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Auto-apposizione tardiva di strut polimerici malappost

Characteristics Patients/Lesions

7. VALUTAZIONE DI ABSORB BVS CON IMAGING INTRACORONARICO

7.2 Auto-apposizione tardiva di strut polimerici malappost

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vengono ricoperti dallo strato di “neointima” più precocemente di quelli “flottanti” nel vaso il cui processo di “endotelizzazione”, procedendo dalle zone abluminali a quelle adluminali, è

ovviamente ritardato con un conseguente potenziale trombogeno più elevato;

d) la formazione dello strato di neointima su un frammento embolizzato in un vaso di piccolo calibro (<2.0mm) è potenzialmente in grado di determinare una stenosi relativa di entità significativa con verosimile ischemia a valle e rallentamento del flusso ematico a monte; e) durante il periodo di doppia terapia antiaggregante la migrazione embolica di frammenti di scaffold potrebbe essere maggiormente incline a subire l’incorporazione progressiva nella parete vasale piuttosto che risultare in fenomeni di trombosi acuta totalmente o parzialmente occlusiva. Sebbene queste considerazioni sull’evento da noi osservato si riferiscano ad un singolo caso clinico e necessiterebbero di conferma su una più ampia casistica per comprenderne tanto l’outcome di lungo termine quanto l’incidenza, vi è da dire che il riscontro di embolizzazione dello strut è di per sé tecnicamente molto difficoltoso in quanto richiede un esatto “matching” tra le immagini della medesima sezione trasversa di coronaria ottenute al basale e al follow-up. Il rinvenimento da noi osservato è stato effettivamente di tipo incidentale essendo l’eventualità di embolizzazione degli strut polimerici precedentemente non conosciuta; tuttavia riteniamo che la consapevolezza della possibilità di distacco degli strut potrebbe essere di aiuto nel ricercare accuratamente tale eventualità nella analoga popolazione di casi clinici complicati da frattura del BVS trattata con tecnica MIP oltre che nel fornire una spiegazione in selezionati casi di fallimento dell’impianto di BVS.

7.2 Auto-apposizione tardiva di strut polimerici malapposti

L’evenienza del movimento passivo spontaneo all’interno del lume vasale di strut polimerici non perfettamente apposti alla parete arteriosa dopo l’impianto in coronaria è un evento mai descritto

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prima della nostra osservazione (31). Come esposto nel caso riportato (Figura 8), il lieve distacco degli strut polimerici dalla parete vasale (270 µ) registrato all’OCT di fine procedura (Figura 8; pannelli A-A’: frecce gialle) si presentava nettamente peggiorato al controllo a 4 mesi (640 µ) con un evidente movimento del polimero in direzione del centro del lume (Figura 8; pannelli B-B’: frecce gialle).

Figura 8. Auto-apposizione tardiva di strut polimerici malapposti

Tuttavia ad un nuovo controllo OCT pianificato a 12 mesi dall’impianto al fine di decidere in merito alla sospensione della doppia terapia antiaggregante vi era evidenza che gli strut già malapposti al basale, e che all’osservazione a 4 mesi apparivano ancor più gravemente discostati dallo strato intimale, si trovavano adesso normalmente adagiati sulla parete (Figura 8; pannelli C- C’) arteriosa senza più alcuna malapposizione rilevabile ad un attento esame delle sezioni trasverse OCT.

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Tale analisi si accompagnava all’evidenza che gli strut che al controllo a 4 mesi risultavano più distanti dalla parete vasale erano affetti da una insufficiente copertura neointimale (Figura 8;

pannello C: freccia rossa) con ovvie implicazioni circa la durata della doppia terapia antiaggregante che nel paziente in questione è stata ulteriormente protratta per altri 6 mesi.

L’osservazione da noi fatta suggerisce che il timing del movimento passivo che ha visto gli strut polimerici malapposti portarsi prima verso il centro del lume per poi “reclinarsi” passivamente sulla parete arteriosa appare sincrono con il processo di perdita della massa molecolare nel corso dei 12 mesi. Infatti, come sappiamo, sebbene i processi di idrolisi del PLLA inizino precocemente dopo l’impianto in coronaria con la riduzione delle catene polimeriche in unità più piccole, questi

processi tuttavia non intaccano inizialmente le regioni cristalline e quindi non alterano la resistenza meccanica del polimero; dal 4° mese in poi l’attacco enzimatico conduce invece ad una rapida dissoluzione della struttura cristallina con perdita accentuata della massa del polimero e quindi della sua resilienza fisica. Tale dinamica di riassorbimento rende conto del fatto che la rapida caduta della forza di resistenza del polimero flottante all’azione di spinta del flusso ematico determina, successivamente al 4° mese, l’appiattimento della struttura polimerica sulla parete arteriosa con successivo avvio dei processi fisiologici di “coverage” da parte della neointima. Tali processi, che prendono origine dai punti di contatto tra il corpo estraneo rappresentato dal polimero e l’endotelio, si concludono più velocemente nelle porzioni di strut che sono venute per prima in contatto con la parete vasale e, viceversa, con maggior ritardo in quelle che questo contatto hanno realizzato in tempi successivi, come documentato dall’evidenza della mancata copertura tissutale degli strut maggiormente “malapposti” al follow-up di 4 mesi.

Un’altra considerazione relativa alla nostra osservazione è che la presenza di strut “flottanti” per lungo tempo nel lume vasale non ha dato luogo a fenomeni di “embolizzazione” distale del

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polimero durante il riassorbimento. Ciò ci induce a pensare che la gradualità di progressione del processo di bioriassorbimento del PLLA col conseguenziale indebolimento della sua struttura cristallina “rigida” si traduce in un lento e progressivo soggiacere alle forze dinamiche del flusso ematico che, essendo come tutti i flussi laminari più veloce nelle porzioni centrali del vaso, “sposta” progressivamente il polimero strutturalmente indebolito verso le porzioni periferiche del lume, quindi in direzione della parete vasale dove, da ultimo, gli strut si adagiano e vengono incorporati, favoriti dalla deposizione iniziale di fibrina che è facilitata dalla relativa lentezza del flusso ematico lungo la parete del vaso.

Anche in questo caso da noi presentato le implicazioni cliniche non sono marginali: nel caso di evidenza tardiva di malapposizione del BVS, dispositivo che non è in grado di subire ulteriori dilatazioni a distanza di mesi dall’impianto, la strategia di trattamento preferenziale sembrerebbe essere il semplice prolungamento della doppia terapia antiaggregante piuttosto che il trattamento con tecniche di MIP che potrebbero favorire il distacco embolico di frammenti del device con conseguenze immediate non prevedibili.