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2. PARTE SPERIMENTALE

2.3 M ETODICHE ANALITICHE PER L ’ ANALISI DEI METALLI

2.3.3 Spettrometria di massa con sorgente a plasma (ICP-MS)

2.3.3.2 Apparecchiature e aspetti strumentali

La soluzione analitica contenente il campione viene aspirata da una pompa peristaltica e introdotta nella torcia per azione di un nebulizzatore. I nebulizzatori più comuni sono quelli pneumatici, nei quali il campione incontra un flusso di argon che dà luogo alla formazione di un aerosol. L’aerosol entra in una camera di nebulizzazione, diminuisce la sua velocità di flusso e permette alle gocce più grandi di depositarsi e uscire dal tubo di drenaggio. L’aerosol prodotto dal sistema d’iniezione viene inviato nella sorgente al plasma 50.

50http://www.soschimica.it/files/Emissione.pdf

Il plasma è ottenuto innescando la formazione di ioni Ar+ in un flusso di Ar mediante una

scarica elettrica. Gli ioni sono accelerati da un campo magnetico oscillante prodotto da una bobina d’induzione a radiofrequenza (RF), percorsa da corrente alternata ad elevata frequenza, che si trova attorno alla camera del gas. Il campo magnetico oscillante interagisce con le particelle di Ar+ trasferendo energia sotto forma di energia cinetica: le particelle di Ar+ vengono

quindi istantaneamente accelerate e si urtano sempre più rapidamente; di conseguenza si ha un rapido innalzamento della temperatura del gas, fino alla formazione del plasma. Il continuo e rapidissimo trasferimento di energia dalla bobina al plasma di ioni Ar+ permette di raggiungere

temperature molto elevate, intorno ai 6000- 7000 K, dovute agli urti ad elevata velocità tra le particelle di gas ionizzate che si muovono nel plasma in seguito alle forti correnti elettriche indotte dal campo magnetico oscillante. Il dispositivo che produce il plasma è detto torcia perché il plasma prodotto assume visibilmente la forma di una fiammella. L’aerosol prodotto dal sistema d’iniezione è quindi introdotto nel plasma, si disgrega, si eccita e si ionizza a sua volta, emettendo lo spettro a righe caratteristico degli elementi da analizzare che contiene. La luce prodotta dalla torcia, tramite una fenditura d’ingresso, passa al monocromatore dove viene scomposta nelle singole righe analitiche.

La torcia è costituita da tre tubi coassiali, solitamente di quarzo: nel tubo centrale fluisce l’Ar (circa 1 l/min) che trasporta l’aerosol di campione e perciò viene detto flusso del campione; nel tubo intermedio fluisce Ar (1-3 l/min) detto gas ausiliario, che facilita l’inserimento dell’aerosol al centro del plasma e impedisce a quest’ultimo di arrivare a contatto con le pareti della torcia; nel tubo più estremo fluisce Ar (7-15 l/min) a spirale ad elevata velocità e costituisce il gas del plasma: è questo gas a produrre l’anello toroidale di plasma grazie all’accoppiamento con il campo a radiofrequenza prodotto dalla bobina che avvolge la parte superiore della torcia; inoltre contribuisce al raffreddamento della torcia.

Al di sopra della torcia si forma un pennacchio luminoso che assomiglia ad una fiamma, costituito da un anello toroidale di plasma mantenuto in tale stato dal trasferimento di energia tra il campo magnetico oscillante generato dalla bobina a RF 51. In tal modo vengono mantenute

le altissime temperature necessarie alla produzione del plasma che si presenta come un anello toroidale deformato dal flusso del gas che trasporta il campione nebulizzato.

51La configurazione toroidale del plasma è ottimale per fini analitici perché consente l’introduzione di campioni liquidi nebulizzati, solidi particellati o gassosi direttamente nella zona centrale del plasma, dove quasi istantaneamente avviene la loro volatilizzazione, atomizzazione ed eccitazione (Fonte: http://ita.arpalombardia.it/ita/console/files/download/7/07_Caroli_pres.pdf)

Figura 28: Diagramma schematico di una torcia ICP nella quale un flusso di argon viene portato in forma di plasma. Ioni ed elettroni percorrono all’interno del plasma traiettorie circolari dando luogo allo sviluppo di forte calore con temperature di norma di almeno 7000 K.

