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Attenti alla rete nell’era Onlife

CAPITOLO 4 Il trattamento dei dati personali nei rapporti di lavoro

4.5 Attenti alla rete nell’era Onlife

Il mondo del lavoro non può rimanere estraneo ai cambiamenti radicali che interessano l’intera gamma delle attività produttive, di scambio e di intermediazione, su scala planetaria. Si è solo agli inizi della rivoluzione 4.0, della quale però si sta diventando consapevoli, come confermano gli studi e gli articoli che si susseguono sull’argomento.

A tal proposito, per sottolineare la compenetrazione tra mondo reale e mondo virtuale, il professore L. Floridi, (insegnante di filosofia ed etica dell’informatica all’Università di Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab), ha coniato il neologismo Onlife 54: “non c’è più differenza fra online e offline, ma c’è appunto una Onlife”. Si tratta di una crasi che definisce la fusione della vita privata con i social, dando vita a una nuova condizione dell’uomo:

Onlife appunto!

La digitalizzazione ha messo in crisi i concetti giuridici fino ad oggi consolidati per descrivere i sistemi produttivi ed i rapporti di lavoro, dando

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vita a nuove forme e rapporti lavorativi, (moltiplicando così anche l’atipicità dei rapporti stessi), come il crowd sourcing 55 e lo smart working 56.

Gli esempi dei cambiamenti significativi che si sono verificati sono molteplici: si pensi all’utilizzo di cercapersone, ai videoterminali equipaggiati di codici di accesso, alla geolocalizzazione tramite GPS, ai sistemi di registrazione delle presenze, ai braccialetti elettronici che registrano l’ansia e il battito cardiaco, ai dati biometrici utilizzati come chiave di accesso etc… .

“Si è assai lontani dal contesto di fondo in cui si è inserito lo Statuto dei

Lavoratori e la sua lungimirante (allora) disciplina sul controllo a distanza” 57. È noto come i nuovi mezzi tecnologici comportino un monitoraggio capillare delle prestazioni, talora a discapito della dignità umana dei lavoratori; perciò il diritto del lavoro è chiamato ad individuare nuove categorie interpretative e strumenti operativi, per assicurare ai lavoratori digitali un’occupazione dignitosa, e ciò a partire dal rispetto delle tutele fondamentali, come la tutela della privacy. Non solo, si deve dare anche concreta attuazione ai principi

55 Tale termine descrive l’affidamento di determinati compiti da parte di un committente (denominato crowd sourcer) ad una indeterminata quantità di persone (crowd). Gli incarichi vengono collocati all’interno di una piattaforma digitale per poi essere svolti dalla crowd, ossia da singoli incaricati (crowd workers).

M. Lai, Evoluzione tecnologica e tutela del lavoro: a proposito di smart working e di crowd

working, Diritto delle Relazioni industriali, fasc.4, 1 dicembre 2017, pag. 986.

56 Viene definito “quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazioni per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.” Art. 18 comma 1 della Legge n. 81/2017.

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G. Buttarelli, La rivoluzione copernicana del 25 maggio 2018 in materia di privacy. La

imminente applicazione del Regolamento europeo (GDPR) sulla protezione dei dati personali,

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costituzionali, in particolare l’art. 35 Cost. sulla tutela del lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni”.

I social networks consentono agli utenti di creare profili identificativi e di interagire virtualmente con altri navigatori. Le informazioni immesse da ciascun soggetto nella rete sono facilmente reperibili da chiunque e a costo zero, quindi è possibile che nella platea dei curiosi vi possa essere anche il datore di lavoro, che spesso cerca di acquisire il maggior numero di informazioni sui propri dipendenti. Nell’era dei social si pone dunque al giurista il problema di tutelare la privacy del lavoratore, con un ordinamento che sia in grado di fronteggiare la vorticosa trasmissione di dati personali, resa possibile dalle piattaforme digitali, assicurando ai lavoratori una tutela più ampia, anche se sempre parziale.

Il social network costituisce un gigantesco collettore di dati ed opinioni, usufruibili per giustificare eventuali licenziamenti, anche in assenza di giusta causa.

In Italia il primo caso relativo ad un licenziamento, avvenuto a causa di commenti su Facebook idonei a manifestare opinioni politiche del lavoratore, risale ai primi mesi del 2011, ed è stato riportato dal quotidiano La

Repubblica in un articolo pubblicato online il 13 febbraio 2011 58. Si trattava di un dipendente della Cassa nazionale di previdenza dei commercialisti che aveva ripetutamente postato, fuori dall’orario di lavoro e per mezzo del proprio cellulare, svariati commenti di natura politica, nonché opinioni negative sui propri dirigenti. I dirigenti hanno affermato di essersi imbattuti per caso nelle informazioni poi impiegate per giustificare il provvedimento disciplinare, e che il licenziamento era dovuto all’impiego improprio del mezzo informatico durante l’orario di lavoro.

