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3. Benessere e Sviluppo

3.2. Sviluppo storico della critica al PIL

3.2.1. Anni ‘30

Le voci critiche nei confronti del PIL sono state molteplici fin dagli inizi, ma la prima critica che desidero prendere in considerazione poiché è direttamente rivolta al PIL come indicatore è stata quella mossa del suo stesso ideatore: Simon Kuznets. Con una notevole lungimiranza, costui aveva già immaginato che si potesse fare un uso “scorretto” dell’indicatore utilizzandolo in modo improprio. Per questo motivo, presentandolo al Congresso USA, sottolineò l’importanza di aver ben chiaro cosa questa misura comprendesse e le sue mancanze, proprio per evitare che dalla sua lettura si ricavassero interpretazioni sbagliate. Nella stesura definitiva che presentò al Governo del Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 1929-1932 si premurò d’inserire nel primo capitolo un paragrafo intitolato: Uses and abuses of National Income measurement. In questa parte Kuznets sottolinea chiaramente quale fosse lo scopo e il metodo con cui il PIL veniva calcolato. Il suo scopo era quello di creare un indice che sintetizzasse la produzione di una nazione in modo da poterla comprendere chiaramente e analizzare. Tuttavia questa semplificazione ha richiesto di selezionare degli aspetti tralasciandone altri; in questo senso il primo appunto che Kuznets fa al suo stesso indice è l’importanza di leggerlo avendo ben chiara la sua parzialità:

The valuable capacity of the human mind to simplify a complex situation in a compact characterization becomes dangerous when not controlled in terms of definitely stated criteria. With quantitative measurements especially, the definiteness of the result suggests, often misleadingly, a precision and simplicity in the outlines of the object measured.90

Il secondo aspetto sottolineato da Kuznets è che ciò che questo strumento misura, ovvero la produzione, non è da intendersi anche come misura del benessere della popolazione. In più passaggi egli sottolinea che aspetti importanti che concorrono al benessere vengono invece tralasciati dal PIL per motivi di semplificazione e per la loro difficile contabilizzazione. In questo senso Kuznets afferma chiaramente l’errore in cui si incorre laddove si voglia utilizzare il PIL come misura del benessere:

Economic welfare cannot be adequately measured unless the personal distribution of income is known. And no income measurement undertakes to estimate the reverse side of income, that is, the intensity and unpleasantness of effort going into the earning of income. The welfare of a nation can, therefore, scarcely be inferred from a measurement of national income as defined above.91

La critica al PIL si è concentrata spesso su ciò che esso non inserisce nelle sue stime, rendendole quindi incomplete, e sull’erronea associazione tra reddito e benessere che si è affermata negli anni. Tuttavia si è visto come alla sua creazione questi due principi fossero già stati chiariti: Kuznets ha chiaramente messo in guardia contro l’uso scorretto di queste misure causato dalla mancata comprensione del loro reale significato:

The abuses of national income estimates arise largely from a failure to take into account the precise definition of income and the methods of its evaluation which the estimator assumes in arriving at his final figures.92

I timori di Kuznets riguardanti un uso scorretto del suo strumento si sono rivelati estremamente fondati: il PIL è stato preso e utilizzato come misura accurata dello sviluppo economico e il suo incremento è diventato lo scopo ultimo di ogni Governo. L’associazione tra reddito e benessere si è affermata con sempre maggior vigore a dispetto delle voci

90 The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 1929-

1932, Washington, United States Governament Printing Office, 1934

91 Ivi, p 6 92

contrarie e lo stesso Kuznets ha continuato a criticare nel corso degli anni l’uso scorretto che ne veniva fatto.

Cercando di tracciare un analisi di come la critica al PIL sia stata percepita anche dal resto dell’opinione pubblica credo sia interessante notare come questi anni siano segnati da una scarsa attenzione popolare: la critica si muove ancora solo in circoscritti circoli accademici. In questo periodo di forte crisi economica, l’interesse dei cittadini viene totalmente assorbito dagli sforzi bellici e in seguito dalla ricostruzione (anni ’30-’40).

Gli anni ’50 sono gli anni in cui gli Stati Uniti sanciscono il loro primato economico e politico a livello mondiale: tra il 1945 e il 1970 infatti il reddito reale pro capite aumentò del 55% e il tasso di disoccupazione oscillò tra il 3% ( 1952-1953) e il 6,8%93. La maggiore disponibilità di lavoro e redditi favorì lo sviluppo delle famiglie middle-class incidendo anche sull’aumento demografico: la popolazione USA, grazie al fenomeno del baby boom, aumentò del 20% durante questo decennio.94 Famiglie più numerose e più ricche compravano di più e spendevano di più dando vita al boom economico. Questo sviluppo non ebbe luogo solamente negli USA ma interessò anche altri paesi dell’Europa dell’Ovest e il Giappone, paesi in cui l’influenza statunitense era notevole soprattutto in campo economico date le scelte imposte dal piano Marshall.

In questo panorama apparentemente positivo le voci dissonanti sono presenti; nel suo famoso libro del 1958 The Affluent Society Kenneth Galbraith criticava lo sviluppo economico evidenziando come gli Stati Uniti si stessero arricchendo economicamente ma sulle spalle degli stessi consumatori. Galbraith analizza e critica la società “opulenta” plasmata dallo sviluppo economico; ne sono esempi la mancanza di infrastrutture sociali e le sperequazioni nella distribuzione dei redditi. La sua critica si estende al sistema produttivo in sé che limita le scelte del consumatore e impone ritmi di crescita insostenibili. Egli sottolinea come l’aumento della produzione di un bene debba andare di pari passo con l’aumento della produzione dei beni correlati: se si vendono più auto si avrà bisogno di più benzina e, aggiunge ironicamente, di un maggior numero di parcheggi. La ricerca di un approccio equilibrato è l’unico modo per evitare il sorgere di conflitti e squilibri all’interno della società, cosa che invece avviene puntualmente nella società che persegue la massimizzazione della produzione come unico obbiettivo.95 Questi e altri aspetti che annullano gli effetti positivi della crescita economica sono delineati nel suo studio e saranno ripresi e condivisi da molti

93 A. Testi, Il secolo degli Stati Uniti, Bologna, Il Mulino, 2008 94Ivi, p189

95

altri autori negli anni successivi. Si vedrà nel prossimo capitolo l’influenza che questi concetti hanno avuto nel creare gli indicatori alternativi al PIL. “La grande importanza attribuita al PIL, i dati a esso relativi e i criteri che lo conformano sono alla base di una delle più diffuse menzogne sociali”: questa è l’opinione espressa da Galbraith per quanto riguarda questa misura che a suo parere è stata usata in modo ingannevole per proporre come positivo uno sviluppo che al contrario ha avuto e ha effetti altamente negativi sulla maggior parte delle persone.96

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