• Non ci sono risultati.

I dati categorici sono stati riassunti attraverso tabelle e grafici evidenziando le frequenze assolute e percentuali, mentre per quelli quantitativi si è calcolata la media e la deviazione standard. La significatività è stata fissata a 0,05. Il confronto fra i giorni di degenza relativi ai vari interventi chirurgici è stato effettuato utilizzando il test di Kruskal-Wallis e quello di Mann-Whitney per i confronti multipli.

72

Analisi di sopravvivenza

Sono stati considerati i seguenti endpoint:

1. pervietà primaria;

2. pervietà primaria assistita; 3. pervietà secondaria; 4. amputazione;

5. sopravvivenza totale (tempo di sopravvivenza dell’evento: tra decesso e primo intervento).

Le curve di sopravvivenza sono state costruite con il metodo Kaplan-Meier e le differenze tra esse sono state valutate con il log-rank test.

La correlazione dei fattori prognostici (età, sesso, stadio di L-F, pregressa rivascolarizzazione, ipertensione, dislipidemie, BPCO, CAD, IRC, dialisi, fumo, tipologia di rivascolarizzazione e livello cui è stata effettuata, reintervento vascolare) con due endpoint (pervietà primaria e amputazione) è stata effettuata includendo ogni variabile in un modello di regressione univariato di Cox. I fattori risultati significativi all’analisi univariata sono stati analizzati congiuntamente con un modello di regressione multivariato di Cox, al fine di valutare il contributo, in termini di sopravvivenza, di ogni singolo fattore prognostico. Per confermare la significatività dei fattori emersa dall’analisi multivariata è stato infine verificato, utilizzando le curve log (-log), il costante rapporto nel tempo tra i rischi. I risultati

73 della regressione di Cox sono stati espressi sia attraverso l’hazard ratio (HR), con il relativo intervallo di confidenza al 95% (IC 95%), che con il p-value. Tutte le analisi sono state eseguite con la tecnologia SPSS v.22.

Risultati

Tipologia di rivascolarizzazione

Nel periodo compreso fra gennaio 2009 e dicembre 2011 sono stati eseguiti in pazienti con AD 230 interventi di rivascolarizzazione chirurgica, endovascolare o ibrida.

Le procedure di rivascolarizzazione della nostra coorte di pazienti sono riportate nella tabella sottostante (tab.7, grafico.1).

Tipologia rivascolarizzazione Casistica pz Tipologia intervento N° pz Rivascolarizzazione Chirurgica 77 (33,5%) TEA 14 (6,1%) Bypass 35 (15,2%) TEA + Bypass 29 (12,6%) Rivascolarizzazione Endovascolare 112 (48,7%) PTA 101 (43,5%) PTA + Stent 11 (4,8%) Rivascolarizzazione Ibrida 41 (17,8%) TEA + PTA 12 (5,2%) Bypass + PTA 15 (6,5%) Bypass + TEA + PTA 14 (6,1%)

74

Grafico 1.

Nella tabella sottostante sono riportati invece i dati relativi delle suddette rivascolarizzazioni in base al distretto interessato (tab.8).

Pazienti Distretto sopra inguinale Distretto sopra genicolare Distretto sotto genicolare Multilivello (multipli distretti) Rivascolarizzazione chirurgica 77 (33,5%) 18 (23,4%) 65 (84,4%) 35 (45,5%) 39 (50,6%) Rivascolarizzazione endovascolare 112 (48,7%) 11 (9,8%) 82 (73,2%) 76 (67,9%) 55 (49,1%) Rivascolarizzazione ibrida 41 (17,8%) 22 (53,7%) 38 (92,7%) 28 (68,3%) 38 (92,7%)

Tab. 8. Rivascolarizzazioni secondo distretto interessato.

0 20 40 60 80 100 120

Rivasc.CH RIvasc.EV Rivasc.Ibrida

14 35 29 101 11 12 15 14 pta+tea+bypass pta+bypass pta+tea pta+stent pta tea+bypass bypass tea

75 In totale abbiamo 51 pazienti trattati nel distretto soprainguinale, 185 nel distretto sopragenicolare, 139 in quello sottogenicolare ed infine 132 trattati in più distretti contemporaneamente.

Per quanto riguarda le rivascolarizzazioni chirurgiche sono stati effettuati 94 bypass di cui 48 (51%) in vena mentre 46 (49%) in protesi.

