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Anni Sessanta, Progetto generale di Piano Intercomunale e la Turbina

2.1 Milano i processi in atto

2.1.9 Anni Sessanta, Progetto generale di Piano Intercomunale e la Turbina

La città sotto l’azione di forze esterne, il Nord prende forma

I quadranti Nord e Sud di Milano si sono caratterizzati da sempre per differenti vocazioni di natura economica, tuttavia è solo a partire dal XIX secolo che queste disparità si sono rafforzate, cioè quando l’industria comincia ad espandersi nel nord milanese. Queste attività, e tutti i servizi ad esse connessi trovano terreno fertile nel quadrante settentrionale della città dove vi è già una valida rete ferroviaria. Un fattore notevole che non può essere sottovalutato per comprendere le modificazioni della città è il fenomeno migratorio che investe Milano durante il boom economico degli anni Cinquanta.

Un processo scindibile in un doppio flusso: da una parte un movimento a scala nazionale quello che porta molte persone appartenenti alle fasce più deboli del Sud Italia a spostarsi verso il Nord, e dall’altra uno a scala regionale che coinvolge gli stessi lombardi che dai piccoli comuni di campagna si spostano verso la grande città.

In concomitanza con questo fenomeno, si aggiunge un rilevante aumento dei prezzi immobiliari come conseguenza all’approvazione del piano del 1953, questo comporta una spinta centrifuga che obbliga le fasce a reddito più basso verso le aree a basso costo del Nord, poiché carenti di dotazioni e fuori dalle indicazioni del piano. Solo a fine decennio si da avvio ad una serie di processi atti al recupero delle aree urbane degradate, il primo passo verso un’urbanizzazione spinta di questa parte di città.

Dalla città alla regione, la necessità di ampliare la visione

Già dalla seconda metà degli anni Cinquanta la questione dell’Hinterland di Milano si impone con prepotenza nel dibattito sulla città e, grazie alla legge 1150/1942 che prevede fra i suoi strumenti anche il piano intercomunale, trova sfogo con l’elaborazione del Piano

Fig. 67 La stazione Centrale

di Milano negli anni del boom economico

Milano. Un progetto per il riassetto urbano dell’area Piazza d’Armi.

regolatore Intercomunale (1959). A seguito dell’intervento da parte del Ministero dei Lavori Pubblici che definisce il perimetro del piano, nel 1961 l’assemblea delle autorità dei comuni coinvolti istituisce un ente tecnico apposito per la redazione di tale strumento: il Centro studi per il Piano Intercomunale Milanese.

A seguito di una prima fase conoscitiva che si concentra sulla comprensione e la rappresentazione delle dinamiche insediative, il Centro Studi PIM produce un primo schema conosciuto come: la “turbina”.

Una proposta mancata con esiti notevoli, il piano “turbina”

Corre l’anno 1963 quando Giancarlo de Carlo, Silvano Tintori e Alessandro Tutino presentano la loro proposta di PIM il cosiddetto piano “turbina”.

Una proposta che non produce risultati concreti ma di notevolissima influenza sugli sviluppi futuri, ponendosi criticamente nei confronti della disciplina urbanistica tradizionale, i redattori del piano danno vita ad una teoria alternativa basata su principi nuovi per il panorama italiano.

Considerando Milano come città metropolitana i ricercatori intraprendono un percorso di studi atto a cogliere i fattori e le interrelazioni tra essi, l’obiettivo è quello di comprendere se alla base dello sprawl ci siano delle regole e dei rapporti causa-effetto.

Si va a delineare uno strumento dinamico in grado di coinvolgere diverse figure professionali secondo una logica ciclica, che vede il piano non come un’imposizione inamovibile calata dall’alto, ma come frutto di un processo partecipativo in continua progressione. Tuttavia la peculiarità più caratterizzante questo documento, risulta altresì l’ostacolo principale con cui sono chiamati a confrontarsi gli autori. In che modo rappresentare un nuovo strumento, che non si propone di definire un assetto conclusivo ma che vuole manifestare le potenzialità di un territorio?

Sotto il profilo progettuale il proposito della “turbina” è quello di

Fig. 68 Schematizzazione al 1997

dell’estensione territoriale del Comune di Milano (al centro), dell’area soggetta al Pim (racchiusa entro la doppia linea) e della Provincia di Milano. Usualmente si tende a far coincidere l’area metropolitana di Milano con l’area Pim; in realtà, l’influenza del centro maggiore travalica questi confini e s’incunea - con moti centrifughi e centripeti - nei territori di Varese, Como, Lecco, Bergamo, Lodi e Pavia.

Architetture per la città storica

ampliare la visione da una dimensione metropolitana ad una regionale attraverso una serie di indicazioni. Questo diverso modo di intendere la pianificazione si va esplicando attraverso una rappresentazione non canonica, piuttosto che un’immagine di città il piano si propone come un diagramma, un insieme di segni che conducono ad un processo più che ad un risultato.

Sebbene conclusosi precocemente, al lavoro del PIM si deve un lascito importante, alcune delle sue indicazioni specialmente per quel che riguarda il sistema delle aree verdi si sono ad oggi concretizzate. Basti pensare ad alcuni cunei verdi, o ai grandi sistemi come il Parco delle Groane, il Parco Nord e il PASM, un’influenza ancora ben evidente nella sua dimensione sovralocale sia negli strumenti di pianificazione contemporanei che nella realtà del costruito.

La Legge Ponte e il D.M. 1444/1968: l’introduzione degli standard

Negli anni Sessanta il legislatore si trova costretto a legiferare in materia urbanistica per regolare il fenomeno del continuo inurbamento che appare ormai inarrestabile specialmente nel triangolo industriale costituito da Genova, Torino e Milano meta prediletta dal fenomeno migratorio interno.

Occorre sottolineare come le lottizzazioni approvate ai sensi della legge 1150/1942, scarichino sui Comuni tutte le spese di urbanizzazione sia primaria (luce, fogne, acqua) che secondaria (scuole, verde, mercati, impianti sportivi, edifici religiosi…), senza tuttavia condividere gli utili derivanti dalla cessione delle aree edificabili, con l’immediata conseguenza date le scarse risorse pubbliche, di una carenza nella dotazione di servizi. Nel tentativo di porre rimedio a queste problematiche vengono promulgati provvedimenti legislativi quali la legge n. 765, detta Legge Ponte, che introduce limiti all’edificabilità dei terreni nei comuni laddove non è stato ancora adottato un PRG. La seconda novità riguarda la definizione di rapporti precisi tra interventi volti all’interesse privato e i luoghi della vita pubblica: gli “standard urbanistici”, che vengono approfonditi nel D.M. 1444/1968.

Milano. Un progetto per il riassetto urbano dell’area Piazza d’Armi.

Il Piano Intercomunale del 1967

Alle soglie degli anni Settanta l’assemblea dei sindaci approva il “progetto generale di piano e linee di attuazione prioritaria”, un piano dalla forte connotazione operativa che si deve frapporre come uno scudo al fenomeno dispersivo. Dando priorità alla realtà settentrionale esso antepone al costruito un disegno delle aree verdi di larga scala volto alla connessione di una realtà estremamente frammentata. L’approccio alla scala ravvicinata invece, in ottemperanza alle quantità stabilite dagli standard introdotti con la legge Ponte dello stesso anno, viene affidato ad una serie di parchi di servizio così da garantire un miglioramento della qualità di vita degli spazi urbani.

2.2 Anni Settanta, l’allargamento degli orizzonti territoriali