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L’autonomia oltre il duemila

Nel documento WP 3 2019 (pagine 65-69)

5.2 “Los von Trient” e il ricorso all’ONU

5.6 L’autonomia oltre il duemila

5.6.1 La riforma del Titolo V della Costituzione

La speciale autonomia del Trentino-Alto Adige è stata sottoposta, nei primi anni Duemila, a mutamenti di assetto e di contenuto sempre più accentuati, che hanno finito con il modificare la sua stessa natura e la sua collocazione nel quadro nazionale.

Già nel decennio precedente, quindi prima delle modifiche costituzionali del 2001, a livello nazionale era stato approvato un insieme di riforme, che aveva trasformato radicalmente il sistema delle autonomie.

È sufficiente ricordare la legge n. 81/1993 sull’elezione diretta dei sindaci e dei Presidenti delle Province; la legge delega n. 421/1993 che ha avviato il processo di ammodernamento degli apparati pubblici in termini di efficienza e di distinzione dei compiti tra politica e burocrazia;

la legge n. 43/1995 che ha introdotto un nuovo sistema elettorale per le Regioni ordinarie, il

trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni e le modifiche organizzative previste dalle leggi Bassanini.

Nel 1999 è stata approvata la prima modifica della Costituzione ad opera della legge costitu-zionale n. 1 che ha regolato l’autonomia statutaria delle Regioni ordinarie e l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale.

Le innovazioni introdotte dal provvedimento sono state recepite ed estese alle Regioni a Sta-tuto speciale dalla legge costituzionale n. 2/2001, che ha, tra l’altro, riformato lo StaSta-tuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, affidando alle due Province autonome le competenze sui sistemi elettorali e sulla forma di governo.

A completamento di questa complicata architettura, va citata la legge costituzionale n. 3/2001 che ha radicalmente modificato il Titolo V della Costituzione, nel segno di un ulteriore trasferi-mento di poteri dallo Stato alle Regioni e alle autonomie locali.

Un ridisegno fondato sul principio di sussidiarietà, che ha riconosciuto maggiori e più ampie competenze legislative alle Regioni, circoscrivendo e indicando puntualmente le materie e gli ambiti di esclusivo intervento del legislatore statale.

Come è evidente, si tratta di una catena di riforme di grande portata che, insieme, hanno perseguito tre obiettivi fondamentali.

In primo luogo, la riorganizzazione delle autonomie regionali e locali su principi di economi-cità, efficacia ed efficienza. In secondo luogo, la piena attuazione dei principi di sussidiarietà verticale (non deve essere affidato al livello istituzionale superiore ciò che può esser fatto da quello inferiore) e di sussidiarietà orizzontale (non devono fare le istituzioni ciò che può fare la società).

Infine, la razionalizzazione e la stabilizzazione delle forme di governo locali, anche agendo sul sistema elettorale.

5.6.2 L’avvicinamento tra autonomie ordinarie e autonomie speciali

Questo insieme di riforme ha già inciso e inciderà sullo speciale Statuto della Regione Trenti-no-Alto Adige/Südtirol, in particolare per quanto riguarda i rapporti con le autonomie ordinarie e quelli tra la Regione e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Nel primo caso le differenze tra autonomie speciali e autonomie ordinarie possono essere legate sempre meno alla quantità e alla qualità delle competenze attribuite.

Anzi, in qualche ambito alle Regioni ordinarie sono state trasferite competenze più ampie e più forti di quelle delle Regioni ad autonomia speciale.

Non a caso, l’art. 3 della legge costituzionale n. 3/2001 stabilisce che le nuove disposizioni costituzionali siano estese anche alle Regioni e Province autonome «per le parti in cui preve-dono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

E ancora, le Regioni a statuto ordinario possono chiedere «forme e condizioni particolari di au-tonomia» non solo nelle materie assegnate alla competenza concorrente fra Stato e Regione, ma anche in quelle dove lo Stato ha competenza esclusiva.

Disposizione, questa, che può ulteriormente assottigliare la distanza tra autonomie ordinarie e speciali.

È paradossale constatare che il decennio apparentemente più promettente, quello che ha aperto il nuovo millennio, durante il quale le autonomie regionali sembravano aver raggiunto la loro massima legittimazione, nei fatti ne abbia segnato il declino.

Un paradosso che ha registrato il suo apice nel 2009, l’anno di approvazione della legge 42, nota come “Legge sul federalismo”, che non solo non ha visto il decollo di un nuovo assetto più incentrato sul ruolo delle Regioni, ma esattamente il contrario, per ragioni politiche, finan-ziarie e, in qualche caso, sotto la spinta di alcune vicende di malaffare che hanno investito

proprio importanti esponenti delle Regioni.

Accanto a questo, la crisi del debito pubblico ha concentrato le attenzioni, talvolta le invidie, sulle Regioni a Statuto speciale, la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in prima fila, conside-rate immotivatamente dotate di troppe risorse finanziarie.

Un insieme di ragioni che ha mutato radicalmente i climi politici che, da aperti all’idea di va-lorizzare al massimo i territori, sono velocemente scivolati verso un accentuato e sbrigativo centralismo statale.

5.6.3 La contestazione della specialità e le ragioni che la contrastano

Come già ricordato, i primi anni del nuovo millennio hanno accentuato, con punte di vera e propria aggressione, le contestazioni sui privilegi delle autonomie speciali, compresa quella prevista dallo Statuto Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Se rispetto agli anni Novanta queste aggressioni potevano avere una fondata ragion d’essere, in quanto le risorse finanziarie erano oggettivamente abbondanti, nel decennio successivo sono calate fino ad arrivare, con il Patto di Milano del 2009, a dotazioni molto più contenute in particolare se si tiene conto della spesa pubblica territoriale consolidata.

