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L’appello come novum iudicium o come revisio prioris instantiae?

RIFLESSIONI CRITICHE SULL’ONERE DI APPELLO INCIDENTALE DELLA PARTE VITTORIOSA NEL MERITO

4.3. L’appello come novum iudicium o come revisio prioris instantiae?

Passiamo ora al punto di cui alla lettera b).

La ricostruzione che le sezioni unite fanno del giudizio di appello in termini di

novum iudicium non può che suscitare qualche perplessità alla luce dell’attuale diritto

positivo e della stessa giurisprudenza di legittimità.

È infatti costante in giurisprudenza l’affermazione secondo cui l’atto di appello non introduce un novum iudicium bensì una revisio prioris instantiae, cioè un giudizio di revisione della sentenza di primo grado (205). Ciò significa che l’oggetto

(203) Cfr., ex multis, Cass., 19 aprile 2002, n. 5721, in Riv. dir. proc., 2004, p. 329 ss., con nota di R. POLI, La devoluzione di domande e questioni in appello nell’interesse della parte vittoriosa nel

merito; v., di recente, R. POLI, Giusto processo e oggetto del giudizio di appello, cit., p. 57. (204) Sul punto, v. infra n. 4.4.

(205) V., ex multis, Cass., 21 maggio 2008, n. 13080, in Guida dir., 2008, 33, p. 71 ss.; Cass., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28498, in Foro it., 2006, I, c. 1436 ss.

In dottrina, aderiscono a tale indirizzo, DE CRISTOFARO, Inammissibilità, appello senza motivi

ed ampiezza dell’effetto devolutivo, in Corr. giur., 2000, p. 761 ss.; R.POLI, I limiti oggettivi delle

impugnazioni ordinarie, cit., spec. p. 448 ss.; MANCUSO, I motivi specifici dell’atto di appello, in

Giust. civ., 2006, I, p. 877 ss., spec. p. 884.

Sono invece contrari, MONTELEONE, Diritto processuale civile, Padova, 2002, pp. 583-585 e 615 ss.; BALENA, Elementi di diritto processuale civile. Le impugnazioni, II, 2, Bari, 2004, p. 82 ss.; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, Padova, 2004, pp. 63 ss. e 71 ss.; MANDRIOLI, Diritto

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diretto del giudizio di appello non è la controversia di primo grado, bensì la sentenza di primo grado, nei limiti degli specifici motivi d’appello proposti dalle parti (206). Sono pertanto devolute al giudice superiore solo le singole, specifiche parti di sentenza investite dai motivi di impugnazione (c.d. principio tantum devolutum

quantum appellatum) (207).

Solo in questo senso può parlarsi dell’appello quale revisio, cioè l’appellante non può lamentarsi genericamente dell’ingiustizia della decisione oppure richiamare le argomentazioni difensive svolte in primo grado, ma deve indicare specificamente i motivi di impugnazione e contrastare le argomentazioni della sentenza (208). È evidente che l’onere della specificazione dei motivi di appello è direttamente correlato alla motivazione della sentenza impugnata.

Il rapporto giuridico sostanziale, infatti, entra nel giudizio di appello attraverso il filtro della pronuncia di primo grado, ed è per questo che il giudice di appello ha come necessario parametro di riferimento la sentenza impugnata, e ciò in virtù della «funzione stessa dell’impugnazione che è pensata soprattutto per un progressivo affinamento della decisione» (209): questa impostazione, del resto, si armonizza con il ruolo centrale che il giudizio di primo grado svolge nell’attuale sistema processuale, che demanda invece all’appello una funzione di controllo della giustizia della sentenza di primo grado (210).

processuale civile. Il processo di cognizione18, II, Torino, 2006, p. 444 ss.; BALENA-ORIANI-PROTO PISANI-RASCIO, Oggetto del giudizio di appello e riparto degli oneri probatori: una recente (e non

accettabile) pronuncia delle sezioni unite, in Foro it., 2006, I, spec. c. 1438 s.

(206) V., sul punto, MINARDI, Capire l’appello civile, in www.lexform.it; MINARDI, Il giudizio

d’appello come «revisio prioris instantiae», ivi.

(207) V. ampiamente R. POLI, Giusto processo e oggetto del giudizio di appello, cit., p. 56 ss. (208) Cass., 21 maggio 2008, n. 13080, cit.

(209) L’espressione è di ROMANO, Profili applicativi e dogmatici dei motivi specifici di

impugnazione nel giudizio d’appello civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2000, p. 1246, il quale pone in

luce come tale affinamento sia assai meglio garantito, in linea di principio, dal giudice che si misura criticamente con la decisione precedente, che non da quello che si concentri direttamente sulla realtà giuridica sostanziale.

(210) Come è noto, la legge n. 353 del 1990 e le successive riforme hanno inteso rivalutare al massimo il giudizio di prima istanza, producendo un effetto di responsabilizzazione delle parti nella gestione delle loro difese.

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Ragion per cui tale mezzo di impugnazione è venuto ad assumere i caratteri di

revisio prioris instantiae, anziché di novum iudicium, ossia di un’impugnativa

avverso la sentenza, piuttosto che di rimedio introduttivo di un giudizio sul rapporto controverso (211).

Diverse disposizioni del codice di rito (212) e la stessa evoluzione legislativa del giudizio di appello depongono in questo senso (213).

Nulla quaestio, invece, in relazione alla natura di gravame sostitutivo che

caratterizza l’appello: un mezzo di impugnazione a critica libera (poiché le tipologie di censure ammesse avverso la sentenza di primo grado non sono predeterminate), ma a cognizione limitata dagli specifici motivi di appello e dalle domande ed eccezioni non accolte e riproposte dalle parti, che delimitano l’àmbito della cognitio nel processo di seconda istanza, al termine del quale la sentenza di primo grado sarà sostituita dalla sentenza di appello (214).

Più in generale, mi sembra che si possa legittimamente affermare che la configurazione dell’appello quale revisio soddisfi maggiormente le esigenze espresse dai princìpi del giusto processo: vuoi in termini di efficienza ed effettività dell’attività giurisdizionale, vuoi in termini di razionalità ed ottimizzazione dell’impiego dell’attività decisoria, e quindi con evidenti ed innegabili benefici anche in termini di ragionevole durata del giudizio di appello (215).

(211) Così la relazione tematica n. 111 del 18 settembre 2006, red. Carrato, su «L’oggetto dell’appello ed il requisito della specificità dei motivi», Corte suprema di cassazione, Ufficio del massimario e del ruolo, in www.cortedicassazione.it, p. 5 ss.

(212) Si pensi, ad esempio, agli artt. 329, comma 2°, 342, comma 1°, 345 e 346 c.p.c.

(213) Ricostruisce, sia pure sinteticamente, il processo evolutivo del giudizio d’appello, Cass., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28498, cit., con nota di BALENA-ORIANI-PROTO PISANI-RASCIO, op. cit., c. 1436 ss.; R. POLI, L’oggetto del giudizio di appello, in Riv. dir. proc., 2006, p. 1397 ss.

(214) V. nota 211.

(215) Per un’ampia riflessione sui rapporti tra il giusto processo e i diversi modelli di giudizio di appello, v. R. POLI, Giusto processo e oggetto del giudizio di appello, cit., p. 54 ss.

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4.4. Rilievi critici sull’impugnabilità della pronuncia implicita sulla