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CAPITOLO 4 MATERIALI E METODI

4.2 TECNICHE DI COUNSELING UTILIZZATE

4.2.1 Ascolto attivo

L’ascolto, il prestare cioè attenzione a ciò che l’altro sta dicendo è l’attività principale del counseling e della relazione di aiuto (Di Fabio, 1999): questo, infatti, rappresenta il primo passo per riuscire a stabilire un’incontro profondo e di qualità con l’altro. Come afferma Schwartz B. (1995) “Ci sono due modi di ascoltare: il primo consiste nell’impossessarsi dei discorsi dell’altro per metterli al servizio delle proprie tesi e dei propri interessi; il secondo consiste nel sentire l’altro, nel capire “da dove” parla, nell’andare verso di lui. Il primo modo, sfortunatamente, è di gran lungo il più diffuso. Si ascolta senza veramente sentire; così facendo, ci si protegge dai cambiamenti che un reale ascolto comprometterebbe”. L’ascolto, dunque, si esprime attraverso la capacità di sentire le parti più profonde dell’altro e nella comprensione accurata delle sue

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58 componenti più interne producendo così un cambiamento profondo nella persona che lo sperimenta. Questo tipo di ascolto è chiamato ascolto attivo, o anche ascolto empatico o comprensivo.

E’ attraverso l’ascolto attivo che si esplicitano le tre condizioni fondamentali rogersiane volte a creare un clima facilitante utile al cliente nel raggiungere il suo personale insight:

 congruenza: modo sincero ed aperto in cui l’operatore comunica essendo se stesso;

 accettazione positiva incondizionata: l’operatore non giudica, non valuta ma accetta incondizionatamente ogni aspetto dell’esperienza dell’utente;

 empatia: l’operatore si immedesima nell’utente per comprendere il suo punto di vista, il suo quadro di riferimento, i suoi sentimenti senza assumerli come propri (dal greco “en” e “pathein” “sentirsi dentro l’altro”).

Proprio per questa sua caratteristica di completezza, l’ascolto attivo si occupa di porre attenzione non solo al contenuto verbale ma anche a quello non verbale e soprattutto alle emozioni (che esprimiamo principalmente con il non verbale): saper ascoltare vuol dire anche saper osservare, cioè ascoltare non solo con il senso dell’udito ma anche con il senso della vista. Ascoltare attivamente vuol dire dunque ascoltare ciò che l’utente dice, il modo in cui lo dice e ciò che non dice; anche il silenzio ha significato, anzi il silenzio diviene una tecnica di ascolto attivo.

L’ascolto attivo, essendo una tecnica, si serve di modalità specifiche, quali, ad esempio:

 riformulazione: si approfitta di un momento di pausa nella conversazione per riformulare quanto è stato detto senza aggiungere contenuti propri e verificare, così, di aver compreso esattamente ciò che l’interlocutore aveva intenzione di esprimere. Esistono diversi modi per riformulare: riformulazione semplice: si rimanda l’equivalente del contenuto ricevuto dall’utente (“Se ho capito bene lei mi sta dicendo che …”) usando le stesse parole; parafrasi: si riformula con parole proprie il contenuto ricevuto dall’utente (“Provo a dirle cosa ho compreso dal suo racconto …”); riepilogo: si riassume sinteticamente il contenuto ricevuto dall’utente (vedi paragrafo 4.2.2); eco: si ripetono le ultime parole pronunciate dall’utente; per immagine: si sottolinea quanto detto dall’utente con un’immagine; delucidazione: si riformula sia il contenuto che i sentimenti, espressi o non (“Quando hai detto … mi è sembrato di cogliere dal tuo sguardo che sei preoccupato …”); riflesso del sentimento: si coglie la componente emotiva e la si ripropone con verbalizzazione chiara. “Rimandare i sentimenti è il cuore della risposta empatica" (Larson, 2007). La possibilità di esprimere risposte empatiche attraverso le quali si

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59 individua l’emozione centrale, rispetto al disagio del cliente, produce una ampliamento della sua coscienza che lo conduce all’auto-esplorazione e alla possibilità di esprimere risposte concrete per affrontarlo (Bruzzone, 2007).

In generale, la persona che si riconosce nella riformulazione è sicura di essere stata ascoltata ed è quindi motivata a collaborare ancora e a rimanere aperta nella relazione; inoltre il professionista, grazie al suo feedback, può essere sicuro di aver capito bene ciò che intendeva dire l’utente. Infatti, perché una riformulazione sia efficace, il professionista deve ottenere l’approvazione dell’utente. Se questa non si verifica, l’utente proverà a spiegarsi nuovamente ed il professionista riformulerà nuovamente, fino alla completa comprensione. Il professionista con questa tecnica è come se facesse da specchio per l’utente: questo, ascoltando il “racconto” della sua esperienza da un’altra persona, è come se la vedesse da un altro punto di vista, potendone così cogliere significati nuovi o rendendo gli stessi più chiari, generando quello che viene detto “effetto sorpresa”;

 capacità di fare domande: vedi paragrafo 4.2.3;

 uso dei messaggi in prima persona: iniziare una frase con, ad esempio, “Io penso che …”, oppure “Secondo me …” serve a distinguere ciò che riguarda il professionista da ciò che riguarda l’utente, ad evitare situazioni conflittuali, a favorire un clima non giudicante ed un processo decisionale autonomo;

 uso congruo ed efficace della comunicazione verbale e non verbale: nel praticare l’ascolto attivo la comunicazione non verbale assume un ruolo decisamente rilevante, sia perché grazie ad essa si riesce ad entrare in contatto empatico con il vissuto emotivo dell’altro, sia perché grazie ad essa si può dare all’interlocutore la netta impressione che ciò che sta dicendo interessa davvero. Si può comunicare questo interesse: mantenendo il contatto visivo, evitando segni di impazienza o di disagio (per es., guardare l’orologio o il telefonino), comunicando apertura e vicinanza attraverso la postura e la prossemica;  stare in silenzio: attendere, ad esempio dopo una domanda aperta, che il soggetto

mentalmente ricostruisca i dati e li comunichi verbalmente può apparire scontato, ma non lo è. Spesso non si dà neppure il tempo ai pazienti di rispondere oppure si fanno domande chiuse per velocizzare il più possibile l’intervento. In realtà, le informazioni di cui il professionista ha bisogno sono tutte nella memoria dell’utente, quindi, se non gli si dà dare il tempo ed il modo di riconnetterle, riorganizzarle, rielaborarle, ecc. prima di verbalizzarle si rischia di avere informazioni o incomplete o addirittura false.

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60 Infine, un ascolto attivo, per essere veramente efficace deve essere:

empatico: l’empatia mira ad instaurare il rapporto e la fiducia attraverso l’attenzione ai contenuti e la comprensione degli stati d’animo;

reattivo: chi ascolta non deve essere passivo, ma inviare continuamente feedback volti a rinforzare l’interlocutore e a ottenere più informazioni;

selettivo: chi ascolta deve cercare di ottimizzare il processo della comunicazione individuando gli argomenti effettivamente rilevanti stimolando l’interlocutore a concentrarsi su questi.

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