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ATTI MORTIS CAUSA

Nel documento Negozio di destinazione in ambito familiare (pagine 153-158)

pubblico; 3. Gli atti di destinazione: effetti nella successione a titolo universale; 4. Gli atti di destinazione: effetti nella successione a titolo particolare; 5. La tutela dei diritti dei legittimari.

1. AMMISSIBILITÀ DELLA DESTINAZIONE PER

ATTI MORTIS CAUSA

Una delle problematiche più discusse dopo l’entrata in vigore della novella è stata quella relativa alla possibilità di costituire il vincolo di destinazione mediante il testamento.

Si è subito notato che la lettera della norma non menziona la forma testamentaria per il negozio di destinazione , pur in presenza di altri istituti normativi similiari che invece espressamente ammettono la costituzione mediante testamento (si cfr. per la costituzione del fondo patrimoniale, l’art.167 c.c.).

Su tale omissione, parte della dottrina ha sposato la tesi della inammissibilità della costituzione del vincolo per il tramite del testamento, ed ha fatto anche notare come la norma sia stata inserita tra due disposizioni entrambe riferite ad atti inter vivos e non sia nemmeno richiamata dall’art. 2648 c.c. che disciplina la trascrizione degli atti mortis causa.

Per la parte maggioritaria della dottrina, invece, al di là della mera omissione letterale e al di là delle altre ragioni citate che non appaiono decisive, si ritiene ammissibile la costituzione del vincolo per via testamentaria per la evidente ragione logico-giuridica per la quale non vi sono ostacoli né di ordine sistematico né di contrasto con principi inderogabili dell’ordinamento per negare la possibilità della

costituzione del vincolo mediante testamento.112

Si fa notare altresì, per la ammissibilità dell’atto testamentario come forma costitutiva del vincolo, che l’art. 587 c.c., al secondo comma, ha chiaramente statuito la idoneità del testamento a contenere disposizioni atipiche, onde non vi è ragione alcuna per negare l’ammissibilità della costituzione del vincolo mediante testamento e, anzi, se, come vedremo in seguito, è da condividere che debba trattarsi di

112 V. De Donato, Relazione a Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter c.c., Giornata di studio Consiglio

testamento per atto pubblico, ecco che rivive in questa sede la coerenza del sistema che, come visto in precedenza già per la costituzione per atto inter vivos, esigeva la presenza del notaio quale primo verificatore della meritevolezza dell’interesse.

Di qui la pertinente osservazione secondo cui non si comprenderebbe un sistema che da un lato permette disposizioni atipiche e dall’altro vieta disposizioni tipiche disciplinate dal diritto positivo.113

Da ultimo, avrà sicuramente un rilievo, quantomeno sulla ammissibilità in via di principio, il fatto che per l’istituto del trust (per tanti versi assimilato all’istituto ex art. 2645 ter c.c.) l’art.2 della Convenzione dell’Aja del luglio 1985, resa esecutiva in Italia con legge n. 364 del 1989, espressamente prevede l’attuabilità indifferentemente per atto tra vivi o mortis causa.114

2. LA NECESSITÀ DELL’ATTO PUBBLICO

113 V. De Rosa , Atti di destinazione e successione del disponente, relazione a Atti notarili di destinazione dei beni : art

2645 ter c.c., cit, pagg 5-7.

114

Ammessa la praticabilità dell’atto mortis causa per la

costituzione del vincolo, deve esaminarsi la

problematica relativa alla necessità o meno della forma pubblica del testamento.

Si è già visto che l’intervento del notaio varrebbe a dare omogeneità al sistema (atto notarile cioè sia per gli atti inter vivos che per gli atti mortis causa) nel senso che sia per la verifica della effettiva volontà del disponente sia - ed è ciò che interessa in questa sede - per una preliminare verifica della meritevolezza dell’ interesse perseguito, l’intervento notarile appare di gran lunga preferibile.

Va anche ricordato che nel nostro ordinamento vi è piena equiparazione quoad effectum tra tutte le diverse forme testamentarie e che quindi non vale a dare granitica certezza alla tesi dell’atto pubblico, l’aver constatato che esso, sotto i vari profili indicati (non ultimo l’esigenza della trascrivibilità dell’atto), sarebbe più opportuno.

Il dato certo è che, per quanto detto in precedenza, non può negarsi la piena legittimità, nel nostro ordinamento, della costituzione del vincolo ex art. 2645 ter c.c. mediante la forma testamentaria pubblica, restando alle valutazioni della dottrina e della giurisprudenza la praticabilità della costituzione del vincolo anche mediante altri atti mortis causa che

non abbiano la forma pubblica (che non prevedano cioè l’intervento del notaio, il cui ministero, come noto, è caratterizzato da terzietà ed imparzialità).

Né, al riguardo, può farsi ricorso ad argomentazioni del tutto superficiali e non pertinenti come quelle che riconnettono pubblicità’ al testamento olografo per il tramite della pubblicazione ed il deposito della scheda testamentaria: queste invero sono mere formalità estrinseche di una scrittura privata che non mutano certo la sua natura.

In definitiva, devi ammettersi la piena validità del vincolo di destinazione costituito mediante testamento pubblico anche perché non bisogna dimenticare che gli atti di separazione costituiscono un minus rispetto agli atti di alienazione e che “..la disposizione di

separazione … rientrando nell’esercizio dei poteri giuridici del destinante, in quanto proprietario dei beni destinati, rientra nel legittimo esercizio dell’autonomia

negoziale del soggetto”115 e non si vede perché tali

poteri debbano essergli vietati nell’atto di disposizione testamentaria, nel quale, salvo i diritti inviolabili degli interessati, egli può destinare l’intera proprietà dei beni.

115 Così Falzea, Destinazione dei beni allo scopo – Strumenti attuali e tecniche innovative, Milano 2003, Atti della

3. GLI ATTI DI DESTINAZIONE: EFFETTI NELLA

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