I. 6. La decorazione scultorea: il portale e i capitelli.
I. 6.1. Analisi del problematico arredo scultoreo: l’altare, l’arca dei SS Vittore e Corona e il monumento funebre di Giovanni da Vidor.
Uno degli aspetti più difficili da risolvere è quello che riguarda la ricostruzione dell’arredo liturgico di un edificio sacro. Questo perché la collocazione dell’arredo può essere soggetta a diversi cambiamenti nel corso dei secoli, che possono essere determinati da fattori differenti tra i quali ad esempio, l’avvicendamento di ordini religiosi (e non) nella gestione del santuario o convento, come è accaduto nel caso feltrino. Inoltre può risultare importante considerare anche la relazione tra i diversi pezzi che compongono l’arredo e l’eventuale riuso di alcuni di questi, magari in nuovo contesto creatosi all’interno dell’edificio di culto411. Ovviamente per riuscire a capire quale possa essere stata la disposizione originaria di un determinato arredo liturgico, bisognerebbe avvalersi di un progetto di scavo archeologico mirato, il quale rappresenterebbe l’unico mezzo efficace per dirimere uno specifico problema412.
Nel santuario dei SS. Vittore e Corona l’area presbiteriale ed in modo specifico, il martyrium, ha subito delle trasformazioni nel tempo, di alcune di queste purtroppo non è rimasta traccia, di conseguenza appare ancora più difficile ricostruire il contesto originario.
Nel presbiterio, la zona terminale del santuario, trova posto l’altare, il quale potrebbe rappresentare il punto focale dell’arredo liturgico di un edificio sacro, ma nel caso feltrino a questo elemento non spetta l’esclusiva, poiché, come avremo modo di analizzare infra, nello stesso spazio si colloca anche l’arca contenente le reliquie dei SS. Vittore e Corona. L’attuale altare è quello che rimane della grande struttura marmorea e policroma voluta dai Padri Somaschi durante la loro permanenza al santuario tra il 1669 ed il 1771. Tale struttura, attorno agli anni Settanta del ‘900, venne smontata e modificata per adeguare l’altare secondo le nuove direttive liturgiche post-conciliari. Molto probabilmente prima
410 G. TREVISAN, Santi Vittore…, cit., pp. 116, 118.
411 A. C. QUINTAVALLE, Arredi liturgici e architettura, Università degli Studi di Parma, Padova, Verona,
Udine, Milano, 2007, p. 25.
100 dell’intervento seicentesco dei Somaschi l’altare potrebbe aver rispecchiato l’impianto originario; purtroppo questa rimane solo una semplice supposizione, dal momento che non siamo a conoscenza di come doveva apparire l’altare medievale. Tuttavia durante l’operazione di rimozione della complessa struttura barocca, venne indagata, attraverso uno scavo non molto invasivo, una piccola parte della zona del presbiterio, la quale ha portato a delle interessanti scoperte, ma ha anche sollevato altri punti di domanda413. Innanzitutto è molto probabile che il primitivo altare si trovasse in una posizione più arretrata, ossia verso il martyrium, rispetto a quello seicentesco, e lo proverebbero alcuni aspetti che sono emersi nell’intervento di “scavo”. Infatti sotto l’attuale pavimentazione è venuta alla luce quella primitiva, la quale era formata da lastre irregolari di pietre locali, ma quest’ultima appariva delimitata da uno scalino (alto 7 cm. e profondo 30) , in prossimità dell’abside, anch’esso nello stesso materiale e piuttosto consumato. Parallelo al gradino si distribuiva il margine di una massicciata (alta 5-10 cm), che doveva caratterizzare verosimilmente l’area del martyrium, e che terminava a destra in prossimità di un basamento in pietra decorata, scoperto appena al di sotto del pilastro destro414. Sotto l’altare seicentesco si trovava un riquadro, delimitato da due pietre lungo i lati, il quale conteneva una terra (forse un composto) definita “molto nera” dagli operai che riportarono tale notizia, la quale andò purtroppo dispersa. Successivamente Doriguzzi informa del ritrovamento di un altro particolare, che poteva rivelarsi interessante, collocato subito dopo tale riquadro, avanzando con lo scavo verso il centro del martyrium,
Si scoprì nella massicciata un contorno che poi, allargando ulteriormente lo scavo, si rivelò un’impronta probabilmente lasciata sulla malta fresca della massicciata da due lastre o basamenti affiancati, dei quali uno (6) leggermente più grande (cm. 130 x 56) dell’altro (7) (cm. 126 x 50); quest’ultimo però presentava un fondo più liscio ed i contorni meglio delineati415.
