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5. Puoi descrivermi, generalmente, obiettivi perseguiti e strategie per raggiungerli (riferimento al PEI)

Allora qui al Miralago usiamo la formula che l’atelier è uno strumento, nel senso che l’atelier non ha degli obiettivi, ma si perseguono gli obiettivi del PEI degli utenti che sono presenti. Quindi, posso farti l’esempio, allora vabbè io il lunedì mattina ero con la X, ero con la XY, facevo diario, il XX, la XY, e un obiettivo, per esempio quello di XY, era quello di mantenere le abilità di letto-scrittura, quindi usavamo l’atelier Diario, come spazio per farle esprime a livello verbale e poi raccogliere per iscritto, le cose che uscivano, quindi, abituavamo lei ad esporre verbalmente, ma anche a raccogliere in forma di diario, lo scritto. Pomeriggio bicicletta ecco, bicicletta ci sono utenti che hanno obiettivi di movimento, quindi perdita di peso, quindi usare lo strumento bicicletta come uno strumento per farti fare attività fisica, ma ad altri per esempio che non pedalano, come tipo XY, che è su una bicicletta spinto da un altro operatore, il suo obiettivo è quello di integrazione, di avere in qualche modo la possibilità di socializzare, con qualcun’ altro, quindi vedi come in qualche modo cambiano gli obiettivi, l’atelier è un contenitore, offre un’attività, ma può andare bene per una persona in un modo per un’altra diversamente, questo è un po’ il principio.

6. Definiresti gli utenti dei gruppi che prendi a carico anziani, oppure nella fase d’invecchiamento? Quali sono i temi che ti permettono di affermarlo?

(esempio; invecchiamento famigliari, cambiamento spazi-struttura – estensione competenze personale?

Conoscendo gli utenti da quasi quattordici anni, devo dirti la verità che, in alcuni di loro, pur non essendo un invecchiamento visibile, nel senso che non è che sono invecchiati perché hanno i capelli bianchi, ma però in qualche modo ho riscontrato in alcuni una perdita progressiva delle abilità, specie della memoria, legate un po’ alla sfera cognitiva, quindi anche se sono in realtà degli adulti, perché hanno più o meno tra i trenta e i cinquant’ anni, insomma non sono proprio anziani veri e propri, però probabilmente la loro forma di disabilità gli mette in una condizione di essere un po’ più svantaggiati rispetto allo standard nomale, ecco.

7. Il fenomeno dell’invecchiamento, ha generato cambiamenti nella struttura – composizione del/degli atelier? Quali? Contesti diversi?

Purtroppo non ancora, mi piacerebbe rispondere già di sì, però non trovo che siamo già nella fase di rispondere a questo tipo di esigenza e quindi ci sono gruppi un po’ misti, tra qui troviamo una persona tipo l’X, che ha settant’ anni, insieme ad un altro che ne ha trenta ecco, non siamo ancora forse pronti, ma probabilmente anche la fase di ampliamento dell’Istituto, quella che presto si realizzerà, ci permetterà di redistribuire gli utenti in un modo un po’ più consono alle esigenze, questo è un cosa auspicabile.

8. Parlando di autodeterminazione, come la definisci?

Ok, a me piace definirla come la libertà di espressione, insomma ecco, vedo nell’autodeterminazione il tema della libertà, il tema della cittadinanza, è bello dire che il nostro Istituto è come un villaggio, come viene fuori dalla guida, ed ogni utente cittadino, ha il diritto di esprimere, secondo me liberamente la propria opinione, pensiero e quindi anche in relazione alle attività che vengono svolte, sono un po’ quelle le cose in qui possono autodeterminarsi, nel dire esattamente che cosa pensano, anche se non tutti forse sono in grado di farlo in maniera così esplicita.

9. Ritieni che in questo momento, gli utenti del Miralago possano esercitare il loro diritto di autodeterminazione attraverso i vari atelier occupazionali offerti, oppure trovi necessarie delle modifiche? Perché si/no?

Sai ce ne sono alcuni che hanno la fortuna di avere della abilità tali per cui riescono a dirti non voglio fare una cosa, vorrei farne un’altra, su altri dobbiamo essere capaci noi di leggere i segnali che arrivano e questo perché una cosa secondo me alla quale dobbiamo fare attenzione, perché da a noi un potere notevole, perché devi sapere, ehm, puoi forse manipolare, interpretare a tuo vantaggio delle cose, quindi dobbiamo essere molto eticamente saldi,

nell’accogliere ma non manipolare.

