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L’assistenza ordinaria alle na

Nel documento Economia marittima e operatività portuale (pagine 121-200)

1. L’ingresso dei bastimenti nel bacino portuale. difficoltà e rischi a) La funzione della torre di Capo di Faro

«Quando al ritorno il fuoco della punta di Capo di Faro nella notte si mostrava, o quando di giorno il lungo promontorio di Portofino, simile ad un mostruoso animale addormentato sulle acque, guidava i reduci lungo l’incantevole Riviera al porto di Geno- va, l’anima di quei mercanti, crociati, navigatori, esultava di gioia. Appena scesi a terra bisognava regolare i conti: sotto la volta il notaio, un po’ più vecchio dell’altra volta era sempre là, pronto ancora a registrare non solo la chiusura dei conti, ma nuove imprese, nuove avventure, nuove speranze» 1.

Nulla o quasi si sa sulle origini della Torre di Capo di Faro, risalente probabilmente al XII secolo, ma abbastanza documentate sono le vicende della Lanterna attuale, costruita fra il 1543 e il 1544 da Francesco da Gan- dria (coadiuvato dai maestri antelami Donato da Balerna e Bernardino da Cabio) 2 ricalcando pressappoco il modello della torre precedente, andata

distrutta nel 1512 durante l’assedio del forte di Codefà 3. Nello spiazzo cir-

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1 G. BARNI, Documenti e norme di diritto riguardanti il commercio e la navigazione geno- vese, in Il porto di Genova nella Mostra cit., pp. 40-41.

2 L’indicazione dei nomi su citati come artefici della riedificazione della Lanterna non

trova però il pieno accordo di tutti gli Autori che si sono occupati dell’argomento. Secondo alcuni, infatti, il nome dell’architetto resta sconosciuto; altri appoggiano la tesi riportata dalla tradizione popolare secondo la quale l’autore della costruzione della torre, una volta terminata l’opera, fu lanciato giù dalla cima della stessa affinché non ne costruisse una simile altrove; al- tri ancora (in particolare F. PODESTÀ, Il porto di Genova cit., pp. 351-356), basandosi sulle

note dei pagamenti rinvenute nei cartulari della magistratura dei Padri del Comune, attribui- scono tale opera a Francesco da Gandria, anche se bisogna tenere presente che i suoi meriti sarebbero limitati solo all’aver ricostruito un edificio nelle forme che aveva precedentemente, spogliandolo dei merli che lo coronavano e abbellendolo con mensole, balaustre e cornici in pietra di Finale.

3 La torre, avente un‘altezza di circa 100 metri, fu eretta su un capo roccioso alto 50

metri sopra il livello del mare; per la sua costruzione furono impiegati duemila quintali di cal- ce, 302 gradini di ardesia e 120 mila mattoni, 160 mq. di pietre riquadrate a scalpello in ag- giunta a quelle recuperate dall’ex palazzo arcivescovile sul colle di Sarzano e dall’ex briglia

costante la torre, anteriormente all’installazione del primo sistema di lan- terne a olio (risalente al 1326) 4, venivano accesi fuochi di segnalazione per i

naviganti 5. In seguito a ripetute scariche di fulmini, che producono danni

alla Lanterna e feriscono i custodi, nel 1602 viene murata una lastra di mar- mo a ciascun lato dell’edificio portante la scritta Iesus Christus rex venit in

pace et Deus homo factus est; per lo stesso motivo nel 1675 viene dipinta

sulla Torre un’effigie di S. Cristoforo, ma ciò non serve a tenere lontane le tempeste: nel 1732 i danni causati alla costruzione da un forte temporale vengono stimati in circa mille lire 6. La cupola del fanale viene interamente

rifatta nel 1681, ma in seguito al bombardamento navale francese del 1684 ———————

della precedente torre: M. LUNGONELLI, La Lanterna, in Il porto di Genova nella Mostra cit., p. 78; Il porto visto dai fotografi. 1886-1969, a cura di D. CABONA e M. G. GALLINO, Milano

1995, p. 138.

4 «In quest’anno fu fatta una grande Lanterna sulla Torre del Molo e sulla Torre di Ca-

po di Faro affinché, con le lampade in esse accese, nelle notti oscure, i naviganti conoscessero l’adito alla nostra città»: G. STELLA, Annali genovesi dopo Caffaro e i suoi continuatori, X, edi-

zione italiana di G. MONLEONE, Genova 1941, p. 187.

