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La «parola assoluta» e il Testo Sacro: incursioni del divino nell'opera fenogliana

ARCANGELO/ARCANGELICO

Non sarebbe più sceso in città, pensava salendo alla collina nella notte violetta, se lascerà quella collina sarà soltanto per salire su una più alta, nell'arcangelico regno dei partigiani66.

La citazione con cui ho aperto questa voce è stata estrapolata da una delle

64 Ivi, p. 222.

65 G. L. BECCARIA, Fenoglio, un classico del nostro secolo, cit., p. 11. 66 PJ, p. 27.

scene di maggior enfasi drammatica del Partigiano Johnny: l'investitura del protagonista da uomo comune a partigiano, ad eroe. Nel momento in cui il giovane sceglie di agire e di opporsi al regime nazifascista e alle aberrazioni da esso elette a sistema, il romanzo assume un tono epico: Johnny assurge «all'arcangelico regno dei partigiani» sperando di lasciarsi alle spalle i momenti di pusillanimità e le giornate oziose, i cedimenti dell'anima e il rimorso per il dolore che provoca nei genitori, rei unicamente di «avere figli»67 in una congiuntura storico-politica poco felice.

Stilisticamente, è uno dei punti in cui l'aggettivazione è più sperimentale ed originale: nessuno, fino a Fenoglio, si era spinto a tal punto nella trasfigurazione, nessuno aveva osato attingere ad un lessico "sacro", della tradizione, per descrivere un gruppo di partigiani. Sembra quasi superfluo, infatti, ricordare che tra le caratteristiche degli arcangeli vi è quella di riflettere e mediare la luce dell'Eterno, accecante per le altre creature, e di trasmettere loro i Suoi ordini: questo è il motivo per cui Johnny, investendo di romanticismo e poeticità il gruppo cui va ad aggiungersi, mutua - dalla codificazione iconica sviluppatasi in ambito giudaico- cattolico, riadattandola ai partigiani - la funzione di garanti della libertà, della pace e dell'armonia. La sua ascensione alla collina vorrebbe forse avvenire sotto l'egida di Michele, l'arcangelo a cui convenzionalmente si attribuiscono qualità marziali, e del resto, sia nei Testi sacri, sia nelle raffigurazioni pittoriche, egli indossa una corazza e brandisca energicamente la spada con cui ha sconfitto Satana, l'eterno nemico. Già nei versi di John Milton all'Arcangelo era stato riconosciuto uno statuto epico, data la pervicacia con cui aveva sfidato il demonio; il poeta inglese lo aveva trasformato, per temperamento e coraggio, nell'oppositore perfetto per quel contorto e libertino "angelo caduto" che tanto avrebbe entusiasmato i lettori delle generazioni successive, ma adesso, nella narrazione fenogliana, Michele diventa il punto di riferimento morale di Johnny, soldato per vocazione.

Eppure tanto entusiasmo è destinato a durare poco: basta di fatti un primo incontro, e il giovane si rende conto che i partigiani veri difficilmente rilucono di virtù. Se in un primo momento egli si duole nel percepire che «ognuno di quegli

67 Ivi, p. 11.

uomini [i partigiani garibaldini], suoi nuovi compagni, gli fosse abissalmente inferiore per distinzione fisica»68, poco dopo il narratore prosegue nel descriverci la

delusione provata dal protagonista:

Il cuore di Johnny decadde, si squagliava, ecco non era già più consistente della neve intorno corrotta dall'arsenicale precoce, ingannevole disgelo. Ma che s'aspettava che fossero i partigiani? Questi, gli arcangeli?69

Ecco che Johnny, da sempre circonfuso di quella «vaga, gratuita, ma pleased and pleasing reputazione d'impraticità, di testa fra le nubi, di letteratura in vita»70,

rinuncia alla propria personale visione delle cose71, e acconsente a rapportarsi alla

realtà così come essa di presenta davanti ai suoi occhi: all'interno dei tanto idealizzati partigiani ci sono contadini, ex maestri, ragazzini, teppistelli, militanti nel partito, uomini che non sanno come sbarcare il lunario, sovversivi, mitomani, giovani in cerca di qualcosa che conferisca dignità alla loro vita, sognatori e ladri.

