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L’ANALISI EMPIRICA

4.1 – IL CAMPIONE, LE MODALITÀ DI RACCOLTA DEI DATI E LE DOMANDE POSTE

Il capitolo che andiamo ora ad affrontare ha lo scopo di chiarire sotto un profilo concreto, le tesi e le argomentazioni che abbiamo finora asserito. Ovviamente il tema del nostro trattato è il rapporto tra il Fisco e il bilancio, anche se in modo più appropriato e specifico si può parlare di legame tra disciplina tributaria e disciplina civilistica.

Come abbiamo potuto notare all’interno della nostra tesi, tale rapporto ha da sempre costituito un tema di difficile comprensione e oggetto di discussione da parte di moltissimi studiosi, che hanno cercato di definire nel tempo gli aspetti principali della disciplina tributaria e di quella civilistica con lo scopo di riuscire a farle coesistere. Ovviamente le differenze che permeano le due discipline sono causate innanzitutto dal fine ultimo che ognuna di esse persegue: se la disciplina tributaria ha come scopo quello di determinare un valore, c.d. reddito imponibile, a cui poi applicare le aliquote per il prelievo fiscale, la disciplina civilistica si prefigge di fornire a coloro i quali redigono il bilancio, le linee guida per compilare un documento che sia in grado di rappresentare la situazione finanziaria, patrimoniale ed economica dell’impresa stessa.

Nel dettaglio possiamo specificare che la disciplina tributaria si basa su quanto previsto dal TUIR, emanato con il D.P.R. n. 917 del 1986 e definito con il nome di Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Tale disposizione ha subito negli anni innumerevoli cambiamenti anche se oggi, per quantificare il reddito imponibile ci si rifà all’art. 83 TUIR che prevede al comma 1 quanto segue: “Il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione. In caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, anche nella formulazione derivante dalla procedura prevista dall’ articolo 4, comma 7ter, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, e per i soggetti, diversi dalle microimprese di cui all'articolo 2435ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in

deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi princìpi contabili”. Com’è facile comprendere quindi, lo scopo della disciplina tributaria è quello di definire una base imponibile per il prelievo fiscale, cercando di individuare quei componenti negativi che possono essere dedotti, allo scopo quindi di diminuire il reddito d’impresa. Come inoltre si apprende dal presente articolo, il calcolo della base imponibile prende avvio in ogni caso dall’utile o perdita d’esercizio: è per questo motivo che pare chiaro lo stretto rapporto che caratterizza disciplina fiscale e civilistica. Lo scopo però del bilancio è quello di costituire un fondamentale strumento di informazione, quindi, oltre a dover rappresentare la realtà aziendale secondo dei precisi postulati,303 e

cioè quelli di chiarezza, verità e correttezza, deve essere in grado di veicolare all’esterno e all’interno le informazioni utili per i soggetti che interagiscono con l’impresa stessa. Nel primo capitolo del nostro elaborato abbiamo infatti espresso diverse argomentazioni che inquadrano il bilancio d’esercizio come il mezzo necessario per tenere informati gli stakeholder dell’azienda, siano essi interni che esterni, con lo scopo di rappresentare il patrimonio aziendale di funzionamento, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, e il reddito prodotto dalla gestione operativa nell’esercizio di riferimento. Scopo della disciplina civilistica è anche quello di mantenere integro il capitale sociale, prevedendo l’obbligo di prudenza per chi redige il bilancio stesso, provvedendo in questo modo a fornire una garanzia ai soggetti sopracitati.

