SOMMARIO: 1. Il contenuto articolato dell’accordo. – 1.1. La prospettiva del credi- tore. – 1.2. La prospettiva del debitore. – 2. Le posizioni relative al concordato stra- giudiziale: tra Scilla e Cariddi. – 3. L’astrattezza categoriale del contratto plurilatera- le … – 3.1. Reciproci condizionamenti tra creditori e rapporto con la transazione. – 3.2. Elemento causale e adesione dei creditori. – 3.3. La sfuggente individuazione del contratto plurilaterale. – 4. … o “l’incerto causalismo” del collegamento negoziale? – 4.1. La rilevanza dell’intento di scongiurare il fallimento. – 4.2. Causa in concreto e collegamento negoziale. – 5. La struttura degli accordi in seguito all’introduzione dell’art. 182-bis l. fall. – 5.1. Gli accordi come collegamento negoziale. – 5.2. Gli ac- cordi come contratto plurilaterale. – 5.3. Gli accordi come contratto bilaterale pluri- soggettivo. – 6. Osservazioni critiche tra fenomenologia e principio di conservazione. – 6.1. Il problema del mutamento dei creditori aderenti. – 6.2. Il concetto di essen- zialità della prestazione nel contratto plurilaterale. – 6.3. Il criterio di gravità o rile- vanza nel collegamento contrattuale. – 7. La soluzione dell’operazione economica unitaria. – 7.1. L’esigenza di una categoria unificante. – 7.2. Utilità della categoria dell’operazione economica. – 7.3. Operazione economica e “atto di autonomia priva- ta plurilaterale”.
1. Il contenuto articolato dell’accordo
Appurata la natura prettamente contrattuale degli accordi di ristruttura- zione, è possibile sottoporre tale contratto alla “lente” del civilista, esami- nandone – in primo luogo – la configurazione strutturale.
Si osserva, invero, come la lettera della disposizione di cui all’art. 182-bis l. fall. parli genericamente di “accordo di ristrutturazione dei debiti stipula- to con i creditori” senza fornire alcuna indicazione in merito alla struttura, né del contenuto e delle tipologie delle prestazioni che possono essere uti- lizzate.
A differenza del concordato preventivo, nell’art. 182-bis l. fall. non esiste una formale distinzione fra accordo di ristrutturazione e “piano” anche se nella prassi gli accordi di ristrutturazione si basano su un piano di continui- tà aziendale o liquidatorio che però spesso non presenta particolare livello di dettaglio.
Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che qualora l’accordo sia funzio- nale alla continuazione dell’attività, il pagamento dei creditori estranei po-
trà essere assicurato unicamente in presenza di un piano che indichi le cau- se della crisi nonché i rimedi che si intendono attuare per evitare che l’im- presa si ritrovi nella medesima condizione 1.
Nell’applicazione pratica dei concordati stragiudiziali l’assenza di vincoli legislativi sul contenuto ha consentito una maggiore aderenza dell’accordo alle esigenze specifiche dell’impresa. L’operazione di ristrutturazione consta infatti di un insieme articolato di previsioni adattate alle esigenze concrete della singola crisi d’impresa e dunque alle caratteristiche dell’attività impren- ditoriale, all’entità dell’indebitamento, alla conformazione e alla tipologia del ceto creditorio, alle risorse disponibili o presumibilmente ottenibili dal- l’imprenditore.
Così si può passare da ipotesi più semplici in cui le parti si limitano a ri- strutturare i debiti dell’imprenditore, accettando dilazioni nei pagamenti o riducendo il tasso di interessi, a ipotesi più articolate dove si prevede l’ero- gazione di credito da parte dei creditori o di terzi o l’accesso del ceto credi- torio negli organi di gestione o di controllo.
In particolare, si possono contemplare operazioni di liquidazione, attri- buendo assets, singoli rami d’azienda ovvero crediti presenti o futuri, ad uno o più creditori o a terzi, in cambio dell’estinzione totale o parziale del debi- to. In tal caso, l’accordo dovrà comprendere delle clausole che permettano di gestire l’equilibrio di queste attribuzioni, prevedendo il diritto in capo al debitore o direttamente agli altri creditori a ricevere il pagamento di somme aggiuntive, in proporzione al conseguimento di determinati livelli di profitto 2. In generale, l’imprenditore dovrà individuare la migliore allocazione pos- sibile dei beni o dei crediti, realizzando operazioni di valutazione attraverso due diligence idonee, accompagnate da previsioni contrattuali capaci di rile- vare e governare il rischio di scostamenti di valore delle stime e dei ricavi. Il rinvenimento di risorse interne o esterne all’impresa implica infatti l’instau- razione di rapporti contrattuali strumentali al perseguimento degli obiettivi solutori nei confronti della compagine creditoria aderente o meno all’accor- do, che dunque dovrà prevedere un’estensione temporale dei tempi di ese- cuzione.