L’utilizzo delle varie metodiche chirurgiche ha subito una importate inversione negli anni dal 2009 al 2011; si vede infatti dal grafico sottostante come sia stata preferita la chirurgia endovascolare e ibrida a discapito di quella chirurgica (grafico.2). Grafico 2. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 2009 2010 2011 rivasc.CH rivasc.EV rivasc.ibr

76

Risultati perioperatori

La mortalità perioperatoria è stata dello 0,9% (2 pazienti) mentre la morbilità del 12,6% (30 pazienti). I decessi sono occorsi in seguito ad IMA dopo intervento di rivascolarizzazione di tipo chirurgico. Per quanto riguarda le complicanze postoperatorie, in 20 casi (69%) il paziente ha necessitato di emotrasfusioni per anemizzazione postoperatoria, mentre il 13,8% (4 pz) ha avuto complicanze cardiologiche, 3 pazienti (10,3%) sono andati incontro a peggioramento della funzione renale senza necessità di dialisi. In tre casi (10,3%) si sono avute complicanze a livello dell’accesso, in particolare: in un caso endovascolare si è verificato uno pseudoaneurisma trattato mediante obliterazione percutanea con Gloubran 2, in due casi chirurgici si è reso necessario un nuovo intervento per revisione dell’emostasi. Nello specifico i pazienti che erano andati incontro a complicanze avevano subito: 19,4% una rivascolarizzazione chirurgica, 6,2% una rivascolarizzazione endovascolare e 17% una rivascolarizzazione ibrida (grafico3).

Grafico 3. 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Rivasc.CH(19,4%) Rivasc.EV(6,2%) Rivasc.Ibrida

diminuzione FR. eventi.cardiaci anemiz.

77 La media dei giorni di degenza è stata così caratterizzata: per gli interventi di rivascolarizzazione chirurgica è stata di 8,37±5,86 giorni, nettamente inferiori i giorni per la chirurgia endovascolare intorno ai 4,69 ±5,54 giorni e infine 8,29 ±6,04 giorni per la chirurgia di tipo ibrido. Prendendo in considerazione le tre tipologie d’intervento, il numero di giorni di degenza della chirurgia di tipo endovascolare è risultato significativamente inferiore rispetto agli altri due (p=0.004).

Nel periodo perioperatorio sono state necessarie 11 amputazioni maggiori (4,8%).

Il totale di reinterventi precoci, entro 30 giorni, sono stati 14 (18,9%) .

78

Risultati a distanza

I pazienti sono stati seguiti per un periodo di follow-up medio di 43,7 + 24,6 mesi, 5pazienti (2,17%) sono stati persi al follow-up.

La mortalità globale nell’intera popolazione è del 52,6% (121/230 pazienti) ed il tasso di sopravvivenza ad 1-3-5 anni è rispettivamente del 90,2%, 63,1% e 46,1% (grafico .4).

79 I decessi sono stai causati principalmente da eventi cardiorespiratori, marasma senile, neoplasie ed altro (grafico5).

Grafico 5.

Tra i 77 pazienti che avevano subito un intervento di rivascolarizzazione chirurgica, 48 sono deceduti (62,3%), tra i 112 che erano stati sottoposti a rivascolarizzazione endovascolare ne sono morti 50 (44,6%), mentre tra quelli che avevano subito una rivascolarizzazione ibrida, ovvero 41 pz, è deceduto il 56% ( 23 pz).

Nella popolazione globale 39 pazienti (17%) sono andati incontro ad amputazione maggiore, di cui 32 (82%) ad amputazione di coscia e 7 (18%) di gamba (grafico 6).

Tra gli amputati di coscia 6 (18,75%) avevano subito un pregresso tentativo di rivascolarizzazione tramite la chirurgia open, 18 (56,25%) erano stati trattati mediante procedure endovascolari mentre 8 (25%) con la chirurgia di tipo ibrido.

Viceversa tra gli amputati di coscia, 3 (42,85%) erano stati sottoposti a rivascolarizzazione chirurgica, 3 (42,85%) a rivascolarizzazione endovascolare e 1 (14,28%) a quella di tipo ibrido.

problemi cardiorespiratori 48% marasma senile 12% neoplasie 10% altre cause 30%

CAUSE DECESSO

80 Ad 1 anno, il tasso di salvataggio d’arto è stato del 87%, a 3 anni dell’84% mentre a 5 dell’82%.

I pazienti che hanno invece subito un’amputazione minore sono 40 (17.4%): 24 pazienti (60%) hanno subito un’amputazione a livello del piede e 16 (40%) amputazioni digitali.

Grafico 6.

Dopo l’intervento di rivascolarizzazione, 74 (32,2%) pazienti sono andati incontro ad un reintervento per un totale di 102 interventi, in particolare: 59 (58%) ad un reintervento endovascolare mentre 30 (29,4%) ad un reintervento chirurgico, 15 (14,7%) pazienti hanno subito una chirurgia di tipo ibrido.

