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4. Risultati

4.2 Analisi dei dati relativi alle singole categorie

4.2.10 Aritmie sopraventricolari

La categoria delle aritmie sopraventricolari costituisce un classico quadro clinico da osservazione che generalmente consente entro le 24 ore un elevato tasso di dimissibilità. Considerando la nostra casistica, su 159 pazienti 140 (88%) vengono dimessi; l’11,3% (18 pz) viene ricoverato, per la maggior parte in MUO (39%). Solo un paziente è stato ricoverato in Cardiologia, mentre 2 pazienti sono stati trasferiti nei Reparti di Medicina. La più frequente artimia sopraventricolare gestita e trattata in OBI è la fibrillazione atriale (FA), con 122 pz, seguita dal flutter atriale (22 pz) e dalla tachicardia parossistica sopraventricolare (12 pz). Due pazienti, portatori di defibrillatore impiantabile (ICD), sono stati trattenuti in osservazione per scarica del dispositivo. La gestione della fibrillazione atriale si avvale di diverse strategie terapeutiche a seconda che l’aritmia sia databile o meno e che il paziente abbia un’emodinamica stabile.

In generale il paziente affetto da fibrillazione o flutter atriale, viene destinato all’osservazione: 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 D R p=0,007 56,3±19,7 68,1±16,7 E T A’ M E D I A

Figura 9. Età media (anni) dei pazienti dimessi (D) e ricoverati (R).

- nel caso di FA databile con emodinamica stabile, quando il tentativo di cardioversione farmacologica non è stato efficace entro 4-6 ore nell’ottica di eseguire eventuale cardioversione elettrica in caso di compromissione dei parametri vitali;

- nel caso di FA non databile ad elevata risposta ventricolare per monitorare la terapia medica intrapresa;

- in alcuni casi di FA recidivante per prolungare il periodo di monitoraggio;

- nel sospetto di ischemia cardiaca, qualora il paziente all’ammissione in PS si presenti con dolore toracico, incremento degli indici di miocardionecrosi e modificazioni elettrocardiografiche.

4.2.11 Alterazioni Metaboliche/Idroelettrolitiche

Rappresentano il 2,8% degli accessi in O.B.I. In questa categoriamo abbiamo raggruppato le disionie, gli stati di disidratazione, le ipo/perglicemie. Su 119 pazienti ne sono stati dimessi 80 (67,2%) e ricoverati 37 (28,6%). Questi ulitmi sono stati così distribuiti: 34,6% in reparti medici 21,6% nelle Medicine d’Urgenza, il 18,9 % in Diabetologia, e l’8,1% in Endocrinologia. Nessuna differenza significativa in termini di età è stata osservata tra i due gruppi di pazienti.

4.2.12 Febbre

In questa categoria abbiamo compreso i pazienti febbrili in assenza di sintomatologia d’organo, quelli con infezione delle vie urinarie, dei tessuti molli e faringotonsilliti. Su un totale di 99 pazienti, 65 pz (65,6%) sono stati dimessi e 34 pazienti ricoverati (34,3%). Nessun paziente ha rifiutato il ricovero o chiesto una dimissione volontaria. Sedici pazienti sono stati ricoverati nelle Medicine d’Urgenza (47%), 15 nei Reparti di Medicina (44,%); il restante 9% equamente ripartito (1 pz/reparto) fra Malattie Infettive, Malattie Cradiovascolari e Neurochirurgia. Anche in questo caso l’età non sembra rappresentare un fattore determinante l’esito finale dell’osservazione.

4.2.13 Sindromi Vertiginose

Le sindromi vertignose, nonostante rappresentino l’1,6% dei pazienti in osservazione, richiedono notevole impegno da parte del medico d’urgenza e il più delle volte necessitano di consulenza da parte di specialisti e di molteplici esami strumentali (Tc cranio, EcocolorDoppler carotideo e vertebrale, prove vestibolari). Dei 68 pazienti in osservazione, dopo 24 ore ne sono stati dimessi 51 (75%) e ricoverati 16 (23,53%); un paziente si è dimesso volontariamente. Nella maggior parte dei casi si trattava di vertigine di origine periferica che ha richiesto il ricovero in Otorinolaringoiatria (37,5%, 6 pz), mentre 4 pazienti (25%) sono stati ricoverati in Neurologia nell’ipotesi di un vertigne di origine centrale. Due pazienti hanno invece proseguito l’iter diagnostico terapeutico in area medica. L’età pazienti dimessi e ricoverati non differiva siginificativamente.