1.1. La prospettiva del creditore
Più in particolare, sul versante del creditore gli accordi di ristrutturazio- ne dei debiti possono contemplare qualsiasi operazione, sia di natura dila-
1 Cfr. Trib. Roma, 20 maggio 2010, in IlCaso.it.
2 In tal senso una possibilità sarebbe il c.d. earn out sugli incassi dei crediti ceduti, nel
caso in cui questi siano maggiori di un determinato livello stabilito. Qualora si opti invece per la vendita a terzi di immobili oppure dell’azienda o di partecipazioni societarie, l’earn
out può consistere nella corresponsione di una parte del prezzo o di una somma aggiun-
tiva subordinatamente al conseguimento di un determinato risultato economico della so- cietà acquistata dopo il perfezionamento della cessione (closing).
toria sia di natura remissoria o mista, finalizzata a diminuire la massa cre- ditoria incidendo sull’esposizione debitoria dell’imprenditore in crisi.
L’operazione di ristrutturazione si concretizza in una variazione delle scadenze 3, nell’emissione di titoli di debito, in remissioni dei debiti 4, dila- zioni di pagamento, apposizioni di elementi accessori quali garanzie tipiche e atipiche, ovvero ancora rinunce ad una causa legittima di prelazione o ad una quota di interessi o anche ad una parte della quota capitale. Risulta an- che possibile realizzare un effetto estintivo totale o parziale dei crediti me- diante conversione dei crediti in obbligazioni o in capitale di rischio con la sottoscrizione di azioni di una new company tramite compensazione, come previsto dall’art. 4-bis del d.l. n. 347/2003 sull’amministrazione straordina- ria, che ha introdotto il principio della partecipazione dei creditori al ri- schio imprenditoriale.
Vale concentrare l’attenzione sulla conversione dei crediti in capitale che avrebbe il merito di realizzare in parte quello che rappresenta uno degli ob- biettivi di una procedura concorsuale, ovvero la riallocazione del capitale di rischio nei creditori, nella prospettiva di procedere ad una monetizzazione delle attività e alla successiva ripartizione tra i creditori 5. In particolare, si osserva che se si procede ad una conversione dei crediti mediante la sotto-
3 In particolare, si prevede la moratoria del pagamento dei debiti scaduti e non pagati
per un certo numero di tempo, solitamente da due a cinque anni, senza o con la previsio- ne di un tasso di interesse convenzionalmente concordato, in aggiunta o in alternativa alla rinegoziazione del debito con la determinazione di nuove scadenze (c.d. consolida- mento dei crediti o rescheduling che modifica le condizioni contrattuali originarie). Nor- malmente sono oggetto di consolidamento i crediti in bianco non garantiti e i crediti ga- rantiti con garanzie non capienti o di difficile realizzo. Sono invece solitamente esclusi (sebbene nulla impedisca che vengano inclusi nel consolidamento) i crediti autoliquidan- ti, cioè quelli derivanti da finanziamenti per i quali al tempo dell’erogazione sia stata in- dividuata la fonte di rimborso, i finanziamenti pubblici a tasso agevolato e i crediti deri- vanti da contratti di leasing. Nella pratica l’ammontare del credito concretamente oggetto di consolidamento è inferiore a quello realmente sussistente, in quanto generalmente si tende a non comprendere nell’accordo di ristrutturazione i crediti minori a determinati importi, e perché è possibile che non tutte le banche creditrici dell’imprenditore in crisi partecipino all’operazione di risanamento sottoscrivendo l’accordo. Si veda in merito A. MARABINI, La gestione delle crisi d’impresa alla luce della riforma delle procedure concorsua-
li, in Dir. fall., 2009, p. 232; P.GUERRA, Ristrutturazione del debito e assistenza finanziaria
all’impresa: il c.d. consolidamento del debito, in Banca, borsa, tit. di cred., Milano, 1995, p.
808; T.M.UBERTAZZI, Gli accordi per i risanamenti delle imprese in crisi. Profili civilistici, cit., p. 32; ID., Accordi di moratoria, convenzioni interbancarie e bancarie nei risanamenti di
imprese: profili civilistici e qualificatori, in Contr. e impr., 2015, p. 340.