5 La prima attestazione di segnalazione con fuochi è riportata nel 1242 da Ansaldo De

Mari, ammiraglio dell’armata pisana, che si espresse con queste parole: Vidit ad partes Janue faros multos fieri cum fumis (M. LUNGONELLI, La Lanterna cit., pp. 74-76). Riguardo alla fun-

zione della Lanterna così si esprimevano i Padri del Comune nell’ambito delle istruzioni per il Deputato al porto: «La Lanterna serve non solamente per segnare i vascelli che sono in vici- nanza del porto, mà altresì si accendono lumi nel fanale di essa per indicare à vascelli ove sia il porto» (A.S.C.G., Instruzione, cap. 16.1. Si veda al riguardo l’Appendice I). Sulla Lanterna e, più in generale, sull’utilizzo dei fanali come strumenti di segnalazione per i naviganti, si veda D. ROSCELLI, La Lanterna di Genova. Le torri del mare: le forme, le funzioni, la storia, Genova

1991, pp. 11-290.

6 Il 28 giugno 1732 i Padri del Comune dovettero procedere ad un‘ispezione della Lan-

terna per verificare i danni causati dal forte temporale abbattutosi sulla città la notte prece- dente: «Noi infrascritti essendosi portati à riconoscere li danni cagionati nel fanale della Lanterna dalle saette che la colpirono ieri sera, abbiamo ritrovato essere stato rovinato il cor- nicione e la maggior parte della ringhiera di pietre di Finale posta sotto il copolino ove si pon- gono i segnali delle galee nella parte che guarda à ponente, et è forzoso rifarla tutta per intero. È stato fatto uno squarcio nella facciata che guarda sia à mezzo giorno et altre nella facciata che corrisponde à levante sotto il primo corniccione delle navi, con aver spezzato il lapide di marmo nel quale è scolpito il millesimo, avendo gettati in terra due pezzi di detto marmo». Tale relazione prosegue elencando i danni subiti dalle strutture interne della torre, e si con- clude effettuando una stima delle spese necessarie « ... per ristoro di suddetti lavori, da esse- guirsi in tempo congruo, si calcola la spesa di £. 1000 per la difficoltà dé ponti e porto dé ma- teriali, etc.»: A.S.C.G., Fondo Padri del Comune, fl. n. 238, doc. 70.

l’edicola risulta danneggiata; lavori di rafforzamento per assicurare il fanale dalle scosse dei venti vengono effettuati nel 1791, mentre nel 1841 il faro alla Fresnel viene finalmente applicato sulla torre 7.

La normativa sul funzionamento e sulla manutenzione della Lanterna era alquanto varia e faceva riferimento a problematiche diverse: si andava, infatti, dalle previsioni di spesa per l’olio o per eventuali riparazioni, alle disposizioni, assai severe, affinché i guardiani accudissero diligentemente al loro ufficio. Il primo complesso organico di norme risale al 1586: in tale anno infatti i Padri del Comune emanano le Istruzioni per il Lanternaro (o Custode della Torre di Capo di Faro) 8, all’interno delle quali vengon pun-

tualmente e minuziosamente specificate le mansioni e i doveri di quest’ul- timo al fine di garantire la massima sicurezza dello scalo. L’impegno del custode risulta assai gravoso: egli doveva rimanere nella torre sia di giorno che di notte; se costretto ad allontanarsi per qualche motivo, doveva essere sua cura lasciare una persona in sua vece e farvi ritorno nel più breve tempo possibile 9. Il suo compito principale era quello di avvistare l’arrivo di navi

commerciali o da guerra, da levante o da ponente, e di segnalare tali eventi sia alle autorità che agli operatori portuali. La pena prevista in caso di ritar- do o mancata esecuzione di queste rilevazioni era assai grave, consistendo nella rimozione dal servizio. Così, ad esempio, si scusa nel 1660 Michele Bianciardo «deputato alla custodia della Lanterna» e chiede di essere rein-

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7 Sui lavori di restauro subiti dalla torre si veda in particolare F. PODESTÀ, Il porto di Genova cit., pp. 324-326 e 356; P. MASSA PIERGIOVANNI, Fattori tecnici ed economici cit., pp. 100, 108-121. Per ulteriori notizie tecniche sul faro, l’ottica e il tipo di segnalazione luminosa in uso tra XVII e XIX secolo, si veda M. LUNGONELLI, La Lanterna cit., pp. 78-82.

8 A.S.C.G., Fondo Padri del Comune, reg. n. 746, doc. 16 marzo 1586, Instrutione di

Domenico Cavallo della Torre di Capo di Faro.

