• Non ci sono risultati.

Analisi Tecnica della Crisobolla

Trebisonda e la crisobolla di Dioniso

2) Analisi Tecnica della Crisobolla

2.1 )I simboli

Quella di Alessio III Comneno di Trebisonda è una delle miniature di Crisobolla meglio conservate.

E’ archiviata nel Monastero di Dioniso, all’interno del complesso del Monte Athos, ed è datata settembre del 1374. Con essa l'Imperatore promette cento somia (dieci milioni di aspra) al monaco Dioniso, fratello del Metropolita di Trebisonda Teodosio, per l'erezione di un monastero nel Sacro Monte, affinché esso fosse nominato in onore ai Grandi Comneni. Al termine del completamento troviamo inscritta la promessa di un annuale invio di cento aspra o komnenata (dal nome della moneta trapezontina). Oltre all’onore sopra riportato, i monaci avrebbero dovuto pregare continuamente a favore della famiglia imperiale e garantire ospitalità a tutti i sudditi dell’Impero trapezontino.

Nella parte superiore della pergamena Alessio e sua moglie Teodora sono rappresentati in piedi su un "suppe,dion" di color porpora. L'Imperatore indossa il "me,laj sa,kkoj" e il "lo,roj" dorato:

questi, come lo “stemma”, sono riccamente decorati con pietre preziose. Con la mano destra regge uno scettro terminante a croce e in quella sinistra una estremità della Crisobolla, che è legata con un fiocco rosso e sigillata con una bolla dorata. L'altro lato della pergamena è tenuta dall'Imperatrice, vestita di un lussuoso

indumento porpora, con larghe maniche, decorato con aquile bicipiti a doppia faccia, che regge nella mano sinistra un globo blu. La faccia dell'Imperatore è dipinta con cura dei particolari e i suoi baffi e barba di color castano si accordano bene con la sua età, che all’epoca della Crisobolla, era di trentaquattro anni. L'Imperatrice, coetanea dell’Imperatore, ha una faccia rotonda e una bocca piccola. Le sue guance sono dipinte di rosso e la sua immagine assomiglia molto a quella di una bambola. È doveroso menzionare che l'aura attorno alle teste della coppia imperiale non siano d'oro, com' era usuale, ma di porpora. La piccola figura di San Giovanni Battista è dipinta benedicente la coppia imperiale e a mezzobusto. Egli indossa un chitone blu, illuminato con il bianco per dare l'impressione di un vello,e l'himation (mantello) in verde.

2.2 ) Le iscrizioni

Sopra la testa di Alessio notiamo l'impressione del sigillo d'oro rappresentante l'Imperatore in piedi con la seguente iscrizione: ΑΛ|ΕΞΙ|ΟΣ|ΕΝ ΧΩ|ΑΥ|ΤΟΚ|ΡΑΤ|ΩΡ|Ο|Μ(ΕΓΑ)Σ|ΚΟ|ΜΝ|ΗΝΟ|Σ

Alessio,in Cristo,Autocratore,il Grande Comneno

Sopra la testa di Teodora il sigillo mostra la figura di Cristo benedicente.L'inscrizione sopra la miniatura dice:

v

Ale,xioj evn Cw/| tw/| qw/| pisto.j basileu.j kai. auvtokra,twr

pa,shj avnatolh/j( ivbh,rou kai. peratei,aj( o` Me,gaj

Komnhno,j)

Alessio, fedele in Cristo Dio, Imperatore e Autocrate di tutto l’Oriente, l’Iberia e la Perateia, il Grande Comneno

La stessa iscrizione è ripetuta in minuscolo alla destra dell'Imperatore, mentre sotto l’Imperatrice troviamo la seguente iscrizione:

Qeodw,ra cu|ca,riti euv|sebesta,th | de,spoina h` mega,lh |

Komnhnh,( su,zugoj de. tou/ | euvsebou/j basile,wj kuri,ou |

vAlexi,ou tou/ mega,lou | Komnhnou/)

Teodora, la munifica, la piissima,,la grande Imperatrice, consorte del pio imperatore e signore Alessio, il grande Comneno.

