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L’Art Brut e l’alterità Tre personalità italiane: Carlo, Podestà e Nannett

di Lucienne Peiry

Traduzione di Laura Saggiorato 

Gli autori di Art Brut, secondo la definizione del pittore francese Jean Dubuffet, sfuggono al condizionamento artistico e al conformismo sociale. Creatori autodidatti, essi concepiscono un sistema di espressione personale e producono dipinti, disegni, sculture, ricami o scritti al di fuori della nor- ma. Ignorando le convenzioni sociali e refrattari alle regole culturali, essi trasgrediscono, volontariamente o no, i codici stabiliti e inventano in asso- luta libertà un loro universo simbolico: opere di cui immaginano i soggetti iconografici, il modo di rappresentazione, il sistema prospettico e le moda- lità tecniche. Vivendo nell’indigenza, molti di questi autori ricorrono spes- so a tecniche umili, recuperano oggetti usati o scartati e, facendo di necessi- tà virtù, li integrano in combinazioni e assemblaggi insoliti, rivelandosi in questo modo inventori disinvolti e ingegnosi.

Emarginati e impermeabili ai valori collettivi o chiusi in una posizione di rivolta, tra gli autori di Art Brut figurano malati psichici, detenuti, spiri- tisti, asociali o proscritti. Rifiutati dalla società, hanno fatto l’esperienza dell’esclusione e della repressione, e trovato una ragione di vivere o una via d’uscita nelle loro finzioni o fantasmi. Essi creano nel segreto, il silenzio e la solitudine, senza preoccuparsi della critica del pubblico o del giudizio altrui. Controcorrente, non sentono il bisogno di un riconoscimento sociale o culturale. Lavorano al riparo dagli sguardi, liberi da aspettative o ambi- zioni.

Autoreferenziali per eccellenza, gli autori di Art Brut destinano le loro opere tutt’al più ad un’entità immaginaria. Estranei agli ambienti colti, de- vianti per definizione, operano obbligatoriamente al di fuori di ogni quadro istituzionale, lontani anni luce dalla scena artistica ufficiale.

Privati del diritto di parola, gli autori di Art Brut se ne appropriano di nascosto, spesso in uno spirito di contestazione e di rivolta. Stimolati dalla ricchezza delle loro potenzialità, si avventurano istintivamente nella crea- zione artistica, perseguendo una ricerca della loro identità e diventando i

demiurghi del proprio universo. Questa rivincita simbolica, propizia all’immaginario poetico, non è priva di violenza e aggressività. L’Art Brut richiama le pulsioni arcaiche dell’espressione, riattivando le virtù primitive – magiche, spirituali, terapeutiche – del gesto creatore.

Il pittore francese Jean Dubuffet ha inventato la nozione di Art Brut nel 1945 e riunito sotto questo nome la prima collezione di opere e oggetti. Concepita e presentata a Parigi, poi a New York, la Collection de l’Art Brut è stata inaugurata a Losanna, in Svizzera, nel 1976, e da allora continua ad arricchire il proprio fondo con nuove acquisizioni.

Gli autori italiani rappresentati nella Collection de l’Art Brut sono nu- merosi e molti di loro meriterebbero di essere messi in valore. Ma decidia- mo di focalizzare la nostra attenzione su tre figure significative: il veronese Carlo Zinelli (detto Carlo, 1916-1974), il lombardo Giovanni Battista Po- destà (1895-1976) e il romano Fernando Nannetti (1927-1994).

Carlo è considerato tra le figure più rappresentative della Collection de l’Art Brut, le sue tempere sono presenti nell’esposizione permanente fin dall’apertura dell’istituzione (1976). Le composizioni di quest’autore sono ricolme di personaggi – schematici e seriali – rappresentati secondo diversi punti di vista. Di dimensioni variabili, spesso simili a figure allineate come nei fregi, seguono una linearità il più delle volte orizzontale. Appaiono spesso a gruppi di quattro, numero divisibile e simmetrico, che sembra ave- re un ruolo essenziale nella mitologia personale dell’autore.

