sospetto che, nonostante la precedente affermazione di voler morire impenitente fautore delle cuspidi, egli volesse aprirsi l’adito ad
un mutamento
di convin-zioni.Ad
ognimodo
era pur compassionevole questa situazione diun
artista,per il quale la concezione preferita si acconciava all’eventualità di
una
così sostanziale modificazione; poiché—
per adottare ilparagone
stesso del diversocappello, adoperato dal
De
Fabris— come mai
sipuò immaginare
che aduna
persona sia affatto indifferente ilmutare
radicalmente laforma
del cappello, senza che nel resto della persona abbia a corrispondereun
diversomodo
di abbigliamento?Noi
possiamo portare indifferentementeun
cappello di paglia, oppureun
cappello a tuba, di pelo;ma
sarebbe altrettanto ridicolo mettereil cappello di pagliaindossando la pelliccia,
come
il portareun
cappello atubamentre
si è incostume
da bagno.Non
è quindi possibile di riconoscere solida edequilibrata la convinzione artisticadicolui che,avendo
disegnatoletreporte conuna
linea d’assieme e conuna massa
proporzionata alcoronamento
tricu-spidale, si dichiaravapronto a tradurre in atto tali elementi fondamentali della facciata, pur essendo giàrassegnato a sovrapporre a quegli elementiun
diverso coronamento, assai più basso, leggiero, basato sopra linee d’assieme chenon avevano
alcunlegame
colla parte inferiore della facciata?Era come
il con-cludere che chi avesse già indossato la pelliccia, potesse poi indifferentemente coprirsi il capo conun
cappello a tuba, oun
cappello di paglia.La memoria
astampa
del prof.De
Fabrismalgrado
la povertà della teoria enunciata,malgrado
lapalmare
contraddizione fra la impenitente prefe-renza per le cuspidi ed il ripiego della duplice soluzione—
ottenne l’effettoche il
De
Fabris si riprometteva da quella strana linea di condotta: e cioè assopì le controversie, col pensiero chenon
sarebbemancato
il giorno in cuii dispareri avrebbero avuto la opportunità di riaffermarsi e di contendersi più
vivacemente
il terreno.Pertanto il lavoro del rivestimento
marmoreo
dellanuova
frontevenne
avviato nel settembre del 1875, e proseguì abbastanza celeremente, cosicché alla fine del1879
si potè presentare al pubblico tutta la parte inferiore della facciata, fino all’imposta delle cuspidi, già ultimata, ad eccezione delle statue, bassorilievi e mosaici. Si avvicinava intanto il giorno in cui sidoveva
porremano
alcoronamento
della fronte: la relazione colla quale ilDe
Fabrisaveva
inteso di dimostrarecome
la decisione definitiva dellaforma
dicoronamento
si potesse differirefino all’ultimo
momento,
seaveva
potuto disarmare sino a quel giorno le opposizioni,aveva
contribuito però amantenere
vivo ilprò-posito della ripresa delle discussioni: e la stessa idea del
De
Fabris, di in-nalzare il modello in legno diuna
delle cuspidi, per mostrare l’effetto del partito da lui sostenuto, offriva agli oppositori il destro per richiedere che siFigura
XXIV.
Disegno prospettico della fronte di S. Maria del Fiore, quale venne eseguita colla soppressione dello cuspidi.