La prima linea sotto la miniatura indica i destinatari della Crisobolla

pa/sin oi-j to. paro.n h`mw/n euvsebe.j evpidei,knutai

siggi,lion

3)Significati politici

3.1) La questione del titolo imperiale

Per i romani d'Oriente, la questione della legittimazione in atto pratico e nei documenti, del titolo di Imperatore dei Romani, era di fondamentale importanza. A maggior ragione da quando nel 1204, con le conseguenze della IV crociata e la formazione dei tre potentati orientali di matrice greca: Nicea, Epiro e Trebisonda, si era venuta a creare una situazione per la quale tutti e tre gli "Imperi" (anche se all’inizio l’Epiro tentennò) rivendicavano la loro legittimità al trono vacante di Costantinopoli e al titolo di “Imperatore fedele in Cristo e in Dio di tutti i Romani”. Con la riconquista di Costantinopoli, Michele VIII Paleologo, assunto il titolo imperiale, iniziò una politica volta al ridimensionamento di eventuali altri pretendenti e di prevenzione di possibili contestazioni della sua legittimità, nel quadro di una politica volta al ripristino dell’antico prestigio avuto dagli Imperatori Costantinopolitani. Ovviamente non era di suo gradimento il fatto che Giovanni II Comneno , Imperatore di Trebisonda, usasse chiamarsi “Imperatore di tutti i Romani”, soprattutto dopo la riconquista della capitale.

Inoltre il pericolo rappresentato da Trebisonda era più un fatto ideologico che militare. Lo stato Trapezontino, infatti, era ben lungi da rappresentare una minaccia militare, tagliato fuori com’era dal destino occidentale dopo l’occupazione di Sinope nel 1214 ad opera dei Selgiuchidi.

Michele VIII considerava l’Imperatore Trapezontino , oltre che pericoloso per le sue amicizie, un possibile rivale a causa della politica unionista perseguita da Costantinopoli, che aveva inorridito a tal punto molte delle personalità più influenti in ambito ecclesiastico, da fargli temere un possibile riconoscimento da parte loro a favore di Giovanni II come loro Imperatore. In tale contesto decise di avvalersi piuttosto che di un attacco militare, che presentava troppi rischi, dell’opzione diplomatica con l'invio di una serie d'ambasciate a Giovanni II, allo scopo di convincerlo a riconoscere la sua sovranità. "Quest'ultimo era così privo

d'orgoglio o fu così impressionato dall'offerta di Michele VIII"50

che accettò di sposarne la figlia Eudocia e di diventarne il figlio adottivo, in una suggestiva cerimonia che prevedeva la consegna dei calzari porporati da parte di Michele VIII a Giovanni II in segno di concessione dell'autorità. Giovanni II, quindi fu il primo degli imperatori Trapezontini a cambiare il titolo in “Imperatore e Autocrate di tutto l'Oriente, l’Iberia,e delle province Transmarine”, cosa che ai tempi di Alessio III, come evidenziato dalle iscrizioni della Crisobolla, pare essere rimasto.

Sulla base della crisobolla possiamo confermare il riconoscimento di tale sovranità sugli Imperatori attraverso la figura del Giovanni Battista, che viene utilizzata come “figura

50 Cfr. Georgii Pachymeris 'De Michaele et Andronico' palaeologis' libri tredecim / recognovit Immanuel Bekkerus,

tutelare” nell’ atto della consegna. Il Cristo infatti era una peculiarità suprema della politica ideologica dell'Impero, rappresentante la doppia figura cielo-terra: così come vi era un Impero nel cielo anche in terra doveva esisterne solo uno e, di fatto, l'Imperatore diveniva il Vicario di Cristo.

A mio avviso quindi,l’impossibilita’ dell’utilizzazione del Cristo come “figura tutelare”,onde evitare spiacevoli problemi con Costantinopoli,fa comparire al suo posto la figura del Battista. Il titolo di “Grande Comneno”, altisonante senza dubbio, voleva sottolineare la discendenza tra i sovrani trapezontini (Alessio e Davide erano, infatti,nipoti di Andronico II Comneno) e la grande dinastia che dominò sul panorama costantinopolitano per tutto il sec XII e, anche se ,con gli accordi tra Michele VIII e Giovanni II, i trapezontini dovettero rinunciare alla loro legittimazione quali eredi al trono bizantino, essi continuarono comunque a ribadire il prestigio che conseguiva dal fatto di appartenere a una delle più nobili famiglie dell’Impero. A ulteriore prova dei rapporti tra l’Impero di Trebisonda e Costantinopoli, si può citare, riportato dal Pachimere, il fatto che, nel 1304, i Genovesi richiesero all’Imperatore di Bisanzio l’abolizione delle quote di tassazione da parte del governo trapezontino sui loro commerci, poiché essi non intendevano chinare il capo “a un signore locale”51.

Questi episodi possono portarci a riflettere su tre quesiti:

1) La propaganda imperiale era riuscita davvero a far uscire fuori dai suoi confini l’evento della sottomissione “relativa” di Giovanni II a Michele?

2) Oppure essa non era altro che una “gonfiatura” da parte dello storico greco (e acceso costaninopolita) Pachimere, per risaltare e sottolineare la supremazia di Costantinopoli?