Per quanto nauseato dalla prima esperienza (il trovarsi in «the wrong sector of the right side»72 lo avvilisce non poco), in fin dei conti Johnny non abbandonerà del

tutto l'idea che, comunque, stare tra i "rossi" o gli "azzurri" sia di per sé un tratto distintivo, d'eccezione, un modo per elevare il proprio spirito. Del resto, nel passaggio tra la prima congregazione di partigiani e la seconda, egli ha modo di rinvenire un progressivo ingentilimento di modi, aspetto e costumi che meglio si accorda con la propria personalità. Da Giotto a Simone Martini73, in qualche modo;

68 Ivi, p. 56. Sullo stesso punto ribatte ancora il narratore poco dopo: «E mangiando [Johnny] osservò

gli altri, per trovarsi confermato e peggiorato in quella scoperta che nessuno era lontanamente della sua classe, fisica e non, a meno che un giorno o poco più di quella disperata vita animale-giunglare non imprimesse su tutti, anche su un genio d'imminente sbocciatura, quel marchio bestiale». (Ivi, p. 59)

69 Ivi, p. 57. 70 Ivi, p. 5.

71 Giusto per evidenziare ulteriormente la personalissima visione del mondo di Johnny, cito il passo

seguente: «Johnny marciava al basso, masticando col pane dell'armata questua la cioccolata comperata alla wayside osteria della Pedaggera, che era, per Johnny, l'equivalente sognato da Synge per la sua osteria nel "Playboy del Western World"». (Ivi, p. 144)

72 Ivi, p. 62.

73 «Gli azzurri erano più eleganti e flessuosi, stupendamente atti al bel gesto od al lungo, autocritico

la fisicità terrestre e dionisiaca dei "Rossi" viene sublimata dalla «gentlemanlike» superiorità degli "Azzurri":

i capi badogliani, eleganti, gentlemanlike, vagamente anacronistici, consideravano la guerriglia nient'altro che il proseguimento di quella guerra antitedesca di cui la disastrosa fretta dell'8 settembre non aveva permesso la formulazione dettagliata, ma che era praticamente formulata e bandita74.

E nonostante le chiare affinità, Fenoglio si premura a sottolineare che «Johnny naturalmente era un altro uccello in questo stormo»75, ovvero, ancora una

volta, un personaggio fuori chiave rispetto ad un amalgama ben costituito76. I

Badogliani dunque rappresentano per il protagonista solo un punto mediano, una tappa intermedia, nel percorso di ricerca del sé e dell'autoconsapevolezza; non possono di certo fornire la risposta definitiva a quella quête ontologica che egli ha intrapreso. Quando, infatti, si sofferma a valutare come sia isolato ed esiliato dalla città di Alba, che può sempre guardare dall'alto ma che, in qualche maniera, è ormai percepita come lontana ed inafferrabile, egli trae la conclusione seguente:

Finché non li vedevano, ma solo li sentivano sulle alture, i cittadini li giudicavano arcangeli… ma così i cittadini potranno vederci… e da bravi cittadini, se avranno da lodarsi per nove, ci stigmatizzeranno ferocemente per uno solo. Perché non apparire arcangeli, potendolo, fino allo smash finale?77

ASCESI


Questa e la voce precedente sono collegate per analogia: è chiaro che per

tagliati per la lunga grigia campagna, per lo sforzo pianificato e perpetuo, e soprattutto, con un terrificante aspetto di saper andar oltre quando per gli azzurri tutto era già finito da un pezzo». (Ivi, p. 198)

74 Ivi, pp. 157-158. 75 Ivi, p. 158.

76 Interessante, come proverò ad evidenziare alla voce "Cristo", che l'alterità del giovane sia espressa

facendo ricorso ad una metafora di ordine ornitologico: le venature messianiche del "partigiano perfetto" sono con buona probabilità visibili fin dalla prima parte del romanzo.

entrare nelle schiere dei difensori della libertà è imperativo abbracciare una condotta ascetica, che miri ad allontanare il singolo dai propri impulsi e dagli istinti primordiali. Prima che istanza ispirata a precetti religiosi, l'ascesi è una pratica di ordine meditativo, spirituale, filosofico: essa presuppone un impegno che non è tanto esteriore, quanto proiettato verso l'interiorità e che non va assunto soltanto all'inizio di un percorso di auscultazione e crescita morale, ma che, al contrario, va proseguito con costanza in ogni istante, come ben sintetizza la Regola benedettina78.

