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In generale, per determinare i parametri rilassometrici correlati ad un complesso di Gd(III) è necessario acquisire alcuni dati e poi analizzarli in funzione di formule matematiche che permettano di estrapolare i parametri di interesse. In primo luogo è necessario misurare la variazione della velocità di rilassamento longitudinale dell’acqua (relassività, r1p) in presenza del complesso paramagnetico in funzione del campo magnetico applicato (intervallo 0.01-70 MHz, corrispondente a 0.00024 – 1.26 T) per ottenere il cosiddetto profilo di dispersione di risonanza magnetica nucleare (profilo NMRD). Tale profilo può essere analizzato in base alla teoria di Solomon-Bloembergen- Morgan (teoria SBM) del rilassamento paramagnetico. La teoria descrive la modulazione dell’interazione dipolare tra lo spin nucleare dei protoni dell’acqua e lo spin elettronico dello ione

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paramagnetico in termini di numerosi parametri, tra cui i più importanti sono il tempo di correlazione rotazionale τR, il numero di molecole di acqua di sfera interna q ed la loro velocità di scambio kex. La dipendenza di T1 dal campo B0 è rappresentata nel grafico a dispersione della risonanza magnetica nucleare (NMRD), ovvero profili che riportano i cambiamenti di (1/T1) in funzione del campo magnetico applicato.

Fig.14: Profilo NMRD dei complessi Gd-DTPA e Gd-AAZTA

In parallelo, per determinare con accuratezza la velocità di scambio della molecola di acqua coordinata è necessario acquisire il cosiddetto profilo 17O NMR. Esso consiste nella misura dei tempi di rilassamento trasversali (R2) del nucleo 17O (di acqua marcata in 17O) coordinato allo ione paramagnetico in funzione della temperatura (fra 275 e 345 K) di una soluzione circa 10 mM del complesso (in generale, tale misura viene effettuata ad alto campo magnetico, p.e. 500 MHz). I profili 17O NMR possono essere analizzati con le equazioni di Swift-Connick che, in base alla dipendenza di R2 dalla temperatura, permettono di ricavare la velocità di scambio dell’acqua coordinata allo ione paramagnetico.

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1.4 Sintesi DOTA-derivati:

La procedura di ciclizzazione Richman-Atkins è stato il metodo più usato per anni per la sintesi dello scheletro macrociclico del 1,4,7,10-tetraazaciclododecano (o Cyclen). Essa consiste nella reazione fra il sale disodico della tritosildietilentriammina e l’N-tosildietanolammina ditosilata per dare il cyclen tetratosilato che successivamente viene deprotetto con acido solforico concentrato (vedi Figura 16):119-123

Fig. 16: Procedura di Richman-Atkins per la sintesi del Cyclen. i) DMF, 100°C, 2h, 80%; ii) 97% H2SO4, 100 °C, 48 h; iii) 6 N HCl.

Questo metodo è stato sostituito in seguito da sintesi più efficaci, anche se si basano su dei reagenti di partenza piuttosto costosi. Ad esempio, una procedura effettuata su scala di laboratorio è la sintesi di Weisman-Reed. (Figura 17).124

Fig. 17: Sintesi di Weisman-Reed per la sintesi del Cyclen

Il cyclen risulta anche disponibile commercialmente, ma è piuttosto costoso. Le braccia acetiche del DOTA sono generalmente inserite facendo reagire il cyclen con un alchil bromoacetato e da una successiva deprotezione del tetraestere risultante in ambiente acido o basico a seconda dell’estere. L’acido coniugato di ciascun azoto dell’anello presenta una pKa differente (10.5, 9.5, 1.6, 0.8)125, per cui è possibile fare una N-alchilazione selettiva andando a funzionalizzare in modo diverso le varie ammine secondarie del Cyclen.

Gli approcci possibili sono tre:

1) si procede con una di- o tri-alchilazione con un estere dell’acido bromoacetico e una successiva alchilazione con una catena diversa, ad esempio si può alchilare tre volte il Cyclen con il t-butil-

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bromoacetato, ottenendo il DO3A(OtBu)3 (acido 1,4,7,10 tetraazaciclododecano-1,4,7-triacetico) e funzionalizzare in maniera diversa l’ammina secondaria rimasta.

2) si protegge prima una o più ammine introducendo un gruppo protettivo (si possono ottenere, cyclen-1,7-carbobenzilossi (Cbz), cyclen-monoCbZ o cyclen-triBoc o altri sistemi protetti) e poi si alchila le ammine secondarie rimaste. Una volta deprotette le ammine si ottiene il prodotto desiderato che, se necessario, può essere ulteriormente funzionalizzato.

3) si inserisce direttamente il sostituente desiderato generalmente usando un eccesso di cyclen per evitare la polifunzionalizzazione e successivamente si fa reagire il cyclen-mono-sostituito con un estere dell’acido bromo acetico per completare la sostituzione sul macrociclo.

La scelta della via sintetica dipenderà, dalla natura, posizione e numero dei sostituenti che si vuole inserire, per cui non esiste una via migliore, ma dipende dal prodotto che si vuole preparare

Per quanto concerne la mono-alchilazione, uno dei primi esempi è il lavoro di Czarnik126. Egli ha fatto reagire il Cyclen con il 9-(Clorometil)antracene, ottenendo il prodotto come sale di Cloro senza dover purificare tramite colonna cromatografica (Figura 18)

Fig.18: Schema di sintesi della monosostituzione del Cyclen

Il cloruro di ammonio dell’acido N-Cyclenacetico può essere ottenuto con rese abbastanza elevate (circa 75%), facendo reagire un eccesso di Cyclen con l’acido bromoacetico, usando come base il LiOH, seguito da lavaggi con acqua acida. (Figura 19)127

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Fig. 19: Esempio di monoalchilazione

Il Cyclen-mono-benzilacetato è preparato tramite alchilazione del Cyclen con benzil bromoacetato in CHCl3. La resa della reazione risulta essere elevata nonostante la purificazione tramite una colonna

cromatografica. (Figura 20)

Fig. 20: Schema della monoprotezione del cyclen

Per quanto concerne la dialchilazione, possiamo avere due classi di isomeri, a seconda se si alchilano gli atomi di azoto N1-N4 o N1-N7. Il primo esempio di difunzionalizzazione N1-N4 del Cyclen è apparsa in letteratura nel 1999.128 Il Cyclen è messo a riflusso in EtOH con una quantità equimolare di un estere dell’acido ossalico, ottenendo il prodotto con una resa elevata.

Fig. 21: Reazione tra il diEt ossalato e il Cycen

Vi sono procedure che permettono la diachilazione selettiva degli atomi di azoto in posizione 1,4- con il t-butil-bromoacetato. (Figura 22)

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Fig. 22: Esempio di dialchilazione del Cyclen

Se invece si vuole alchilare gli atomi di azoto N1-N7, si può far reagire il Cyclen con Sodio bisolfito e formaldeide, sotto stretto controllo del pH (che deve essere tra 7 e 9), ottenendo il prodotto disostituito (Figura 23), con ottime rese. Tuttavia si nota la formazione di una piccola quantità di addotto N1-N4 che è eliminato tramite ricristallizazione.

Fig. 23: Dialchilazione di N1 e N7 del Cylclen

Infine la trialchilazione può essere eseguita facendo reagire un estere dell’acido bromoacetico, a pH basico con il Cyclen (Figura 24). Il prodotto deve poi essere purificato a causa della presenza del sottoprodotto disostituto e di quello tetrasostituito.

Fig. 24: Schema di sintesi del Cyclen di sostituito. x Cl, Br, I. R Me, Et, t-Bu

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