4.2.14 Reazioni Allergiche

Nel 2013 sono stati ammessi in O.B.I. 60 pazienti con questa diagnosi. La quasi totalità dei pazienti viene dimessa (90%), solo 6 pazienti sono stati ricoverati, la metà nelle Medicine d’Urgenza ed i restanti in Dermatologia (1 pz) e in Medicina (2 pz). L’elevato tasso di dimissibilità è consentito anche dall’esistenza di percorsi dedicati in collaborazione con la U.O. di Allergologia ed Immunologia, che garantisce uno stretto follow up ambulatoriale.

4.2.15 Intossicazioni

Rappresentano la categoria con l’età media più bassa (44,9±16 aa) e comprendono sia le intossicazioni da farmaci, volontarie ed accidentali, che le intossicazioni da monossido di carbonio. Sono stati ammessi in O.B.I. con questa diagnosi 52 pazienti, di cui al termine delle 24 ore di osservazione, il 73% (38 pz) è stato dimesso e il 26,3% ricoverato; lo 0,7% ha rifiutato le prestazioni contro il parere medico. Il 70% dei pazienti ricoverati ha proseguito la degenza nelle medicine d’Urgenza (4 pazienti in MUO e 3 in MUU), 2 pazienti sono stati trasferiti in Psichiatria

e 1 in Medicina. Nessuna significatività per quanto riguarda l’età è stata trovata confrontando i pazienti che necessitavano di ricovero ed i dimissibili.

4.2.16 Lombalgia

Il periodo di osservazione in questa categoria di pazienti generalmente ha lo scopo di verificare l’efficacia della terapia antidolorifica intrapresa ed eventualmente di far valutare il paziente agli specialisti della U.O. di Terapia Antalgica. Su 43 pazienti ammessi, 30 (69,7%) sono stati dimessi e 13 (30,3%) sono stati ricoverati, rispettivamente: 4 pazienti nelle Medicine d’Urgenza, 4 nei Reparti di Medicina, 2 in Neurochirurgia, 1 in Ortopedia, 1 in Neurologia e 1 in Chirurgia Toracica (paziente oncologico).

4.2.17 Scompenso cardiaco

Questa categoria cositituisce una sfida per l’O.B.I., come è emerso dal discorso introduttivo.

Per quanto riguarda la nostra esperienza, su 38 pazienti destinati all’osservazione, ben il 63,1% sono destinati al ricovero che avviene per lo più c/o la Medicina d’Urgenza Ospedaliera, (46,4%, 13 pz) ed il resto suddiviso fra le Medicine e la Cardiologia (3 pz). Tra ricoverati e dimessi l’età non differisce significativamente. Questi dati ci fanno riflettere sull’effettiva utilità dell’osservazione nel paziente scompensato, o quanto meno, suggeriscono la necessità di una maggiore stratificazione dei pazienti, al fine di individuare quelli che più possono beneficiare del periodo di osservazione.

4.2.18 Patologia Nefro-Urologica

Rappresenta meno dell’1% dei pazienti ammessi in O.B.I. con 32 pazienti/anno, considerando che di questa categoria non fa parte la colica renale,che abbiamo incluso nella categoria del dolore addominale. Al termine dell’osservazione il 43,75% viene dimesso e il 56, 25% ricoverato: 50 % (9 pz) nelle Medicine, 38,9% (7 pz) nei Reparti di Medicina D’Urgenza, 11,1% (2 pz) in Nefrologia e il 5,5% (1 pz) in Oncologia.

Tabella 7. Percentuali di dimissioni dall’O.B.I. per le singole categorie.

Diagnosi % di dimessi dall’O.B.I.