L'atteggiamento da tenere è quello del penitente, pronto a flagellarsi e a dolersi di ogni propria imperfezione; del resto è solo coltivando la modestia, le abitudini parche e il rispetto dell'operosità che si può sperare di migliorare. E nonostante questi siano solo i principali precetti del monachesimo benedettino, sembra quasi di scorgervi analogie precise con le norme comportamentali dei protestanti. Il partigiano-ideale mutua, similmente ai preti che seguono le direttive dell'Ordine, l'amore del silenzio, il disprezzo per le parole fatue e superficiali, una certa inclinazione al pauperismo e alla celebrazione dei piaceri umili della vita. Già Elisabetta Soletti aveva individuato quale cifra caratteristica del Partigiano Johnny la tendenza a leggere quella in collina come «un'esperienza vissuta in totale, cercata solitudine», e l'operato del protagonista come una ridda in cui si accalcano «prove e momenti sempre estremi, il combattimento e la fuga, la violenza e la paura, la salvezza e la morte»79.

E affinché non si creda che sia solo il più celebre romanzo fenogliano a nascondere, tra le maglie della narrazione, addentellati con Misteri o precetti religiosi, credo che un esempio significativo della contaminazione tra testi sacri e classici della letteratura, agiografie e racconti intimisti, possa essere offerto da War

can't be put into a book, uno degli scritti brevi che più tradiscono addentellati con la

biografia d'autore. Nel racconto in questione si fronteggiano due personaggi, dalla

78 Costituita da prologo e settantatré capitoli, la Regola istituita da Benedetto da Norcia nel 534 nella

sua parte conclusiva esplicita che il fedele o il monaco non si trova di fronte ad un ideale di perfezione, ma ad uno strumento per avvicinarsi a Dio. Più volte si ribadisce che essa è intesa principalmente

come guida per chi comincia il suo cammino spirituale. Per approfondimenti, si consultino: MASSIMO

LAPPONI, San Benedetto e la vita familiare: una lettura originale della regola benedettina, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 2009 e GREGORIO PENCO, Benedettini, Cistercensi, Francescani,

Domenicani, Gesuiti, Firenze, Nardini, 1999.

79 E. SOLETTI, Le figure femminili ne Il partigiano Johnny, in P. GRAMAGLIA, L. UGONA, M.

Weltanschauung diversa e contrapposta: Jerry, il giovane idealista, desideroso di

imprimere su carta l'esperienza che ha vissuto da partigiano, e un disincantato professore di lingua e letteratura inglese, l'io narrante, che scruta con divertita civetteria l'instancabile trascrivere su taccuini e quadernetti di quello che considera solo poco più di un ragazzo. Nel momento in cui si confrontano vis à vis sul valore della testimonianza e il peso che questa può avere da un punto di vista artistico, Fenoglio inserisce una battuta che probabilmente è il caso di riportare:

- War can't be put into a book, - citai in inglese. - Questo è vero, verissimo, - disse con una sorta di disperazione. - Me ne sto accorgendo. È come svuotare il mare con un secchiellino80.

Seppure con una facies diversa, il passo mi ha riportato alla mente il dialogo sulla spiaggia tra Agostino d'Ippona e un bambino, che poi si paleserà essere un angelo: il tentativo di comprendere il mistero della Trinità, di sintetizzarla e trattenerla in una mente limitata come quella dell'uomo81, fa il paio con l'ambizione

di chi, esattamente come Jerry, vorrebbe eternare un evento dalla portata universale come, nell'ottica fenogliana, la seconda guerra mondiale e l'esperienza del partigianato.

Anche se potrebbero apparire entrambe come operazioni velleitarie e forse destinate al fallimento, esse sono inconcepibili senza che si sia raggiunto uno stato di ascesi contemplativa praticamente perfetto.

BATTESIMO



L'ingresso tra i partigiani - Fenoglio ce lo ha descritto tante volte - avviene di solito dopo un periodo di auscultazione del proprio io e di ripensamento della propria personalità. Chi abbraccia la causa resistenziale spesso interrompe i rapporti con la

80 War can’t be put into a book, in TR, p. 148.

81 Il noto episodio cui ho fatto riferimento ha condizionato anche una certa vulgata pittorica, che ha

immortalato più volte il Santo e dottore della Chiesa accanto ad un infante, ad un vascello, o con le mani atte ad indicare il numero tre, esplicito rimando al Mistero della Trinità. Tra le pale d'altare che hanno scelto questo tema, si ricordi almeno quella realizzata da Michael Pacher, nel 1480, e che oggi è conservata presso la Alte Pinakothek di Monaco.