facesse altresì
un
modello delcoronamento
basilicale, di cui lo stessoDe
Fabrisaveva
concretato il disegno. Si giunge così all’anno 1888, chedoveva
essere l’ultimo dellavita dell’architettoDe
Fabris,mancato
ai vivi alla fine di giugno,poche
settimane prima che fossero ultimati i modelli parziali dei due sistemi di coronamento; e questi, nel dicembre del 1888, vennero scoperti assieme a tuttalafacciata per provocare il giudizio popolare,chesipronunciòinfavoredelcoronamento
basilicale.La Commissione nominata
per dar voto sulla questione, adottavatalecoronamento
con voti 10 contro 4; a succedere alcompianto
pro-fessorDe
Fabris, era stato chiamato l’architetto Luigi del Moro, discepolo delDe
Fabris e collaboratore negli studi e nei lavori della facciata, e l’idea delcoronamento
tricuspidale era tanto tramontata, che lo stesso prof. DelMoro non
indugiava a schierarsi in favore della sua abolizione, dichiarando che «fra tutti gli altri coronamenti di cui si è tanto parlato, quello che meglio si adatta alla facciata emeno
dissuona dal concetto generale delcoronamento
è il mi-stilineo» e cioè ilcoronamento
basilicale in corrispondenza della navatamag-giore, e il
coronamento
orizzontale per le navate minori; vale a direuna
so-luzione chenon
era,nè
quella schiettamente basilicale quale il Petersenaveva
già proposto (vedi figuraXX), nè
quella voluta dalDe
Fabris.Ed
ora, per chiudere questo riassunto delle secolari vicende della facciata di S.Maria
del Fiore,non rimane
che da accennare al valore intrinseco del-l’opera eseguita.Un
giudizio sintetico, decisivo, potrebbe essere ritenuto an-cora prematuro: il tempo, coll’assopire il ricordo delle vivaci dispute che sisvolsero intorno alla facciata, e coll’attenuare in questa l’aspetto di lavoro recente,
smorzando
odarmonizzando
le tinte, contribuirà certo a predisporre la critica adun
giudizio spassionato e definitivo.Ma non
ci deve per questo esser conteso l’esame dell’opera in relazione ai concetti ed agli intendimenti dell’epoca nostra quali dalle diverse fasi delle vicende ebbero ad affermarsi.Da
questo punto di vista, i pochi anni trascorsi dalcompimento
dei lavori già contribuirono a maturare alcuni elementi di giudizio: la grandiosità del-l’opera, la perfezione materiale del lavoro, il valore intrinseco di alcune sue parti architettoniche e decorativehanno
potuto giustificareil successo riportato dallanuova
fronte, al suoprimo
presentarsi al pubblico, poiché il cittadino fiorentino sicompiacque
per la secolare aspirazione soddisfatta: il credente potè vedere nelcompimento
dell’operauna
testimonianza della vitalità di quella fede chesembrava
svanita: l’artista vi trovò l’argomento per sperare inun
risveglio nel sentimento estetico nelle masse. Cosicché il critico, inmezzo
a quelle manifestazioni sincere e spontanee, suscitate dauna prima
im-pressione,non
esitò a differire il lavoro diuna
analisi, che avrebbe potuto quasi sembrare irriverente rispetto al sentimento generale.Ma come
era do-veroso accennare alla parte di merito che nell’operacompiuta
sideve
attri-buire a coloro che vihanno
dedicato l’ingegno, cosìdobbiamo
riconoscere nell’opera stessa quelle deficienze, cheuno
studio piùmaturo
e spassionato avrebbe potuto facilmente evitare.Per
determinare la parte di merito che sideve
assegnare all’architettoDe
Fabris, cui toccò la sorte di legare ilnome
all’opera dellafacciata di SantaMaria
del Fiore,non
vi è che ricordarecome
il concetto cardinale sul qualeegli volle fondare il suo progetto, e cioè il partito tricuspidale, abbia avuto
uno
svolgimento ancorapiù inspirato allo stile ed alle caratteristiche di SantaMaria
del Fiore, per opera dell’architetto danese GuglielmoPetersen, nel primo concorso del 1864. Chi oggi osserva questo disegno di facciata tricuspidale, (vedi Fig.XIX
al Capitolo I\r)
non può
ameno
di rilevarne l’armonia e la eleganza, sia nelle proporzioni d’assieme, che in quelle dei particolari; e pen-sando al grado di perfezionamento che il giovane architetto vi avrebbecorta-mente
apportato,quando
fosse stato incaricato di svolgeremaggiormente
il suo concetto, noidobbiamo
oggi rimpiangere che quel disegno siarimasto con tanta leggerezza sagrifìcato.Nellatranquilla
armonia
delle linee in tutta la parte inferiore della fronte, si affermava già il concetto dellanecessità di lasciar dominare il piano gene-rale della fronte, della quale le cuspidi costituisconouna
geniale amplificazione, senza per questo pretendere di costituire l’indispensabilecoronamento
diuna
facciata innestata adun
organismo di navate coperte da vòlte,come
volevail
De
Fabris. L’assurdità del risultato, ottenuto medianteun
giudizio concitato ed incoerente, appare in piena evidenzaparagonando
i due disegni Petersen colla facciata qualevenne
eseguita; poiché si può rilevare come, col preva-lere dell’idea diun coronamento
tricuspidale, la scelta fosse caduta sopraun
progetto che di questocoronamento
facevauna
condizione sinequa non
per tutto l’organismo inferiore della facciata, svolto a grandimasse
perchè desti-nato a formare la base, ed a bilanciare l’effetto delle cuspidi;mentre
col suc-cessivo spostarsi della pubblica opinione in favore delcoronamento
basilicale anziché approfittare diuna
soluzione che a questocoronamento
meglio si adat-tava—
quale era quella del 2° progetto Petersen (Fig.XX.