A riprova del forte legame che lega le due discipline sono state le correnti di pensiero e le conseguenti metodologie utilizzate e previste nel corso degli anni. Se nei primi anni del ‘900 vigeva una sorta di rapporto di derivazione del reddito imponibile dal reddito d’esercizio, in un impianto normativo ancora acerbo, dagli anni ’50 le cose cambiano radicalmente a favore della teoria del doppio binario, posta in essere con il D.P.R. n. 573 del 1951 per poi essere sostituita dalla logica della dipendenza rovesciata con la riforma fiscale degli anni ’70, più precisamente con il D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973. Come si evince da quanto appena esposto il rapporto tra le due discipline è stato da sempre oggetto di discussioni e cambiamenti. La riforma degli anni ’70 ha dato importanza al fenomeno delle interferenze fiscale sancendo la presenza di un inquinamento al bilancio d’esercizio. A maggior ragione poi con il D.P.R. n. 917 del 1986, che non ha apportato

modifiche rivoluzionarie, quanto una conferma che in quegli anni fosse prevalente l’idea di una sorta di “autorizzazione” al fenomeno dell’inquinamento di bilancio che poneva in un certo senso le norme tributarie ad un livello di importanza maggiore rispetto alla disciplina civilistica. Un ulteriore cambiamento si ebbe con il recepimento delle Direttive Comunitarie, soprattutto della IV Direttiva che mirava all’armonizzazione della contabilità dei diversi Paese dell’Unione Europea al fine di garantire la comparabilità dei bilanci dei Paesi membri. Fu in quella sede introdotta la c.d. appendice fiscale, un documento all’interno del conto economico che esponeva le voci di natura prettamente fiscale. Nel nostro Paese il suddetto orientamento venne recepito con l’introduzione dal D.lgs. n. 127/91, il quale motivava la logica delle interferenze fiscali che ebbero vita fino agli anni 2000. Nel 2003 prese avvio un’ulteriore fase normativa, che mirava, con le disposizioni della c.d. Riforma Fiscale ad eliminare il fenomeno dell’inquinamento di bilancio in modo da non invalidarne i principi per cui lo stesso veniva redatto.

Altro cambiato fu istituto quando venne emanata la Legge Finanziaria del 2008 che causò un arresto a quanto era stato fatto fino a quel momento e condusse ad un ritorno al passato, con un’ulteriore “approvazione” degli elementi fiscali all’interno del bilancio. In questo venne ripreso il principio di derivazione tra i due redditi con l’eliminazione delle deduzioni extracontabili previste dal c.d. Quadro EC.

Ultima modifica in ordine di tempo è avvenuta nel 2016 attraverso il Decreto c.d. Milleproroghe (D.L. n. 244/2016), in attuazione del D.lgs. n. 139/2015. Con questa modifica è stato rafforzato ulteriormente il principio di derivazione del reddito imponibile dal risultato d’esercizio. Se tale obbligo era inizialmente previsto solo per i soggetti che redigevano il bilancio utilizzando i principi contabili internazionali, ora la suddetta disposizione vale anche per i c.d. OIC adopter, ossia i soggetti che si apprestano alla redazione del bilancio seguendo i principi contabili vigenti nel nostro ordinamento. Da quanto finora esposto si deduce che l’influenza di una disciplina rispetto all’altra è da sempre stato un carattere peculiare del presente tema, e si ritiene inoltre facile comprendere come risulti quasi impossibile arrivare ad una soluzione definitiva fino a quando le due discipline imporranno limiti in termini di deducibilità accostati allo stesso tempo ad ampie aree di discrezionalità.

L’importanza rivestita dal tema in esame e soprattutto la sua particolarità ci ha portati alla decisione di proporre un’analisi empirica per traslare in concreto quanto esposto finora, in modo da avere un riscontro rispetto alle metodologie e i comportamenti usati dai

redattori del bilancio d’esercizio, i quali svolgono un compito di estrema importanza al momento dell’iscrizione delle poste in bilancio. Lo scopo primario della nostra ricerca è quello di riuscire a comprendere attraverso dei dati reali, se quanto espresso teoricamente rispetto alla suddetta problematica, sia ritrovabile concretamente all’interno delle realtà aziendali.