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Già nel 2009, l’allora Presidente dell’Autorità garante F. Pizzetti nel suo intervento Social networks: attenzione a non cadere nella rete, realizzato nella Giornata europea della protezione dei dati personali del 29 gennaio 2009 59, aveva affermato che nel nostro Paese il 77% di chi recluta personale cerca possibili candidati sul web ed il 35% afferma di aver eliminato un candidato sulla base di informazioni scoperte in rete.

Dal 2009 ne è passata di acqua sotto i ponti, e la gestione dei dati personali sul web è diventata sempre più una questione delicata che richiede la massima attenzione. Mantenere una propria sfera privata pur utilizzando

Internet è un’impresa ardua se non impossibile, ed anche essere se stessi

virtualmente è un’impresa, poiché i dati che si immettono possono essere spiati con facilità, tanto da poter arrivare a compromettere il proprio rapporto di lavoro/ posto di lavoro.

La riflessione di S. Rodotà, a proposito delle identità individuali nel mondo digitale, è molto significativa: “Com’è definita l’identità? In passato si diceva: io sono quello che dico di essere. Oggi, siamo quello che Google dice che siamo. Siamo sempre meno persone, sempre più profili”.

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CONCLUSIONI

Le nuove tecnologie stanno imponendo cambi di paradigma regolamentari e normativi che richiedono al giurista nuove competenze e familiarità con i linguaggi digitali.

Oggi nessun giurista può pensare di esercitare diritto senza rendersi conto di cosa si nasconda dietro ogni elaborazione di dati, dal momento che non c’è più distinzione tra mondo fisico e mondo virtuale. Nell’era digitale non c’è più differenza fra online e offline, ma una Onlife appunto!

In questo contesto la protezione dei dati personali si impone come questione di primaria e fondamentale importanza; pertanto è indispensabile conoscere la normativa esistente in materia, allo scopo di avvalersene compiutamente.

Tale imperativo è l’obiettivo che questo lavoro si è proposto muovendo dai primi Decreti in materia, esistenti nella legislazione italiana, fino a pervenire al GDPR, entrato in vigore in Italia il 25 maggio 2018, con il quale l’Unione Europea, di cui siamo parte, ha inteso armonizzare le differenti legislazioni degli Stati membri, allo scopo di tutelare con più efficacia i cittadini nella società digitale “liquida”.

Del GDPR sono state analizzate puntualmente le novità introdotte in materia di privacy alle quali è sotteso il principio di accountability, principio che fa da argine agli spazi di discrezionalità presenti. D’altra parte come pensare di normare in tutti i suoi aspetti una società in continua evoluzione?

Il dovuto rilievo è stato dato anche ai nuovi attori introdotti dal Regolamento quali il DPO e i titolari del trattamento dati.

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Tali soggetti insieme al Garante, i cui poteri sono stati ampliati, rivestono un ruolo fondamentale, in particolare nella protezione dei dati personali negli ambienti di lavoro: altro luogo preso in esame nella elaborazione della tesi. Le nuove tipologie di lavoro, che caratterizzano oggi il mercato, richiedono una costante attenzione, dal momento che è impossibile scindere la vita privata dalla vita sociale come si è esemplificato attraverso il caso verificatosi nel 2011.

È indubbio che il GDPR abbia rappresentato un notevole passo avanti sia nel fornire alla giurisprudenza nuove norme di cui avvalersi e sia, soprattutto, come campanello di allarme, affinché si tenga alta la guardia per non cadere nelle trappole della rete.

La velocità e la potenza crescente degli strumenti digitali rendono presto obsolete anche le norme più recenti.

L’accountability che il Regolamento richiama suggerisce l’urgenza di un cambio di mentalità e l’adozione di comportamenti consapevoli e proattivi, in modo che non siano le persone ad essere utilizzate dalla intelligenza

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Ringraziamenti

Un sincero ringraziamento al professore Saulle Panizza, anzitutto per gli insegnamenti ricevuti, l’esempio di dedizione agli studi giuridici che ci ha dato e per l’assidua premura dimostrata nel seguire la formazione dei suoi allievi, come ho potuto personalmente sperimentare.

Grazie anche ai miei genitori che mi hanno supportato in questi anni di studio e sostenuto nei momenti di difficoltà.

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