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Per poter esaminare la commedia (suddivisa in cinque atti), sarà opportuno riassumerne la

trama. Graziuolo, servo in casa di Mastallone e Iulia, si innamora della padrona. Incoraggiato a

rivelare i propri sentimenti, si dichiara alla donna, che lo respinge. Iulia, però, muterà la propria

decisione dopo aver scoperto, tramite la fidata ancella Brunetta, che il marito la tradisce con un’altra

serva di casa, ovvero Cristina. A sua volta lo stesso Mastallone viene a conoscenza del tradimento

della moglie, ma decide di tacere per non creare uno scandalo e per non perdere la dote della ricca

Iulia. Messo alle strette dalla consorte, che gli rivela di essere informata della sua relazione con

Cristina, Mastallone si finge allora intenzionato a farsi castrare, per dar prova della volontà di

rimanere, da quel momento in poi, fedele alla moglie. Iulia, che sulle prime accetta la drastica

soluzione proposta dal marito, riconsidera infine la questione e impedisce che la castrazione abbia

luogo. In cambio, però, la donna pretende di non interrompere la propria relazione col servo.

Mastallone, a quel punto, suggerisce non solo che ognuno prosegua la propria liaison, ma addirittura

che si proceda a una comunanza delle due coppie. Il clima di gaudio generale viene amplificato

dall’annuncio del matrimonio tra Brunetta e il parassita di Mastallone, Stoppino. Questi ultimi due

personaggi sono altrettanto protagonisti della vicenda: è, infatti, grazie alle loro trovate e ai loro

suggerimenti che i rispettivi padroni riescono nelle vicende appena riassunte. Nel testo intervengono,

con un ruolo minore, altri due personaggi: il giovane servo Crocetto e Maestro Bertuccio, il barbiere

incaricato di castrare fittiziamente Mastallone.

Se si accetta l’ipotesi della datazione del testo al 1499 e il suo invio a Isabella d’Este, la

composizione de Li sei contenti può essere spiegata come un tentativo, da parte di Del Carretto, di

realizzare una commedia alla maniera mantovana. L’esito, però, è distante da quelle che saranno le

prime commedie regolari prodotte in area padana.

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Galeotto era, del resto, un intellettuale di provincia. La sua frequentazione della corte

gonzaghesca, nonostante l’assiduo rapporto epistolare con la marchesa, fu saltuaria. Non era partecipe

di quel laboratorio teatrale in cui i testi di Plauto e Terenzio venivano tradotti, recitati e studiati. Ne

Li sei contenti la presenza del teatro classico è, infatti, poco più che una citazione, peraltro irrispettosa

delle strutture tradizionali.

Innanzitutto, il sistema dei personaggi non corrisponde ai tipi della commedia latina.

La prima e più evidente trasgressione è costituita dalla figura della moglie adultera, estranea al teatro

classico (in cui avrebbe rappresentato un’offesa all’onore delle matrone

77

). Sebbene gli unici due,

fugaci, accenni alla sua giovinezza

78

non siano sufficienti a fare di lei una malmaritata

79

, Iulia è

piuttosto accomunabile ̶ a causa della ragione del suo tradimento, individuabile nella condotta del

marito ̶ a tante figure femminili della novellistica e della commedia umanistica. È completamente

assente, però, in Del Carretto, qualunque approfondimento del rapporto uomo-donna e di quella

riflessione sulla condizione femminile che aveva iniziato a farsi strada in epoca umanistica e di cui si

trova traccia in diverse commedie quattrocentesche

80

.

77 Ad eccezione, come dirò più anche più avanti, dell’inconsapevole Alcmena, ingannata da Giove

nell’Amphitruo. Cfr. infra, Introduzione al Formicone, p. 127, n. 99.

78 La serva Brunetta la definisce una «giovane graziosa» in V 1 e lei stessa si descrive come una «tenera

giovenetta» in IV 9.

