2. Case study: Art Basel 2018
2.1. Aspetti metodologici
2.1.1. Fonti e metodologia di raccolta dei dati
La mia analisi empirica studia il grado di eterogeneità degli espositori partecipanti all’edizione 2018 di Art Basel e degli artisti da essi presentati, sia in termini di distribuzione geografica, che di genere. Nonostante gli stessi organizzatori delle principali fiere internazionali siano soliti vantare un elevato grado di diversità ed inclusione all’interno della propria organizzazione e ci tengano particolarmente a sottolineare la dimensione globale dell’evento, la realtà dei fatti sembra essere spesso molto diversa. Infatti, analogamente agli altri settori del mercato artistico, quali gallerie e case d’asta, anche l’attività delle fiere d’arte sembra essere in parte guidata da legami territoriali e dalle tendenze generali del mercato, le quali vedono un complessivo squilibrio in favore di pochi Paesi, prettamente occidentali, e del genere maschile.
Al fine di corroborare questa tesi attraverso dati empirici, ho svolto un’accurata ricerca all’interno del sito internet di Art Basel4, da cui ho raccolto i dati riguardanti le gallerie d’arte
che hanno partecipato all’edizione 2018 e gli artisti rappresentati dalle stesse. Il sito ufficiale di Art Basel mette a disposizione i cataloghi degli espositori e permette di filtrare le informazioni in base ai criteri rilevanti per la propria ricerca. Nel mio caso, ho selezionato inizialmente il link del sito “Galleries”, in cui sono elencati in ordine alfabetico tutti gli espositori; in seguito, dato che la mia ricerca si basa esclusivamente sull’edizione svizzera di Art Basel, ho isolato i dati riguardanti la sede di Basilea ed infine l’anno di riferimento, il 2018.
Una volta impostati i filtri di ricerca, ho potuto agilmente raccogliere i dati riguardanti le gallerie partecipanti alla suddetta edizione di Art Basel.
In particolare, la mia attenzione è stata posta sui seguenti elementi:
•
Nome della galleria;•
Paese di origine ed eventuali sedi estere;•
Data di fondazione;•
Genere del/la gallerista;•
Artisti rappresentati;•
Numero di opere esposte per artista;•
Data di produzione dell’opera (in presenza di più opere prodotte da un solo artista l’anno che figura è una media degli anni di produzione).Questi dati sono stati in seguito integrati con ulteriori informazioni relative agli artisti che ho reperito in rete:
• Data di nascita ed eventuale data di morte; • Nazionalità;
• Paese/i di residenza (alcuni artisti dividono il proprio tempo tra due o più città, spesso ubicate in Paesi diversi);
• Genere.
Inoltre, è importante sottolineare che, durante la fase di raccolta dei dati dal sito ufficiale della fiera, ho riscontrato delle difficoltà nel reperire le sopracitate informazioni riguardanti le opere presentate ad Art Basel 2018 da 11 espositori (Landau Fine Art, Levy Grovy, Mnuchin, Galerie Hans Mayer, Anthony Meier Fine Arts, Helly Nahmad Gallery, Galleryske, Galerie Pietro Spartà, Christian Stein, Vitamin Creative Space e Washburn). Infatti, nonostante i nomi delle gallerie comparissero nell’elenco degli espositori, i cataloghi online dell’edizione 2018 non risultavano disponibili. Per comprendere il motivo di tale mancanza, ho contattato via email Isabelle Baume5, Gallery and Project Manager di Art Basel, la quale mi ha riferito che alcune
gallerie sono solite rimuovere dal sito i pezzi venduti e che spesso, per motivi di privacy, esse preferiscono non condividere pubblicamente il proprio catalogo. Le gallerie possono liberamente decidere di sfruttare il proprio spazio dedicato sul sito ufficiale di Art Basel per pubblicare il proprio catalogo e promuovere gli artisti che verranno presentati all’evento, ma
ciò non rappresenta in alcun modo un obbligo per le gallerie. Di conseguenza, in certi casi, le opere pubblicate sul sito rappresentano solo una parte dell’intero catalogo.
Per sopperire alla mancanza di tali informazioni ho utilizzato tre diversi metodi:
1) Il primo consisteva nel visitare i siti ufficiali delle singole gallerie e si è rivelato proficuo nel caso di Levy Grovy, Muchin e Washburn.
2) Nel caso di Anthony Meier Fine Arts, Galleryske e Galerie Hans Mayer ed Helly Nahmad Gallery, invece, sono riuscita a raccogliere parte dei dati mancanti dal profilo Instagram ufficiale delle gallerie. Per quanto riguarda le prime due gallerie, sono riuscita a rintracciare i nomi degli artisti presentati a Basilea, ma non il numero delle opere, né l’anno di produzione. Dai profili Instagram di Galerie Hans Mayer ed Helly Nahmad Gallery, invece, ho reperito solo dei cataloghi parziali. Di conseguenza le sezioni del database dedicate alle quattro gallerie appena citate risultano tutt’ora, in parte, incomplete.