413 M. DORIGUZZI, Scoperte e rinvenimenti…, cit., p. 41.
414 Ibidem, pp. 41-43. Lo scavo procedette anche nel lato destro in vicinanza della balaustra dell’altare di S.
Antonio ed è stato rilevato la presenza di un pozzetto di scarico nel quale emerse un piatto cinquecentesco frammentato in cui è possibile intravedere la scritta “S. Vettor”. In questo punto terminavano anche il gradino e la pavimentazione.
415 Ibidem, p. 43. I numeri indicati tra parentesi fanno riferimento ad un grafico che riporta le notizie tratte
101 Non risulta molto semplice intuire la natura di queste impronte citate dall’autore, il quale fornisce le misure della larghezza e della lunghezza, tralasciando però quella della profondità, la quale poteva munirci di qualche ulteriore indizio sulle fattezze dell’altare medievale, se a questo corrispondono. L’indagine ha proseguito poi verso l’arca dei SS. Vittore e Corona ritrovando il suo basamento in arenaria grigia, sopra il quale si trova posizionata un’altra lastra in marmo rosso violaceo che presenta un profilo incavato verso il basso (nei lati lunghi e in quello corto verso l’altare). Doriguzzi ipotizza, basandosi su quest’ultimo particolare, che la lastra appartenesse in origine ad un altro manufatto (forse il coperchio di un sarcofago) e che in un secondo momento possa essere stata reimpiegata in posizione rovesciata sopra il basamento in arenaria grigia 416.
Lo scavo venne poi ampliato verso il lato sinistro del martyrium e precisamente alla base del pilastro dove fu scoperto un altro basamento in pietra decorata simile a quello rinvenuto precedentemente in prossimità del pilastro destro. Dal momento che l’intervento di escavazione non ha interessato tutta la superficie del martyrium, ma sono state indagate solo delle piccole porzioni, sarebbe plausibile immaginare che tale basamento lavorato, paragonabile ad una cornice, possa aver delimitato in più punti la superficie di questo spazio sacro. In corrispondenza della piccola porta laterale, sempre sull’area sinistra, al di sotto di 5 cm. venne ritrovato un masso di pietra, che corrispondeva alla soglia, di una profondità che non è stata rilevata precisamente, ma sicuramente maggiore di 25 cm417. Anche in questo caso potremmo ipotizzare che la porta sul lato destro presentasse le stesse caratteristiche di quella appena analizzata, visto che non è stata interessata dallo scavo.
La scoperta più importante che è emersa da questa indagine riguarda il ritrovamento, al di sopra dell’antica pavimentazione, di uno strato di terra nerastra molto fine, la quale si era depositata in maniera omogenea. Tra questo terriccio furono rinvenute una grande quantità di monete, ed altri frammenti, appartenenti a periodi e zone differenti, le quali testimoniano la devozione dimostrata dai pellegrini in visita al santuario, argomento che approfondiremo nella seconda parte418.
416 Ibidem, pp. 43-44. Il basamento di arenaria grigia dell’arca sporgeva 26 cm. dalla linea esterna, e si
mostrava scalpellato probabilmente a causa della messa in opera della pavimentazione attuale. Sopra la lastra di marmo rosso violaceo si trovano le quattro colonne elevate nel primo Quattrocento per sostenere l’arca dei martiri feltrini.