79 Ben diversa la situazione di Scintilla, la moglie della Cauteriaria: «Nullam profecto mulierem hodie

miseriorem me vivere arbitor, cum tali sim dotata viro, ut quomodocumque res procedat mihi, se res male semper habeat. Nam si cum viro meo decrepito atque macilento iungar, quod vix semel contingit in anno, tota nocte me conculcat et numquam tamen gelidus humor per arrida sua ossa currere potest. Sin autem me numquam attingat, cum in petulanti iuventute existam, tanto libidinis ardore impellor, ut per totam domum hac atque illac delirando cursitem. Quid igitur faciam? Postquam is mihi non vult neque potest, quod equum esset, facere neque etiam vices eius alium supplere velit, mihi ipsi providebo, ut, quocum nature debitum exequar, habeam» («Credo che nessuna donna sia ora più infelice di me. Ho un marito tale, che per bene che vadano le cose, per me vanno sempre male. Se vado a letto con il mio macilento e decrepito marito ̶ e questo accade non più di una volta all’anno ̶ non fa che pestarmi tutta la notte senza che mai nessuna linfa scorra per le sue aride membra. Se poi non mi tocca affatto, il sangue giovane che ho nelle vene non mi lascia pace; il desiderio mi divora, e non faccio che andar su e giù per la casa. Che posso fare? Poiché mio marito non può e non vuole fare quel che sarebbe suo dovere fare, e non vuole che un altro faccia le sue veci, provvederò io stessa a procurarmi il modo di dare la giusta soddisfazione alle esigenze della natura». Cfr. A.BARZIZZAE, Comedia Cauteriaria, cit. pp. 456-

57; la battuta si trova in I 1)

80 Nella Cauteriaria, invece, è evidenziata in diversi punti l’iniquità e la crudeltà del comportamento maschile

verso le donne, simboleggiato dal personaggio di Brachus. Emblematica la scena terza del secondo atto, in cui l’uomo racconta a Scintilla la terribile condotta che ha tenuto in passato con le due mogli precedenti (entrambe morte per i maltrattamenti subiti). Cfr. A.BARZIZZAE, Comedia Cauteriaria, cit. pp. 480-83. Nella Fraudiphilia (probabilmente attribuibile al Cornazzano: cfr. Stefano Pittaluga, Introduzione a [ANTONII CORNAZANI], Fraudiphila, a cura di Id.,

Genova, Pubblicazioni dell’Istituto di Filologia Classica e Medievale, 1980, pp. 5-13), il tema della malmaritata e delle ingiustizie subite dalle donne è posto in relazione con la crudeltà dei padri, che concedono in sposa le figlie giovinette a degli anziani. Cfr., ad esempio, le riflessioni dell’ancella Silicerna sulla sua padrona Florida nella scena III: «Edepol, compatiundum est huic misere adolescenti! Quantum cum sene illo vitam duriter agit! Nescio prorsus quid sibi harum parentes opinentur, qui gnatas eorum, adhuc ut ita lactantes dixerim et inscias evi, in his senibus opprimunt.» («Per Polluce, bisogna proprio compatire questa povera giovane! Che vita dura fa con quel vecchio! Non so davvero che idee abbiano i genitori di queste ragazze che fanno tormentare da questi vecchi le loro figlie ancora, per così dire, lattanti e ignare del mondo». Cfr. ivi, pp. 80-81). L’intera vicenda oggetto della Philogenia del Pisani, poi, è una dimostrazione

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Il personaggio di Mastallone, poi, ricorda solo vagamente il padrone del teatro classico. Alla

commedia latina rimandano la sua relazione con una donna di condizione sociale inferiore e l’avarizia

che la sua amante, Cristina, gli attribuisce nella prima scena dell’atto terzo («Io ‘l conosco, che avanti

che spenderebbe un quatrino si lascierebbe pelar la barba»

81

; «Non è liberale, anzi, è uno stitico e non

ardisce a mangiare per non cacare»

82

). Ad eccezione di un primo accesso di rabbia immediatamente

placato

83

, la sua reazione rispetto al tradimento di Iulia lo allontana anche dal Brachus della

Cauteriaria. In merito, è altresì interessante come Mastallone non manifesti alcun atteggiamento

vendicativo nei confronti del servo Graziuolo ̶ con cui Iulia lo tradisce ̶ o di Brunetta, organizzatrice

dell’adulterio.

