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2.3 Un'analisi filosofica della sentenza

L'analisi   preliminare   sulla   base   delle   tappe   del   percorso   che   ha   portato all'abolizione del divieto di eterologa serve a inquadrare la questione da un punto di vista istituzionale, che ai fini del lavoro può e deve essere integrato da un'analisi filosofica. A questo scopo è utile riesaminare i punti salienti della sentenza 162/14 in modo   tale   da   chiarire   le   questioni   in   gioco   ed   evitare   ogni   possibile   causa   di confusione, sovrapposizione o equivoco. Inevitabilmente affrontare la questione di legittimità dell'eterologa unicamente da un punto di vista giuridico non la esaurisce; al di là della polemica sulla decisione presa dalla Corte Costituzionale, resta che la legalizzazione di una pratica non  è garanzia della sua liceità. Inoltre, un discorso che tenga in considerazione solo i diritti dell'una o dell'altra parte rischia in sé di generare un impasse. Abbiamo già visto come la stessa Costituzione rimanga ambigua nei confronti del nostro tema, anche solo per ragioni temporali; ne consegue che qualsiasi sua interpretazione  è esposta a una lettura ideologicamente orientata. Da una parte la legge 40 che dava

58 Marina Casini, Le sentenze della corte di giustizia dell'unione europea e della corte europea dei diritti

dell'uomo in tema di embrione e di eterologa, in Vita, Ragione, Dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia, p.

prevalenza   al   concepito,   considerandolo   costituzionalmente   protetto   sulla   base dell'art. 30 Cost. Dall'altra i Tribunali ordinari di Milano, Firenze e Catania e la Corte Costituzionale   che   considerano   il   divieto   di   eterologa   illegittimo   in   appoggio   a diversi   parametri   e   nemmeno   citano   l'art.   30   Cost.   Molto   insomma   dipende   dal valore   attribuito   al   concepito   e   all'autodeterminazione   della   persona.   Moltissimo ancora dipende dalla considerazione della linea genetica, se questa sia un bene da preservarsi al punto da vietare ogni sua interruzione volontaria o se non sia invece un dato trascurabile.

Il primo punto da rilevare è il principio alla base di ciascuna delle ordinanze analizzate:   in   generale,   le   giurie   di   Milano,   Firenze   e   Catania   partono   dal presupposto che fecondazione omologa e l'eterologa siano equiparabili, presupposto che anche la Corte Costituzionale da prova di sposare. Leggiamo infatti:

(…) A loro avviso, le situazioni delle coppie che possono porre rimedio alla causa di   sterilità   o   infertilità   mediante   la   fecondazione   omologa,   ovvero   a   quella eterologa,   sarebbero   analoghe   e   gli   studi   dell’Organizzazione   mondiale   della sanità (richiamati negli atti difensivi) avrebbero dimostrato l’inconsistenza delle pretese   esigenze   di   tutela   di   carattere   psicologico   del   nascituro,   basate   su presunti disturbi e sofferenze dello stesso, nel caso in cui abbia un solo genitore biologico. 

In  questo  modo,  non  solo   viene  sminuita la  complessa dimensione  corporea senza considerare quanto la storia genetica sia importante per la costruzione della propria   identità   individuale;   quel   che   è   più   grave   è   che,   non   riconoscendo   le rispettive peculiarità delle due suddette pratiche e appiattendo così le loro differenze intrinseche, è impossibile rispettarne la specificità e tutelare in modo concreto chi se ne serve. Con l'eterologa si introduce di fatto una terza figura, il donatore, a livello parentale; escluderne il coinvolgimento, concretizzato nell'elisione di qualsivoglia diritto e/o dovere nei confronti del concepito, non è sufficiente a rendere nulla una figura   che   di   fatto   ha   svolto   un   ruolo   fondamentale   e   che   può   determinare

conseguenze rilevanti sia nella crescita del bambino sia nella relazione fra i membri della   coppia59.   Il   risultato   è   la   mancata   protezione   non   solo   dei   figli   nati   da

donazione,   ma   dei   genitori   che   se   ne   servono,   perché   non   sono   accompagnati adeguatamente per affrontare le difficoltà che una simile scelta comporta.