Prima di entrare nei dettagli rispetto ai definitivi risultati dell’indagine stessa è opportuno specificare le linee generali che abbiamo seguito per mettere in pratica la nostra ricerca. L’analisi in questione è stata proposta attraverso la somministrazione di un questionario, costituito da otto quesiti inerenti le voci di bilancio che possono provocare un inquinamento fiscale al bilancio d’esercizio, in particolare in merito a: ammortamenti di immobilizzazioni materiali ed immateriali (compreso l’avviamento), svalutazione di crediti, rimanenze finali, partecipazioni e contratti di leasing. Per i primi cinque quesiti, le possibili risposte tra cui gli intervistati possono scegliere consistono nell’affermazione di un possibile “sovrapponimento” delle due discipline, oppure in differenze tra le due discipline. I quesiti sette e otto propongono invece delle risposte dicotomiche, affermative o negative, mentre l’ultimo quesito è caratterizzato dalla possibilità di apporre alla domanda più risposte. I quesiti sono stati poi posti per più anni, in particolare per gli anni: 2014, 2015, 2016, 2017. Questa decisione è stata presa proprio per riuscire a dare una continuità all’indagine, che non avrebbe avuto la stessa importanza e la medesima attendibilità nel caso in cui fosse stata eseguita per un solo anno. La coincidenza tra normativa fiscale e civilistica può infatti essere ammessa nel caso essa si presenti nel corso di un solo esercizio, il che condurrebbe comunque all’idea che la stessa sia causata dall’intento degli estensori di procurare dei vantaggi fiscali all’azienda, ma potrebbe sembrare quantomeno reale se fosse considerato un solo esercizio. La stessa cosa non può dirsi se la coincidenza tra le due disciplina si protrae per molto tempo, per cui il fenomeno merita di essere indagato perché è molto probabile che sia sinonimo di interferenza da parte della fiscalità all’interno del bilancio d’esercizio. A questo si accosta quindi il proporre lo stesso quesito per più di un singolo esercizio.

Inoltre, come abbiamo ampiamente spiegato,304 dall’anno 2016 è stato introdotto il

principio di derivazione rafforzata del reddito imponibile dal reddito d’esercizio anche per i soggetti OIC adopter, quindi la somministrazione di un questionario che chieda informazioni in merito agli esercizi precedenti la riforma, ma anche successivi, persegue

anche lo scopo di individuare possibili differenze a seguito dell’introduzione della suddetta riforma.

Per quanto riguarda invece il campione di indagine a cui si è fatto riferimento, è necessario precisare che la scelta è stata orientata ad un campione di piccole e medie imprese. È stato infatti richiesto che i rispondenti fossero delle piccole e medie imprese con determinati requisiti: numero massimo di dipendenti pari a 250, e fatturato fino a 40 milioni di euro. La scelta di optare per questo modello di impresa risiede nel fatto che innanzitutto le piccole e medie imprese nel nostro Paese sono numerosissime, precisamente costituiscono circa il 96% del totale di tutte le imprese presenti. Rispetto quindi a quelle di grandi dimensioni costituiscono una fetta ben più ampia, per cui la scelta di indagare il comportamento delle medesime sembra più che ovvia. Non avrebbe avuto alcun fondamento costituire un campione comprensivo di aziende di piccole e medie dimensioni e di grandi dimensioni, tantomeno un campione al cui interno fossero presenti solo imprese con una dimensione maggiore. In questo modo infatti i dati raccolti non avrebbero riflesso la realtà del nostro Paese, fornendo così un’immagine distorta e non risultando per nulla utile allo scopo con cui la ricerca è stata avviata.

Un ulteriore elemento che ci ha portato ad escludere le imprese di grandi dimensioni è costituito dal fatto che normalmente tali aziende seguono i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio d’esercizio. Essi sono quindi quei soggetti definiti nel corso dell’elaborato con il nome di IAS adopter. L’intento era invece quello di concentrarci sui soggetti utilizzatori dei principi contabili nazionali, c.d. OIC adopter, quindi per non creare alcun tipo di distorsione si è ritenuto corretto escludere dall’indagine le imprese di grandi dimensioni per tutti i motivi finora esposti. Da ciò si può anche conseguentemente dedurre che le imprese di grandi dimensioni, a causa del loro fine ultimo e dei soggetti con cui si interfacciano, cerchino di rispettare, in sede di redazione del bilancio, tutti i precetti previsti dalla normativa civile. Per questo motivo e anche grazie al fatto che alcune di esse sono quotate nei mercati regolamentati per le quali è previsto un intenso controllo da parte della Banca d’Italia e della CONSOB, si può pensare305 che l’uso della disciplina tributaria e le interferenze che ne derivano non siano

un elemento ordinario all’interno di queste realtà.