9 In questa deliberazione i Padri del Comune si esprimono con un linguaggio alquanto

autoritario, probabilmente per rammentare al custode l’importanza della sua funzione per il regolare svolgimento dei traffici all’interno del bacino portuale, tenendo anche conto del fatto che doveva operare da solo, mentre intorno alla fine del XIV i custodi erano due, uno per il giorno e uno per la notte (F. PODESTÀ, Il porto di Genova cit., p. 309): «Acciò che voi Do-

menico Cavallo custode della torre di Capo di Faro sapiate qual sii la cura vostra, e possiate attenderle con ogni diligenza, e appoggiata a voi solo che prima si soleva a doi, vi si fanno le infrascritte note, le quali vi serviranno per instrutione che doverete osservare intieramente, sotto ogni grave pena in nostro arbitrio» (A.S.C.G., Fondo Padri del Comune, reg. n. 746 cit., doc. 16 marzo 1586, Instrutione di Domenico Cavallo cit.).

tegrato nelle sue funzioni, dalle quali era stato escluso per non avere segna- lato l’arrivo di una galera:

«... poiché se esso non fù così pronto in esponer il coffino per la galea che venne non fu per colpa sua ma bensì del temporale, che per esser offuscatissimo non permetteva il poter scorgere detta galea, benché molto vicina, come ne possano haver piena cognitio- ne VV. SS. Ill.me dà persone degne di fede, tanto più che alla catigione del tempo se vi accresce il buio della notte, essendo la detta galea entrata à trè ore di notte» 10.

Il sistema di segnalazione era semplice ma efficace: in caso di avvista- mento di navi o vascelli il custode doveva appendere nel «revelino» 11 più

basso della torre un «coffino» 12 per ogni imbarcazione in arrivo; quando

tali navi fossero state a circa 20 miglia dal porto il coffino doveva essere po- sto in cima all’asta, per essere poi abbassato ed infine tolto all’ingresso dei bastimenti in porto:

«Guardereti con diligenza se coparesse navi ò sia vascelli ... e quando le navi serano so- pra il monte, o vero da parte di ponente lontane venti miglia circa, terete i coffini in ci- ma, o sia nell’estremo dell’hasta, e quando a mezza hasta, et intrando in porto, subito levarete il coffino, e per che alle volte le navi respetto del vento di terra potrà essere che sorgessero fuori dal porto, in tal caso quando essa nave havesse datto fondo tra Cali- gnano e la torre levarete li coffini» 13.

Se si trattava invece dell’arrivo di una o più galere (fino ad un massimo di quattro) il segnale (sempre uno per ogni imbarcazione) andava sistemato

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10 Ibidem, fl. n. 226, doc. 14 del 16 febbraio 1660.

11 Questo termine indica dei piccoli fortilizi costruiti all’esterno dell’opera di difesa

principale e, nel caso in questione, della Lanterna, dove erano due, costruiti entrambi nel 1323: D. ROSCELLI, La Lanterna cit., p. 142.

12 Si tratta di una cesta di vimini (G. CASACCIA, Vocabolario Genovese-Italiano, Genova

1851, p. 117) che veniva appesa con una corda alla Lanterna per avvisare dell’arrivo di qualche bastimento mercantile. Se il bastimento era da guerra il segnale era costituito da una bandiera. Le prime notizie sull’utilizzo dei coffini risalgono alla fine del XIV secolo, quando nei cartula- ri dei Padri del Comune si trova la nota delle spese per l’acquisto e la manifattura di questi. Nel 1412 due coffini pro ponendo ad turrim Capitis Farii pro signo navium costavano due lire, mentre nel 1544 ugual numero costava lire tre, soldi cinque e denari otto. Nel 1588 la spesa di fattura era di soldi quindici per ognuno, non tenendo conto del costo della pece con cui veniva spalmata la tela della quale erano rivestiti: F. PODESTÀ, Il porto di Genova cit.,

pp. 316-318.

nel revelino superiore, mentre se il numero di galere fosse stato superiore tali coffini venivano affiancati da una vela 14:

N° galere in arrivo Sistema di segnalazione da 1 a 4 1 coffino per ogni galera

5 1 vela + 1 coffino da 6 a 10 1 vela + 2 coffini da 11 a 15 1 vela + 3 coffini da 16 a 20 1 vela + 4 coffini

oltre 20 nessun sistema di segnalazione e obbligo di avvisare immediatamente la Camera

Fonte: A.S.C.G., Fondo Padri del Comune, reg. n. 746, Instrutione di Domenico Cavallo cit. Nel caso in cui il custode avesse avvistato un vascello a remi all’ap- parenza fermo in mare, abbandonato, o in qualche modo sospetto, doveva segnalare tale evento con fumo (di giorno) 15 o fuoco (di notte) acceso dal

lato dal quale fosse stata notata tale imbarcazione, salvo poi recarsi imme- diatamente presso la magistratura a riferire dell’accaduto 16.

