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Un’elevata varietà della copertura vegetale dell’area di studio è conseguenza della grande diversificazione territoriale in ambiti quali la quota, l’orografia, l’idrografia, il clima, la natura chimico-fisica del suolo e l’influenza antropica.

Caratteristica del gruppo dell’Adamello-Presanella è una notevole biodiversità vegetale contraddistinta da una diversificazione della fitocenosi in termini di struttura, composizione e distribuzione, comprensibile se si ricordano le differenze geologiche che caratterizzano i diversi settori del massiccio. Questa ricchezza è imputabile alla diversità

morfologica, pedologica e microclimatica che, associate alle escursioni altimetriche e alla storia geologica dell’area, hanno favorito lo sviluppo di endemismi e di popolamenti floristici specifici, costituendo ambienti e microambienti unici e molto differenti tra di loro (AA.VV., 1992). Lo stesso pH (acido o basico) dei terreni condiziona la composizione delle comunità vegetali. Tali condizioni sono in parte state favorite anche dalle glaciazioni susseguite nel corso degli anni, che hanno permesso la migrazione della flora artica.

Due sono i grandi territori in cui è possibile suddividere con precisione l’Adamello dal punto di vista vegetazionale: un settore meridionale, in cui una costituzione di rocce sedimentarie del Triassico permette lo sviluppo di una ricca vegetazione, talvolta con aspetti lussureggianti; un settore settentrionale, in cui salendo di quota si passa ad un contesto geologico di scisti cristallini e poi di tonaliti, che comporta un impoverimento della coltre vegetale.

Più in particolare, il profilo vegetazionale e la distribuzione floristica del massiccio dell’Adamello-Presanella sono descritti in relazione al gradiente altitudinale. Questo si ottiene suddividendo l’area in piani altitudinali che in successione dalle quote più basse alle più alte vede distinguere un piano basale, un piano montano ed un piano culminale (Dalla Fior, 1966). Nel piano basale, che si estende dal fondovalle fino a circa i 1000 m di quota, si snodano, tra prati e seminativi, caratteristici castagneti da frutto (Castanea sativa). A questi boschi si alternano più spesso boschi cedui misti di faggio (Fagus sylvatica), acero (Acer pseudoplatanus), nocciolo (Corylus avellana), frassino (Fraxinus excelsior), carpino (Carpinus betulus), maggiociondolo (Laburnum anagyroides), betulla (Betula pendula), robinia (Robinia pseudoacacia), e, dove le esposizioni sono più favorevoli, anche di rovere (Quercus petraea) e cerro (Quercus cerris). Quest’ultima formazione vegetale è presente in poche stazioni ben esposte, come all’ingresso della

Val di Genova e della Val di Nambrone (Fronza e Tamanini, 1997). Lungo le sponde dei torrenti e dei fiumi vegetano rigogliose fasce ad ontano bianco (Alnus incana), ontano nero (Alnus glutinosa) e salici (Salix ss.pp.). Nel piano montano, che si sviluppa sopra i 1000 m fino ai 1400 m, ovvero fino al limite della vegetazione arborea, si alternano fustaie resinose ai boschi di latifoglie, prevalentemente faggete. Sono caratteristici di quest’altitudine i boschi di abete bianco (Abies alba) e di faggio (Fagus sylvatica) mescolati ad alcune essenze minori come l’acero montano (Acer pseudoplatanus) e il tasso (Taxus baccata), presente sul lato sinistro della cascata di Nardìs in Val di Genova. Le faggete, che sono generalmente comprese tra i 1000 e i 1200 m, si spingono spesso sino ai 1600 m di quota, limite oltre il quale prevalgono i boschi misti di conifere, rappresentate dall’abete bianco e localmente il pino silvestre (Pinus silvestris). Proprio le faggete costituiscono una formazione predominante in Val Genova e nella Val di Daone. (Fronza e Tamanini, 1997). Le specie arbustive in questo piano vegetazionale sono rappresentate dal biancospino (Crataegus monogyna Jacq.), dal sambuco nero (Sambucus nigra), dal salicone (Salix caprea), dalla madreselva alpina (Lonicera alpigena) e dal caprifoglio nero (Lonicera nigra), specie che possono risalire fino ai 1400 m di quota.

A quote comprese tra i 1300 e i 1900 m trovano la loro sede più caratteristica i boschi costituiti in prevalenza da abete rosso (Picea excelsa) accompagnato da altre specie arboree come il larice (Larix decidua), il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucupiaria) e il sambuco montano (Sambucus racemosa). L’azione acidificante degli aghi di abete sul terreno favorisce l’insediamento di ericacee acidofile come il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), l’erica (Erica carnea) e il mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea) e di altre piante comuni del sottobosco come l’acetosella (Oxalis acetosella). In questa fascia si ha la maggior distribuzione dei pascoli che sono distese erbacee composte per lo più da alcune associazioni vegetali dominanti

come i seslereti, i sempervireti, i curvuleti e i festuceti, nelle quali compaiono specie nitrofile, come il Rumex sp., Urtica sp., Senecio sp.