3) In caso i primi due metodi si fossero rivelati inefficaci, mi sono affidata ad una ricerca generica online che mi ha permesso di raccogliere il catalogo completo della Galleria Pietro Spartà, citato da due articoli di giornale6 e l’elenco completo degli artisti
presentati da Christian Stein, di cui però non è stato reso noto il numero di opere né, chiaramente, l’anno di produzione7.
Del catalogo di Landau Fine Art e Vitamin Creative Space, invece, nonostante l’approfondita ricerca, non sono riuscita a reperire alcuna informazione.
Inoltre, non sono riuscita a risalire alle generalità (data di nascita, eventuale data di morte, nazionalità e Paese di residenza) degli artisti Bruno Hoang e Diego Hernàndez, rappresentati rispettivamente dalle gallerie Jan Mot e Nicolas Krupp, né alle generalità dei singoli componenti del collettivo artistico Slavs and Tatars, di cui si conoscono solo i due fondatori, provenienti da Polonia e Iran.
2.1.2. Analisi dei dati
Attraverso una ricerca incrociata dei dati raccolti e suddivisi per settore, ho analizzato tre aspetti principali che mi hanno permesso di studiare l’effettivo grado di diversità ed eterogeneità della fiera. In primo luogo, ho esaminato il grado di diversità degli espositori partecipanti in base al
6 https://martebenicult.wordpress.com/2018/06/29/quattro-artisti-italiani-ad-art-feature/ ;
https://www.nonsolocinema.com/art-basel-2018.html.
Paese di origine, soffermandomi poi sul livello di internazionalizzazione delle gallerie. Successivamente, ho svolto un’analisi simile relativa alla nazionalità (nel caso l’artista sia stato naturalizzato, viene considerato il Paese di naturalizzazione) e al Paese di residenza degli artisti esposti. Dalla mia ricerca è emerso che un considerevole numero di artisti divide la propria vita personale e professionale tra più Paesi; qualora fra di essi figurasse il Paese di origine dell’artista, esso viene considerato sede primaria dell’artista in questione. Inoltre, è importante sottolineare che molti degli artisti esposti, soprattutto all’interno del settore Galleries, sono stati rappresentati da più di una galleria e compaiono, dunque, in più di un catalogo. Nella sezione dedicata all’analisi della distribuzione geografica degli artisti per settore non ho tenuto in considerazione le eventuale ripetizioni, mentre nella sezione generale dedicata alla fiera ho analizzato per intero tutti i cataloghi delle gallerie partecipanti, al fine di verificare se gli espositori hanno effettivamente dimostrato una predilezione per determinate nazionalità a discapito di altre. In questo caso, il grado di diversità che emerge dallo studio è decisamente più elevato. Ciononostante, anche in questo caso risulta evidente l’esistenza di uno squilibrio in favore degli Stati Uniti e di pochi altri Paesi europei.
Il terzo aspetto analizzato riguarda, invece, il genere degli artisti esposti e dei galleristi che li hanno rappresentati. Come previsto, la presenza maschile è sensibilmente superiore a quella femminile in entrambi i casi. Inoltre, è bene precisare che le coppie ed i collettivi artistici composti da artisti di diverso genere sono stati inseriti in una categoria definita “Misto”.
Per ognuno dei tre aspetti considerati, ho esposto prima i dati generali relativi all’evento nel suo complesso e, solo in seguito, mi sono concentrata sui singoli settori, con particolare enfasi sul settore Galleries, il quale è il principale della fiera Europea di Art Basel e di tutti gli altri eventi affiliati. I settori Unlimited, Parcours e Film sono costituiti da gallerie che espongono anche in altri settori della fiera e, poiché costituiscono fondamentalmente una ripetizione, sono stati trattati meno approfonditamente rispetto agli altri quattro. I sette settori sono stati presentati in ordine decrescente di grandezza, misurata in base al numero di espositori.
Infine, ho brevemente analizzato il grado di innovazione della fiera basandomi sull’età media degli artisti presentati dalle gallerie e sull’anno di produzione delle opere esposte. I risultati dimostrano un’accentuata predilezione per la produzione artistica recente, ma una tendenza ad esporre artisti nati tra gli anni Quaranta e Settanta, fatta eccezione per il settore Statements, il quale è infatti dedicato a gallerie che presentano giovani artisti emergenti in lizza per il premio Baloise Art Prize.
Come menzionato precedentemente, non sono riuscita a reperire i cataloghi delle gallerie Landau Fine Art e Vitamin Creative Space, le quali sono state però considerate sia nell’analisi della distribuzione geografica delle gallerie partecipanti, sia nella sezione riguardante la distribuzione di genere tra i galleristi. Inoltre, non ho potuto considerare gli artisti Bruno Hoang, Diego Hernàndez ed il collettivo Slavs and Tatars nella sezione dedicata alla provenienza geografica degli artisti. È stato però tenuto conto del genere dei tre artisti all’interno della penultima sezione dedicata alla diversità di genere.