Il rapporto servo-padrone è, infatti, un altro degli aspetti che distanzia Li sei contenti dal

teatro classico. Come ricorderò anche a proposito del Formicone, una delle cifre più caratterizzanti

della commedia plautino-terenziana è il costante riferimento alle punizioni corporali inflitte ai servi.

Proprio nei Menaechmicitati da Del Carretto nel prologo, ad esempio, il servo Messenio dedica

un’intera scena alla descrizione delle torture

84

in cui può incorrere uno schiavo

85

.

della drammatica condizione femminile. Qui Philogenia, dopo aver lungamente rifiutato (per preservare il proprio onore) il giovane Epiphebus, di cui pure è innamorata, gli si concede e fugge insieme a lui di casa (la protagonista è in questo caso una fanciulla non sposata). A causa dello scandalo che ne consegue, Epiphebus prima nasconde Philogenia in casa di alcuni amici che abusano di lei e infine la induce a un matrimonio riparatore con un rozzo contadino.

81 Cfr. III 1 (infra, p. 79) 82 Cfr. III 1 (ibidem).

83 Su questo punto tornerò più avanti (cfr. infra, p. 47 sg).

84 «Spectamen bono servo id est, qui rem erilem / Procurat, videt, collocat cogitatque, / Ut absente ero rem eri

diligenter / Tutetur, quam ipse adsit, aut rectius. / Tergum quam gulam, crura quam ventrem oportet / Potiora esse cui cor modeste situm est. / Recordetur id, qui nihili sunt, quid eis preti / Detur ab suis eris, ignavis, improbis viris. / Verbera, compedes, / Molae, magna / Lassitudo, fames, frigus durum: / Haec pretia sunt ignaviae. / Id ego male malum metuo […]» («Un buon servo lo si riconosce da questo: egli ha cura degli interessi del padrone, provvede, dispone, si prefigge, quando il padrone è assente, di tutelarne gli interessi con lo stesso zelo che metterebbe se fosse presente lui, o anche meglio. Se ha un animo bennato, deve pensare piuttosto alla sua schiena che alla gola, più alle gambe che al ventre. Tenga presente quali ricompense danno i padroni ai loro schiavi, quando sono dei buoni a nulla, poltroni e disonesti: verghe, ceppi, macine, stanchezza a non finire, fame, un freddo pungente; così viene ripagata la poltroneria. Io ho una paura maledetta di questi malanni […]». Cfr. T.M.PLAUTO, I menecmi [Menaechmi], cit., pp. 194-95 (V,7). Più di frequente, il tono che caratterizza gli onnipresenti riferimenti alle punizioni corporali è, però, comico. Differenti, rispetto alla commedia latina, sono anche i rapporti tra servi stessi, ne Li sei contenti. I modi cordiali del testo di Del Carretto sostiuiscono gli scambi di accuse e minacce che frequentemente si rintracciano nei dialoghi tra gli schiavi del teatro classico. Anche in questo caso, il fine è la comicità, ma una comicità che lascia in ogni caso trasparire la durezza dell’esistenza degli schiavi.