Per una corretta valutazione, da considerare non vi è solo il trasferimento ai bilanci provinciali e regionale, ma la spesa complessiva che lo Stato eroga su un certo territorio a qualunque livel-lo, in via indiretta e diretta. Inoltre, è necessario tenere conto che i territori piccoli, di montagna e a bassa intensità di popolazione, hanno livelli di spesa pubblica maggiori che quelli urbani e di pianura: una condizione di disagio ambientale di cui è indispensabile tenere conto anche nell’a0ssegnazione da parte dello Stato delle risorse finanziarie alle autonomie.

Questa nuova intesa, negli anni successivi, è stata messa alla prova da molte questioni che hanno toccato l’assetto finanziario: dalla «spending review» al Patto di stabilità, fino al concor-so delle autonomie speciali al risanamento delle finanze dello Stato.

Nel difendersi da queste incursioni, pur con alcune diversità di vedute sui sistemi da adottare, le due Province hanno agito congiuntamente e mettendo a fattor comune il peso politico che ciascuna era in grado di esprimere.

5.6.4 L’autonomia si difende anche con le qualità di governo

Come risulta evidente la difesa dell’autonomia non è stata giocata solo sul piano giuridico anche se i risultati in questo senso sono stati ragguardevoli.

Un ruolo sempre maggiore lo hanno avuto la capacità di buon governo e la dimostrazione che le competenze e le risorse a disposizione vengono utilizzate in modo appropriato ed efficiente.

In altri termini, a valere nelle negoziazioni con lo Stato è stata sempre più la dimostrazione dell’efficienza e dell’economicità nell’autogoverno e non solo la rivendicazione specificamente giuridica.

Non è un caso che nessuno a livello centrale abbia contestato l’autonomia chiedendo il ritorno allo Stato di competenze trasferite o negando garanzie per le minoranze, né per Trento né per Bolzano.

Le ingerenze statali hanno riguardato, in netta prevalenza, esclusivamente le modalità di ge-stione delle competenze, essenzialmente per scopi di razionalizzazione finanziaria: scopi che sono difficilmente contestabili sul mero piano della rivendicazione politica identitaria locale e a fronte dei quali solo la vera efficienza dell’autogoverno può essere una difesa credibile.

5.6.5 Il nuovo quadro costituzionale e la necessità di rinforzare le convergenze

L’articolo 116 della Costituzione così come modificato dalla riforma del Titolo V del 2001 ri-badisce l’esistenza delle cinque Regioni ad autonomia speciale e, più in particolare, afferma che «la Regione Trentino Alto-Adige è costituita dalle Province Autonome di Trento e Bolza-no». Tale disposizione consolida la singolare geografia degli enti legislativi previsti dal nostro Statuto e allo stesso tempo sancisce il ruolo centrale delle Province che diventano elementi costitutivi della Regione. Ciò significa che la Regione viene confermata nella sua esistenza per espressa disposizione costituzionale come ente “derivato” dalle due Province: ente che po-trebbe porsi come sede naturale per le questioni di interesse comune. Con questi importanti interventi legislativi, è ragionevole sostenere che l’assetto autonomistico di cui godono le due Province Autonome nel comune quadro regionale possa essere ritenuto compiuto. Quindi, la prospettiva che si apre è quella di una sua piena valorizzazione, non solo guardando agli aspetti legislativi e finanziari, ma anche, e soprattutto, alle capacità di autogoverno. Il tutto, ovviamente, auspicando che l’esperienza autonomistica prosegua positivamente, resistendo al duplice rischio di un’erosione dall’esterno, ad opera della cultura neo-centralista romana, e dall’interno, per il venir meno della capacità di autogoverno in una situazione molto più com-plessa e ostile rispetto al passato.

In questa prospettiva è fondamentale considerare che la ridotta dimensione delle due provin-ce e il fatto di trovarsi su un unico corridoio che dalla pianura padana arriva fino al Brennero, rende essenziale un eccezionale sforzo di cooperazione nell’intento di creare migliori econo-mie di scala e concentrare fruttuosamente le risorse di cui dispongono le due Province, nella convinzione che agire separatamente renda tutti più deboli. Solo in questo modo sarà possibi-le dare nuovo senso e nuova possibi-legittimazione alla nostra specialità statutaria. Una specialità che va quindi rinsaldata attraverso una forte intesa tra le due Province, fondata su tre capisaldi.

Innanzitutto, l’assetto tripolare che vede coesistere sullo stesso territorio le due Province e la Regione è uno spazio di “specialità”, garantito dalla Costituzione, che non ha uguali in tutto il panorama nazionale. Ciò significa che la capacità di dare un nuovo e sensato ruolo alla Regio-ne è uno dei modi più stimolanti e credibili per dare fiato al nostro particolare assetto statutario e istituzionale. In secondo luogo, la capacità di valorizzare l’esperienza compiuta dall’autono-mia con la costruzione di un impianto normativo e di gestione che non solo ha più di mezzo secolo di vantaggio sulle Regioni ordinarie, ma è divenuto parte integrante e sostanziale della nostra particolare configurazione giuridica. Infine, la capacità di intessere un sistema di rap-porti transnazionali, che può divenire uno straordinario spazio di sperimentazione di soluzioni istituzionali originali ed avanzate, anche nel più ampio quadro europeo. Uno spazio di sviluppo coerente con le nostre radici storiche, ma anche con la sempre più importante e vitale esigen-za di fare concreto e fattivo esercizio di cooperazione transnazionale e di pacifica convivenesigen-za.

Parte terza

Nel documento WP 3 2019 (pagine 65-69)