Reazioni Allergiche 90% Aritmie Sopraventricolari 88% Sincope-Presincope 87,6% Trauma Cranico 85,5% Anemia 83,9% Dolore Toracico 83,5% Traumi 80,5% Patologia Neurologica 73,8% Sindromi Vertignose 75% Dolore addominale 73% Patologia Gatroenterologica 71,2% Lombalgia 69,7% Alterazioni Metaboliche/Idroelettrolitiche 67,2% Patologia Respiratoria 65,8% Febbre 65% Scompenso Cardiaco 36,9%

5. Conclusioni

I principali dati ottenuti in questo studio evidenziano che l’attività di Osservazione Breve Intensiva svolta c/o il DEA dell’AOUP, risultano in linea con gli standard nazionali proposti dalla SIMEU, dal momento che le percentuali di pazienti dimessi e ricoverati, sono rispettivamente il 77% ed il 21,8%.

La percentuale di pazienti che necessitano di un periodo di osservazione, si attesta intorno all’8,3%, dato, che alla luce dello studio nazionale SIMEU (2004), è molto più vicino a quello degli ospedali di rilevanza regionale e provinciale, che non a quello relativo agli ospedali di rilevanza nazionale, nei quali il ricorso all’O.B.I. si verifica mediamente nel 4,4%. Tuttavia, dobbiamo contestualizzare il nostro dato nella realtà degli ultimi anni, caratterizzata da un aumento quasi spropositato degli accessi in PS che nel 2008 sono arrivati a toccare quasi 30 milioni.

La distribuzione dell’età dei pazienti ammessi in OBI mostra come sia il paziente con età superiore a 60 aa il maggiore fruitore di questo servizio e come l’età stessa, costituisca un determinante per il ricovero, dal momento che all’incrementare dell’età aumentano le comorbidità e verosimilmente le difficoltà gestionali a domicilio da parte dei familiari. In particolare, se prendiamo le patologie più frequentemente gestite in O.B.I., possiamo osservare come esistano differenze d’età significative tra i pazienti dimessi e ricoverati affetti da problematiche gastroenterologiche, dolore toracico, patologia traumatica e trauma cranico isolato. Questo dato pone attenzione ancora una volta sulla problematica del paziente anziano, per cui spesso, anche se in linea teorica l’utilizzo dell’osservazione è giustificato, dal punto di vista pratico non risulta efficiente, in quanto le 24 ore di osservazione non sono sufficienti per dimettere il paziente in sicurezza perchè in un arco di tempo così limitato non possono essere attuate terapie troppo aggressive che potrebbero potenzialmente peggiorare il quadro clinico. D’altro canto, una problematica da non sottovalutare, che spesso si presenta nel management di questi pazienti, è la resistenza dei familiari al rientro a domicilio, talvolta per la presenza di difficoltà gestionali.

Alla luce di queste riflessioni e guardando ai sistemi sanitari europei e d’oltreoceano, possiamo affermare come l’istituzione di unità di degenza breve, come ad esempio l’EMU (massimo 3-4 giorni di degenza) e la MAPU (48 ore di degenza) del modello australiano e francese, potrebbero essere d’aiuto nella gestione del paziente fragile, in quanto consentirebbero di avere a disposizione più tempo per definire la reale necessità di ricovero ed allo stesso tempo di organizzare, nei casi in cui si ritenesse necessario, l’attivazione dei servizi di assistenza territoriale. Inoltre, l’istituzione di tali unità assistenziali potrebbe essere utile anche per le gestione di quei pazienti che, seppur stabili, necessitano di osservazione prolungata e che attualmente vengono ricoverati in regime ordinario; ad esempio pazienti con trauma cranico lieve (Glasgow Coma Scale tra 13 e 15) complicato da emorragia subracnoidea che, salvo complicanze, devono essere sottoposti a TC cranio di controllo a 72 ore.

