L'analisi preliminare sulla base delle tappe del percorso che ha portato all'abolizione del divieto di eterologa serve a inquadrare la questione da un punto di vista istituzionale, che ai fini del lavoro può e deve essere integrato da un'analisi filosofica. A questo scopo è utile riesaminare i punti salienti della sentenza 162/14 in modo tale da chiarire le questioni in gioco ed evitare ogni possibile causa di confusione, sovrapposizione o equivoco. Inevitabilmente affrontare la questione di legittimità dell'eterologa unicamente da un punto di vista giuridico non la esaurisce; al di là della polemica sulla decisione presa dalla Corte Costituzionale, resta che la legalizzazione di una pratica non è garanzia della sua liceità. Inoltre, un discorso che tenga in considerazione solo i diritti dell'una o dell'altra parte rischia in sé di generare un impasse. Abbiamo già visto come la stessa Costituzione rimanga ambigua nei confronti del nostro tema, anche solo per ragioni temporali; ne consegue che qualsiasi sua interpretazione è esposta a una lettura ideologicamente orientata. Da una parte la legge 40 che dava
58 Marina Casini, Le sentenze della corte di giustizia dell'unione europea e della corte europea dei diritti
dell'uomo in tema di embrione e di eterologa, in Vita, Ragione, Dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia, p.
prevalenza al concepito, considerandolo costituzionalmente protetto sulla base dell'art. 30 Cost. Dall'altra i Tribunali ordinari di Milano, Firenze e Catania e la Corte Costituzionale che considerano il divieto di eterologa illegittimo in appoggio a diversi parametri e nemmeno citano l'art. 30 Cost. Molto insomma dipende dal valore attribuito al concepito e all'autodeterminazione della persona. Moltissimo ancora dipende dalla considerazione della linea genetica, se questa sia un bene da preservarsi al punto da vietare ogni sua interruzione volontaria o se non sia invece un dato trascurabile.
Il primo punto da rilevare è il principio alla base di ciascuna delle ordinanze analizzate: in generale, le giurie di Milano, Firenze e Catania partono dal presupposto che fecondazione omologa e l'eterologa siano equiparabili, presupposto che anche la Corte Costituzionale da prova di sposare. Leggiamo infatti:
(…) A loro avviso, le situazioni delle coppie che possono porre rimedio alla causa di sterilità o infertilità mediante la fecondazione omologa, ovvero a quella eterologa, sarebbero analoghe e gli studi dell’Organizzazione mondiale della sanità (richiamati negli atti difensivi) avrebbero dimostrato l’inconsistenza delle pretese esigenze di tutela di carattere psicologico del nascituro, basate su presunti disturbi e sofferenze dello stesso, nel caso in cui abbia un solo genitore biologico.
In questo modo, non solo viene sminuita la complessa dimensione corporea senza considerare quanto la storia genetica sia importante per la costruzione della propria identità individuale; quel che è più grave è che, non riconoscendo le rispettive peculiarità delle due suddette pratiche e appiattendo così le loro differenze intrinseche, è impossibile rispettarne la specificità e tutelare in modo concreto chi se ne serve. Con l'eterologa si introduce di fatto una terza figura, il donatore, a livello parentale; escluderne il coinvolgimento, concretizzato nell'elisione di qualsivoglia diritto e/o dovere nei confronti del concepito, non è sufficiente a rendere nulla una figura che di fatto ha svolto un ruolo fondamentale e che può determinare
conseguenze rilevanti sia nella crescita del bambino sia nella relazione fra i membri della coppia59. Il risultato è la mancata protezione non solo dei figli nati da
donazione, ma dei genitori che se ne servono, perché non sono accompagnati adeguatamente per affrontare le difficoltà che una simile scelta comporta.
Da un punto di vista meramente formale è pur vero che le pratiche di fecondazione assistita non fanno differenza fra materiale genetico interno o esterno alla coppia. Almeno in questo senso pratiche di PMA omologhe ed eterologhe sono analoghe; ma il passaggio da questa analogia che è solo formale a un'equiparazione totale dei due tipi di pratica è del tutto ingiustificato. Mutando la materia della pratica, muta il suo significato, la sua sostanza.