Carlo arricchisce le sue composizioni con collages e iscrizioni, ritrovan- do il valore fonetico ma soprattutto grafico e plastico delle parole e delle lettere. La parola e l’immagine sono così riuniti nella stessa composizione. Autore fecondo, Carlo ha prodotto oltre 3000 opere dipingendo sul retto e sul verso di ogni supporto, come se non volesse interrompere la sua narra- zione singolare, per paura di perderne il filo.

Un altro autore regolarmente presente nel museo di Losanna e che oc- cupa un posto importante nel mondo dell’Art Brut, è Giovanni Battista Po- destà (1895-1976). Concepita come un’azione di protesta, la sua opera deve essere letta come un attacco simbolico alle idee capitaliste e soprattutto alla perdita dei valori spirituali della società moderna.

I suoi altorilievi e bassorilievi rappresentano delle scene narrative in cui animali mostruosi, con addobbi e accessori, sono ricoperti di pittura dai co- lori vivaci, ornati di perle, lustrini, schegge di specchi e carte di alluminio di recupero. L’insieme della produzione si distingue per un particolare scin- tillio luminoso. Ogni scultura comporta dei cartelli con iscrizioni mano- scritte dorate, spesso in calligrafia, che contengono una moltitudine di pro- positi, rivendicazioni singolari e messaggi a carattere morale. Come Carlo, Podestà riunisce sullo stesso supporto disegno e scrittura facendo coabitare in modo naturale due modi espressivi che, secondo lui, si completano e si arricchiscono a vicenda.

La produzione del terzo creatore italiano Fernando Oreste Nannetti ave- va attirato l’attenzione di Jean Dubuffet già nel 1985, ma solo recentemente è entrata a far parte delle collezioni del museo ed è stata oggetto di una grande esposizione personale alla Collection de l’Art Brut (2011).

Fernando Oreste Nannetti ha dato libero sfogo a una straordinaria fertili- tà creatrice incidendo ogni giorno delle iscrizioni sulle facciate dell’Ospedale giudiziario e psichiatrico di Volterra, in Toscana, in cui era rinchiuso. Misterioso e poetico, il suo «libro di pietra» creato a cielo aperto comprende dati biografici, allusioni alla guerra, evocazioni di luoghi e per- sonaggi immaginari ed informazioni inquietanti che il diarista diceva di ri- cevere in modo regolare per telepatia. Nelle sue iscrizioni lapidarie Nannet- ti ha anche inserito numerosi disegni che arricchiscono le sue pagine – un elicottero, una casa, una chiesa, una figura femminile o un’aquila. Come Carlo e Podestà, Nannetti riunisce scrittura e disegno nella stessa opera.

Rifiutando le regole estetiche, linguistiche e le abitudini culturali comu- nemente accettate, ognuno dei tre creatori ha intrapreso con libertà un’avventura vagabonda che ha prodotto delle opere stravaganti. Lo scarto di cui sono stati capaci, sorprendente e fecondo, stimola profondamente il nostro rapporto con l’alterità e il gesto creatore, di cui percepiamo qui le pulsazioni originarie. Oggi, minacciati dal pericolo inquietante della mon- dializzazione, questo genere di confronto diventa sempre più essenziale.

Fig. 1. Carlo, senza titolo, 1961. Gouache su carta, 50 × 70 cm. Collection de l’Art Brut, Lausanne. Foto: Henri Germond

Fig. 2. Carlo, senza titolo, 1964. Gouache su carta, 70 × 50 cm. Collection de l’Art Brut, Lausanne. Foto: Claude Bornand

Fig. 3. Fernando Oreste Nannetti, scritte incise (1959-1961/1968-1973). Facciata dell’ospedale psichiatrico di Volterra. Foto: Pier Nello Manoni

Fig. 4. Giovanni Battista Podestà, Mi sento un grande sgomento, s.d. Tecnica mista, 51 × 30 cm. Collection de l’Art Brut, Lausanne. Foto: Claude Bornand

Dal quadro al museo, dal museo al quadro.