85 Questo aspetto è invece accolto dalla Cauteriaria. Qui la serva Salamina riveste, rispetto al tradimento

perpetrato dalla padrona Scintilla ai danni del marito, lo stesso ruolo programmatico che ne Li sei contenti spetta a Brunetta. Scoperto l’adulterio, Brachus, oltre a cauterizzare la moglie, infierisce con estrema crudeltà anche nei confronti della serva. Ordina, infatti, che venga appesa per i capelli, denudata, circondata da ortiche e poi frustrata a morte (Cfr. A. BARZIZZAE, Comedia Cauteriaria, cit. pp. 532-33; IV 2). Salamina si salverà, infine, solo grazie all’intervento

dell’amante della padrona. Va in ogni caso rilevato come la Cauteriaria sia un testo in generale caratterizzato da toni particolarmente crudi.

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Abbastanza fedeli al ruolo assegnato loro dalla tradizione sono, invece, i personaggi di

Brunetta, Stoppino, Cristina e Crocetto.

Brunetta favorisce la relazione della padrona con Graziuolo, organizza il loro incontro erotico e

suggerisce come gestire la situazione finale, in cui Mastallone minaccia di farsi castrare. Modellato

sulle ancelle e le cortigiane della commedia classica, ma reso personaggio vivo grazie a un sapido

linguaggio dal sapore novellistico, quello di Brunetta è un carattere particolarmente ben riuscito.

Portatrice di una saggezza pratica, non esita a riprendere, quando necessario, i comportamenti poco

avveduti della sua padrona

86

.

Speculare al personaggio di Brunetta è quello del parassita Stoppino. Lo schema secondo cui, in una

battaglia fatta di astuzie e inganni, alla coppia padrona-serva si contrappone quella padrone-servo,

deriva probabilmente a Del Carretto dalla stessa Cauteriaria

87

.

Rispetto a quello di Brunetta, il personaggio di Stoppino risulta però più tiepido, soprattutto al

confronto con i suoi antenati latini e i suoi successori cinquecenteschi.

Tra i compiti tradizionalmente svolti dal parassita nella commedia vi è quello della risoluzione di

problemi apparentemente insormontabili. In V 2 è effettivamente Stoppino a suggerire a Mastallone

che la castrazione venga mimata, senza essere dunque realmente eseguita. Ma si tratta semplicemente

di un consiglio, manca la trovata astuta che connota in genere le soluzioni suggerite da servi e

parassiti. Allo stesso modo, quando in III 1 Stoppino convince Cristina a perdonare Mastallone (i due

hanno avuto uno screzio da innamorati), è assente dalla scena la tipica abilità retorica che caratterizza

le suasorie dei parassiti. Persino il tratto più peculiare di questa figura, ovvero la costante ricerca di

cibo dettata dall’indigenza (che diventa, nella commedia classica, occasione di brillante ironia) è

riassunta in due fugaci accenni al mangiare e alla fame

88

e in un invito a cena da parte di Mastallone

89

.

Passando ai personaggi rimanenti, Cristina è una vivace rivisitazione delle fanciulle di umili

condizioni di cui pullula il teatro classico, così come Crocetto è traduzione moderna del puer latino.

Un’anomalia, invece, è rappresentata dalla figura di Graziuolo, servo amante della padrona

90

.

Graziuolo, più che come un servo, agisce come uno dei giovani amanti della commedia umanistica,

86 Si consideri ad esempio la prima scena dell’atto quinto, in cui Iulia insiste sulla necessità che Mastallone,

per averla tradita con Cristina, si faccia effettivamente castrare. Tra le varie obiezioni sollevate da Brunetta si legge: «Madonna a perdonar vada. Ponetevi la mano sul petto ed essaminatevi la coscienza. Ditemi: e voi, come l’avete trattato questo buon uomo di vostro marito? Non l’avete voi fatto un montone e a mano a mano un capone?» (Cfr. infra, p. 97)

87 Qui le coppie contrapposte sono naturalmente Scintilla-Salamina e Brachus-Graculus. Una struttura analoga

si ha anche nella Fraudiphila, dove la serva Silicerna assiste la padrona Florida contro il vecchio marito Egano, supportato, invece, da Linone.