Il citato art. 4, comma 3, sarebbe viziato, in primo luogo, da irrazionalità «interna», a causa dell’incoerenza tra mezzi e fini, determinata dal difetto di ogni ragionevole giustificazione del divieto in esame, che preclude il conseguimento dello scopo dichiarato dalla legge n. 40 del 2004. In secondo luogo, da irragionevolezza «esterna», poiché nel nostro ordinamento vi è un istituto, quale l’adozione, che prevede la possibilità di una discrasia tra genitorialità genetica e legittima, mentre la fecondazione eterologa garantirebbe meglio l’identità biologica, che verrebbe a mancare soltanto per uno dei genitori.60
Per quanto riguarda l'irrazionalità interna si potrebbe obiettare che la ragionevolezza degli argomenti a difesa del divieto non può essere determinata in modo oggettivo, perché dipende in larga misura dall'entità che si è disposti ad attribuire ai valori in gioco. Il divieto è stato definito irragionevole sulla base della definizione dell'eterologa come terapia, convinzione che molti autori ritengono altrettanto irragionevole. Negata la definizione, negata l'incoerenza fra mezzi e fini della legge.
Nell'argomento di sospetta irrazionalità esterna che colpirebbe il divieto non convince il richiamo l'adozione: nessuno si sognerebbe di creare orfani solo per poter
59 Cfr. intervista a Vito Frugis, AdnKronos salute, 8 settembre 2014 60 Sempre sentenza n. 162/2014
fornire una prole a chi la desideri. La legge sull'adozione esiste in primo luogo per garantire una famiglia a chi l'abbia persa ed è un buon esempio di bilanciamento degli interessi del bambino orfano o abbandonato, da un lato, e della coppia che desidera dei figli ma è in condizione di impossibilità ad averne di propri. 2.3.1 L'ambiguità della legge n. 40/2004 Bisogna comunque riconoscere i punti deboli intrinseci ed estrinseci della legge 40, che determinavano l'esistenza di alcuni fenomeni e fatti ambigui. Primo fra tutti il cosiddetto il “turismo procreativo”, dato dalla presenza di normative in materia di PMA differenti da stato a stato. La legge 40 vietava l'accesso all'eterologa, salvo poi disporre per la non sanzione di chi si recasse all'estero per praticarla. Certamente dipende dall'impossibilità logistica di accertare che una coppia vi abbia effettivamente fatto ricorso senza un'intromissione nell'intimità familiare e ledere il diritto di privacy sancito costituzionalmente. Per non soffermarsi sull'ambiguità del concetto di multa se applicato a una gravidanza o a un neonato, in nessun modo categorizzabili come bene di consumo o lusso. Con l'introduzione dell'eterologa in Italia il fenomeno del turismo procreativo è destinato a diminuire, anche se al momento attuale la scarsa disponibilità dei gameti e i tempi d'attesa fanno sì che ancora moltissime coppie si rivolgano all'estero. Si noti anche che quest'argomento è stato spesso citato a favore dell'eliminazione del divieto di eterologa; a tal proposito non sembra superfluo considerare pericolosa l'eliminazione di un divieto basata sulla contestazione di una sua ripetuta violazione. Basti pensare al caso dell'evasione fiscale. Anche l'incoerenza fra il riconoscimento dello status filiationis di un bimbo nato da eterologa e poi vietarne la pratica è dettata dalla difficile ricerca di equilibrio fra la legislazione italiana e quella europea ed extraeuropea e dalle esigenze di tutela del minore. L'accesso di determinate pratiche qui vietate è disponibile all'estero, pertanto è fondamentale riconoscerlo, non avrebbe senso che fossero i figli a pagarne le conseguenze, se non avessero diritto allo status filiationis di qualunque altro nuovo
nato. Il riconoscimento è quindi giustificato e fondato sulla tutela dell'infante, inconsapevole e incolpevole della propria situazione esistenziale.