417 Ibidem, p. 44. 418 Ibidem.
102 Considerando il materiale di grande interesse che è stato scoperto tra questa terra nerastra, c’è da chiedersi se qualcosa di simile potesse essere contenuto anche in quel riquadro, di cui abbiamo parlato supra, che in modo analogo era riempito di terra nera, purtroppo dispersa da quanto riportato dagli operai che si occuparono della rimozione dell’altare barocco.
Alpago Novello sosteneva che l’altare in origine avesse incorporata anche l’arca contenente le reliquie dei SS. Vittore e Corona, oltre alle altre citate nella nota iscrizione, e quest’ultima risultava leggibile perché posizionata nella parte superiore419. Lo studioso trae questa ipotesi basandosi su uno studio del prof. Kirsch420, il quale riteneva che nel VIII-IX secolo fu stabilita una regola per cui l’altare doveva contenere delle reliquie, affinché potesse essere celebrata l’eucaristia421. Inoltre Alpago Novello, memore delle recenti indagini esposte dal Doriguzzi, supponeva che l’arca-altare fosse più arretrato rispetto all’attuale altare e dovesse essere posizionata sul pavimento in modo tale che l’officiante, rivolto ad Oriente, potesse celebrarvi sopra il rito. Tuttavia le reliquie potevano probabilmente essere contenute in uno spazio anche diverso dall’altare proprio perché esistono diverse tipologie di quest’ultimo, (altare parallelepipedo, altare-ara o lastra su colonne) che devono tenere conto soprattutto del sistema architettonico che contraddistingue un determinato edificio422. Così le reliquie possono essere conservate all’interno dell’altare, o in uno spazio sottostante e quindi nella cripta, oppure come nel caso feltrino, dietro all’altare al centro del martyrium. Se poi riflettiamo attentamente sul fatto che il santuario feltrino risulta essere dedicato fin dal principio ai SS. Vittore e Corona, esistendo un sarcofago che conteneva le loro reliquie, assieme ad altre di cui però non si ha più nessuna notizia, quindi l’altare maggiore poteva anche non avere un’altra dedicazione e di conseguenza poteva risultare privo di resti sacri all’interno 423.
419 A. ALPAGO NOVELLO, Architettura e vicende..., cit. p. 19.
420 G. P. KIRSCH, Reliquie, Enciclopedia Italiana di Scienze Lettere ed Arti (Enciclopedia Treccani), vol.
29, Roma 1949, 1960, p. 38.
421 Nell’epoca carolingia venne reintrodotto un canone del Quinto Concilio di Cartagine del 401, l’Item
placuit, il quale dichiarava che tutti gli altari dovevano essere provvisti di reliquie. Inoltre Geary osserva
come venne favorita “ la pratica di giuramento sulle reliquie, e l’importanza dei santi e delle loro spoglie venne ribadita incoraggiando i pellegrini alle loro tombe”. P. J. GEARY, Furta sacra. La trafugazione delle
reliquie nel Medioevo, Milano 2000, p. 22.
422 A. C. QUINTAVALLE, Arredi liturgici…, cit., p. 34.
423 IDEM, L’antico, l’arredo, le sepolture nelle chiese fra XI e XII secolo in Occidente. L’imitazione dei
sarcofagi romani e il racconto gregoriano per immagini; dalla metà del XII secolo la rivoluzione
dell’iconografia suggerisce il confronto con i catari, in Medioevo: il tempo degli antichi, Atti del Convegno
internazionale di Studi, Parma, 24-28 settembre 2003, a cura di A. C. QUINTAVALLE, Milano 2006, p. 330. Lo studioso osserva come “la sepoltura di un santo per edifici privi di cripta non coincide di norma con l’altare, ma appare spostata, e questo dipende dalla dedicazione dell’altare stesso, il principale”.