88 Cfr. rispettivamente atto IV, scena 2 e atto IV, scena 8. 89 Cfr. atto III, scena 1.

90 Nella Fraudiphila il rapporto tra schiavo e padrona è solo apparente. Anichino è in realtà un giovane studente

46

lasciandosi andare a disperate dichiarazioni d’amore espresse con stile esageratamente lirico e

infarcito di citazioni

91

. Maestro Bertuccio, infine, è un personaggio di stampo più novellistico che

teatrale. La sua apparizione è legata solo alla castrazione fittizia e dunque limitata ad alcune scene

del quinto atto.

Se il rapporto de Li sei contenti con il teatro latino si è dimostrato, per così dire, superficiale,

rimane da comprendere che ruolo svolgano le altre due fonti della commedia: la novella ottava

dell’ottava giornata del Decameron e la Cauteriaria del Barzizza

92

.

Tra le due, quella che sembra agire in modo più significativo su Li sei contenti è la novella del

Decameron. Qui, infatti, paiono trovare origine i comportamenti di Iulia e Mastallone, e soprattutto,

la generale intonazione dell’opera.

Nel racconto boccaccesco, Zeppa, scoprendo che il proprio fidato amico Spinelloccio

intrattiene una relazione con sua moglie, decide di vendicarsi giacendo a sua volta con la consorte di

lui. La vicenda, però, si risolve pacificamente quando i due amici stabiliscono che, per continuare il

loro rapporto serenamente, condivideranno l’unica cosa che non avevano mai messo in comune siano

a quel momento: le loro mogli.

Come ho già detto più sopra, ciò che spinge Iulia a tradire Mastallone è la scoperta che anche

lui le è infedele. Nell’incoraggiarla a concedersi al servo Graziuolo, Brunetta le dice «Voi gli [a

Mastallone] renderete pan per fogazza e carne per cotal carne».

93

L’espressione proverbiale è citazione (con l’aggiunta di una coda erotica) di ciò che la

moglie di Zeppa dice, ridendo, all’indirizzo della moglie di Spinelloccio: «Madonna, voi m’avete

renduto pan per focaccia»

94

.

dichiara lui stesso nella seconda scena, vi è però anche il bisogno economico. Il giovane dissennato ha infatti sperperato l’intero patrimonio). La commedia riprende Decameron VII 7: «Lodovico discuopre a madonna Beatrice l’amore il quale egli le porta: la qual manda Egano suo marito in un giardino in forma di sé e con Lodovico si giace; il quale poi levatosi va e bastona Egano nel giardino» (cfr. G.BOCCACCIO, Decameron, cit., p. 839). Il tema del travestimento da servo si fonderà, poi, a quello dello scambio di persona all’interno dei Suppositi ariosteschi.

91 Cfr., ad esempio, il monologo di Graziuolo in I 1. Ho segnalato nelle note di commento (cfr. Atto primo, p.

60, n. 5 e p. 61, n. 8) quanto le esclamazioni del personaggio si avvicinino ad alcuni passi della commedia umanistica.

92 Cfr. supra, p. 41, alle nn. 70 e 72, rispettivamente la rubrica della novella e la trama della commedia. 93 Cfr. II 2 (infra, p. 72).

47

Si considerino, ancora, le oculate riflessioni di Mastallone di fronte all’adulterio di Iulia:

«Pure, quando ho ben pensato, trovo esser menor male il tacere e finger di non intenderlo e tanto più

che, a dir il vero, ancora io le fo le fusa torte e la tratto come mi tratta»

95

.

Parallelamente, nel Decameron, Spinelloccio «ripensandosi che da lui era la villania

incominciata e che il Zeppa aveva ragione di far ciò che egli faceva e che verso di lui umanamente e

come compagno s’era portato, seco stesso disse di voler esser più che mai amico del Zeppa, quando

volesse»

96

.