10. Quali cambiamenti ricordi (o in corso) che hanno permesso di favorire o di migliorare il processo di autodeterminazione dell’utente durante

l’invecchiamento? (esempio d’intervento, modifica luogo di vita - atelier, attività)

All’interno del tuo atelier, quanto è individualizzata la presa a carico? Puoi fare degli esempi?

Eh si, nel senso non siamo ancora pronti per affrontare questo tipo di argomento probabilmente, perché questo è un Istituto che nato per accogliere bambini e via via, questi bambini sono diventati adolescenti, giovani adulti, adulti e adesso sono nella fase in cui sono tra gli adulti e gli anziani e nel corso degli anni secondo me, l’Istituto ha saputo adattarsi, però è un periodo forse di transizione che ancora stiamo vivendo, siamo in quella fase di muta, di trasformazione, è bello, a me piace pensare come se fossimo un po’ fluidi, riusciamo in qualche modo ad adattarci alle cose che ci sono, riuscendo a dargli una forma di volta in volta.

11. Ritieni possibile individualizzare la presa a carico di fronte a situazioni di disagio dovuto alla convivenza di utenti con necessità differenti (età, obiettivi, cura assistenziale)? Limiti?

12. La composizione dei gruppi degli atelier, in base ai bisogni (modi molto diversi di autodeterminarsi, età, bisogni) ed obiettivi, è troppo

eterogenea/omogenea? Vedresti cambiamenti funzionali?

Allora, quando componiamo i gruppi a volte facciamo riferimento al fatto che magari non siano troppo standardizzati su un aspetto, perché è bello anche che il gruppo sia un po’ eterogeneo, perché nella diversità c’è un po’ di ricchezza

secondo me, è interessante che in qualche modo il confronto stimoli delle risorse degli altri, quindi io se vedo te che sei attivo, mentre io magari sono più passivo, vedere la tua attività, magari, stimola maggiormente anche me, quindi è un po’ questo confronto che può giovare, immaginarli eterogenei, proprio perché sono forse più difficili da gestire, ma sono un po’ più ricchi.

13. Quindi, ora come ora, ritieni favorito il processo di autodeterminazione delle persone con disabilità, pensando soprattutto agli utenti nella fase

d’invecchiamento?

14. Se l’individualizzazione della presa a carico, in futuro, sarà sempre più marcata, pensi che il processo di autodeterminazione possa subire

ripercussioni per far fronte ad eventuali necessità istituzionali? O meglio, quali strategie per poter rispondere ai bisogni che cambiano, metti in atto? (esempio; relazionali, ambientali, osservativi)

15. Ti senti limitato, nella possibilità di adattare il contesto, porre dei

cambiamenti per favorire il processo di autodeterminazione dell’utente? Se sì, cosa ti limita?

A volte si, sento un po’ questa limitazione, anche dovuta al fatto che vedi, ci sono alcuni atelier in cui c’è copresenza e quindi tu puoi davvero diversificare

l’intervento, uno sta su uno, uno sta su un altro e nello stesso contenitore puoi offrire cose diverse, vedi con YY, si possono fare giochi di concentrazione, con XX, magari pitturare e a volte, non sempre è possibile, perché non ci sono condizioni,

tu hai ben visto durante la tua permanenza qua, uno manca, l’altro è sostituito da quest’altro e quindi a volte le contingenze fanno si che non sempre, si hanno queste risorse per mettere in atto interventi diversificati che possono andare a beneficio dell’utenza, il limite grosso è questo, non siamo così tanti da poter

diversificare il nostro intervento e quindi ti trovi ad essere da solo o magari con uno stagiaire, a gestire un gruppo di tre-quattro-cinque, in cui ci sono bisogni e ritmi diversi, ecco lì diventa più complicato (risata, l’hai visto anche tu.)

16. Il rapporto del Gruppo operativo 7, sull’invecchiamento delle persone con disabilità, stato dell’arte e analisi della situazione nel Cantone Ticino, afferma che nel 2018 l’utenza (Lispi) ultrasessantacinquenne raddoppierà. Pensando ai prossimi 15-20 anni, cosa ti spaventa? (legato al tema autodeterminazione nell’invecchiamento)

Mi spaventa molto il fatto che si andrà da interventi maggiormente educativi ad interventi verso l’assistenza, nell’invecchiamento io ci vedo anche tanto la perdita del controllo del proprio corpo, quindi parlo dell’igiene, di essere cambiati,

imboccati, quindi si andrà verso una cura che è più cura della persona del corpo, quindi un po’ questo mi spaventa.

17. Pensi che sarà necessaria una collocazione diversa? Case anziani, altre strutture? O meglio offrire una continuità nella struttura attuale?

18. Vuoi portare qualche situazione che non hai avuto la possibilità di esprimere