103 Dal Zotto, in uno studio del 1951, aveva arditamente ipotizzato che fra l’esclusività del sarcofago della precedente aula voluta da Giovanni da Vidor e l’altare della chiesa costruita in forme più grandi dal figlio Arpone, corrispondente all’attuale, fosse esistita una sorta di iniziale competizione su quale dei due dovesse prevalere, non potendo trovare entrambi spazio nell’abside del santuario ricostruito in nuove forme. La soluzione proposta dallo studioso prevedeva che
Nel primo tempo si fece luogo all’altare; ed allora la cassa di piombo dei Martiri fu collocata sotto terra e dal loro posto furono rimossi il sarcofago, le tavole illustrative del trofeo egiziano e la lapide dell’iscrizione votiva. Poi nel 1440 Alvise Foscarini, rettore della città di Feltre, volendo rimettere in onore i Santi, li tolse dal sottosuolo e li adagiò sopra quattro colonne in un sarcofago piccoletto. Egli ripristinava in certo modo il primitivo assetto dell’aula; ma quantunque le dimensioni del nuovo sarcofago fossero di parecchio ridotte in confronto di quello bizantino eliminato, tuttavia l’altare risentì di una spinta di espulsione e andò a finire sui gradini del transetto, cosa insolita nelle chiese romaniche424.
Ovviamente l’ipotesi dello studioso non tiene conto di alcuni dati certi che non possono essere ignorati e che anzi costituiscono per noi una importante testimonianza che ci serve come punto di partenza per cercare di ricostruire l’assetto originario dell’arredo liturgico ed in particolare dell’altare. Innanzitutto l’iscrizione votiva trecentesca riferisce due fatti avvenuti in due momenti differenti: 1101 anno della consacrazione e 1355 anno della ricollocazione delle reliquie in seguito alla visita dell’imperatore Carlo IV avvenuta nel 1354. Quindi sicuramente a quest’ultima data il sarcofago con le reliquie era posizionato sopra il pavimento del martyrium. L’attuale arca è databile all’XI secolo e lo spostamento dell’altare a cui fa riferimento Dal Zotto è dovuto all’intervento seicentesco messo in opera per volere dei Padri Somaschi e non assegnabile al XV secolo.
Claut425 e Trevisan 426 sono del parere che fin dal principio l’altare si trovasse posizionato davanti all’arca e sono infatti gli scavi, eseguiti nel 1971 a fornirci questa possibile dimostrazione. Sicuramente, come abbiamo detto supra, l’altare si collocava in posizione più arretrata rispetto a quella attuale, e probabilmente più vicino all’arca dei martiri. Tuttavia esiste una fonte preziosa da cui possiamo trarre ulteriori informazioni riguardo al
424 A. DAL ZOTTO, La traslazione da Alessandria…, cit., p. 106. 425 S. CLAUT, Medioevo e culto…, cit., p. 198.
104 posizionamento dell’altare, in un periodo precedente alla soluzione messa in opera nel periodo barocco. Com’è noto le visite pastorali forniscono notizie dettagliate riguardo alla struttura delle chiese, o in riferimento ad alcuni particolari che nel tempo possono essere sfuggiti agli storici, ma anche alla presenza di oggetti in esse contenute o sul loro stato di conservazione427. Così il vescovo Rovellio, nella prima visita pastorale che eseguì nel 1585 al Santuario dei SS. Vittore e Corona, ci informa che
L’altare maggiore, al quale si sale per tre gradini di legno, è posto sul principio del coro e resta diviso dal resto della chiesa da un gradino di pietra (…). L’altare è chiuso solo sul davanti e vuoto ai lati: questi pertanto siano murati (…) Dietro l’altare vi è il coro con stalli decorosi, e, nel mezzo, la ricordata arca marmorea428.
