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Andamento del tasso di mortalità in Italia (2000-2014)

DIFFERENZE TRA IL SISTEMA SANITARIO IN ITALIA E NEGLI STATI UNIT

Grafico 4.3 Andamento del tasso di mortalità in Italia (2000-2014)

Fonte: OECD, 2015a

Le principali malattie che influiscono sul tasso di mortalità dei cittadini italiani, rilevate nel 2014 sono riportate nella tabella 4.2: confrontando le patologie degli Stati Uniti con quelle dell’Italia si nota che la loro classifica è molto simile e in entrambi i Paesi al primo posto ci sono le malattie legate all’apparato cardiocircolatorio, mentre al secondo si posizionano i tumori maligni (Istat, 2017a).

Tabella 4.2 – Cause e numero di decessi in Italia (2014)

Anno 2014

Patologie N° decessi

Malattie del sistema circolatorio 219.017

Tumori maligni 168.494

Malattie cerebrovascolari 57.008

Malattie croniche delle basse vie respiratorie

20.181

Diabete mellito 20.119

Accidenti 17.384

Malattia di Alzheimer 10.559

Malattie del rene e dell'uretere 10.019

Polmonite 9.101

Suicidio e autolesione intenzionale 4.055

Influenza 271

Totale 595.293

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Successivamente, nel 2015 entrambi i tassi di mortalità sono aumentati, ma quello italiano è aumentato in misura maggiore, arrivando ad una percentuale di 11,3%, rispetto all’8,2% degli Stati Uniti.

La principale causa di questo incremento è dovuta al fatto che in Italia è cresciuto il numero degli anziani, i quali hanno raggiunto nel 2015 la soglia del 22%, in contrapposizione agli over 65 americani con una percentuale del 15% (v. grafico 4.1). Altri fattori che hanno contribuito alla crescita del tasso di mortalità italiano sono il peggioramento delle condizioni di povertà dei cittadini che hanno fatto si che si posticipassero sempre più in avanti le visite mediche e, soprattutto, il malfunzionamento di molte delle strutture ospedaliere (Istat, 2016b).

Il tasso di mortalità varia se si vanno ad osservare nello specifico le singole Regioni italiane, in particolare al primo posto si è posizionata la Campania con il tasso più elevato, seguita dalla Sicilia.

Nonostante le statistiche analizzate nel rapporto Eurostat del 2015 in cui l’Italia si trova al di sopra della media dei Paesi OCSE per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, essa resta comunque in una posizione inferiore relativamente all’assistenza agli anziani e nel campo della medicina di prevenzione.

I probabili fattori che hanno causato questo arretramento sono stati i frequenti tagli alla sanità, come le riduzioni dei posti letto, la diminuzione della copertura fornita dai vaccini, le infezioni ospedaliere, le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e il peggioramento delle condizioni sociali in seguito alla crisi economica.

E’ stato osservato infatti che quest’ultima ha portato all’incremento dei casi di malasanità (Mabhala e Massey, 2016).

Per quanto riguarda le infezioni ospedaliere, è stato stimato che negli Stati Uniti esse causano dai 20.000 ai 60.000 morti l’anno, mentre in Italia provocano dai 5.000 ai 7.000 decessi.

Un alto numero di infezioni è pertanto un fenomeno di bassa qualità del servizio offerto al paziente, senza considerare gli elevati costi sanitari che ciò comporta.

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Tali infezioni potrebbero essere preventivamente evitate tramite la messa in atto di attività di assistenza in grado di monitorarle, e ciò potrebbe portare ad una loro diminuzione di almeno il 35% (Papaianni et al., 2008).

Per quanto riguarda invece i tagli alla sanità, l’Italia è il Paese europeo dove essi sono stati maggiori: dal 2010 al 2013 sono stati di quasi 31 miliardi di euro, secondo quanto contabilizzato dalla Corte dei Conti, essi sono continuati anche nei tre anni successivi, dal 2014 al 2016, e sono previsti anche per il 2017 e il 2018 (Il Sole24Ore Sanità, 2016a).

Per quanto riguarda la mortalità causata dalla malasanità, in Italia è stato stimato dall’Istituto Superiore della Sanità che negli ultimi anni mediamente si verificano circa 500 mila errori medici, di cui 45 mila portano al decesso del paziente.

Secondo le segnalazioni ricevute, inoltre, nel 2015 il 20% delle persone ha ritenuto inappropriate le cure ricevute nel reparto in cui erano ricoverate (Ministero della Salute, 2015).

Negli Stati Uniti, invece, i casi di malasanità che hanno portato alla morte, sono di quasi 250 mila persone l’anno, un numero molto elevato.

Come si vede dalla figura 4.1, questa cifra è al terzo posto, dietro solamente al numero di decessi causati dagli infarti (611 mila) e dal cancro (585 mila), ed è talmente alto da portare gli economisti a fare un confronto con le morti causate da epidemie, come ad esempio la peste, verificatesi nei secoli scorsi.

Secondo il parere degli esperti, i decessi sono dovuti all’incompetenza, alla negligenza e alla disattenzione dei medici e anche all’organizzazione poco efficiente all’interno delle strutture ospedaliere (Centers for Disease Control and Prevention, 2016a).

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Figura 4.1 – Cause e numero di decessi negli USA, valori in migliaia (2013)

Fonte: Centers for Disease Control and Prevention, 2016a

Una soluzione per diminuire il numero di morti potrebbe essere quella di analizzare in modo più approfondito la causa degli errori commessi dai medici e di investire di più sulle attività di ricerca e prevenzione.

Per gli esperti è possibile diminuire la mortalità derivante da errori umani, evidenziando gli sbagli che sono stati commessi, in modo da poter sottolineare gli effetti negativi riscontrati, e cercare di ridurne il numero, adottando delle strategie alternative, come ad esempio l’adozione di macchinari sempre più sofisticati che aiutino i medici nel loro lavoro (Ministero della Salute, 2012b).

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4.1.2 Speranza di vita

Un altro indicatore utilizzato per analizzare lo stato di salute della popolazione è la speranza di vita, essa è aumentata dal passato ad oggi, raggiungendo valori elevati nei Paesi sviluppati come l’Italia e gli Stati Uniti.

L’aumento dell’età media, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è dovuto al fatto che le condizioni di vita sono migliorate (Istat, 2008).

Seconda una classifica europea dell’Eurostat, l’Italia nel 2013 si è posizionata al primo posto, con una vita media degli uomini pari a 80,3 anni, mentre quella delle donne si è collocata al terzo posto, con 85,2 anni, come si nota dal grafico 4.4 (Istat, 2015).

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