81 Per quanto riguarda la pervietà si evidenziano valori a 1, 3 e a 5 anni rispettivamente (grafico7):

Pervietà primaria 67%; 58%; 52% ;

Pervietà primaria assistita 80%; 72%; 69% ;

Pervietà secondaria 87%; 85%; 81%;

Grafico 7.

All’analisi univariata riguardo le caratteristiche demografiche e le caratteristiche perioperatorie, nessun fattore ha influito significativamente sul tasso di amputazione maggiore (tab.9).

82 Univariate Analysis p HR CI (95%) Età (0:<70;1:>70) 0,124 1,1854 0,843 - 4,077 Genere (0:F;1:M) 0,495 0,794 0,409 - 1,541 Stadio (0:III;1:IV) 0.880 1,07 0,445 - 2,573 Pregres.rivasc. (0:NO;1:SI) 0,998 0,999 0,519 - 1,924 Ipertensione (0:NO;1:SI) 0,792 0,906 0,437 - 1,880 Dislipidemie (0:NO;1:SI) 0,818 1,092 0,537 - 2,220 BPCO (0:NO;1:SI) 0,33 0,579 0,177 - 1,895 CAD (0:NO;1:SI) 0,827 1,077 0.555 - 2,090 IRC (0:NO;1:SI) 0,35 0.658 0,274 - 1,583 Dialisi (0:NO;1:SI) 0,61 1,451 0,347 - 6,058 Fumo (0:NO;1:SI) 0.099 0,452 0,175 - 1,163

Tipo di rivasc. (0:CH;1:EV;2:ibr) 0,163 1,394 0,874 - 2,224 Sopraing. (0:NO;1:SI) 0.137 0,454 0,161-1,284 Sopragen. (0:NO;1:SI) 0,619 0,818 0,372 - 1,802 Sottogen. (0:NO;1:SI) 0,811 1,085 0,554 - 2,195 Multiliv. (0:NO;1:SI) 0,131 0,602 0,312 - 1,162 Bypass. (0:NO;1:SI) 0,649 1,165 O,603 - 2,250 Stent. (0:NO;1:SI) 0.552 0,772 0,300 - 1,986 Reintervento. (0:NO;1:SI) 0,345 1,378 0,709 - 2,679

83 Per quanto riguarda la pervietà primaria solo lo stadio di Leriche-Fontaine ha influito sulla prognosi mentre gli altri fattori non hanno mostrato alcuna significatività (tab.10). Univariate Analysis p HR CI(95%) Età (0:<70;1:>70) 0,392 0,714 0,331 - 1,544 Genere (0:F;1:M) 0,824 0,954 0,628 - 1,449 Stadio (0:III;1:IV) 0,017 0,563 0,351 - 0,901 Pregres.rivasc. (0:NO;1:SI) 0,882 0,97 0,647 - 1,455 Ipertensione (0:NO;1:SI) 0,696 1,098 0,686 - 1,758 Dislipidemie (0:NO;1:SI) 0,256 1,283 0,834 - 1,972 BPCO (0:NO;1:SI) 0,305 0,709 0,368 - 1,368 CAD. (0:NO;1:SI) 0,942 0,985 0,651 - 1,490 IRC (0:NO;1:SI) 0,921 1,025 0,630 - 1,668 Dialisi (0:NO;1:SI) 0,898 1,068 0,391 - 2,913 Fumo (0:NO;1:SI) 0,921 1,024 0,644 - 1,628 Tipo di rivasc. (0:CH;1:EV;2:ibr) 0,658 1,068 0,798 - 1,430 Sopraing. (0:NO;1:SI) 0,654 0,889 0,532 - 1,486 Sopragen. (0:NO;1:SI) 0,943 1,018 0,609 - 1,604 Sottogen. (0:NO;1:SI) 0,901 1,027 0,679 - 1,552 Multiliv. (0:NO;1:SI) 0,681 0,918 0,612 - 1,378 Bypass. (0:NO;1:SI) 0,87 1,035 0,686 - 1,561 Stent. (0:NO;1:SI) 0,756 1,087 0,643 - 1,838

84

Discussione

L’ischemia critica nel paziente diabetico rappresenta una patologia gravata da un alto rischio di mortalità nel medio e lungo termine, infatti a distanza di 5 anni, meno della metà dei pazienti (46,1%) è sopravvissuto. nonostante solo una piccola percentuale (17%) di essi sia andata incontro ad amputazione maggiore.