La testimonianza vescovile ci conferma che l’altare si trovava all’inizio del coro, ossia del martyrium, considerando che gli stalli lignei furono posizionati lungo le pareti di quest’ultimo probabilmente con l’avvento dell’ordine dei Fiesolani. Inoltre l’altare era diviso dal resto della navata da quel gradino in pietra consunta che avevamo trovato precedentemente analizzando il resoconto del Doriguzzi sugli scavi del 1971. Nel grafico di questi ultimi era segnato anche lo spazio occupato dal riquadro, delimitato da due pietre lungo i lati corti, di cui era andato disperso il contenuto, che si colloca giusto davanti alle due impronte, le quali riteniamo appartenere all’altare. Basandoci su quanto riferito dal Rovellio verrebbe da ipotizzare che tale riquadro (50cm. x 80 cm.) corrispondesse alla gradinata lignea (formata da tre gradini) citata nel suo resoconto. In questo modo l’officiante si sarebbe trovato davanti all’altare, sopra l’ultimo gradino di questa presunta gradinata, posizionato sotto l’arcone d’accesso al martyrium, ai lati dei due pilastri, rivolto verso Oriente e in direzione dell’arca contenente le sacre spoglie dei martiri Vittore e Corona. Per quanto riguarda in modo specifico l’altare, questo risulterebbe chiuso solo sulla parte anteriore; ne consegue la difficoltà nell’intuire che tipo di sostegno possa aver avuto, forse due colonne o pilastrini negli angoli posteriori, oppure uno centrale, ad ogni modo sembrerebbe strano, non essendo l’altare addossato ad alcuna parete, che si sia sostenuto mediante una sola chiusura di un lato, in questo caso
427 G. BIASUZ, Le visite pastorali dei vescovi F. M. Campeggio e I. Rovellio al Santuario di San Vittore, in
Il Santuario…, cit., p. 109.
105 anteriore. Se l’altare e l’arca avessero avuto più o meno la stessa altezza o se la differenza fosse stata minima, la mensa avrebbe potuto appoggiarsi sulla parte superiore dell’arca marmorea, come accade nell’altare dei SS. Vitale e Agricola a Bologna429.
Dalla seconda visita del vescovo Rovellio, compiuta nel 1592, ci vengono forniti ulteriori dettagli riguardo all’altare che non erano apparsi in quella precedente. Il vescovo in quella occasione avrebbe stabilito
che l’altar maggiore, il quale, ai lati della mensa di pietra, aveva un’aggiunta in legno, fosse sistemato in modo che l’aggiunta non fosse più alta del piano della mensa stessa; e che sotto lo stesso altare non si riponesse alcunché, neppure le candele offerte in dono, che potevano essere collocate negli scaffali a muro, che circondavano tutt’intorno la cappella maggiore430.
Ne consegue che la mensa era di pietra e che ai lati aveva delle parti in legno emergenti, le quali il vescovo avrebbe per l’appunto ordinato di abbassare. Inoltre lo spazio vuoto sottostante all’altare, era probabilmente utilizzato per riporre degli oggetti.
Oltre all’altare, l’altro punto focale del santuario feltrino, e del suo arredo, è rappresentato dall’arca contenente le sacre spoglie dei SS. Vittore e Corona, ai quali è dedicato l’edificio religioso431. Il santuario, situato sulle pendici del monte Miesna, nasce infatti, non solo come luogo del rito eucaristico, ma soprattutto come luogo del culto delle reliquie dei Santi Vittore e Corona giunte a Feltre probabilmente per volere di Giovanni da Vidor.
Il corpo di fabbrica orientale, il martyrium, è il luogo più importante perchè accoglie nel proprio centro il sarcofago dei martiri, il quale in origine non era elevato su quattro colonne, come appare attualmente, e probabilmente, a differenza di quanto ipotizzato supra da Dal Zotto, non era nemmeno collocato sotto la pavimentazione. Infatti la prima parte dell’iscrizione trecentesca, che abbiamo detto essere una copia di quella
429L’altare è caratterizzato da una lastra di pietra sostenuta da due colonne negli angoli anteriori che si
appoggia in piccola parte, sulle due sepolture dei SS. Vitale e Agricola posizionate di fronte ad esso. La parte superiore di queste ultime era a capanna e l’altare appoggiandosi su di esse ne tagliava il coperchio. A. C. QUINTAVALLE, L’antico, l’arredo…, cit., p. 336 e figura n. 7 p. 335.
