In considerazione degli effetti particolari che Tomatis andava incontrando, egli diede avvio ad una serie di esperimenti su reazioni e contro-reazioni dell’audizione sull’emissione vocale, fino all’analisi delle cause per cui, mo- dificando le facoltà uditive di un soggetto, si ottenevano trasformazioni nel comportamento e nel linguaggio.
Il campo di indagine che si andava delineando venne chiamato Audio- Psico-Fonologia (APP). Nel 1957, con il nome di Effetto Tomatis, le leggi che stanno alla base dell’autocontrollo fonatorio vennero depositate all’Ac- cademia di Medicina e all’Accademia delle Scienze.
Due erano i sistemi di indagine della ricerca di Tomatis in questo periodo. In primo luogo egli analizzò curva uditiva e spettro vocale, come
abbiamo visto. La prima con l’uso dell’audiometro allo scopo di individuare eventuali fasce acustiche di sordità, dette «scotomi», o, al contrario, par- ticolari sensibilità o predisposizioni. L’analisi dello spettro vocale avveniva tramite fonometro e proiezione su tubo catodico. La scomposizione armonica della voce permetteva di rilevare eventuali cadute frequenziali.
In secondo luogo ideò uno strumento tecnico specifico. Il prototipo con cui cominciarono gli esperimenti, nel 1947, era un macchinario assai semplice che venne implementato nel 1954 con l’arrivo di nuove tecnologie elettroniche, da cui il nome futuristico di Orecchio Elettronico. Consisteva di microfono, auricolari e un amplificatore capace di applicare filtri e va- riazioni frequenziali, oltre ad azioni sui tempi di ricezione (quello che oggi si chiamerebbe effetto di delay acustico). All’amplificatore veniva collegato un magnetofono, un lettore e registratore di banda magnetica. Le differenti funzioni erano assicurate da alcuni blocchi elettronici. In particolare i fil- tri erano ripartiti in due gruppi che si trasmettevano in due corrispondenti canali e modulavano il passaggio delle frequenze, ad esempio privilegiando le frequenze alte o le gravi in uno solo dei due canali uditivi. Una sorta di equalizzatore, detta bascula, regolava il passaggio da un canale all’altro e si comportava come una porta che si apre e si chiude secondo le variazioni di intensità del messaggio sonoro. Il messaggio sonoro era registrato su banda magnetica in laboratorio, l’ordine di diffusione era determinato dal program- ma concepito in funzione del caso da trattare. Si trattava principalmente di musica e voce umana trattata elettronicamente ovvero più o meno filtrata delle frequenze gravi.
I due canali separati che collegavano auricolari e strumento avevano una seconda funzione: con un certo tipo di suono si poteva produrre una messa in tensione del timpano e dei muscoli del martello e della staffa; con
un altro tipo di suoni si poteva ottenere l’effetto contrario, cioè una loro distensione. Alternando l’informazione da un canale all’altro si poteva pro- vocare un movimento continuo di tensione e rilassamento del meccanismo muscolare di adattamento dell’orecchio medio. Nel corso delle ricerche si mostrò che questa micro-ginnastica comportava un fenomeno di rimanenza e quindi un condizionamento muscolare progressivo e permanente. In questo modo l’orecchio medio avrebbe potuto raggiungere da solo, spontaneamente e correttamente, la regolazione necessaria per la trasmissione dei suoni.
Tomatis cominciò così dei veri e propri trattamenti, o training. Po- tevano essere puramente uditivi e trasmettere l’informazione acustica dal magnetofono all’Orecchio Elettronico per applicare filtri specifici e dunque lavorare modificando il messaggio sonoro che il soggetto avrebbe percepito. Altrimenti si poteva operare un trattamento audio-vocale. La voce del sog- getto, tramite microfono, veniva mandata allo strumento che in questo senso fungeva davvero da “orecchio elettronico” perché simultaneamente rimanda- va al soggetto, tramite auricolari, la propria voce filtrata dei toni acuti o dei toni gravi, oppure filtrata per banda selettiva, cioè secondo diverse cur- ve uditive. Intervenendo sulle modalità d’ascolto, il soggetto sarebbe stato messo in condizione di modificare il proprio atteggiamento di autocontrollo fonatorio.
Norbert Wiener, nel 1949, aveva gettato le basi di una scienza dedicata allo «studio dei sistemi di controllo (control) e di comunicazione nell’anima- le e nella macchina»53: la cibernetica. Tomatis dichiara che non ne era a
conoscenza quando cominciò a parlare di qualcosa di molto simile in audio- metrica. All’osservazione, gli effetti di tali alterazioni e delle contro-reazioni
dell’apparato fonatorio (ma non solo di questo) furono tanto straordinarie da permettere la teorizzazione di un autentico circuito audio-fonatorio, un circuito chiuso di auto-informazione. Il questo caso l’organo di controllo di questo circuito appariva dunque essere l’orecchio, non l’apparato vocale. Questa teoria suscitò grande diffidenza nel mondo medico in quanto inver- tiva decisamente i rapporti tra quello che si supponeva essere un organo di percezione esclusivamente passivo, l’orecchio, e quello della fonazione, cui si attribuiva l’esclusiva capacità, attiva, dell’emissione. Al contrario Toma- tis aveva rilevato che le modificazioni dell’atteggiamento di ricezione dell’o- recchio comportavano modificazioni considerevoli del gesto vocale, preso in senso lato. Il rapporto di interdipendenza risultava, grazie ai macchinari inventati da Tomatis, facilmente osservabile.
