A chiusura dell’ordinanza n. 132, la Corte costituzionale, oltre a precisare che, fino all’u-dienza del 22 giugno 2021, i giudizi a quibus rimarranno sospesi – come del resto desumibile dal disposto dell’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla co-stituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) – soggiunge che, per altri giudizi analoghi, spetterà ai giudici valutare se sollevare questioni di legittimità costituzionale delle
66 La Corte ha considerato che «la medesima logica, già presente e operante nel sistema, [potesse] agevolmente essere trasposta all’interno dell’art. 216 della legge fallimentare».
67 Così Pace (2020), p. 383 ss.
68 Si vedano le considerazioni di Pace, ult. cit., p. 372 ss. e sulla legittimazione della Corte a intervenire anche in senso manipolativo, così incidendo sulla discrezionalità del legislatore, a fronte della prova dell’inerzia del legislatore, a fronte di una precedente sollecitazione a porre rimedio al vulnus costituzionale riscontrato dal giudice costituzionale.
69 Pronuncia che ritiene maggiormente probabile Cuniberti, ult. cit., p. 139.
70 Pronuncia prefigurata da Gatta, ult. cit.
71 Come notato da Bignami, ult. cit., a commento dell’ordinanza n. 207 del 2018 sul c.d. caso Cappato, «è palese allora il progresso che il primato della Costituzione guadagna dalla nuova tecnica decisoria [dell’ordinanza a incostituzionalità differita]. A mente fredda, infatti, non si può non riconoscere che vi è qui tutt’altro che una pilatesca volontà di procrastinare la decisione. Al contrario, pur accompagnandosi al doveroso rispetto degli spazi propri del legislatore, la Corte nella sostanza inverte il più consolidato trend delle inammissibilità per discrezionalità legislativa, in quanto ad un tempo: a) impedisce l’applicazione della norma incostituzionale nel giudizio a quo; b) ne paralizza […] l’efficacia su un piano più generale; e infine c) garantisce che, in tempi certi, essa sarà dichiarata illegittima, ove la legge non abbia provveduto ad emendarla dal vizio che l’ordinanza motivatamente riscontra». Nel senso della condivisibilità della scelta della Corte costituzionale operata nell’ordinanza n. 132 del 2020 v. Cuniberti, ult. cit., p. 135. In senso critico si esprime invece Mazzola, ult. cit., p. 551 ss., secondo cui
«pronunce costituzionali di siffatta maniera danno prova dell’anima politica della Corte che, in quanto organo di garanzia della Costituzione, non dovrebbe avere».
7.
Laura Tomasi
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PrinciPles, rightsand criminal Policy norme censurate dai Tribunali di Salerno e di Bari, ove le ritengano rilevanti e non manife-stamente infondate «alla luce dei principi sopra enunciati», «così da evitare, nelle more del giudizio di costituzionalità, l’applicazione delle disposizioni censurate».
La dottrina non ha mancato di cogliere in questa chiusa un «incoraggiamento in tal senso a mezza bocca indirizzato ai giudici stessi, seppur presentato in forma comunque rispettosa del ruolo istituzionale ad essi spettante»72.
E invero, da un lato, l’accertamento dell’inadeguatezza, sul piano costituzionale, del bi-lanciamento tra libertà di espressione e tutela della reputazione, contenuto nell’ordinanza n.
132, costituisce un pregnante indizio che ciascun giudice potrà e dovrà porre a fondamento della propria valutazione di non manifesta infondatezza di analoghe questioni di legittimità costituzionale degli artt. 595, terzo comma, cod. pen. e 13 l. n. 47 del 1948.
Dall’altro lato, ove alla valutazione di non manifesta infondatezza si aggiunga quella di rilevanza di tali questioni, il promovimento di ulteriori incidenti di costituzionalità appare la soluzione preferibile rispetto a provvedimenti di rinvio del processo in attesa della decisione della Corte costituzionale o addirittura di “sospensione impropria” del processo.
Indicazioni in quest’ultimo senso si traggono anche dalla recente ordinanza n. 202 del 2020, concernente l’ammissibilità, nel giudizio costituzionale attualmente pendente sul taglio alle c.d. pensioni d’oro realizzato con l’art. 1, commi 260 e 261, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019), di interventi ad adiuvandum spiegati da soggetti titolari di trattamenti pensionistici decurtati, che, pur non essendo parti nel processo all’origine dell’in-cidente di costituzionalità, avevano incardinato analoghi giudizi di merito, nei quali non era stata sollevata questione di legittimità costituzionale, ma era stata disposta la sospensione c.d. impropria del processo, proprio in ragione della pendenza del giudizio innanzi alla Corte costituzionale.
La Corte, nel dichiarare inammissibili gli interventi, sul rilievo che gli intervenienti erano titolari non di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale de-dotto in giudizio, ma di un interesse semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto del dubbio di costituzionalità73, ha “censurato” la prassi della c.d. sospensione impro-pria del processo, ritenendola «provvedimento difforme da[lle] univoche indicazioni normati-ve» rinvenibili nell’art. 23, secondo comma, l. n. 87 del 1953, che configura come necessaria la sospensione del giudizio (solo) nel caso in cui sia ordinata la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e nell’art. 24, primo comma, della stessa legge, che prescrive che l’ordinanza di rigetto dell’eccezione di illegittimità costituzionale sia «adeguatamente motivata»74.
La ratio sottesa al (reiterato) invito ai giudici a sollevare questioni di legittimità di norme già censurate innanzi alla Corte costituzionale non è solo quella di consentire alle parti di processi analoghi – che si vedono precluso l’intervento nel giudizio di costituzionalità già pendente – di “interloquire” innanzi alla Corte, ma anche quella di non privare quest’ultima della possibilità di esaminare, su sollecitazione di altri rimettenti, eventuali ulteriori profili del thema decidendum già portato alla sua attenzione (diversi petita, diversi parametri costituzionali di riferimento).
E allora, tornando al caso della diffamazione a mezzo stampa, alla luce delle sollecita-zioni della Corte, anche in questa fase “interlocutoria”, di attesa della decisione di merito sulla legittimità del “carcere per i giornalisti”, il giudice comune è chiamato, ove dubiti della conformità a Costituzione degli artt. 595, terzo comma, cod. pen. e 13 l. n. 47 del 1948, a sollecitarne l’ulteriore sindacato da parte della Corte, anche seguendo percorsi argomentativi, evocando parametri costituzionali e formulando petita diversi da quelli già sottopostile, così contribuendo all’attuazione della giurisdizione costituzionale e, con essa, alla garanzia dei di-ritti fondamentali.
72 Ruggeri (2020), p. 407.
73 Secondo l’orientamento costante della Corte (ex plurimis, sentenze n. 158 del 2020 con allegata ordinanza letta all’udienza del 10 giugno 2020, n. 119 del 2020, n. 30 del 2020 con allegata ordinanza letta all’udienza del 15 gennaio 2020, n. 159 e n. 98 del 2019, n. 217, n. 180 e n. 77 del 2018, n. 70 e n. 33 del 2015), ora recepito nel novellato art. 4, comma 7 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
74 Secondo la Corte, tuttavia, «tale difformità, generando una questione di natura squisitamente endoprocessuale, trova rimedio nei mezzi di impugnazione che consentono alla parte di riattivare il corso del processo erroneamente sospeso e non può ridondare in un titolo di legittimazione di quella stessa parte agli effetti dell’intervento in un giudizio incidentale di legittimità costituzionale promosso altrove», pena l’alterazione della struttura incidentale del giudizio di legittimità costituzionale.
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