Sopra i 1900 fino ai 2100 m la pecceta lascia il posto al bosco di larice (Larix decidua) e di cirmolo (Pinus cembra) che con l’aumentare della quota diventa sempre meno fitto con alberi più imponenti e radi. La grande luminosità di queste formazioni rade consente lo sviluppo di un ricco sottobosco che annovera la presenza di elementi come ad esempio la rosa alpina (Rosa pendulina) e il caprifoglio (Lonicera cerulea).

Quale area di particolare interesse, presenti nel piano montano sono le torbiere. Questi ambienti sempre più rari e minacciati presentano un’alternanza di boschi ad abete rosso e prati torbosi di origine glaciale di diversa estensione e diverso livello evolutivo. All’interno del parco le aree di maggior interesse sono rappresentate dalla Torbiera Stella Alpina in Val Genova e la Torbiera di Pian degli Uccelli. Queste presentano nelle zone prossime all’acqua specie vegetali di grande interesse botanico le piante insettivore come le Drosere (D. rotundifolia, D. anglica, il raro giuncastrello delle torbiere (Scheuchzeria palustris) e la Lycopodiella inundata.

Nel piano culminale, che si sviluppa dove la foresta inizia a diradarsi e il clima a raffreddarsi sino ai 2400-2800 m, si insedia l'ampia e caratteristica fascia degli arbusti nani e contorti, costituita in prevalenza da ontano verde (Alnus viridis), pino mugo (Pinus mugo), ginepro (Juniperus communis), salici nani (Salix ss.pp.) e il rododendro (Rododendron ferrugineum) che vive solo su suoli acidi.

Successivamente, tra i 2800 e i 3100 m circa, si passa alla steppa alpina, dove si trovano i pascoli alpini propriamente detti e dove vivono solo specie erbacee tipiche dei suoli acidi, derivanti da rocce cristalline, come ad esempio il salice nano (Salix herbacea). L’associazione più diffusa in questo orizzonte è il Curvuletum (Carex curvula), che si estende ininterrotto fino al limite delle nevi perenni e al piede delle pareti rocciose, sulle quali

cede il posto all'Elynetum (Elyna myosuroides). Si possono, inoltre, trovare diverse associazioni aperte all’interno delle quali vivono le specie più rappresentative della flora alpina: sulle morene laterali il ranuncolo dei ghiacciai (Ranunculus glacialis), il crisantemo alpino (Chrysanthemum alpinum), la linaiola d’alpe (Linaria alpina) e il millefoglio del granito (Achillea moschata), mentre sulle rupi vivono sassifraghe (Saxifraga spp.), androsace (Androsace alpina) e seneci (Senecio carniolicus); nel settore meridionale, nei macereti e sulle rupi calcareo-dolomitiche, vivono il camedrio alpino (Dryas octopetala), la sassifraga sempreviva (Saxifraga aizoon) e la stella alpina (Leontopodium alpinum). Altre specie di maggior rilievo floristico sono l’azalea delle alpi (Loiseleuria procumbens), la soldanella comune (Soldanella alpina), la moretta palustre (Empetrum nigrum) e il falso mirtillo (Vaccinium uliginosum).

Il territorio che viene a trovarsi oltre i 3100 m, individua il piano nivale che presenta rigide condizioni climatiche. Come limite inferiore delle nevi perenni, in tale orizzonte le uniche forme di vita sono i microrganismi colorati delle superfici bagnate (alghe e batteri), le croste licheniche e gli esseri unicellulari dei ghiacciai, tutte non a torto definite ”specie pioniere” (AA. VV.,1992). Riescono a sopravvivere anche specie erbacee che hanno sviluppato particolari forme di adattamento (Fronza e Tamanini, 1997). Interessanti nel quadro floristico sono gli endemismi: la rarissima Trientalis europaea, una delicata primulacea boreale risalente ad epoche glaciali, della quale sono noti sul versante alpino meridionale solo otto insediamenti (ed una di queste stazioni relitto si trova nella Valle di San Valentino); la primula della Val di Daone (Primula oenensis) diffusa sulle rupi non calcaree, che è una specie endemica delle Alpi Retiche che dalle Giudicarie si spinge attraverso tutto il gruppo dell’Adamello e quello dell’Ortles fino ai Grigioni e alla Valle dell’Inn (Sacchi, 1984).