Nella nostra coorte i pazienti presentano numerose comorbidità associate, fra cui ritroviamo: l’ipertensione arteriosa (73,04%), la cardiopatia ischemia (41,3%) e l’insufficienza renale cronica (24,78%); analizzando inoltre le cause di decesso risulta predominante un’eziologia cardiorespiratoria. Questi dati confermano quanto presente in letteratura e quindi la necessità di un approccio multidisciplinare con un trattamento aggressivo delle comorbidità in particolare a livello cardiologico.

Nei pazienti diabetici il quadro clinico di presentazione si conferma essere il IV stadio di Leriche-Fontaine (84%), contro il 16% dello stadio III. Infatti la maggioranza della nostra popolazione di pazienti si presenta con lesioni trofiche; questo è dovuto alla copresenza della neuropatia diabetica che, mascherando la sintomatologia dolorosa, rende la diagnosi spesso tardiva.

E’ ormai chiaro che nel paziente con ischemia critica diabetica la rivascolarizzazione rappresenta la strategia terapeutica migliore; tale dato è confermato anche in questo lavoro di tesi dove si vede come la rivascolarizzazione permetta di ottenere un buon risultato in termini di salvataggio d’arto, con un tasso di amputazione nel breve e medio termine inferiore al 20% e un rischio perioperatorio accettabile sia in termini di mortalità che morbilità.

85 Al contrario, come è noto in letteratura, i pazienti non rivascolarizzabili vanno incontro ad un tasso di amputazione maggiore (40% a 6 mesi) [Norgren L,et al.2007].

Lo scenario della chirurgia vascolare negli ultimi anni sta subendo numerosi cambiamenti in termini di innovazione delle tecniche chirurgiche e dei materiali usati, con un ampliamento delle indicazioni al trattamento endovascolare che si ripercuote sul numero di pazienti trattati con tali tecniche.

La chirurgia endovascolare presenta sicuramente vantaggi in termini di invasività che si ripercuotono quindi su un minor tasso di complicanze perioperatorie e su una minore degenza postoperatoria in pazienti solitamente “fragili”. In un’ottica di economia sanitaria tali aspetti influiscono anche sulla riduzione dei costi diretti ed indiretti.

Nella nostra popolazione di pazienti, andando ad analizzare l’influenza del tipo di intervento sull’outcome clinico principale (il salvataggio d’arto), non si ravvedono significative differenze fra le diverse tecniche chirurgiche con un tasso totale di amputazione che si presenta in linea con i migliori dati presenti in letteratura.

La natura retrospettiva dello studio non permette un confronto diretto fra le diverse tecniche chirurgiche ma, d’altra parte, la mancata influenza del tipo di intervento sull’outcome conferma la necessità di ritagliare il tipo di intervento chirurgico sulle caratteristiche del paziente e sul quadro vascolare. Infatti nonostante la chirurgia tradizionale ed ibrida sia stata indicata nei casi stenostruttivi maggiormente complessi (TASC C e D), essa non ha influito sulla prognosi dell’arto, riflettendo

86 cosi l’importanza di poter offrire diverse soluzioni terapeutiche in base al quadro clinico.

Tale possibilità è garantita dalla capacità di un singolo gruppo o di un’equipe multidisciplinare di saper gestire al meglio le varie tecniche chirurgiche o endovascolari e di proporle indifferentemente nei vari pazienti.

Altro fattore fondamentale nella gestione del paziente con AD è la necessità di uno stretto follow up clinico in quanto l’analisi delle pervietà e dei reinterventi rende comunque evidente l’alto rischio di restenosi ed occlusioni. A fronte però di un tasso di pervietà primaria del 58% a 3 anni e del 52% a 5 anni, si riesce ad ottenere una pervietà secondaria con tassi a 5 anni maggiori dell’80%.

La possibilità di trattare restenosi ed occlusioni fa sì che la perdita della pervietà primaria non incida in modo significativo sul tasso di amputazione.

Conclusioni

L’arteriopatia diabetica è una delle complicanze più temibili del diabete e, considerato il progressivo incremento di tale patologia a livello mondiale, è destinata inevitabilmente ad aumentare.

Il trattamento dell’arteriopatia diabetica inizia con una diagnosi precoce mirata a eliminare i fattori di rischio modificabili e prevenire le complicanze cardiovascolari, causa principale dei decessi in questa categoria di pazienti.

Nei quadri di ischemia critica la rivascolarizzazione è però necessaria per ridurre il rischio di amputazione maggiore e la scelta del tipo di rivascolarizzazione deve

87 essere mirata sulle caratteristiche cliniche del paziente. La possibilità, da parte di un unico centro, di offrire diverse strategie terapeutiche permette di garantire sempre la soluzione chirurgica più idonea.

88

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