4 La remissione può avere ad oggetto una parte del debito relativo agli interessi matu-
rati e/o maturandi, ovvero la rinuncia a tutte o ad una parte delle garanzie eventualmente anche rilasciate da altre società appartenenti allo stesso gruppo. Gli interessi maturati in un periodo di tempo determinato vengono frequentemente interamente rinunciati. Per quanto riguarda invece gli interessi maturandi in genere si stabilisce una misura di tasso agevolato, tendenzialmente conformi al costo della raccolta.
5 Si vedano in merito le osservazioni di L.S
TANGHELLINI, Le crisi di impresa fra diritto
scrizione di un aumento di capitale è possibile soddisfare ugualmente gli in- teressi, potenzialmente in conflitto, dei principali protagonisti dell’operazio- ne di ristrutturazione. Infatti, la riduzione del debito dell’impresa in crisi non può che trovare il favore dell’imprenditore in crisi.
Oltre a ciò si nota che i creditori aderenti alla conversione potrebbero re- cuperare parte dei loro crediti sotto forma di aspettativa sugli utili futuri, potendo anche ricavare più di quanto prestato. Inoltre gli altri creditori ve- drebbero rafforzate le loro prospettive di pagamento in quanto non vi sarà più il concorso dei creditori che hanno scelto la conversione dei crediti 6.
Nella prassi, in cui sovente il ceto creditorio è composto da istituti di credito, è inoltre frequente la stipulazione di un pactum de non petendo con rinuncia da parte delle banche ad esercitare e/o a continuare azioni esecuti- ve e ad esigere gli interessi al tasso legale e convenzionale in modo da “con- gelare” il debito 7.
Essendo inoltre imprescindibile l’apporto di c.d. nuova finanza, sarà op- portuno inserire nel contratto le modalità volte a garantire la restituzione del finanziamento erogato, potendo prevedere, in caso di impresa collettiva, l’ob- bligo a carico dei soci di effettuare aumenti di capitale, ovvero il divieto di co- stituire vincoli sul patrimonio dell’impresa a favore di terzi non finanziatori 8.
6 Secondo l’arresto di cui alla Cass., 19 marzo 2009, n. 6711, in IlCaso.it, in ipotesi di
sottoscrizione di un aumento del capitale sociale, il conferimento può essere eseguito at- traverso la compensazione tra il relativo debito del socio e un suo credito nei confronti della società, la quale, sebbene formalmente perda il credito al conferimento, acquista concretamente un “valore economico”, integrato dalla liberazione da un corrispondente debito. Per il conferimento in sede di aumento di capitale è necessario l’accrescimento del patrimonio netto della società, in modo da coprire l’intero valore nominale delle azioni emesse e sottoscritte dal socio che conferisce attraverso la compensazione. Risulta quindi possibile ammettere la compensazione come modo di estinzione dell’obbligazione pecu- niaria derivante dal conferimento in sede di aumento di capitale, visto che essa ha come conseguenza un aumento del patrimonio netto della società.
7 Giova ricordare che il pactum de non petendo, a differenza della remissione del debi-
to ex art. 1236 c.c., ha l’effetto di impedire il potere del creditore di ottenere in via coatti- va l’adempimento, senza però estinguere definitivamente l’obbligazione.
8 Possono essere stabilite nuove garanzie per il finanziatore, come la richiesta di pegno
sulle azioni o sulle quote della società, sui beni immateriali (brevetti e marchi), o ancora la concessione di nuove ipoteche sui beni immobili dell’impresa o di terzi. Quali garanzie a fronte dell’apporto di nuova finanza si potrebbe fare ricorso al credito fondiario di cui agli artt. 38 ss., d.lgs. n. 385/1993, considerando non solo l’ipoteca di primo grado sull’immobile, ma anche gli altri privilegi processuali esplicitamente contemplati, come l’esenzione dell’obbligo di notificazione del titolo esecutivo, la possibilità di proseguire l’azione esecuti- va sui beni ipotecati anche dopo la dichiarazione di fallimento (art. 41 T.U.B.), o l’esenzione dall’azione revocatoria delle ipoteche concesse a garanzia di tali finanziamenti che siano state iscritte almeno dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza che dichiara il fallimento (c.d. consolidamento abbreviato) (art. 39, comma 4, T.U.B.). Inoltre potrebbero considerarsi, quale garanzia atipica, i c.d. covenants finanziari, i quali assegnano al finan- ziatore un controllo rigoroso sulla gestione dell’impresa finanziata, introducendo dei vincoli in capo all’imprenditore in crisi (si veda in merito G.PIEPOLI, Profili civilistici dei covenants, in Banca, borsa, tit. di cred., 2009, p. 488. Come osservano le “Linee-Guida per il Finanzia-
Può essere inoltre concesso ai creditori un potere di controllo sulla cor- retta esecuzione del piano mediante l’apposizione di clausole con le quali può prevedersi la facoltà a loro vantaggio di domandare in qualsiasi mo- mento richieste di documentazione; ovvero l’obbligo per l’imprenditore di adempiere le scadenze concordate per assicurare periodici flussi informativi ai creditori; o ancora il loro coinvolgimento nella gestione e la nomina di uno di essi come membro dell’organo di controllo o di amministrazione.