propria famiglia di origine, con gli amici, con le abitudini che scandivano giornate ormai lontane. Non è solo un artificio retorico, volto ad evidenziare l'inesorabilità della scelta che si è compiuta; testimonianze biografiche più che attendibili82

riportano che lo stesso scrittore, maturata l'idea di voler aderire ai gruppi rivoluzionari riuniti in collina, preferì abbandonare la propria identità borghese e nascondersi dietro un nome di fantasia (inizialmente propendette per il bronteano Heathcliff, ma infine optò per il "domestico" Beppe). In più testi, racconti ma anche frammenti teatrali, Fenoglio mette in scena personaggi che si costruiscono un'altra identità: lo pseudonimo può essere la deformazione del proprio nome di battesimo, un nomignolo magari risalente all'infanzia o alla prima giovinezza, ma anche un'espressione di scherno, l'allusione ad una particolare caratteristica fisica o psicologica, l'omaggio ad un personaggio fittizio particolarmente amato e così via; insomma, la vita del partigiano inizia spesso con una sorta di secondo battesimo. Più che rito di iniziazione, credo che proporsi con un altro nome sia una prescrizione atta a garantire l'invulnerabilità al gruppo, una strategia per evitare il più possibile incursioni esterne. Del resto, già nella Regola benedettina, uno dei testi legislativi del monachesimo che più hanno influenzato il tessuto sociale, il fondatore dell'Ordine dava chiare disposizioni in merito al rapporto tra i religiosi e il mondo esterno, indicando esplicitamente che vi fossero meno occasioni possibili di contatto tra le due realtà. Evitare di intrattenersi con la famiglia di origine o di amministrare i beni che si possedevano prima dell'ingresso in monastero, ad esempio, costituisce uno dei primi passi per salvaguardare la vita contemplativa, l'unione con Dio e la sacralità della preghiera. Si tratta, nel caso benedettino, non solo del tagliare i rapporti con l’esterno, ma anche di evitare incontri che potrebbero distogliere l'attenzione del monaco dalla meditazione e dal Verbo all'interno del monastero. Quasi obbedendo

82 Solo un fugace inquadramento biografico: il primo raggruppamento di cui Fenoglio entra a far parte

nel gennaio '44 è quello comunista della Brigata "Garibaldi", comandata dal tenente Rossi ("il Biondo"), che opera tra Murazzano e Mombarcaro. Dopo lo scontro di Carraù e l'intervento di Monsignor Luigi Grassi - ricordato nel primo capitolo -, lo scrittore e il fratello Walter si unirono alle "Formazioni Autonome" del presidio di Mango e Treiso in mano al comandante Lampus (Enrico Martini Mauri) e al comandante Nord (Piero Balbo). Per quanto riguarda la scelta dello pseudonimo, si rimanda alla missiva spedita dallo scrittore all'amica Anna Maria Buoncompagni, nel febbraio 1947: B. FENOGLIO, Lettere …, cit., pp. 14-15.

alle normative della Regola, tra i partigiani vige lo stesso tacito patto di rompere i ponti con la propria identità civile: non ci si spiegherebbe, altrimenti, lo strazio dei familiari che vanno a chiedere informazioni di figli da tempo dispersi, consegnati alla Resistenza e forse non più rintracciabili proprio per l'impossibilità di denominarli univocamente:

VIANDANTE

Signora, una parola, per l'amor di Dio. Lei è di qui? BOTTEGAIA

Sì. Che vuole? Cosa cerca? VIANDANTE

Mio figlio partigiano. Non aveva ancora diciott'anni. Vengo da Bra per cercarlo. BOTTEGAIA

A piedi!? VIANDANTE

A piedi. Qui eravate pieni di partigiani, non è vero? [...]

VIANDANTE (illuminandosi)

Allora sono sulla buona strada. Forse mio figlio stava proprio qui di base, forse voi l'avete visto cento volte.

BOTTEGAIA Chissà. Erano tanti. VIANDANTE

Un ragazzo di non ancora diciott'anni, ma già formato come un uomo, con la faccia allegra e un ciuffo...

BOTTEGAIA

Erano tanti. Se provate a dirmi il suo nome... VIANDANTE

Sergio.

BOTTEGAIA

Ma Sergio è il suo nome di casa, il suo nome vero. Io ho bisogno di sapere il suo nome di battaglia.

VIANDANTE

BOTTEGAIA

E allora... (allarga le braccia) Vedete, noi lo conoscevamo più che altro dai loro nomi di battaglia83.

I Prologhi riuniti e pubblicati in appendice alla nuova edizione del Teatro, da cui la citazione precedente è tratta, allargano la visuale dal patimento del partigiano a quello dei suoi familiari, di chi vive giorno per giorno nell'angoscia e nell'incertezza e che poi non può neanche piangere il cadavere del proprio ragazzo.