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14 Nel XV secolo si aggiunsero ai segnali già descritti anche le bandiere e le bandierette

(cioè bandiere in legno colorate). Sull’utilizzo di queste ultime si veda F. PODESTÀ, Il porto di Genova cit., pp. 319-320.

15 Le fumate venivano ottenute, in principio, con la brisca (cioè con steli di ginestra)

inumidita, poi con la pece (1557), poi col catrame (1617). Per alcuni periodi si utilizzò anche la scopa o erica (brugo): M. LUNGONELLI, La Lanterna cit., p. 78.

16 «Se per aventura vedeste vasselli da remo ancorché fusse qualsivogli hora del giorno

che vi paresse stesse fermo in mare, che non andassero al loro camino, o fussero disaborati, o in qualsivogli modo si dimostrassero sospetti, in tal caso farete fumo da quella banda dove li vedrete, intendendo di giorno fumo e di notte fuoco, di poi verrete in Camera a refferire quanto havrete visto se di giorno, se di notte la mattina seguente» (A.S.C.G., Fondo Padri del Comune, reg. n. 746, Instrutione di Domenico Cavallo cit.). Il fuoco «da farsi alla cima della Lanterna» veniva utilizzato anche per segnalare alle autorità l’arrivo di «Corsari Barbareschi» dalle due Riviere. In occasione però dell’emanazione di tale ordine, i Padri del Comune si in- terrogarono sull’opportunità e sui rischi che poteva comportare l’accensione di fuochi sulla torre a causa dei depositi di polveri che si trovavano ai piedi della stessa, e ordinarono al De- putato alla cura del porto di effettuare indagini al riguardo: Ibidem, fl. n. 236, doc. 119.

La preoccupazione dei Padri del Comune per l’arrivo di qualunque ge- nere di imbarcazione che potesse creare disordini o violare in qualche modo le leggi della Repubblica appare chiara: come per l’eventualità dell’arrivo di un rilevante numero di galere, anche nel caso su citato gli obblighi di se- gnalazione e informazione assegnati al custode della Lanterna risultano quanto mai fondamentali per la prevenzione di situazioni potenzialmente pericolose. Queste potevano verificarsi specialmente di notte, e a questo proposito le Instruzioni raccomandavano appunto:

«La sera nell’andare sotto il sole starete attento a vedere se si vedesse de simili vasselli da remo e farete li vostri segni che si sogliono fare ... accioché per la negligenza vostra non succedesse alcuno incomodo, o sinistro» 17.

Ogni giorno il custode doveva inoltre redigere una nota di tutti i movimenti di navi avvenuti in ambito portuale per poi consegnarla alla magistratura dei Conservatori del Mare alla quale, si ricorda, competevano tutte le questioni concernenti la navigazione; in tali documenti (dei quali si hanno alcuni esempi significativi per gli anni 1794, 1795, 1796) 18 venivano

infatti riportati con puntigliosa diligenza, e per quanto era possibile in base alle condizioni di visibilità, il numero delle navi provenienti sia da levante che da ponente, il tipo di imbarcazione (e in particolare l’indicazione se fosse mercantile o da guerra) e, solo in alcuni casi, la nazionalità e il nome del comandante 19.

Ulteriore compito del «lanternaro» era quello di mantenere accesi i lumi della torre sia di notte che in condizioni di tempo avverse, in modo che «i vasselli che giungessero in questi mari possino ridursi in porto senza periglio di perdersi» 20; per la stessa ragione i Conservatori stessi rinnovano

più volte il divieto di accendere fuochi nottetempo nelle zone circostanti il ———————

17 Ibidem, reg. n. 746, Instruzioni di Domenico Cavallo cit.

18 I documenti sono contenuti nell’unica filza che è stato possibile reperire al riguardo. 19 Il custode della Lanterna nella sua relazione sui movimenti di imbarcazioni del 24

aprile 1796, ad esempio, riporta: «Nave Diadema da guerra inglese, Capitano Giorgio Enrico Townrij dal Corso, Pn. 500, cannoni 64». Cinque giorni dopo riferisce invece i seguenti mo- vimenti: «Si fa parte come il custode della Lanterna ha rifferito che da Levante si vedono cin- que navi mercantili e tre lattini, e da Ponente quattro lattini e una nave che sembra da guerra, et altra mercantile senz’altro di nuovo» (A.S.G., Fondo Conservatori del Mare, fl. n. 446, Rapporti del Comandante della Lanterna, anni 1794,1795,1796, doc. 24 e 29 aprile 1796).