Cap.IV) -—
sivollemantenere
nella parte inferiore della facciata il pesante organismo dalDe
Fa-bris, predisposto per il
coronamento
tricuspidale, senza adottare francamente ilfinimento basilicale quale era svolto in quel secondo progetto.
Quando
si pensa che alla votazione decisiva il Petersennon
ebbe nep-pureun
voto,mentre
era destino che la affermata superiorità del progettoDe
Fabris consisteva inun
elemento che sarebbe stato abbandonato durante la esecuzione, sipuò
misurare la fallacia e la inconscia ingiustizia dei giudiziumani:
poiché quale parte rimane, nell’opera ora compiuta, che possa dirsi scaturita dallamente
di chi vriha
legatoilnome,
quale parte vi affermauna
superiorità effettiva sopra gli altri artisti che almonumento
dedicarono il loroingegno? Nessuna: non
il coronamento, che nella sua parte centrale è ripro-dotto da quello del Petersen, già ripudiato dal Giurì,mentre
nelle parti la-terali riprende l’antica idea dell’architettoMatas
(vedi fig. XII):non
la de-corazione della grande finestra circolare,nè
della parete generale della fronte, dalDe
Fabriscome
dagli altri concorrenti coordinataallericorrenze dei fianchi;non
il basamento,non
le porte minori che altri concorrenti, oltre al Petersen,come
ad esempio il Boito,avevano
già delineato conmaggiore
eleganza e carattere.Che rimane adunque? Rimane
solo la porta maggiore, e cioè quelmotivo, che il giurì ebbe a lodare
come
la parte più riuscita del progetto, tale da giustificare per sè stessa la scelta fatta: ed è proprio in questomo-tivo, il solo che nella fronte rappresenti l’operapersonale del
De
Fabris, chesi
va
riconoscendosempre
più la partemeno
geniale dell’opera compiuta.Quei
due
pilastri che rinfrancano ilvano
della porta, soverchianti lamassa
stessa dei contrafforti delle navi e insufficientemente legaticoll’organismo della fronte: quei baldacchini pesanti che coronano i pilastri, quella strombatura grossolana e quelle nicchie fuori di posto concorrono a formareun
assieme chenon armonizza
colla fronte; la stessa ricerca di effetto e di ricchezza, svolta in questo motivo,non
fa che sottolinearnemaggiormente
lo slegamento e lo squilibrio.Era
già eccessivamente pesante la portamaggiore anche
se la fronte fosse stata completata colle cuspidi, cosicché la rinuncia di taleco-ronamento
avrebbealmeno
dovuto persuadere l’autore a ridurne la massa, ad ingentilirne i particolari, a rimaneggiareinsomma
la composizione.Ma
il giurìaveva
sentenziato che la portamaggiore
era il motivo piùbello, e d’altra parteuna
modificazione qualsiasi avrebbe avvicinato ancor più il progetto prescelto ad altre composizioni,ben
più geniali, presentate nei concorsi. Così la portamaggiore
rimase immutata, a rappresentare nella fronte l’ultimoavanzo
diun
concettotramontato, l’unica nota personale del
De
Fabris,malamente
innestata inun organismo
che è il frutto dell’ingegno di altri architetti.Così, il riassunto delle vicende attraversate dalla questione della facciata di S.
Maria
del Fiore,mentre pone
in evidenza le difficoltà che fatalmente siaccompagnano
all’arduotema
di completareun
vecchiomonumento
e di ricol-legare l’opera nostra al pensiero originario,comprova
ancorauna
volta la necessità che gli sforzi diretti a raggiungere la soluzione abbiano ad evitare l’indirizzo diun
esclusivismo personale, per poter raggruppare ed assimilare tutte le iniziative e le energie intellettuali, che all’argomento sono rivolte e dedicate amaggior
gloria dell’arte.Febbraio-agosto 1800.
Luca
Bkltka.vi.INDICE
Prefazioni*: puff- 5
CAPITOLO
I.—
Le prime vicende: le facciate di Arnolfo e di Ciotto...
» !)CAPITOLO
IL—
Vicendedella facciata, dallafinedel 1400, alprincipiodiquesto secolo.-Ripresadegli studi per opera di Giovanni Silvestri, NicolòMatase Gian Giorgio Miillef » 21
CAPITOLO
III.—
Gli studi dell’architetto G. Miiller, contrapposti al progettoMatas » 35
CAPITOLO
IV.—
I tre concorsi dal 1859 al 1808, e la scelta del progetto DoFabris » 47
CAPITOLO
V.—
Vicende della costruzione della nuova facciata » 57Fascicoli Febbraio-Ac/osto 1890