Ispirandosi, ad entrambe le degenze brevi descritte sia dagli Autori Australiani e Francesi, possiamo riflettere sulla differenza che esiste in Italia tra l’Osservazione Breve Intensiva e la Medicina d’Urgenza. Proprio in questo senso è opportuno citare un editoriale inglese, [57] che sottolinea il depauperamento della Medicina Interna per il nascere di tutte le “subspecializzazioni internistiche”, quando invece negli ospedali è ancora necessario il medico internista, dal momento che i pazienti anziani hanno pluripatologie che lo specialista non riesce ad affrontare globalmente. L’Autore non ritiene pertanto conveniente la nascita di una specializzazione di medicina per acuti, ma preferisce invece una specialità internistica per acuti che possa far fronte anche a queste problematiche; l’argomento, molto attuale, dimostra l’importanza delle aree di Osservazione Breve in cui australiani, canadesi, europei, cinesi [58-61] e giapponesi, ecc. si sono allineati al sistema americano, ma anche l’utilità, in stretta connessione ad esse, delle aree di degenza breve a 72 ore e a 3-4 giorni. Infatti, a fronte della riduzione, in tutti i sistemi sanitari, dei posti letto internistici, queste zone di rapido inquadramento consentono di continuare a ricoverare pazienti acuti che possono avere una degenza estremamente breve. Qui si pongono ovviamente molte domande, molti punti interrogativi su cui anche le società scientifiche dovranno riflettere, considerando che sempre

di più Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza stanno diventando un Dipartimento a se stante, cioè un’area per acuti che deve processare i pazienti ed affrontarne i problemi diagnostici, dando le risposte in base ad un corretto disease staging [61] o stadio di gravità della categoria diagnostica, all’appropriatezza dell’uso dell’assistenza ospedaliera e, quando possibile, ad un trattamento in regimi assistenziali alternativi alla degenza ordinaria.

Un’altro punto importante su cui possiamo riflettere è l’autonomia operativa dell’O.B.I., che riveste un aspetto cruciale per garantire l’efficienza del servizio ed aumentare le capacità di mediazione talvolta conflittuali con gli specialisti degli altri servizi dell’ospedale. L’acquisizione di competenze di ecografia clinica in pronto soccorso e la disponibilità dello strumento 24 ore su 24, può risultare fondamentale nella gestione clinica rapida del paziente, permettendo la soluzione anche immediata di quesiti clinici focalizzati e migliorando quindi la capacità di gestione autonoma del paziente, senza necessità di richiedere l’esecuzione di esami ecografici completi in urgenza.

La possibilità di avere a disposizione personale qualificato e dedicato per l’esecuzione di test ergometrici pre dimissione nel paziente con dolore toracico a rischio elevato, potrebbe migliorare le prestazioni, garantendo il servizio anche nei giorni festivi, la dimissibilità entro le 24 ore, nonchè di programmare i test entro 72 ore nel caso di dolore toracico a basso rischio, aumentando la dimissibilità in sicurezza del paziente.

Ulteriori margini di miglioramento dell’offerta assistenziale possono essere raggiunti attraverso l’individuazione di specialisti dedicati, in sintonia operativa con la filosofia di gestione del paziente in O.B.I. finalizzati anche a creare percorsi d follow up ambulatoriali. Anche nella nostra esperienza l’impegno della gestione globale del percorso del paziente è ampliato in molte situazioni in questa direzione; ad esempio, per i pazineti con trauma cranico lieve in terapia con anticoagulanti orali dimissibili al termine del periodo di osservazione (ovvero con TC cranio negativa per lesioni emorragiche e quadro neurologico stabile), viene programmata, c/o la Neuroradiologia, la TC cranio di controllo ad un mese al fine di decidere l’eventuale reinserimento della terapia anticoagulante. Altri esempi sono rappresentati dalla collaborazione con gli ambulatori delle

Malattie Cardiovascolari per la programmazione di test di secondo livello (ecocardiogramma da stress con stimolo framacologico o scintigrafia miocardica da stress) per quei pazienti in cui il test ergometrico non è stato dirimente al 100%; o ancora, nel caso di pazienti epilettici sia di vecchia data che di nuova diagnosi, dalla programmazione di rivalutazione c/o gli ambulatori dedicati. Tuttavia ampi margini di miglioramento possono essere individuati cercando ottimizzare i percorsi ambulatoriali per i pazienti cronici, come ad esempio per gli ematologici, che costituiscono la stragande maggioranza dei pazienti che afferiscono in PS per anemia e che necessitano di trasfusioni periodiche; e per i pazienti pneumologici, in particolare quelli affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva, che sono soggetti a frequenti e ripetuti accessi sia in PS che in O.B.I.. Infatti, garantendo percorsi ambulatoriali dedicati, oltre a garantire una maggiore continuità assistenziale, è possibile un migliore inquadramento del paziente che può essere utile nell’individuare quello che può trarre maggiore beneficio dall’osservazione e per cui è necessario il ricovero ordinario.