(Fonte: http://people.unica.it/filippomariapirisi/files/2010/09/Chim-Anal-2.pdf; http://www.soschimica.it/files/Emissione.pdf)

Attraverso il tubo centrale il campione “buca” l’anello toroidale di plasma prodotto dal gas ionizzato e forma il pennacchio luminoso, in cui si possono distinguere tre zone:

zona cava, in cui arriva il campione (6500- 8000 K) zona del plasma concentrato (circa 10000 K)

zona di eccitazione - osservazione (6000 – 6500 K) in cui si ha l’eccitazione del campione. Le radiazioni prodotte da questa zona vengono prelevate ed inviate al monocromatore. Le radiazioni monocromatiche vengono successivamente inviate ad una batteria di rivelatori (fotomoltiplicatori) che misurano simultaneamente la quantità di luce relativa alla riga analitica di svariati elementi (emissione).

L’interfaccia tra il sistema di atomizzazione e l’analizzatore di massa è costituita da un cono (sampler) avente una piccola apertura attraverso cui fluisce il campione, che entra in una zona a bassa pressione (1 torr), dalla quale, attraverso un’altra apertura conica (skimmer) passa in una seconda camera a vuoto. Le basse pressioni sono ottenute con l’ausilio di pompe.

Nella camera a vuoto la pressione è sufficientemente bassa da permettere alle lenti ioniche di selezionare le specie cariche (distinguendole da specie neutre e fotoni) e di trasmetterle all’analizzatore di massa ovvero il quadrupolo. Qui vengono separate le specie con diverso rapporto massa/carica m/z: variando opportunamente i potenziali applicati alle coppie di barre del quadrupolo, gli ioni con diverso rapporto m/z raggiungono progressivamente il rivelatore. Si ricava così lo spettro di massa. Strumenti ad alta risoluzione sfruttano analizzatori di massa elettrostatici/magnetici; questi strumenti, di costo molto elevato, vengono utilizzati nel caso

della determinazione di specie che possano dare interferenze isobariche (sovrapposizioni di righe con rapporto massa/carica molto simile) difficili da risolvere.

Come rivelatori vengono usati moltiplicatori di elettroni che trasformano in un segnale elettrico amplificato l’energia ricevuta dagli ioni. Il calcolatore gestisce il funzionamento dello strumento ed elabora i segnali. Un tipico spettro ICP-MS riporta l’intensità (ioni/s) in funzione della massa di ciascuno ione. L’intensità è proporzionale alla concentrazione di analita.

La concentrazione può anche essere valutata con il metodo per diluizione isotopica. Si misura il rapporto tra le intensità di due isotopi dell’analita in assenza d’interferenze nel campione tal quale e dopo l’aggiunta di una quantità nota di uno degli isotopi.

I vantaggi dell’ICP possono essere riassunti qui:

Ottima sensibilità e limiti di rivelabilità inferiori ai µg/l (spesso a livello di ng/l); Ridurre al minimo le interferenze;

Possibilità di determinazioni multielementari simultanee (sia metalli che non metalli); Limitato effetto matrice;

Ampio intervallo dinamico lineare (5 ordini di grandezza); Tempi di analisi brevi (circa 15 minuti);

Possibilità di effettuare analisi basate sul principio della diluizione isotopica;

Gli svantaggi maggiori sono dovuti ai costi elevati di analisi e di mantenimento della strumentazione e nell’analisi di matrici complicate e problematiche come per esempio le soluzioni saline. Quest’ultimo svantaggio è stato superato nei laboratori ARPAV con l’utilizzo di sistemi a celle di reazione e collisione che minimizzano gli effetti dovuti a interferenti di matrice. Questa tecnica, migliorata nel tempo attraverso l’acquisizione da parte dei laboratori ARPAV di strumentazione sempre più sensibile, è stata utilizzata per ottenere i dati da arsenico, cadmio, cromo, piombo durante tutti i 15 anni valutati. Inoltre la tecnica è stata parzialmente utilizzata anche per ottenere risultati da nichel e mercurio.

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