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Beam Hardening

Il coefficiente di attenuazione dipende dalla composizione del materiale esaminato e dall’energia dei fotoni incidenti [46]. L’attenuazione dei raggi X a basse energie è maggiore di quella ad alte energie. Quindi, nel caso di un fascio policromatico di raggi X che attraversa un materiale uniforme, i fotoni emergenti dal materiale avranno uno spettro energetico differente da quello dei fotoni entranti, con le componenti a basse energie più attenuate. Questo comporta un fascio “più energetico” emergente dal materiale, un fascio “più duro” (“harder” in inglese) [5]. Di conseguenza l’attenuazione prodotta da un dato materiale, definita come il logaritmo negativo del rapporto tra intensità trasmessa e incidente, non è strettamente proporzionale al suo spessore. Idealmente, in una sezione di una immagine ricostruita di un oggetto di materiale omogeneo, tutti i pixel del materiale dovrebbero avere lo stesso coefficiente di attenuazione. In presenza del beam hardening, i pixel della parte più interna dell’oggetto mostreranno valori di attenuazione differenti rispetto a quelli più esterni, come se fossero di materiali diversi. Questo è dovuto ai fotoni di basse energie, che sono in gran parte assorbiti rispetto a quelli ad alte energie.

La figura 30 mostra un esempio di questo effetto [46]; l’aumento dei valori di attenuazione vicino al portacampione (effetto sbiancamento), dovuto alla natura policromatica del fascio di raggi X, è evidente.

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Figura 29: Misura dell’attenuazione di un raggio X, 𝑙𝑛(𝑁𝑖𝑛/𝑁𝑑), con 𝑁𝑖𝑛 numero di fotoni entranti nel materiale, 𝑁𝑑 numero di

fotoni uscenti dal materiale. Il caso in cui è presente il beam hardening è rappresentato dalla linea continua, mentre il caso ideale dalla linea tratteggiata. Nel caso in cui è presente il beam hardening, l’attenuazione dipende non-linearmente dallo spessore

dell’assorbitore.

Figura 30: (a) Ricostruzione CT di un fantoccio d’acqua all’interno di un portacampione, (b) profilo di attenuazione per entrambi i casi, policromatico e monocromatico.

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Per minimizzare questo fenomeno, sono state sviluppate soluzioni hardware e software [46]. Un esempio di soluzione hardware è l’utilizzo di una lastra sottile di materiale assorbente, come può esserlo l’alluminio, che abbia spessore dell’ordine di qualche millimetro, posto tra la sorgente a raggi X e l’oggetto. L’effetto è quello di filtrare intenzionalmente le componenti di energie più basse dello spettro, che altrimenti sarebbero già state rimosse dagli strati più esterni del materiale in esame. La figura 31 mostra lo spettro a raggi X emesso da un tubo di tungsteno per due diversi voltaggi, in presenza e in assenza del filtro hardware 1mm-Al.

Tra le soluzioni software rientra un secondo metodo basato su una procedura di linearizzazione. Come si è visto precedentemente, per oggetti omogenei e per una sorgente monocromatica esiste una relazione di tipo lineare tra lo spessore attraversato dalla radiazione e le attenuazioni misurate; in realtà, a causa della policromaticità del fascio, si nota una deviazione dal trend lineare, si può quindi definire una relazione di tipo non lineare, ad esempio tramite delle polinomiali che andranno a correggere il beam hardening mediante l’utilizzo della retta che si otterrebbe in caso di monocromaticità del fascio [40][35][8].

Per piccoli artefatti, come avviene nei tessuti molli, risulterà sufficiente l’applicazione di una curva polinomiale del secondo ordine; per i materiali più densi saranno invece richieste polinomiali di ordine maggiore.

Figura 31: (a) Spettro dei raggi X per un tubo di tungsteno a due diversi voltaggi; (b) spettro dei raggi X dopo l’inserimento di un filtro in Alluminio di 1 mm di spessore. Le componenti a bassa energia (< 10 keV) sono state tagliate fuori dal filtro. In ogni caso, l’intensità fotonica è inferiore dopo il filtraggio, come si può ben vedere dai conteggi nel grafico (Spettri forniti dalla Skyscan,

41 Ring artifact

Occasionalmente, problemi minori come un pixel difettoso sul CCD, un difetto nello scintillatore che converte i raggi X in luce visibile o della polvere nel sistema di rilevazione creeranno un artefatto simile ad anelli o mezzi anelli attorno al centro di rotazione dell'immagine ricostruita. Pulire il sistema a volte può eliminare questo artefatto. Per i pixel difettosi, alcuni sistemi hanno la possibilità di sostituire il pixel elettronicamente utilizzando una media di pixel vicini. Anche se i dati per i pixel difettosi andranno persi, la media effettivamente rimuoverà l'artefatto ad anello.

Artefatti metallici

Materiali con coefficienti di attenuazione lineare molto alti (come i metalli) possono causare l’assorbimento totale del fascio di raggi X, dando luogo ad artefatti a forma di stella nelle immagini ricostruite. Questo effetto può essere prevenuto solo escludendo i materiali ad alto assorbimento dalla scansione. Metalli come l'acciaio possono essere sostituiti da alluminio o titanio, che hanno coefficienti di attenuazione lineari molto inferiori e non dovrebbero causare questo tipo di artefatto.

Artefatti di movimento

Durante la scansione, un campione viene in genere ruotato rispetto alla fonte di radiazioni per ottenere proiezioni da più angolazioni. Se l'oggetto si muove all'interno del tubo di scansione durante questa rotazione, le proiezioni non si incastreranno correttamente durante la ricostruzione, con conseguente distorsione dell'oggetto. Per questo motivo è importante stabilizzare correttamente il campione in modo che non si verifichi alcun movimento durante la scansione. Un disallineamento del centro di rotazione può anche apparire come un artefatto da movimento. In questo caso, una misurazione del fantoccio (che presumibilmente non avrebbe avuto possibilità di movimento) deve essere eseguita per distinguere tra le due diverse possibili origini dell'artefatto.

Figura 32: Esempi di comuni artefatti di scansione: (A) ring artifact; (B) artefatto metallico; e (C) artefatto da movimento. Il ring artifact in questa immagine è stato causato da un difetto dello scintillatore che converte i raggi X in luce visibile. La vite in B assorbe

molta radiazione, il che si traduce in artefatti a forma di stella e anche in distorsioni dell'immagine. In C si mostra la scansione dell'ulna di un paziente il quale ha spostato il braccio durante la misurazione. Per questa ragione, la corteccia non è un anello

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CAPITOLO 4

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