Si specifica inoltre che il campione conta un totale di 1.527 imprese nell’assoluto anonimato. I quesiti somministrati attraverso il questionario non hanno richiesto alcun

tipo di dato identificativo dei soggetti rispondenti in modo da non creare disagio agli intervistati e non produrre effetti distorsivi all’interno dell’indagine e raccogliere quindi dei dati perlopiù corretti. C’è infine da discutere un aspetto che si lega con la scelta di inserire nel campione solo imprese di piccole e medie dimensione ma che è collegato anche con il metodo attraverso cui il questionario è stato somministrato, di cui si parlerà tra poco. Come sappiamo infatti le imprese con dimensioni ridotte delegano un soggetto, normalmente un dottore commercialista, incaricato di redigere il bilancio e rappresentare in questo modo la realtà aziendale. Rispetto a tale elemento infatti, si palesa una certa lontananza tra chi predispone la rendicontazione finale e l’impresa stessa, nonostante le suddette figure professionali svolgano un lavoro egregio in continuo contatto con l’impresa di cui si occupano e in continuo scambio di informazioni. Non bisogna inoltre tralasciare il fatto che i soggetti incaricati si devono occupare di un numero di aziende normalmente elevato e che questo conduca quindi ad un rischio di distorsione e di inquinamento molto più probabile rispetto al caso delle aziende di grandi dimensioni. L’uso quindi della disciplina tributaria a discapito di quella civilistica risulta più vantaggioso poiché la disciplina civilistica richiede una singola valutazione per ogni posta da iscrivere in bilancio, implicando un apporto di tempo e risorse importante, il quale cerca di essere mitigato da parte delle suddette figure incaricate alla predisposizione del bilancio privilegiando valutazione più lineari e tipizzate.

Prima di spiegare nel dettaglio il contenuto di ogni quesito e di mostrare i risultati ottenuti è opportuno dedicare del tempo a spiegare la metodologia utilizzata per la somministrazione del questionario.

Come abbiamo già precisato, il campione conta un numero di 1.527 imprese, ubicate in tutto il territorio italiano. Lo scopo della ricerca è infatti quello di ritrovare in concreto ciò che è stato sostenuto teoricamente, attraverso la raccolta di un numero di informazioni innanzitutto sufficientemente grande per consentire almeno di identificare il comportamento prevalente. In secondo luogo si è ritenuto opportuno operare la ricerca in modo da coprire tutto il territorio italiano, andando quindi a considerare realtà collocate in tutta Italia.

In merito alle modalità utilizzate per somministrare il questionario ai soggetti interessati, ci si è avvalsi di diversi metodi. Primo fra tutti, indispensabile per raccogliere il maggior numero di informazioni, è stato il metodo dell’indagine via web. Il questionario è stato infatti inviato tramite posta elettronica al maggior numero di studi commercialistici e aziende del territorio italiano, chiedendo dapprima agli intervistati se fossero interessati

