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Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro

5. MISURE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE GENERALI

5.7. Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro

(misura obbligatoria)

L’art. 53, comma 16 ter, del D.Lgs. n. 165/2001, introdotto dall’art. 1, comma 42, della Legge n. 190/2012, prevede che “i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”.

Le disposizioni attuative della normativa in esame sono state impartite con circolare del Direttore Generale n. 27 del 25.2.2014

47 La norma introduce un divieto temporalmente e soggettivamente circoscritto, prevedendo che, nel triennio successivo alla cessazione del rapporto con l’amministrazione, quei dipendenti che, nel corso degli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione, non possano svolgere alcuna attività lavorativa o professionale, autonoma o subordinata, presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti o contratti sottoscritti nell’esercizio di quei poteri.

La violazione del divieto comporta, da un lato, la sanzione della nullità dei contratti di lavoro conclusi e degli incarichi conferiti e, dall’altro, per i soggetti privati la preclusione a contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati in esecuzione dell’affidamento illegittimo.

In relazione a quanto sopra, la Direzione centrale Risorse Umane e le Direzioni regionali, all’atto dell’assunzione di personale, sono tenuti ad inserire nei relativi contratti una specifica clausola che preveda il divieto di prestare attività lavorativa, a titolo di lavoro subordinato o autonomo, per i tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro nei confronti dei destinatari di provvedimenti adottati o contratti conclusi con l’apporto decisionale del dipendente (PNA 2013; circolare del Direttore Generale n. 27/2014).

Per iniziativa assunta dal RPCT nel 2018, il divieto di “pantouflage”, in conformità alle indicazioni presenti dell’”Aggiornamento 2018 del PNA”, viene riportato, inoltre, nella comunicazione di cessazione dall’impiego che l’Istituto invia ad ogni dipendente all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro, quale ulteriore richiamo alla normativa in questione, in ogni caso annualmente dettagliata nel PTPCT (PEI RPCT n. 4201 del 14.11.2018).

Inoltre, le Strutture deputate alla predisposizione dei bandi di gara o degli atti prodromici agli affidamenti, anche mediante procedura negoziata, devono inserire all’interno degli stessi apposita clausola che faccia espresso riferimento alla condizione soggettiva di non aver concluso contratti di lavoro subordinato o autonomo e, comunque, di non aver attribuito incarichi ad ex dipendenti che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni nei loro confronti, per il triennio successivo alla cessazione del rapporto (PNA 2013; circolare del Direttore generale n. 27/2014). Qualora emerga la predetta situazione, deve essere disposta l’esclusione dalle procedure di affidamento nei confronti degli interessati.

48 Per quanto concerne l’obbligo di “restituzione dei compensi” menzionato nel citato art. 53, comma 16 ter, nonché all’obbligo di “risarcimento del danno” che il PNA 2013 pone in capo all’ex dipendente cha abbia agito in violazione della norma de qua, stante l’ assenza di precisazioni da parte della norma stessa e dell’ANAC, il RPCT, con nota del 1.6.2018, ha chiesto indicazioni all’Autorità in merito ai contenuti di detti obblighi ed alle modalità attraverso i quali gli stessi possano essere fatti valere.

Al riguardo, si evidenzia che, in merito al “regime sanzionatorio” previsto dall’articolo de quo, l’ANAC, nel PNA 2019, ha evidenziato che “la formulazione delle disposizioni … ha sollevato molti dubbi interpretativi, in quanto non sono chiaramente identificati l’organo o l’autorità competente non solo ad accertare la violazione del divieto ma anche a garantire l’esecuzione degli effetti sanzionatori, tenendo conto anche della difficoltà per l’amministrazione di verificare il comportamento di un dipendente cessato dal servizio”.

Fermo restando quanto sopra, si precisa, alla luce di approfondimenti svolti dal Coordinamento Generale Legale (parere PT 533/2014), che tra i soggetti interessati dalla preclusione allo svolgimento di attività lavorativa o professionale, contemplata nel primo periodo dell’art. 53, comma 16 ter, devono intendersi ricompresi sia i dirigenti che esercitano il potere autoritativo e negoziale (e quindi coloro che approvano il bando, sottoscrivono i contratto o eventuali varianti), sia coloro che, investiti di funzioni tipizzate, incidono in modo determinante sulla esecuzione del contratto, quali: il responsabile del procedimento, il direttore dei lavori, il direttore dell’esecuzione, il collaudatore.

Inoltre l’ANAC nell’Orientamento n. 24/2015, richiamato nella delibera n. 88/

2017 e nell’ “Aggiornamento 2018” al PNA, ha precisato che le prescrizioni ed i divieti contenuti dell’art. 53, comma 16 ter del D.Lgs. n. 165/2001 trovano applicazione non solo ai dipendenti che esercitano i poteri autoritativi e negoziali per conto della PA, ma anche ai dipendenti che - pur non esercitando concretamente ed effettivamente tali poteri – sono tuttavia competenti ad elaborare atti endoprocedimentali obbligatori (pareri, certificazioni, perizie) che incidono in maniera determinante sul contenuto del provvedimento finale, ancorché redatto e sottoscritto dal funzionario competente.

Il PNA 2019 ha, da ultimo, precisato che per quanto concerne i soggetti privati destinatari dell’attività svolta dalla pubblica amministrazione, la nozione di soggetto privato debba essere intesa come la più ampia possibile, ovvero nei seguenti termini: “sono pertanto da considerare anche i soggetti che, pur formalmente privati, sono partecipati o controllati da una pubblica

49 amministrazione, in quanto la loro esclusione comporterebbe una ingiustificata limitazione dell’applicazione della norma e una situazione di disparità di trattamento”.

Dal 2015 il RPCT ha attivato un sistema di monitoraggio annuale degli adempimenti attuativi dell’art. 53, comma 16 ter, del D.Lgs. n. 165/2001, per il quale si rinvia al paragrafo 6.2.. Il monitoraggio proseguirà nel 2020.

La tabella che segue sintetizza le attività programmate.

Attività Tempistica Strutture coinvolte Indicatori Monitoraggio dell’inserimento della

clausola nei bandi di gara e del rilascio delle connesse dichiarazioni contratti di assunzione e nelle comunicazioni di cessazione dal servizio della clausola/richiamo relativo al divieto di pantouflage

Entro il 2020.