Per contro, in capo agli stessi creditori possono essere posti degli obbli- ghi volti a implementare la loro posizione reciproca e, al contempo, a salva- guardare l’impresa nella realizzazione della buon esito dell’operazione. Tra tali doveri spicca l’obbligo di comunicare agli altri creditori tutte le infor- mazioni di cui si dispone al fine di una conclusione dell’accordo, senza che sia ammissibile l’uso delle informazioni comunicate dall’imprenditore in crisi per procedere ad azioni giudiziali individuali. Si ricorda, inoltre, la possibilità di prevedere pattiziamente divieti, oltre a quelli legali previsti dai commi 3 e 6 dell’art. 182-bis l. fall., di esperire iniziative esecutive o cautela- ri sul patrimonio del debitore, e l’obbligo di riservatezza in merito alle in- formazioni ricevute e relative alla situazione economico-finanziaria.
1.2. La prospettiva del debitore
Ex latere debitoris, l’accordo di ristrutturazione può prevedere la conti- nuazione dell’attività d’impresa da parte dello stesso imprenditore in crisi; l’assunzione dei debiti da parte di un soggetto che, rilevando tutto o parte dell’attivo, si assuma l’obbligo di soddisfare totalmente o parzialmente i de- biti; l’affitto e/o la cessione dell’azienda o di suoi rami a terzi 9.
mento alle Imprese in Crisi” del 2015, predisposte nell’ambito del progetto PRIN 2005 “Mo- delli innovativi nella finanza delle piccole e medie imprese”, responsabile dell’unità di ricer-
ca presso l’Università degli Studi di Firenze Prof. L.STANGHELLINI, disponibili in Unifi.it/
nuovodirittofallimentare, Cndcec.it, Assonime.it, p. 44, «non sembra da vedere negativamen-
te la concessione di garanzie per crediti preesistenti che siano oggetto di ristrutturazione e riscadenzamento ad una data successiva al momento in cui si prevede che l’impresa abbia raggiunto l’equilibrio economico e finanziario, a condizione che ciò avvenga nel contesto di una ristrutturazione che, per serietà, profondità e “robustezza” contro eventuali scostamenti dal piano (si veda, sul punto, la “Raccomandazione” n. 8), dimostri che l’acquisizione di ga- ranzie non avviene al scopo di far acquisire una posizione privilegiata rispetto agli altri cre- ditori. […] Ogni preoccupazione circa la volontà di acquistare una posizione a scapito degli altri creditori sarebbe fugata da una pattuizione che prevedesse la decadenza della garanzia in caso di fallimento o concordato preventivo aperti in seguito alla mancata realizzazione del piano e, invece, il suo “consolidamento” solo in caso di fallimento o concordato preven- tivo aperti per effetto dell’insolvenza causata da fattori che non esistevano, né erano ragio- nevolmente prevedibili, al momento della redazione del piano, e a condizione che l’impresa, precedentemente all’intervenire di tali fattori, avesse raggiunto gli obiettivi fissati nel piano (cioè, che il piano fosse andato a buon fine). Ancorché soggetta a possibile decadenza la ga- ranzia sarebbe comunque utile». Si veda in merito G.LACROCE, Finanziamenti ponte e ga-
ranzie per debiti prescritti, in Il Fall., 2009, allegato, p. 47. 9 Si veda in merito S.A
Sono altresì utilizzabili strumenti di separazione patrimoniale quali la cartolarizzazione dei crediti (nelle due forme della true sale securitisation o asset – backed securatisation e della whole business securitisation) o il ricor- so ai patrimoni separati 10. Quindi, vi è la possibilità di accedere ad una serie aperta di negozialità a seconda delle esigenze specifiche degli attori della crisi d’impresa.
Qualora l’imprenditore o il management non assicurino la fiducia dei cre- ditori si può anche affidare la governance ad un terzo professionista specia- lizzato, in qualità di mandatario al fine di cedere i beni aziendali ai creditori o ai terzi, in analogia con il meccanismo inglese del recognised qualified in- solvency practitioner.
