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Attività catalitica: confronto tra coprecipitazione e microemulsione a bassa temperatura

2- Natura della fase che caratterizza il supporto: il supporto utilizzato è stato per tutti e tre i catalizzatori un ossido misto di cerio e zirconio ed è stato calcinato alla

3.2 Caratterizzazione dei catalizzator

3.3.2 Attività catalitica: confronto tra coprecipitazione e microemulsione a bassa temperatura

L’attività catalitica dei catalizzatori preparati è stata studiata anche in condizioni termicamente meno severe conducendo soltanto la reazione di SR. Tali prove sono state condotte investigando un intervallo di T di 150°C mantenendo la P e la GHSV costanti ai valori di 1 atm e 24000 h-1. Per ogni prova è stata quindi variata la T diminuendola in step

di 50°C, partendo da una Tforno= 500°C (Toven) fino a raggiungerne una di 350°C.

Il rapporto volumetrico tra il vapore e il metano è stato mantenuto costante e pari a 3:1. Ovviamente dal punto di vista termodinamico, una diminuzione della T di reazione sfavorisce lo SR, ma è stato studiato questo aspetto principalmente per capire se è possibile integrare un processo come lo SR con le tecnologie di separazione dell’H2 attraverso

membrane. Queste ultime possono operare fino ad una T massima di 450°C, pertanto se si sviluppa un catalizzatore attivo a queste basse temperature in grado di produrre abbastanza idrogeno da poter essere separato selettivamente ottenendo così una corrente di H2 “puro”, è possibile pensare ad una integrazione di questi sistemi, in cui

contemporaneamente avviene la reazione di SR e l’H2 prodotto viene selettivamente

58 ancora di più la reazione verso la formazione dei prodotti, tra cui l’idrogeno. Nelle figure 37 e 38 è riportata l’attività catalitica rispettivamente del catalizzatore CZO-m900Rh1IWI e CZO-cp900Rh1IWI, in funzione della conversione del CH4 sempre confrontata con quella

calcolata all’equilibrio termodinamico.

Figura 37: Grafico conversione CH4/Tavg per il catalizzatore CZO-m900Rh1IWI

59 Come si nota anche a bassa temperatura il catalizzatore con il supporto ottenuto via microemulsione dimostra prestazioni migliori, perché anche in questo caso si hanno conversioni di CH4 più vicine a quelle calcolate all’equilibrio, mentre nel caso del

catalizzatore ottenuto via coprecipitazione anche alla più favorevole condizione di 500°C tra i due dati si osserva un distacco molto più marcato.

In questo si ha una comprensione migliore dei dati catalitici riportando anche la composizione molare dei gas in uscita dal reattore in funzione della temperatura media del letto catalitico, alla quale sono stati calcolati i valori all’equilibrio. In questo modo si ha una visione più globale anche rispetto agli altri gas che compongono la miscela quali CO, CO2 e

soprattutto H2.

In figura 39 è rappresentata l’attività catalitica a bassa T del catalizzatore CZO- m900Rh1IWI, seguendo il metodo appena descritto.

Figura 39: Curve composizione del gas in uscita/Tavg in SR per il catalizzatore CZO-m900Rh1IWI a 24000 h-1

Come è possibile osservare, tale catalizzatore esprime un’attività molto promettente, mostrando dati sperimentali (linee tratteggiate) non lontani da quelle calcolate all’equilibrio (linee continue). Addirittura ad una T pari a circa 340°C la percentuale di CH4 sperimentale

è superiore a quella all’equilibrio solamente di circa 10 punti percentuali, come anche quella dell’H2. Aumentando la temperatura, tale differenza diminuisce ulteriormente fino a

60 raggiungere circa 470°C, T alla quale i valori sperimentali praticamente coincidono con quelli all’equilibrio. La percentuale di idrogeno è abbastanza elevata (circa il 60%) mentre il contenuto di CO è praticamente nullo. Quest’ultimo aspetto è importante in quanto è necessario considerare che a queste temperature potrebbe aumentare la formazione di carbone derivante in particolare dal CO, quindi minore è il suo contenuto, minore è la possibilità di formazione di depositi carboniosi.

Anche in queste condizioni l’attività del catalizzatore CZO-cp900Rh1IWI risulta essere peggiore rispetto a quella appena mostrata dal CZO-m900 Rh1IWI, come si può osservare in figura 40.

Figura 40: Curve composizione del gas in uscita/Tavg in SR per il catalizzatore CZO-cp900Rh1IWI a 24000 h-1

In tutte le temperature operative infatti, la differenza tra le percentuali sperimentali e quelle all’equilibrio risulta maggiore rispetto al caso precedente. A circa 340°C la percentuale di metano è superiore rispetto all’equilibrio più o meno del 20% e anche alla temperatura massima pari a circa 490°C l’equilibrio non viene raggiunto ma rimane una differenza circa uguale (10%) a quella mostrata nelle condizioni più sfavorevoli dal campione CZO-m900Rh1IWI.

