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3. PRESUPPOSTO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE

3.9. ATTIVITÀ DI RICERCA E SVILUPPO

Un’altra condizione di accesso al regime agevolativo del Patent Box, oltre che ad esercitare un’apposita opzione che ha durata pari a cinque periodi di imposta che è irrevocabile e rinnovabile ed avere diritto allo sfruttamento economico del bene, è lo

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svolgimento concreto di attività di ricerca e sviluppo. Come dettato dai principi internazionali, all’interno del documento Action 5 del BEPS, l’OCSE prevede, come principio chiave di tutti gli IP regimes, il rispetto della regola del Nexus approach, il quale richiede un “nesso” tra spese di ricerca e sviluppo sostenute, beni immateriali e reddito agevolabile, per poter beneficiare dell’agevolazione.

Anche a livello nazionale, il Legislatore richiede l’applicazione di tale approccio, richiedendo necessariamente lo svolgimento di suddette attività. Infatti, la Legge di Stabilità 2015, all’ art.1, comma 41, sancisce che “le disposizioni dei commi da 37 a 40 si

applicano a condizione che i soggetti che esercitano l’opzione di cui al comma 37 svolgano le attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla società che controlla l’impresa ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati, finalizzate alla produzione dei beni di cui al comma

3940.”

L’art. 8 del Decreto 28 novembre 2017 sul Patent Box tra le attività di ricerca e sviluppo finalizzate allo sviluppo, mantenimento e accrescimento del valore dei beni oggetto di agevolazione, individua le seguenti attività:

 la ricerca fondamentale, riferendosi ai lavori sperimentali o teorici svolti per acquisire nuove conoscenze successivamente utilizzate nelle attività di ricerca applicata e design;

 la ricerca applicata, includendo: (i) la ricerca pianificata per acquisire nuove conoscenze e capacità per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi, nonché per apportare miglioramenti ai prodotti, processi o servizi esistenti; (ii) lo sviluppo sperimentale e competitivo, inteso come l’acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l’utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi e servizi nuovi o migliorati. In tale definizione rientrano anche le altre attività destinate alla definizione concettuale, riguardante nuovi prodotti, processi e servizi e i test, le prove e le sperimentazioni necessari ad ottenere le autorizzazioni per l’immissione nel commercio dei prodotti o l’utilizzo di processi e servizi. Nello

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sviluppo sperimentale rientrano anche la costruzione di prototipi e campioni, la dimostrazione, la realizzazione di prodotti pilota, i test a la convalida di prodotti, di processi o servizi nuovi o migliorati, e la realizzazione degli impianti e attrezzature necessarie a tale fine;

 il design, ovvero le attività di ideazione e progettazione di prodotti, processi e servizi, includendo l’aspetto esteriore di essi e di ciascuna loro parte;

 l’ideazione e la realizzazione del software protetto da copyright;

 le ricerche preventive, i test, le ricerche di mercato e gli altri studi e interventi, anche se finalizza all’adozione di sistemi anticontraffazione, il deposito, l’ottenimento e il mantenimento dei relativi diritti, nonché il loro rinnovo a scadenza, la protezione. Rispetto al precedente Decreto Attuativo Patent Box, ovvero il Decreto Ministeriale 2015, la Manovra Correttiva 2017 ha apportato modifiche anche a suddetto articolo. In particolare, ha eliminato tra il design le “attività di sviluppo dei marchi”, in quanto tali beni ora sono esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione del regime fiscale. Sempre in riferimento a tali beni, è stato abrogato anche la parte dell’articolo che faceva rientrare nelle attività di ricerca e sviluppo “le attività di presentazione, comunicazione e

promozione che accrescano il carattere distintivo e/o la rinomanza dei marchi, e contribuiscano alla conoscenza, all’affermazione commerciale, all’immagine dei prodotti o

dei servizi, del design, o degli altri materiali proteggibili41.”

Le tipologie di attività di ricerca e sviluppo ammesse dal Decreto sono numerose ed articolate, includendo non solo le spese per la realizzazione del bene immateriale, ma bensì anche i successivi costi funzionali al loro mantenimento ed accrescimento. Inoltre non assume rilevanza il luogo del loro svolgimento, potendo anche essere un Paese diverso dallo Stato italiano.

Assume importanza, invece, il nesso tra tali attività e il bene immateriale ad esse connesse: è necessario che le attività di ricerca e sviluppo siano direttamente collegate all’IP da esse generato, effettuando la verifica del rapporto per ogni singolo bene o, nel caso di beni uniti dal vincolo di complementarietà, per ogni pluralità di beni.

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Per quel che riguarda i costi di ricerca fondamentale, questi rientrano nel Nexus

ratio solamente se le relative conoscenze acquisite vengo successivamente utilizzate nella ricerca applicata e design. Esiste però il dubbio se vi sia un limite temporale entro il quale

deve verificarsi il successivo utilizzo della ricerca fondamentale ai fini dell’inclusione nel

nexus ratio o se sia necessario spalmare i costi sui singoli intangible. A questa questione

l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 11/E, ha risposto che tali costi, se debitamente tracciati, devono essere computati nel nexus ratio relativo al periodo di imposta in cui si manifesta l’utilizzo delle conoscenze acquisite per il loro tramite nelle attività agevolate, ovvero quando la ricerca fondamentale si traduce in ricerca applicata. La soluzione dell’Agenzia delle Entrate è stata quella di differire il costo di ricerca fondamentale al successivo momento in cui questa si traduce in ricerca applicata. Tale scelta porta una complessità operativa in quanto richiede un continuo monitoraggio di suddette spese e del loro utilizzo a diretto collegamento con un IP che potrebbe avvenire anche dopo molti anni dal sostenimento della spesa.

Sempre all’interno della Circolare 11/E, l’Agenzia si è esposta anche in tema di eliminazione dal rapporto di nexus ratio dei costi di ricerca applicata, eventualmente complessivi di quella fondamentale, nel caso in cui la ricerca fallisca. In particolare la Circolare afferma che “L’OCSE, nel report finale dell’Azione 5, evidenzia come la ricerca che

non va a buon fine non debba essere considerata ai fini del rapporto (“unsuccessful R&D will typically not be included in the nexus ratio”); in tale ipotesi, dal periodo d’imposta in cui si palesa il “fallimento” della ricerca, il rapporto dovrà essere opportunamente rettificato escludendo i costi relativi alla ricerca fallita dal numeratore e/o dal denominatore del

rapporto (a seconda che trattasi di costi “qualificati” o meno).42

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4. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL CONTRIBUTO ECONOMICO DEL