Nel 1961 André Le Gall, ispettore generale della Pubblica Istruzione, pubblicò un opuscolo intitolato La correzione di certe deficienze psicologi- che e psicopedagogiche mediante l’apparecchio basato sull’effetto Tomatis. In questo opuscolo si arrivò a parlare di «condizionamento» vocale: quello delle modalità di ascolto del soggetto e quello che tale modalità di ascolto deter- mina sulle qualità del gesto vocale. In questo senso Tomatis sosteneva di poter intervenire sui disturbi della percezione e della fonazione introducen- do condizionamenti positivi, calcolati sulla base di una curva di percezione auditiva ideale. Nel corso degli esperimenti Tomatis arrivò a sostenere che tali condizionamenti potevano divenire permanenti dopo periodi di applica- zione più o meno lunghi, a seconde delle specificità del caso, ma comunque ampiamente riscontrabili.
Le analisi si spostarono progressivamente verso altre questioni del rap- porto tra udito e fonazione. All’inizio degli anni ’60 al centro degli interessi di Tomatis erano le dinamiche e problematiche dell’apprendimento delle lingue
straniere. In questo contesto Tomatis ebbe modo di osservare che nell’udito si trova qualcosa come la messa a fuoco in campo visivo. Il fenomeno venne nominato tempo di latenza e si rivelò essere un dato che permette di rag- gruppare le forme di ascolto per appartenenza linguistica. Applicando il suo strumento alle necessità dell’apprendimento delle lingue, Tomatis arrivò a sostenere che questo dispositivo offre all’individuo la possibilità di percepire correttamente il messaggio e dunque di restituire, non meno correttamen- te, la fonazione che è strettamente dipendente dalla modalità di percezione uditiva.
Il lavoro dell’Orecchio Elettronico consisteva, in quest’ottica, nella so- vrapposizione all’ascolto originale del soggetto di una maniera di sentire che lo costringesse a individuare i suoni secondo uno schema preciso, in funzio- ne dell’apertura diaframmatica dell’udito sulla banda passante scelta, della pendenza della curva uditiva e infine del tempo di latenza relativo allo sforzo di messa a fuoco del suono. Ogni modifica registrata a quest’ultimo livello arrivava a provocare una modifica conseguente dei parametri che definiscono la fonazione: il timbro, il ritmo, l’intensità eccetera.
Compariva così un sistema di codifica che risvegliava i condiziona- menti grazie ai quali le cellule uditive tendevano a predisporsi per ricevere l’eccitazione prescelta in questa o in quell’altra frequenza. Tutto il circuito neuromuscolare poteva così produrre in qualche modo una ginnastica che rendeva il corpo pronto a intendere, e dunque a parlare, nella maniera volu- ta. L’effetto di persistenza veniva un po’ alla volta sostituito da un vero e proprio automatismo. L’apertura dell’orecchio a questa o a quell’altra ban- da di frequenze straniere costituisce in questo modo una specie di iniziazione
fonetica immediata, e immediatamente perfetta54. L’Orecchio Elettronico
permette di lavorare il complesso della percezione sonora mediante il siste- ma di oscillazione secondo uno schema preciso, una sorta di codice. Secondo questa impostazione si costringerebbe l’orecchio del soggetto, in particola- re attraverso la sollecitazione delle cellule ciliate responsabili della ricezione del suono nella coclea, a predisporsi alla percezione di quelle frequenze che altrimenti non cercherebbe nel suono e quindi non sentirebbe nella manie- ra desiderata. Si permette al soggetto di sovrascrivere la propria forma di ascolto. In generale quella sviluppata è una ginnastica che dispone tutto il sistema neuromuscolare e rende il corpo disposto alla ricezione del suono e quindi a trasferire immediatamente nello spettro frequenziale della propria voce quanto acquisito in percezione.
La catena di condizionamenti che Tomatis aveva individuato lo portò infine a considerare l’insieme del corpo e dell’atteggiamento come il campo di azione della selezione auditiva. «Il suono che produciamo, con il nostro linguaggio, imprime una successione di piccoli ritocchi alla nostra immagine corporea e al nostro sistema nervoso periferico. La ripetizione, giorno do- po giorno, di quest’opera di forgiatura finisce per disegnare un profilo ben preciso»55.
È importante qui sottolineare che uno dei correlati osservabili del trattamento venne ravvisato in un effetto euforizzante. «Instaurando un sistema di autoascolto immediatamente efficace, I’Orecchio Elettronico libera dalle inibizioni, rende il soggetto nello stesso tempo più disponibile e più soddisfatto di sé, quindi più intraprendente»56.
54Ivi, p. 81. 55Ibidem.
La condizione di chi si apre all’ascolto avrebbe dunque connotati di ordine psichico e emotivo e sarebbe legata ad un rinnovamento della perce- zione di sé del soggetto. Tomatis pretenderebbe di aver creato una macchina che semplicemente crea l’ambiente d’assorbenza acustica indispensabile al funzionamento corretto del dispositivo di autocontrollo57.