61 Questo confronto dimostra quindi che la sintesi del supporto giochi un ruolo fondamentale sull’attività catalitica anche a basse T e che il campione ottenuto per microemulsione potrebbe essere un buon candidato per iniziare a pensare ad un processo integrato di SR e separazione dell’H2 con membrane.

3.3.3 Disattivazione

Il parametro della disattivazione è di fondamentale importanza, soprattutto in reazioni come il reforming, in cui il catalizzatore è altamente soggetto a fenomeni come la formazione di carbone e sintering. Nel caso di ossidi misti a base di CeO2-ZrO2, diventa ancora più

importante, in quanto la loro preparazione è stata volta proprio all’ottenimento di una particolare fase (Ce0,5Zr0,5O2) che, grazie all’elevata mobilità dell’ossigeno, fosse in grado

di contrastare questi tipi di disattivazione, in particolare quello derivante dalla formazione di carbone.

Pertanto per ogni catalizzatore è stato indagato questo aspetto prendendo come riferimento la prova catalitica nelle condizioni operative in cui si ottengono i risultati più discriminanti. Seguendo questi criteri è stata scelta come prova di riferimento (detta anche prova di ritorno) quella condotta ad una Tforno (o Toven) pari a 750°C, ad una P di 1 atm e a

GSHV=24000 h-1. In genere tale prova è stata condotta ogni volta che si concludeva lo

studio su un determinato parametro di reazione (T, P, GHSV) e il grado di disattivazione del catalizzatore in esame è stato determinato osservando la diminuzione della conversione percentuale del metano rispetto a quella ottenuta iniziale con il catalizzatore appena caricato nel reattore, in funzione del tempo di reazione.

In figura 41 viene riportato quest’ultimo aspetto per il catalizzatore CZO-m900Rh1IWI. La linea tratteggiata rossa indica la conversione di CH4 di riferimento, cioè quella ricavata dalla

prima prova catalitica, rispetto alla quale si determina la percentuale di disattivazione avvenuta durante il tempo di reazione. Come si può notare il campione ottenuto per microemulsione è abbastanza stabile ad alta T, tanto che dopo circa 15 ore di reazione mostra un calo di prestazioni di soli 4 punti percentuali e dopo più di 30 ore di reazione la conversione del metano è minore rispetto a quella iniziale di circa il 7%.

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Figura 41: Disattivazione del catalizzatore CZO-m900Rh1IWI

Non si può dire lo stesso considerando il campione CZO-cp900Rh1IWI (figura 42). Infatti in questo caso già dopo 13 ore di reazione nelle stesse condizioni di oxy-reforming, si osserva una diminuzione della conversione del metano di circa il 15%, che aumenta dopo altre 13 ore circa raggiungendo valori che si attestano attorno al 20%.

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Figura 42: Disattivazione del catalizzatore CZO-cp900Rh1IWI

Anche per quanto riguarda la disattivazione, quindi, il catalizzatore ottenuto per microemulsione risulta essere nettamente più stabile ad alte T, probabilmente grazie alla maggiore mobilità dell’O2 della fase Ce0,5Zr0,5O2che, anche nel caso in cui si formino depositi

carboniosi sui siti attivi, è in grado di ossidare parte di quest’ultimi instaurando una sorta di meccanismo di “autorigenerazione”, che non avviene nel caso del campione CZO- cp900Rh1IWI, essendo caratterizzato dalla fase Ce0,6Zr0,4O2. Tale ipotesi viene

ulteriormente rafforzata se si considera l’analisi TPO effettuata su entrambi i catalizzatori dopo le prove di oxy-reforming ad alta T e quelle di SR a bassa T. È infatti possibile osservare dalla figura 43 come nel profilo di ossidazione relativo al campione coprecipitato, oltre al picco a bassa T relativo all’ossidazione del Rh superficiale e del Ce3+ a Ce4+, è

presente un ulteriore picco negativo a circa 650°C, non visibile nel caso del profilo TPO relativo al catalizzatore CZO-m900Rh1IWI sempre dopo le prove (figura 44).

La T alla quale corrisponde il picco e il fatto che sia negativo, implicano che tale picco è attribuibile sicuramente a qualche specie carboniosa che ossidandosi viene eliminata dalla superficie del catalizzatore sotto forma di CO e CO2.

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3.4 Attività catalitica: prove ad alta temperatura con catalizzatore

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