3) O, addirittura, essa rappresentava un abile tentativo genovese di inserimento nelle meccaniche politiche bizantine per riuscire in qualche modo a limitare la questione dei dazi e del controllo del commercio nelle aree trapezontine ?

Secondo il mio punto di vista tutte e tre le opzioni sono, in qualche modo, presenti. Bisanzio aveva tutta la volontà di far conoscere e, comunque, comunicare all’esterno che gli unici veri eredi e detentori del potere imperiale fossero i Paleologhi, mentre ai Genovesi null’altro interessava che riuscire a negoziare dei tassi convenienti e quindi sottomettere alle proprie volontà l’Imperatore trapezontino riducendo la sua figura a quella di un semplice signore di frontiera a cui non era dovuto lo stesso rango che si addiceva all’Imperatore di Costantinopoli.

51 KARPOV S.P., L’Impero di Trebisonda, Venezia,Genova e Roma, 1204-1261. Rapporti politici, diplomatici, commerciali,Roma, Il Veltro,1986,pp. 144-145.

3.2) I simboli del potere

Come mezzo di propaganda imperiale la Crisobolla era uno strumento molto utilizzato nella storia di Bisanzio. Trebisonda, che si considera erede diretta di tale storia, non fa eccezione: infatti molti e vari sono i simboli che si possono analizzare dalla Crisobolla di Alessio III. I tratti dell’Imperatore sono ben definiti, i lunghi baffi e la barba di color castano scuro erano divenuti immagini abituali degli imperatori nelle iconografie. Questo particolare tipo di rappresentazione aveva lo scopo di aumentare la vicinanza ideologica tra la figura di Cristo e l’Imperatore anche attraverso i tratti fisici e questa tradizione, evidentemente, si è conservata anche a Trebisonda.La seconda cosa che risalta è il color porpora presente nel "suppe,dion", nell’aura imperiale, nei calzari e nei vestiti degli imperatori. La porpora serviva a comunicare quel senso di unicità di cui gli Imperatori erano detentori: solo ad essi, infatti, era concesso indossare questo colore e farsi rappresentare da esso e questo aveva l’alto valore ideologico di voler sottolineare un distacco dal mondo e di un avvicinamento alla sfera del divino. Tale era il significato ideologico risiedente in quel colore che era prevista la pena capitale per coloro che venivano colti a indossare capi,e a farsi rappresentare in porpora,allo stesso modo di un attentato all’ordine celeste,così esso era un attentato all’ordine terreno voluto da Dio. Il "suppe,dion" invece era un tappeto a forma rialzata,il cui probabile

significato era quello di sottolineare la differenza tra l’Imperatore e il resto del mondo,la sua funzione infatti,quella di vicario di Cristo,lo poneva in una situazione intermediaria tra Cielo e Terra. Menzione particolare meritano alcuni capi portati dall’Imperatore: lo scettro, lo stemma, il"lo,roj" e il “sa,kkoj". Lo scettro presenta la

particolare caratteristica di terminare con la croce. Due sono i significati ben precisi ,oltre a quello di conferma della natura cristiana dell’Impero, quello dello scettro come simbolo dell’agire dell’Imperatore nel nome di Cristo. Lo “stemma” (corona) sfarzoso e tempestato di pietre preziose simboleggia l’ elevato rango ed era motivo di grande prestigio, volto ad esibire il potere attraverso la ricchezza. Il "lo,roj" in questo caso è d’oro con gemme e perle e veniva indossata come uno scapolare. Richiama l’immagine della sepoltura di Cristo in quanto rappresenta simbolicamente le bende che avvolgevano il corpo. E’ dorato a voler significare la vittoria di Cristo con la resurrezione. Il “sa,kkoj"

invece era una tunica di colore nero, che ricorda non a caso quella dei monaci. Infatti esso è un simbolo che tende ad esaltare la misticità della figura imperiale. L’aquila bicipite e il globo, invece, sono due simboli della rappresentazione pratica del concetto di oivkoume,nh ovvero del diritto al governo della comunità Cristiana. Il

primo sta a rappresentare l’ideologia dell’Impero a due fronti: l’aquila a due teste, infatti, rappresenta l’Impero che guarda, da oriente a occidente, i territori dell’ oivkoume,nh cristiana, e quindi soggetti al potere “imperiale”. Il globo invece è un simbolo molto antico. Rispecchia il concetto di potestà e universalità del potere Cristiano e il diritto al governo universale. Al centro della

pergamena, il Giovanni Battista benedicente è al tempo stesso un protettore e una figura prestigiosa che legittima la sovranità degli imperatori, figura maggiormente elevata rispetto ai due ( ed inferiore solamente al Cristo che benedice, presente nella moneta in alto a destra): rappresenta l’auctoritas che conferisce l’ufficialità e la sacralità degli accordi presi nel documento.