Un altro aspetto importante, che è implicito nella definizione stessa di Osservazione Breve Intensiva, è il concetto di sicurezza, condizione che non dovrebbe mai venire meno in quanto l’obiettivo dell’osservazione, come più volte sottolineato in precedenza, è quello di monitorare una situazione clinica in evoluzione garantendo al paziente le stesse prestazioni, che avrebbe in regime di ricovero ordinario. Tenendo presente questi principi e la nostra realtà, possiamo fare alcune riflessioni. Valutando il numero medio giornaliero dei pazienti destinati all’osservazione (11 pz/die a fronte degli 8 posti letto disponibili) e l’analisi dell’andamento temporale delle ammissioni all’area di osservazione, dalla quale risulta evidente come il maggiore afflusso si verifichi durante la fascia oraria mattutina (8-12) e del primo pomeriggio (12-16), si evince come circa un quarto dei pazienti si trovino a trascorre il periodo di osservazione in barella al di fuori dello spazio dedicato all’O.B.I., nello specifico a partire dal tardo pomeriggio e durante la notte. Questa condizione sicuramente comporta notevole disagio e discomfort, sia al paziente che ai familiari, ed alimentando

la quota di insofferenza ed insoddisfazione, può incrementare il rischio di contenziosi medico- legali, nonchè influire negativamente sull’operato medico.

5.1 Nuove proposte

La riduzione progressiva dei posti letto per acuti, secondo i dati nazionali più recenti (2005) siamo passati dai 5,3 posti letto ogni 1000 abitanti nel 1995 a 3,2 nel 2005, ha cambiato la funzione del Pronto Soccorso da “Admit to work” a “Work to admit” con necessità di implementare il ruolo di “filtro” ai ricoveri. Nuove soluzioni assistenziali sono state proposte e sperimentate dal gruppo di Lovato et. al [62] nel Presidio Ospedaliero di Rivoli (ASL 3 di Torino). Tra queste, ricordiamo la “widen O.B.I.”, che consiste nell’assegnare a pazienti affetti da patologia specialistica che richiedono un periodo di osservazione, posti letto di Reparto in relazione alla competenza dipartimentale, rimanendo pertanto in carico ai Medici Specialistici. Tale modalità di osservazione, sarebbe applicata solo dopo la saturazione dell’85% dei posti letto O.B.I. disponibili. Grazie a questa strategia, gli Autori hanno osservato un deflusso medio di 5/6 pazienti/die, con conseguente aumento di posti disponibili per l’osservazione in PS, ed ulteriori vantaggi indiretti quali la riduzione del sovraccarico di lavoro del personale infermieristico e un miglior utilizzo degli spazi e delle risorse nel PS. Tutto ciò senza sovraccaricare il Reparto accentante, in quanto i pazienti ricoverati vanno ad occupare letti già liberi. Sicuramente questo approccio può essere efficace nell’arginare il problema del sovraffollamento ma non di risolverlo. Un’ulteriore step sarebbe rappresentato dal coinvolgimento nell’attività di osservazione dei Reparti di Medicina Generale, organizzando quindi una full widen O.B.I.. Tale strategia al momento non sembra però attuabile, data la difficoltà gestionale dei posti letto.

Un’altro tema attuale, che emerge anche dai dati in nostro possesso, è quello della gestione del paziente anziano in Pronto Soccorso. Anche se concettualmente “il bisogno di PS” è frutto dell’acutezza della malattia o dell’immediatezza con cui la persona anziana richiede cure, l’elevata prevalenza di comorbidità e la frequente associazione di disabilità funzionale-cognitiva non