Da   un   punto   di   vista   meramente   formale   è   pur   vero   che   le   pratiche   di fecondazione assistita non fanno differenza fra materiale genetico interno o esterno alla coppia.  Almeno in questo senso pratiche di PMA omologhe ed eterologhe sono analoghe; ma il passaggio da questa analogia che è solo formale a un'equiparazione totale dei due tipi di pratica  è del tutto ingiustificato. Mutando la materia della pratica, muta il suo significato, la sua sostanza.

Il   citato   art.   4,   comma   3,   sarebbe   viziato,   in   primo   luogo,   da  irrazionalità «interna», a causa dell’incoerenza tra mezzi e fini, determinata dal difetto di  ogni ragionevole giustificazione del divieto in esame, che preclude il conseguimento dello   scopo   dichiarato   dalla   legge   n.   40   del   2004.   In   secondo   luogo,   da irragionevolezza «esterna», poiché nel nostro ordinamento vi è un istituto, quale l’adozione, che prevede la possibilità di una discrasia tra genitorialità genetica e legittima,   mentre   la   fecondazione   eterologa   garantirebbe   meglio   l’identità biologica, che verrebbe a mancare soltanto per uno dei genitori.60

Per   quanto   riguarda   l'irrazionalità   interna   si  potrebbe   obiettare   che   la ragionevolezza degli argomenti a difesa del divieto non può essere determinata in modo   oggettivo,   perché   dipende   in   larga   misura   dall'entità   che   si   è   disposti   ad attribuire ai valori in gioco. Il divieto è stato definito irragionevole sulla base della definizione   dell'eterologa   come   terapia,   convinzione   che   molti   autori   ritengono altrettanto irragionevole. Negata la definizione, negata l'incoerenza fra mezzi e fini della legge.

Nell'argomento di sospetta irrazionalità esterna che colpirebbe il divieto non convince il richiamo l'adozione: nessuno si sognerebbe di creare orfani solo per poter

59 Cfr. intervista a Vito Frugis, AdnKronos salute, 8 settembre 2014 60 Sempre sentenza n. 162/2014

fornire una prole a chi la desideri. La legge sull'adozione esiste in primo luogo per garantire una famiglia a chi l'abbia persa ed è un buon esempio di bilanciamento degli interessi del bambino orfano o abbandonato, da un lato, e della coppia che desidera dei figli ma è in condizione di impossibilità ad averne di propri.  2.3.1 L'ambiguità della legge n. 40/2004 Bisogna comunque riconoscere i punti deboli intrinseci ed estrinseci della legge 40, che determinavano l'esistenza di alcuni fenomeni e fatti ambigui. Primo fra tutti il cosiddetto il “turismo procreativo”, dato dalla presenza di normative in materia di PMA differenti da stato a stato. La legge 40 vietava l'accesso all'eterologa, salvo poi disporre per la non sanzione di chi si recasse all'estero per praticarla. Certamente dipende   dall'impossibilità   logistica   di   accertare   che   una   coppia   vi   abbia effettivamente fatto ricorso senza un'intromissione nell'intimità familiare e ledere il diritto di privacy sancito costituzionalmente. Per non soffermarsi sull'ambiguità del concetto di multa se applicato a una gravidanza o a un neonato, in nessun modo categorizzabili come bene di consumo o lusso. Con l'introduzione dell'eterologa in Italia il fenomeno del turismo procreativo è destinato a diminuire, anche se al momento attuale la scarsa disponibilità dei gameti e i tempi d'attesa fanno sì che ancora moltissime coppie si rivolgano all'estero. Si noti anche che quest'argomento è stato spesso citato a favore dell'eliminazione del divieto di eterologa; a tal proposito non sembra superfluo considerare pericolosa l'eliminazione di un divieto basata sulla contestazione di una sua ripetuta violazione. Basti pensare al caso dell'evasione fiscale. Anche l'incoerenza fra il riconoscimento dello status filiationis di un bimbo nato da eterologa e poi vietarne la pratica è dettata dalla difficile ricerca di equilibrio fra la legislazione italiana e quella europea ed extraeuropea e dalle esigenze di tutela del minore. L'accesso di determinate pratiche qui vietate è disponibile all'estero, pertanto è   fondamentale   riconoscerlo,   non   avrebbe   senso   che   fossero   i   figli   a   pagarne   le conseguenze, se non avessero diritto allo  status filiationis di qualunque altro nuovo

nato.   Il   riconoscimento   è   quindi   giustificato   e   fondato   sulla   tutela   dell'infante, inconsapevole e incolpevole della propria situazione esistenziale.