430 Ibidem, p. 115.
431 A. C. QUINTAVALLE, L’antico, l’arredo…, cit., pp. 329-330; IDEM, Arredi liturgici…, cit., pp. 32-
106 consacratoria del tempo di Arpone, cita verso la fine le testuali parole “Quor(um) s(an)c(t)a co(r)po(r)a hic infra”432, porterebbe ad ipotizzare, secondo Claut433, che i corpi furono depositati al di sotto della lastra recante l’iscrizione. Quindi lo studioso sostiene che in origine il sarcofago fosse appoggiato sul pavimento del martyrium, e che occupasse questo spazio nel senso della sua lunghezza. Tuttavia anche l’attuale arca marmorea non avrebbe custodito fin dall’inizio le reliquie dei martiri feltrini, di conseguenza sarebbe stata utilizzata solo in un secondo momento. In principio le spoglie sacre erano collocate all’interno di una cassetta plumbea, che a sua volta era contenuta in un sarcofago di pietra grezza. Questa sistemazione, che appare tuttora, naturalmente con l’aggiunta dell’arca di marmo greco, è stata indagata nel corso della ricognizione alle reliquie effettuata nel 1943 e in quella degli anni 1981-82, come avevamo analizzato supra434. In entrambe le occasioni era emerso che sia il sarcofago di pietra grezza che l’arca esterna, sono formate da due blocchi monolitici incavati e con il fondo all’insù, dove l’apertura è posizionata sul fondo, di conseguenza nessuna delle due poteva essere sollevata, per evitare eventuali rotture delle pareti laterali. Inoltre, già nel corso del primo accertamento, si era potuto osservare come la seconda urna, quella grezza, mostrasse le tracce di una precedente apertura (così come s’era potuto riscontrare anche nella prima) localizzate nell’angolo superiore destro e nella testata orientale. Se ne deduce che se la prima iscrizione si fosse trovata collocata nella parte superiore del sarcofago in pietra scalpellata rozzamente, potrebbe risultare ancora lì disposta ed eventualmente visibile in una futura indagine. Questa ipotesi sarebbe plausibile se teniamo in considerazione che l’attuale iscrizione trecentesca, posta sul lato corto orientale dell’arca marmorea, risalirebbe all’epoca in cui era avvenuta la visita dell’Imperatore Carlo IV che riporta infatti nella prima parte anche quella originale della consacrazione del santuario nel 1101. Quindi nel 1354 fu aperto il primo sarcofago e la cassetta plumbea contenente le reliquie dei SS. Vittore e Corona e di altri santi, affinché potessero essere ‘mostrate’ all’Imperatore (risulterebbero mancanti il capo di S. Vittore e il braccio di S. Corona); in seguito il tutto fu probabilmente trasferito nel 1355 all’interno di una nuova arca, quella attuale. Ma dal momento che l’iscrizione dettata dal vescovo Arpone sarebbe andata
432 Per il testo dell’iscrizione vedi supra capitolo 1, p. 3 nota 11.
433 S. CLAUT, Medioevo e culto…, cit., pp. 196- 197. Trevisan aggiunge che l’arca poteva essere posata a
terra o sopra un basamento poco rilevato: G. TREVISAN, Santi Vittore…, cit., p. 114.
434 L. DORIGUZZI, Verbali della ricognizione del 1943, in Il santuario…, cit., pp. 125-131; IDEM, Motivi
e risultati della ricognizione 1981-82, in Ricerche sui santi…, cit., pp. 11-16; G. CENGIA, Verbali relativi