significa che il paziente anziano abbia maggior bisogno di cure in PS o che il PS fornisca una migliore risposta a tali condizioni. La complessità della gestione dell’anziano deriva da molteplici fattori: la ridotta riserva funzionale, la presentazione atipica di alcuni quadri clinici, le comorbidità, la polifarmacoterapia e talvolta un’ inadeguato supporto sociale. Altro elemento importante è costituito dalla presenza di deficit cognitivi talvolta misconosciuti o non evidenziati che influiscono non poco sulla gestione del paziente sia nel Dipartimento di Emergenza Urgenza sia durante il ricovero ordinario. Infatti, il peggioramento dello stato cognitivo e talvolta l’insorgenza di delirium, rappresenta insieme alle infezioni nosocomiali, la comparsa di lesioni da pressione, il declino funzionale e le reazioni avverse ai farmaci, fattori determinanti il peggioramento degli outcomes a breve e a lungo termine. Questa panoramica implica alcune valutazioni, sia sul piano etico e clinico che socio-economico, e ci induce su alcune riflessioni negative sulla facilità con cui questi pazienti accedono alle strutture per acuti. In questo ambito, potrebbe trovare un proprio ruolo un’area di Osservazione Breve dedicata esclusivamente agli anziani. Già nel 2009, Pareja et al. [63], hanno valutato l’impatto di un‘area di osservazione geriatrica nel Dipartimento di Emergenza, analizzando l’attività assistenziale del 2006, per un totale di 749 pazienti. Il 70% dei pazienti veniva dimesso dopo un periodo medio di osservazione di circa 37 ore; al 40% circa dei pazienti veniva programmato un follow up geriatrico ambulatoriale o erogate prestazioni in regime di day hospital, mentre un 11% richiedeva l’attivazione di assistenza domiciliare. Il restante 20% veniva affidato al Medico Curante. Oltre che sul Diaprtimento di Emergenza, gli Autori osservavano che con l’sitituzione di un‘ area di osservazione dedicata, la percentuale di ricoveri su letti per acuti in Geriatria si era ridotta del 18%.

Un’ altra soluzione proposta in ambito nazionale e promossa dal Ministero della Salute [64] al fine di ridurre i tempi di attesa in PS per i pazienti anziani, è l’introduzione di un nuovo codice di triage, il codice argento. Il progetto è stato sperimentato dal gruppo di Lovato et al [62]. Il codice argento è stato attribuito ai pazienti di età superiore agli 85 anni con codice di triage verde, assumendo una priorità intermedia tra il codice verde e il codice giallo; la stessa priorità veniva asseganta ai

pazienti con età compresa tra i 75 e gli 84 anni con almeno due fattori di indice di fragilità (disabilità o mancanza di autonomia, stato confusionale, agitazione o disorientamento, malnutrizione o disidratazione, problemi cognitivo affettivi, paziente solo non accompagnato). Applicando questa nuova modalità di triage, gli Autori hanno osservato che il tempo di attesa dal triage alla prima visita per i pazienti a cui era stato assegnato il codice argento era significativamente inferiore rispetto a quelli di pari età codificati con codice verde.

Riassumendo: l’appopriatezza e la funzionalità dell’O.B.I. dipendono in primis dalla giusta selezione del paziente che deve possedere quei requisiti clinici per cui l’osservazione risulta un fattore determinante il percorso clinico terapeutico (ricovero o dimissione); destinare in O.B.I. un paziente che non rientra nei criteri di ammissibilità si rileva un “fallimento” sia dal punto di vista medico (ritardo di possibili interventi terapeutici) sia gestionale (elevato impiego di risorse con scarsa dimissibilità). L’osservazione consente di evitare un‘elevata percentuale di ricoveri impropri ed allo stesso tempo consente di dimettere il paziente in sicurezza, dopo aver eseguito le indagini diagnostiche necessarie con notevole impatto sul bilancio economico e gestionale (mancata occupazione del posto letto in reparto ordinario). Non dimentichiamo inoltre che il periodo di degenza in O.B.I. permette in alcune situazioni cliniche di dilazionare o di scegliere la tempistica più adeguata per l’esecuzione di esami radiologici (per esempio la TC encefalo nel trauma cranico minore), garantendo una migliore organizzazione del lavoro nel servizio di Radiologia.

In conclusione, l’O.B.I. rappresenta una modalità assistenziale che permette di tenere in osservazione non in regime di ricovero, ma con lo stesso comfort logistico, per un migliore inquadramento diagnostico, un trattamento terapeutico completo e controllato al fine di una scelta

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