Inoltre, sempre nella medesima scena, prima di arrivare alla conclusione appena citata, così

il personaggio di Mastallone si dibatte tra pensieri contrastanti:

Io sto in dubbio de’ casi mei: s’io parlo è male, se taccio è peggio, se l’attosco mi scuopro per becco publico,

se non le accurto la vita m’allungo le corna; insomma, io non so quel che mi faccia. Se parlo io scandalezo me

e lei, e la vergogna sarà comune, oltra che facultà è quasi tutta sua dote e volendo mi può lasciar nudo e crudo.

97

Anche questa preoccupazione dell’onore è già decameroniana: Zeppa, infatti, subito dopo

aver visto con i propri occhi il tradimento, «si turbò forte. Ma conoscendo che per far romore né per

altro la sua ingiuria non ne diveniva minore, anzi, ne crescea la vergogna, si diede a pensar che la

vendetta di questa cosa dovesse fare»

98

.

Le concordanze sin qui sono evidentissime, ma ancor più significativo mi pare un ulteriore

elemento: nel Decameron, prima di iniziare a raccontare la novella, la narratrice Fiammetta spiega,

attraverso un proverbio, quale insegnamento se ne potrà trarre, ovvero che «assai dee bastare a

ciascuno se quale asino dà in parete tal riceve»

99

. Detto in altri termini: chiunque subisca un torto

deve ripagarlo con una vendetta commisurata all’offesa, evitando però gli eccessi.

Ritengo che in quest’ottica vada interpretato l’episodio conclusivo della commedia, mutuato

dalla Cauteriaria ma contaminato con ulteriori rimandi lessicali a Decameron VIII 8

100

.

95 Cfr. IV 7 (infra, p. 91).

96 Cfr. G.BOCCACCIO, Decameron, cit., p. 981. Si noti come in entrambi i brani venga utilizzato il verbo

pensare (nell’accezione di riflettere).

97 Cfr. IV 9 (infra, p. 90).

98 Cfr. G.BOCCACCIO, Decameron, cit., p. 978. 99 Cfr. ivi., p. 976.

100 La bruciatura viene, però, sostituita con la castrazione. In proposito segnalo come, tra le varie fonti

novellistiche della Cauteriaria, STÄUBLE (cfr. La commedia umanistica del Quattrocento, cit., p. 24) individui la novella XXV del Trecentonovelle: «Messer Dolcinbene per sentenza del capitano di Forlì castra con nuovo ordine uno prete, e

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Nel quarto atto del testo di Barzizza, a Scintilla, colta in flagrante adulterio, vengono dal marito

Brachus ustionati gli organi genitali con un ferro rovente. Auleardus, suo amante, vorrebbe vendicarla

cauterizzando a sua volta l’anziano marito. Nonostante quest’ultima e le numerose altre violenze

subite, Scintilla salva però Brachus dalla feroce punizione. Il vecchio, come forma di ringraziamento,

rinuncia a ogni pretesa su di lei e offre un lauto banchetto in segno di pace.

Galeotto deriva, dunque, l’impianto della scena dalla Cauteriaria ma vi inserisce all’interno due

elementi desunti dalla novella: il primo è l’invito alla comunanza delle coppie.

Infatti, nella sesta scena del quinto atto, in risposta alla battuta con cui Iulia impone che il marito

venga liberato

101

, Mastallone dichiara:

Poiché tu vuoi così e m’accenni ch’io faccia quanto mi piace e io, anche, ti do licenza che tu faccia quanto ti

piace, datti pure buon tempo con Graziuolo, ch’io me ‘l darò con Cristina e sia da qui inanzi comunanza di

quanto c’è e per ciò, non altro, e ciò che è fatto sia fatto.

102

Parallelamente la novella VIII 8 si conclude con la seguente proposta di Spinelloccio:

Zeppa, noi siam pari pari, e per ciò che è buono, come tu dicevi dianzi alla mia donna, che noi siamo amici

come solevamo e, non essendo tra noi dua niuna altra cosa che le mogli divisa, che noi quelle ancora

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