3.3 ) L’intermediazione: commercio e ricchezze a Trebisonda

A chi per la prima volta si accinga a osservare la Crisobolla, può sorgere spontanea la domanda di come sia stato possibile per gli Imperatori Trapezontini, nonostante l’esiguità del territorio e la situazione politica ad alto rischio, riuscire non solo a sopravvivere, ma ad accumulare, anche, notevoli ricchezze. La risposta è senz’altro da ricercarsi nella posizione vantaggiosa in cui si trovava Trebisonda: essa, infatti, era la porta per i commerci asiatici (la via della seta). Ma questo, tuttavia, non basta da sola a spiegare come questo territorio abbia assunto un ruolo importante. Bisogna perciò ricordare, anche, almeno quattro eventi del secolo XIII, di fondamentale importanza, quali:

- la caduta di Costantinopoli e la formazione, tra gli altri,

dell’Impero Trapezuntino (1204):

con la caduta di Costantinopoli, Trebisonda riuscì a liberarsi da una pesantissima tutela, che corrispondeva de facto a una serie di dazi e tasse che ne limitavano lo sviluppo;

- la riunificazione della Persia e dei piccoli stati limitrofi sotto la

guida degli Il khan (1256):

favorì un notevole sviluppo delle vie commerciali di quel territorio, che prima d’allora costituiva il campo di battaglia dei signorotti della guerra arabi, cosa questa che rendeva le vie commerciali assai insicure e poco praticabili;

- la distruzione del califfato di Baghdad e la conseguente rottura

del collegamento Siria-Califfato (1258):

che, al contrario, rese di fatto le vie commerciali di questo territorio totalmente difficili e impraticabili;

- la caduta di Acri sotto i Mamelucchi, con la definitiva

scomparsa degli stati crociati in Terrasanta, e l’interdizione papale al commercio con l’Egitto dei Mamelucchi (1291):

eventi questi che rendevano inutilizzabile anche tutta la costa siro- orientale per il commercio.

Unica porta d’accesso,quindi, per l’Oriente rimaneva Trebisonda, che grazie a questa serie di eventi diventò la punta del commercio intermediario, tra i Genovesi (che s’installarono nella

Fortezza di Caffa) e i Veneziani (che possedevano delle fattorie a Trebisonda) e, oltre al commercio, punta avanzata anche per legazioni diplomatiche che puntavano a raggiungere Tabriz,o l’Asia più profonda. Non sorprende, quindi, che il ruolo principale di Trebisonda sia stato principalmente quello di collegamento, commerciale e diplomatico, con la conseguenza che gli Imperatori trapezontini, sovente, legiferavano verso le repubbliche italiche sulle quote delle merci introdotte e esportate.52 Questo spiegherebbe, dunque, il grande interesse che le maggiori città marinare dedite al commercio con l’Asia, ovvero Genova e Venezia, avessero nei confronti di Trebisonda. Esse, infatti, erano presenti con propri balivi, che fungevano da ambasciatori veri e propri alla corte Imperiale. Trebisonda rappresentava, inoltre come già accennato, un ottimo scalo per tutte quelle spedizioni di natura diplomatica e/o commerciale, che si dirigevano verso lo Stato dell’Ilkhan, tra cui l’importantissima via della Seta che passava per Tabriz. Trebisonda diventava così un “emporio internazionale”53, con la presenza di un vastissimo mercato dedito al commercio di intermediazione. A Trebisonda potevano essere trovati, per chi avesse dovuto accingersi a un lungo viaggio, sia beni di prima necessità, come carne e vino (molto più comprato rispetto all’acqua54), che cavalli e muli, messi a disposizione attraverso un sistema di noleggio. Un vera e propria “impresa” dell’intermediazione, che unita ai dazi d’entrata e uscita fissati dal governo locale, rendevano Trebisonda una vivace città nella quale la presenza multiculturale, di arabi, cristiani occidentali e cristiani di rito ortodosso, era sostenuta dai principi del commercio e del profitto.

Bibliografia

BRYER M., The Empire of Trebizond and the Pontos, London,1980.

KARPOV S.P., L’Impero di Trebisonda, Venezia,Genova e Roma, 1204-1261. Rapporti politici,

diplomatici, commerciali,Roma, Il Veltro,1986.

MILLER W., Trebizond, the Last Greek Empire,Amsterdam, Hakkert, 1968. PERTUSI A., Il pensiero politico bizantino, Bologna, Patron, 1990.

SPATHARAKIS I.,The portrait of illuminated byzantine manuscripts, Leiden, Brill,1976.

52 Il “kommerkion” ovvero la percentuale di tassa pagata sul valore delle merci in entrata e uscita.