Parte della dottrina ha obiettato alla possibilità che nel contenuto dell’ac- cordo di ristrutturazione possano essere comprese anche operazioni di ces- sioni di beni, ritenendo l’istituto di cui all’art. 182-bis l. fall. aperto solo a profili finanziari di indebitamento, senza abbracciare ipotesi che vanno ol- tre la modifica degli elementi strutturali del rapporto obbligatorio 11. Tutta-
ra di), Il nuovo diritto fallimentare, II, Bologna, 2007, p. 2545, e A.BELLO, Gli accordi di
ristrutturazione dei debiti nella riforma della legge fallimentare, in Riv. Not., 2006, 2, p. 321,
la quale sostiene che l’accordo potrebbe anche avere il medesimo contenuto dei concor- dati stragiudiziali molto frequenti nella prassi, e definiti dalla dottrina come convenzioni con garanzia gestionale, la cui peculiarità è rappresentata dall’erogazione di nuova finan- za da parte del creditore. Tali convenzioni, per evitare il rischio di successivo fallimento del debitore, sarebbero sottoposte a tre condizioni alternative: la concessione di garanzie reali e personali, il cambiamento della compagine manageriale, il passaggio di titolarità dell’impresa, e la concessione di garanzie di carattere gestionale che prevedono il ricono- scimento di poteri di controllo, autorizzazione, ispezione della contabilità in capo ai cre- ditori.
10 Sui patrimoni separati in proposito si veda in merito ex multis R.ARLT, La whole
business securitisation alla luce del nuovo diritto societario e fallimentare italiano, in Dir.
fall., 2007, p. 158; G.LOCASCIO, Trust e concordato preventivo, in Il Fall., 2007, p. 245; M. CARUSO, Appunti in tema di diritto fallimentare e operazioni di securitisation, ivi, 2006, p. 883. In particolare quest’ultimo ha osservato che, considerando i nuovi artt. 104-ter, 105 e 106 l. fall. con riferimento alla cessione di crediti in blocco e di crediti futuri, si è aperta la possibilità di introdurre la cartolarizzazione dei crediti nell’ambito concorsuale. In par- ticolar modo la natura negoziale degli accordi di ristrutturazione dei debiti consente di non dover soggiacere alla par condicio creditorum, di conseguenza appare più facile la costituzione delle diverse tranche di note che compongono i titoli rappresentativi della cartolarizzazione. Si potranno assegnare quindi le note senior, di sicuro incasso, ai credi- tori non aderenti all’accordo, mentre le note mezzanine e junior potranno essere attribuite agli altri creditori, secondo anche il grado di prelazione o la distinzione in classi.
11 In tal senso si veda S.B
ONFATTI-P.F.CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2005; M.FERRO, Art. 182 bis, la nuova ristrutturazione dei debiti, in Il nuovo dir. soc., 2005, n. 24, p. 48, secondo i quali altrimenti l’accordo di ristrutturazione assumerebbe un con- tenuto analogo a quello del concordato preventivo, nella cui disciplina l’art. 160 l. fall. af- ferma esplicitamente che il piano concordatario possa prevedere «la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche con- vertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito».
via, in assenza di un esplicito divieto non si comprende perché non si possa utilizzare uno strumento sicuramente più snello e duttile rispetto a quello concordatario, prevedendo nell’oggetto contrattuale degli accordi di ristrut- turazione anche operazioni di cessione di assets o di assegnazione a terzi assuntori della gestione dell’impresa, secondo quanto preferito dall’autono- mia negoziale dei contraenti.
Ovviamente il contenuto varierà inoltre in dipendenza della gravità della crisi, in quanto, qualora si sia in presenza di una situazione di difficoltà di natura unicamente finanziaria, sarà sufficiente prevedere un mero risca- denziamento dei debiti, ovvero una moratoria dei pagamenti dei debiti sca- duti e di quelli in scadenza, per cui i crediti saranno inesigibili fino a una data stabilita 12.
Qualora invece la crisi si prospetti di maggiore gravità in quanto alle dif- ficoltà finanziarie si sommano problemi di natura economica, conseguenti a costi eccessivamente gravosi rispetto alla redditività dell’organizzazione azien- dale, appare necessario prevedere misure più incisive. Tra queste si può im- maginare una decurtazione dei crediti, attraverso la riduzione del loro im- porto complessivo, ovvero la loro postergazione, o ancora la loro conversio-