Allo sconforto dei parenti si contrappone, in un certo senso, la condotta sobria di chi – e qui vi è il punto che ci preme maggiormente – non ha bisogno di ricordare i dettagli della sua esistenza passata. Così Sceriffo, nella pièce Solitudine:

Non mi sento più come Domenico. Debbo chiamarmi Sceriffo, se voglio sentirmi e girarmi verso me stesso. Sono realmente un vecchio partigiano84.

Diverso il discorso per Johnny e Milton, che si comportano nel campo di battaglia esattamente come nell'intimità della casa o tra i banchi di scuola. Prova ne sia il fatto che Johnny è chiamato così fin dagli anni del liceo, proprio per la sua passione per «England and things English»85 e che di Milton non ci viene fornito

alcun dettaglio biografico che ci permetta di immaginarlo (a parte le fugaci apparizioni nella villa di Fulvia) in un contesto familiare o borghese; nel loro caso si può davvero parlare di una precoce e incoercibile attitudine alla "guerre sur le collines", che non necessita di una formalizzazione para-sacramentaria: la loro vocazione è davvero un unicum.

CAINO
e
ABELE


Uno degli aspetti forse più toccanti, in quel grande romanzo musivo che è Il

83 Prologo d, in T, pp. 313-314. 84 Solitudine, in ivi, p. 269. 85PB, p. 75.

partigiano Johnny, è la storia familiare di Kyra, quel giovane così creativo e

coscienzioso da meritare, agli occhi di Johnny, l'appellativo di «puritano»86. Kyra

(come al protagonista viene rivelato da Pierre) vive un'intima lacerazione degli affetti e del sistema di valori, dato che il fratello - il punto di riferimento fondamentale durante l'adolescenza del personaggio, così come in un flashback ci viene comunicato dal narratore - indossa la camicia nera, milita attivamente tra i nazi-fascisti e si impegna, con passione e competenza, nel rastrellare i territori intorno Asti in cerca di partigiani e ribelli:

Kyra aveva un fratello maggiore, e ufficiale del presidio fascista di Asti. E, disse Pierre, era buono per i fascisti come Kyra era buono per loro. - Prova a spiare Kyra quando trasportano al comando un fascista catturato o passa per la fucilazione. Lo vedi agonizzare e seguire da lontano e lateralmente la processione che sempre l'accompagna. E se si trattasse di suo fratello, puoi star certo, Johnny, che Kyra non intercederà per lui, sebbene noi non lo giustizieremmo mai, proprio perché è il fratello di Kyra. Ma si sa che in Asti il fratello la pensa allo stesso modo, ha pubblicato che suo fratello non avrà pietà in quanto suo fratello, ma curerà lui stesso che la giustizia fascista segua il suo corso87.

La soggettiva sulla vita personale di Kyra permette a Fenoglio di ragionare su un tema di grande contemporaneità, nell'immediato dopo-guerra: l'atteggiamento da tenere nei confronti dei fascisti, dei collaborazionisti e dei repubblichini di Salò. Ciò che allo scrittore sembrò subito chiaro, come ci testimonia la complessa vicenda editoriale che lo vide protagonista in casa Einaudi, è che quello tra partigiani e sostenitori del Duce fu un vero conflitto endogeno, una "guerra civile".

Non pretendo certo qui di entrare nel merito della diatriba, anche perché essa offre ben pochi agganci con la ricerca che si sta conducendo, per cui mi limiterò solo ad evidenziare che la contrapposizione etica e valoriale dei due schieramenti non si esaurisce nell'adesione ad un determinato partito: certo, Kyra e il fratello hanno percepito distintamente, dentro di loro, l'impulso a servire due cause contrapposte,

86 A tal proposito, si consulti proprio la voce "puritano" di questo sillabario. 87 PJ, p. 166.

hanno scelto di aderire a due gruppi caratterizzati da parametri di giudizio e schemi morali profondamente antitetici, ma - come sottolinea Pierre - entrambi hanno optato per la via dell'impegno e della rinuncia. In qualche maniera, essi sono legati nelle azioni quotidiane: offrendo agli altri la propria precisione, il proprio ingegno e la propria naturale attitudine speculativa, agiscono alla pari, rispettando un comune codice deontologico. In quel caso, dunque, tra partigiani e fascisti è lecito immaginare una sorta di terreno comune, al punto che i due giovani, all'insaputa

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