a partecipare e somministrando successivamente i quesiti. Questo metodo è contraddistinto dal carattere dell’auto-compilazione, per cui gli intervistati, una volta accettato di partecipare e ricevuto il questionario dovevano compilarlo in modo autonomo. Ovviamente i vantaggi derivanti da questo metodo sono stati riscontrati in termini di tempo e di costi, dal momento che l’invio di una comunicazione via posta elettronica non richiede alcun esborso di denaro e allo stesso tempo permette di interagire con i soggetti in poco tempo. Altro elemento positivo, in capo in questo caso all’intervistato, risiede nel fatto che il soggetto, ricevendo i quesiti per posta elettronica, ha la possibilità di rispondere con le tempistiche a lui più consone, potendo oltretutto consultare dei documenti nel caso fosse necessario per rispondere a determinati quesiti. Tale strumento è stato poi fondamentale per poter dialogare con imprese anche in territori italiani più lontani. Accanto ai vantaggi derivanti dal presente metodo, la comunicazione via posta elettronica ha dato la possibilità a taluni soggetti di non rispondere ad alcuni quesiti o di produrre il questionario completo con tempi di attesa per il somministratore troppo lunghi. Altri problemi per gli intervistati sono stati riscontrati in merito alla formulazione delle domande a cui sono seguite delle delucidazioni da parte dell’intervistatore. Per ovviare ai suddetti problemi alcune volte sono state necessarie delle indagini telefoniche al fine di, come spiegato poco fa, chiarire il contenuto e l’orientamento di alcune domande. Altre volte invece le telefonate sono state utili per sollecitare gli intervistati a rispondere a quanto richiesto. Anche per l’indagine telefonica, come per quella via posta elettronica, lo svantaggio principale risiede nel fatto che il somministratore del questionario non è presente al momento della formulazione delle varie domande, non potendo così osservare e cogliere anche informazioni sui comportamenti non verbali dei soggetti intervistati. Per le aziende e gli studi commercialistici dislocati nella regione Veneto alcune volte si è optato per l’incontro diretto con la figura incaricata alla compilazione del questionario, in modo da ottenere una percentuale di risposta molto elevata, mantenendo però allo stesso tempo l’anonimato delle aziende o dottori commercialisti intervistati.

Specificate le caratteristiche del campione e i metodi di somministrazione del questionario è ora opportuno spiegare in modo più dettagliato il contenuto delle domande poste al fine poi, nel prossimo paragrafo, di esaminare i risultati ottenuti in modo che sia chiaro e comprensibile a chi legge a cosa ci si riferisce.

La domanda n. 1 che è stata proposta agli intervistati verta sul tema degli ammortamenti dei beni materiali.

DOMANDA N. 1 2014 2015 2016 2017

1. GLI AMMORTAMENTI

DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI, ISCRITTI A

C.E., (determinati ai sensi della normativa civilistica art. 2426, n. 2 c.c.) SONO RISULTATI SUPERIORI, INFERIORI O COINCIDENTI AI VALORI DEDUCIBILI FISCALMENTE? COINCIDENTI INFERIORI SUPERIORI COINCIDENTI INFERIORI SUPERIORI COINCIDENTI INFERIORI SUPERIORI COINCIDENTI INFERIORI SUPERIORI

Come dimostra quanto scritto nei capitoli precedenti, è facile constatare come la voce degli ammortamenti materiali abbia costituito da sempre una questione spinosa nel rapporto tra disciplina civilistica e fiscale. Se all’inizio l’ammortamento doveva essere iscritto in bilancio seguendo criteri che fossero esclusivamente fiscali, in seguito, soprattutto con la riforma introdotta nel 2003, la disciplina ha subito un’importante modifica. Con quest’ultima è stato infatti introdotto il c.d. Quadro EC,306 un documento

nel quale vennero fatte confluire tutte quelle voci fiscali che potevano essere dedotte secondo l’art. 109, quarto comma TUIR. Il meccanismo si articolava quindi nella seguente modalità: con la nuova logica del doppio binario l’ammortamento massimo concesso in deduzione non doveva obbligatoriamente transitare dal conto economico, per questo motivo la quota di ammortamento doveva essere iscritta secondo i criteri civilistici. La possibile eccedenza che ne derivava, una volta iscritto l’ammortamento secondo i precetti civilistici, poteva essere dedotta in via extra-contabile proprio grazie al Quadro EC, in modo che l’impresa potesse mantenere i vantaggi fiscali derivanti dalla deduzione della presente posta. La disciplina dell’ammortamento ha subito però un’ulteriore modifica che ha causato possibili ingerenze della disciplina fiscale all’interno

del bilancio. Questo accadde con la Manovra Finanziaria del 2008 che eliminò la possibilità prevista dalla Riforma del 2003 attraverso l’abrogazione del sistema delle deduzioni extra-contabili. Come è stato spiegato nel capitolo precedente307 la Finanziaria

del 2008 ha condotto al ritorno ad una normativa che assomigliava molto a quella vigente prima della riforma del diritto societario (D.lgs. n. 6/2003). Un ritorno al passato alquanto

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