bacino portuale e stabiliscono pene sia pecuniarie che corporali per i con- travventori. Il pericolo maggiore stava nella possibilità che i capitani delle navi scambiassero i fuochi accesi nei pressi del porto per i segnali di ingresso al porto stesso, rischiando quindi di andare ad infrangersi contro gli scogli:

«... per li fuochi ò sia lumi che si fanno di notte nella piazza di Sarzano e nella tratta delle muraglie da Sarzano sino al Molo, e nella Piazza di N.S. delle Grazie, et anche nelle parti che sono presso la malpaga, che son alle volte causa della perdita delle navi, pi- gliando errore li Capitani che vengono da parte longinque per entrare nel porto di que- sta città, in schivar detto porto et andar alla volta dove stanno detti fuochi ò sia lumi, imaginandosi che dove si fanno detti fuochi ò sia lumi ivi sia il porto» 21.

Nuove norme più severe sono riportate circa due secoli più tardi (1769) nelle Istruzioni per il Deputato al porto 22, quando viene stabilito il

numero esatto di lumi che dovevano essere accesi nei diversi mesi dell’anno: novembre, dicembre, gennaio, febbraio 30 lumi

marzo, aprile, maggio 12 lumi

giugno, luglio, agosto nessuno

settembre, ottobre 18 lumi

In caso di necessità il custode manteneva comunque la facoltà di accre- scere il numero dei lumi accesi anche nei tre mesi franchi di giugno, luglio e agosto, sempre fino ad un massimo di 30 e con l’obbligo di prendere nota dell’accaduto per poi riferire ai suoi superiori 23.

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21 Il 5 ottobre 1602 i Conservatori del Mare prendono nettamente posizione al riguardo:

«... si prohibisce ad ogni e qualonque persona di qualonque stato, grado e condizione, si sia niuna esclusa, che da ora inanzi non osa né presuma di notte far fuoco né lume di tutte le parti suddette sotto pena à contrafacienti di ogni pena corporale come pecuniaria arbitraria» (Ibi- dem, fl. n. 626, doc. 5 ottobre 1602, Grida fatta per conto dell’arte delli Barbi et hoggi publi- cate).

22 Ibidem, reg. n. 756, Instruzione per l’Ill.mo Sig. Deputato al Porto cit., 17 febbraio 1769. 23 Ibidem, capp. 16. 6. Lo stesso capitolo delle Istruzioni del 1715 si esprimeva invece in

termini un po’ meno perentori, lasciando maggior capacità discrezionale al custode della lan- terna: «Si accenda nel fanale maggiore ò minore quantità di lumi secondo il bisogno ... Se il Lanternaro accenderà alle volte per caosa di tempo oscuro, ò borascoso, ò altro accidente, maggior quantità di lumi del consueto sia tenuto la mattina seguente darne parte all’ill.mo Diputato e sottosindico di mare» (A.S.C.G., Instruzione, capp. 16.3, 16.4). Alcuni anni prima i Serenissimi Collegi, su istanza dei Padri del Comune, deliberarono l’accrescimento del nu- mero di lumi da accendersi nel fanale «per maggior sicurezza de’ naviganti nell’ingresso in

Il rifornimento dell’olio necessario era a carico dei Padri del Comune e da questi demandato al Deputato al porto 24, il quale doveva procurarlo

in tempo utile, ad un prezzo conveniente e «che sia di qualità tale che faccia buona durata e lume chiaro non fosco» 25. Tale olio veniva addebi-

tato al custode della Lanterna e questi doveva ogni mese fornire un rendi- conto del consumato per uso straordinario, tenendo presente che il con- sumo medio giornaliero era di una «misuretta», per un totale di undici barili e mezzo all’anno (aumentati a dodici con decreto del 18 luglio 1719) 26. Grazie ai dati che è possibile ricavare da alcune rapporti del lan-

ternaro per gli anni 1608-1609, si può notare come l’illuminazione della Lanterna nei mesi estivi, ovvero al di fuori di quelli previsti dai regola- menti, non fosse un evento particolarmente eccezionale: tra il 18 giugno e il 12 settembre del 1608 viene accesa per un totale di quattordici giorni; tra il primo di giugno e il 25 settembre dell’anno successivo (come si può

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