Le due guerre mondiali portarono ad una brusca interruzione delle operazioni archeologiche in Albania.61 Qui dopo l'istituzione del regime comunista nel 1946, furono i temi dell'orgoglio nazionale, della sovranità e dell’ideologia politica, esplicitati dal partito comunista al governo, ad essere al centro degli studi accademici. Allo stesso tempo, l’applicazione delle idee marxiste ai temi della ricerca archeologica diveniva il necessario lasciapassare per dedicarsi alle attività scientifiche62. Il regime aveva bisogno di creare una narrazione su una passata grandezza che avrebbe allo stesso tempo alimentato i timori propagandistici dell'invasione capitalista e ispirato il progresso
56 Rey 1925; Rey 1935. 57 Santoro 2003, 166.
58 A seguito di una decisione che coinvolse Mussolini, il capo della Legazione Italiana a Durazzo e il capo della Missione Scientifica del Levante, cfr Santoro 2003, 166.
59 Sulla figura di Ugolini si veda da ultimo De Maria 2016, 22–36. 60 Ugolini 1927; Ugolini 1928.
61 Ceka 2003, 21. 62 Bekteshi 2016, 31–32.
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industriale, seguendo il modello etnogenico sovietico del 193063. Attraverso le evidenze archeologiche, il regime cercava di delimitare i propri confini geopolitici e di creare un'idea di nazione, costruendo un’identità culturale fortemente legata alla continuità illirico-arberesh-albanese, mirata a consolidare anche i rapporti non facili con gli stati confinanti. E’ evidente quindi che la pressione politica abbia fortemente influenzato l’istituzionalizzazione dell’archeologia albanese. Inoltre, il patrimonio archeologico in sé è stato di primaria importanza nella costruzione e nel rafforzamento delle identità nazionali e culturali; la coesistenza dell’archeologia con il regime ha quindi creato dei “vuoti logici” nel tentativo di raggiungere conclusioni pre-ordinate sugli artefatti Illirici. La prima generazione di archeologi del regime, tra gli anni ’50 e ‘60 venne formata nell’Unione Sovietica64; a loro volta poi questi formarono la generazione successiva. Con la caduta del regime perciò praticamente nessun archeologo aveva avuto esperienze di prima mano dell’archeologia europea occidentale o americana. I pochi che avevano avuto contatti oltre la cortina (Neritan Ceka, Aleksander Meksi, Genc Pollo) orientarono poi le loro carriere verso l’impegno politico.
A partire dagli anni ’70 del secolo scorso l’archeologia albanese definisce i propri caratteri metodologici e culturali, iniziando un confronto con il contesto europeo. E’ in questi anni che lo studio del patrimonio archeologico comincia a spostarsi dai grandi centri ai suburbi della città ed al territorio. L’attenzione si rivolge ai centri illirici fortificati65, al fenomeno dell’urbanizzazione66 e all’archeologia subacquea. In particolare tra gli anni Settanta e Ottanta prendono il via alcuni progetti di studio del territorio tramite ricognizioni e posizionamento di siti noti ed emergenze provenienti dai numerosi cantieri di bonifica agraria ed edilizia urbana67. I primi tentativi di ricognizione del territorio albanese risalgono agli sforzi congiunti di Hasan Ceka e Skender Anamali di
63 Hodges 2004, 149. 64 Ceka 2003, 21.
65 Islami 1971; Miraj F. 1971; Frasheri 1972; Baçe and Karaiskaj 1973; Ceka 1986 .
66 In particolare l'attenzione fu concentrata sulle fortificazioni, partendo dalle analisi dei rilievi e delle murature; l’analisi si limitava però al confronto fra le planimetrie urbane di diversi siti, solitamente privi dei loro contesti, con l’obiettivo di definire modelli culturali di riferimento per l’urbanistica illirica ed epirota, si veda in generale Karaiskaj 1981; Ceka 1983; Ceka 1985; Bace 1976; Karaiskaj and Bace 1975. 67 Nello specifico, ricognizioni estensive, definite variamente in Albanese vëzhgime arkeologjike (sorveglianza archeologica), vrojtime arkeologjike (osservazioni archeologiche), gjurmime arkeologjike (investigazioni archeologiche). Non esisteva di base una metodologia condivisa, piuttosto gli archeologi mettevano insieme dati da ricognizioni nei campi, notizie orali dagli abitanti dei villaggi, ritrovamenti casuali e scavi cfr Lafe 2006, 332.
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mappare i siti nazionali. Sulla scia di questo primo progetto si allineano le ricerche di H. Ceka sulla via Egnatia68 e sulla piana di Elbasan69 a cui seguono quelli di Hammond70. Dopo gli scavi compiuti sulle colline di Dautaj e Kokomani71, il territorio di Durrës comincia ad essere studiato anche al di fuori del suburbio della città. L’archeologo che più di altri si occupa del vasto territorio della città è Halyl Myrto. Myrto indaga a più riprese posizionando siti e ritrovamenti sia nel comparto meridionale72 che settentrionale73 della zona indagata.
68 Ceka 1971; Ceka and Papajani 1971. 69 Ceka 1972.
70 Hammond 1974. 71 Santoro 2003, 168. 72 Myrto 1974; Myrto 1982. 73 Myrto 1981.
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Figura 7 Carta dei monumenti da Myrto 1982
A Myrto va riconosciuto il merito di aver affrontato un primo studio “globale” del territorio con un ampio raggio di ricerca e in un’ottica diacronica (i siti censiti vanno dalla preistoria al medioevo). I limiti della sua ricerca però sono evidenti. Il primo è sicuramente la mancanza di un posizionamento preciso ed affidabile dei rinvenimenti: la carta dei siti, infatti, è poco più di uno schizzo, senza alcuna coordinata o rifermento geografico. I siti nel testo sono menzionati in relazione ad elementi geomorfologici o urbani poco distinguibili. La cronologia dei siti presenta anch’essa problemi: i metodi di datazione non sono esplicitati e i siti sono datati per parentesi cronologiche ampie e che si rifanno alla letteratura archeologica albanese corrente, senza tenere conto dei contesti dei singoli siti. Myrto si è anche occupato di un settore particolarmente complesso dal punto
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di vista della ricostruzione dei paesaggi antichi, vale a dire la laguna-palude di Durrës. Attraverso lo scavo scopre un altare di IV secolo a.C.e un santuario di VI secolo a.C. vicino all’altare stesso (area del cimitero attuale)74. Una parte dei risultati delle sue ricerche è poi confluita nel volume Albania Archeologica75 che raccoglie notizie epigrafiche, bibliografiche e fonti storiche di molti dei centri antichi d’Albania, organizzato in ordine alfabetico. La ricerca urbana a Durrës si allarga alle aree esterne alla città: dal 1980, si indaga la basilica paleocristiana di Arapaj76; a Sud-Est vengono individuati diversi tratti dell’acquedotto adrianeo nella zona di Rrashbull - Arapaj77. Anche la costa della città è oggetto di ricerche: nella baia di Porto Romano, vengono individuate strutture a 2,50 m di profondità, databili tra IV e II secolo a.C.78 Ad Afrim Hoti dobbiamo l’ampliamento delle indagini nel territorio durazzino79 già iniziato da Myrto. Quasi tutti i contributi degli studiosi albanesi sono stati pubblicati sulle riviste locali Iliria e Monumentet. Particolarmente importanti come momenti di sintesi e di confronto con la comunità scientifica internazionale sono i colloqui L’Illyrie méridionale
et l’Epire dans l’antiquité, giunti ormai alla sesta edizione e particolarmente incentrati
sugli aspetti storici, epigrafici sociali e linguistici.