ad una nested- PCR. La nested-PCR rappresenta una modificazione della PCR “tradizionale” e utilizzata per migliorarne notevolmente la sensibilit{ , in quanto prevede l’utilizzo di due coppie differenti di primers per l’amplificazione di un singolo locus genico (Jolkowska et al., 2007).

Per quanto riguarda le neoplasie a cellule T, poiché i geni del TCRα sono molto complessi e i geni del TCRδ sono spesso deleti nelle cellule T mature, il TCRγ e il TCR β rappresentano i più efficienti target per l’amplificazione mediante PCR (Rezuke et al., 1997).

In medicina umana, lo studio sulla clonalità delle neoplasie linfoproliferative a cellule T, viene eseguita mediante l’analisi del locus γ (TCR γ) che fornisce un rendimento diagnostico migliore di quella del locus β (TCR β); questo vantaggio è dato dal fatto che il locus γ viene sottoposto a riarrangiamenti genici con maggiore frequenza nelle cellule T, indipendentemente dall’espressione del TCR di superficie. Inoltre, il numero limitato dei segmenti genici V e la mancanza dei segmenti genici D, rendono il locus γ, più semplice da studiare per selezionare i primer ed ottimizzare la PCR (Theodorou et al., 1996; Rezuke et al., 1997).

I riarrangiamenti del locus γ risultano più semplici da rilevare rispetto a quelli del TCRβ e rappresenterebbero pertanto una misura più sensibile di clonalità rispetto ai riarrangiamenti del TCRβ (Burnett et al., 2003).

3.3 Identificazione dei primers consenso per la ricerca della clonalità nelle neoplasie